Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-02-2012, n. 1808 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto del 1994, V.C. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del tribunale di Rieti e chiesto da P.D. nei suoi confronti per L. 19.864.000, oltre accessori, per corrispettivo di lavori di scavo e di una fornitura di tubi PVC, effettuati nei mesi di settembre e ottobre 1993.

L’opponente contestava la propria legittimazione passiva, sostenendo che il contratto era intercorso tra il P. e la Lettum srl, di cui egli era rappresentante legale; resisteva l’opposto, contestando ogni avversa eccezione.

L’adito Tribunale di Rieti, in esito alla compiuta istruzione, con sentenza del 2002, rigettava l’opposizione e regolava le spese.

Proponeva appello il soccombente, cui resisteva la controparte.

Con sentenza in data 22.6/1.9.2005, la Corte di appello di Roma accoglieva l’impugnazione e compensava le spese; rilevava la corte capitolina che il fatto che cinque buoni allegati alla richiesta di ingiunzione fossero stati sottoscritti dal V., senza menzione della sua qualità di legale rappresentante della Lettum srl non potesse assumere valore determinante, in quanto destinati alla mera attestazione di ricevuta della merce; per contro, non si era tenuto conto del fatto che era stata emessa fattura per L. 22.651.200 intestata alla Lettum, con riferimento proprio agli scavi ed alle forniture de quibus; la complessiva somma di L. 22.500.000 che lo stesso P. assumeva di aver ricevuto in acconto, risultava documentalmente pagata dalla detta società; il cantiere presso cui vennero effettuate le consegne era della Lettum, come emergeva anche dalla deposizione del teste Pi.; fu poi la stessa Lettum a contestare con due note le pretese del P., assumendo la sufficienza degli acconti versati.

Su tali basi probatorie, le diverse circostanze poste a base della decisione di prime cure non potevano avere il rilievo assorbente ad esse attribuito dal tribunale, mentre il richiamo all’art. 1231 c.c., avrebbe avuto senso solo ave fosse risultato provato che il V. avesse originariamente assunto in proprio l’obbligazione de qua, cosa questa che non risultava provata dal P., sul quale gravava il relativo onere.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di cinque motivi, il P.; resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, il V..

Motivi della decisione

Va premesso che è stata presentata istanza di trattazione, a norma della L. n. 183 del 2011, art. 26.

Quanto all’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata redazione dei quesiti di diritto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., la stessa non ha pregio, atteso che la norma provvedeva per i provvedimenti depositati dopo il 2.3.2006 e la sentenza impugnata è del 2005.

Venendo ai motivi di ricorso, con il primo si lamenta violazione degli arti. 1321, 1326 e 1363 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il profilo afferente al momento della conclusione del contratto, allorchè vi sarebbe prova che lo stesso fu concluso verbalmente tra il V., quale persona fisica ed il P..

Irrilevante sarebbe invece il pagamento e quanto avvenuto in esecuzione del contratto stesso.

A parte la genericità immanente al motivo, sarebbe occorsa la prova che, seppure concluso verbalmente, il contratto fosse stato voluto dal V. quale persona fisica, cosa questa che non risulta affatto e che è resa quanto meno improbabile dato che era la Lettum ad operare nel campo relativo; il mezzo pertanto deve essere respinto.

Con il secondo motivo, ci si duole di violazione dell’art. 2697 c.c., e di vizio motivazionale attinente alla qualità in cui il V. avrebbe concluso il contratto; anche in questo caso la genericità del motivo è palese; in ogni modo la Corte capitolina ha dato ampia motivazione circa la irrilevanza della circostanza che i buoni di consegna fossero stati sottoscritti dal V., mentre la testimonianza Po. non è stata ritenuta, con argomentazione corretta e giustificata dagli altri elementi probatori acquisiti, conclusiva; anche tale mezzo pertanto deve essere respinto.

Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