Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-02-2012, n. 1809 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di una articolata vicenda di lottizzazione, vendita di terreni e costituzione di servitù di passaggio, il tribunale di Bologna, adito dalla Curatela del fallimento della Italsaldo Montaggi industriali srl, che agiva nei confronti di B.V., con sentenza del 2001, riconosceva l’interclusione del fondo della Italsaldo, e condannava il B., che si era impegnato a costruire una strada su di un suo terreno, poi alienato a terzi, per consentire l’esercizio della servitù di passaggio a favore del fondo della attrice, al pagamento di L. 60.878.400 quale costo della mancata realizzazione della strada, L. 34.559.310 per l’interclusione patita e L. 100.000.000 quale ulteriore danno per l’impossibilità di ottenere il promesso passaggio sulla particella originariamente indicata e poneva a carico del B. il pagamento di tutte le spese processuali.

Avverso tale sentenza proponeva appello il B., cui resistevano la Curatela e T. e A.V., che, tutti, proponevano altresì appello incidentale.

Con sentenza in data 16.12.2005/ 29.6.2006, la Corte di appello di Bologna dichiarava non tenuto il B. al pagamento di Euro 31.441,07 a favore della Curatela, quale costo di realizzazione della strada, rideterminando le spese di primo grado dovute dal primo alla seconda; condannava il B. al pagamento a favore della Curatela oltre alla somma stabilita dal primo giudice per l’interclusione patita, anche al pagamento di Euro 142.542,00 per il deprezzamento del cespite conseguito all’interclusione, oltre accessori; rigettava l’appello incidentale degli A..

Osservava la Corte felsinea che relativamente alla somma liquidata per l’interclusione patita doveva condividersi la conclusione raggiunta al riguardo dal CTU; le contrastanti osservazioni del B. erano fondate su ipotesi e considerazioni soggettive, che contrastavano con emergenze obiettive, come pure quelle di segno opposto della Curatela.

Quanto alla somma dovuta per il deprezzamento del cespite in ragione dell’interclusione, doveva essere liquidata l’intera somma determinata dal CTU e non quella minore fissata dal giudice di prime cure, basata su valutazione scadente nell’arbitrarietà e contraddetta dalle vicende di causa, che denunciavano un comportamento complessivamente inadempiente del B..

Quanto alle spese legali poi, andava confermata la statuizione del primo giudice, siccome rispettosa del principio della soccombenza, rettamente inteso.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di quattro motivi, il B.; resiste con controricorso la Curatela e entrambi hanno presentato memoria. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Questa Corte, con ordinanza collegiale del 3.5.2011, ha disposto il rinnovo della notifica nei confronti di A.T.;

provvedutosi a tanto, si perviene all’odierna udienza.

Motivi della decisione

Va premesso che è stata presentata istanza di trattazione ai sensi della L. n. 183 del 2011, art. 26.

Con il primo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1227 c.c., assumendosi che il danno da interclusione doveva essere commisurato al costo della costituzione della servitù e non in senso assoluto; si assume che si poteva chiedere tale costituzione e che solo il prezzo da corrispondersi per tale incombente poteva dirsi in causalità immediata con la violazione dell’obbligo assunto di impedire l’interclusione.

Il relativo quesito di diritto appare confacente ed utile al fine di porre la questione relativa al se, in caso di fondo intercluso in relazione al quale sia comunque possibile la costituzione di una servitù (volontaria o coattiva) idonea ad eliminare l’interclusione, il danno debba essere determinato in relazione al costo della costituzione della servitù o a quello del fondo come se fosse definitivamente intercluso.

Devesi ritenere che debba essere adottata la soluzione che modella il risarcimento al costo della costituzione della servitù, atteso che ne è stata non solo provata la realizzabilità, ma che la stessa risulta costituita, in quanto in caso contrario, il risarcimento risulterebbe liquidato in relazione ad una situazione di fatto ed in concreto non verificatasi e quindi inadeguato rispetto al danno sofferto.

E’ appena il caso di aggiungere che ove il costo di costituzione della servitù superasse il valore del fondo intercluso, dovrebbe tenersi conto del valore di questo.

Entro tali limiti, il motivo deve essere accolto; il giudice del rinvio, appurato il costo della costituzione della servitù, determinerà il risarcimento dovuto, in relazione anche al parametro suindicato.

Con il secondo mezzo si prospetta un vizio di motivazione in ordine al profilo secondo cui la sentenza impugnata non avrebbe considerato che il fondo non era materialmente intercluso in quanto nel 1999 era stata realizzata da un terzo la prevista strada sul mapp. 75, benchè tale circostanza fosse stata dedotta in appello; in realtà, la sentenza impugnata ha affermato che sul punto dell’interclusione non vi era stata impugnazione.

Tanto comporta che non risulta centrato il profilo sotto cui tale doglianza è stata proposta, atteso che non di vizio motivazionale si tratterebbe, ma di omessa pronuncia su di un motivo di appello, come tale denunciabile sotto il profilo di violazione dell’art. 112 c.p.c., non invocato e del cui contenuto non si fa cenno in ricorso.

In ragione di tanto il mezzo in esame non può trovare accoglimento.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 1223 c.c., oltre che vizio di motivazione sotto il profilo del lucro cessante in relazione al periodo del 1994 fino alla CTU del 1999; si assume al riguardo che, nonostante le deduzioni e considerazioni svolte al riguardo dall’odierno ricorrente, non risultava in concreto provato che non era stato possibile dare in affitto il terreno e che il mancato affitto era conseguenza dell’interclusione.

Non era stato neppure considerato che l’affitto sarebbe stato possibile per l’uso cui aveva fatto riferimento il CTU (stoccaggio di merci) pur essendo scoperto e che comunque il parametro del canone di affitto andava depurato delle spese gravanti sul locatore.

Sul punto, la sentenza impugnata ha fornito sufficiente motivazione, argomentando sia nel senso che l’utilizzazione del fondo come luogo di stoccaggio merci era da considerare in realtà un mero parametro, non essendo interesse della proprietà occupare il fondo, con un contratto del genere, sottraendolo così agli scopi che con lo stesso si era inteso originariamente realizzare, cosa questa che poneva in una ottica particolare l’ipotesi del CTU, sia nel senso che la parametrazione non poteva avere tutte le connotazioni di un utilizzo reale; il mezzo pertanto non può trovare accoglimento.

Con il quarto motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.: si pone in particolare la questione relativa al se la condanna del B. a rivalere le controparti delle spese del giudizio promosso da queste ultime nei confronti di un terzo per la costituzione coattiva della servitù, benchè la relativa domanda fosse stata rigettata, con sentenza non impugnata, in quanto il percorso non rappresentava il requisito della maggiore brevità e della minore onerosità per il fondo servente, potesse avere fondamento.

Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso; invero, mentre non è certo ravvisibile una negligenza delle controparti nel non impugnare la sentenza che respingeva la loro domanda, atteso che potevano sussistere valide ragioni al riguardo, tale mancanza di diligenza può essere individuata nel chiedere la costituzione della servitù coattiva sulla part. 77, quando lo stesso CTU ha poi ritenuto più confacente al fine la diversa particella 75.

La reiezione di una domanda si provocata dall’inadempimento del B., ma mal rivolta per una non corretta valutazione degli elementi di fatto esistenti non può essere motivo di condanna del predetto al rimborso delle spese che quella controversia aveva provocato a danno degli attori originari, che male avevano scelto la via da intraprendere per ovviare all’inadempimento dell’odierno ricorrente, essendo ipotizzarle che ove fosse stata operata la scelta che lo stato dei luoghi consigliava, la controversia relativa avrebbe avuto esito diverso.

Nei limiti suindicati, il motivo deve essere pertanto accolto;

peraltro la cassazione come disposta della sentenza impugnata, comporta il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna, che provvedere sulle questioni ancora aperte ed anche sulle spese relative al presente procedimento per cassazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso, come da motivazione; rigetta gli altri; cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della corte di appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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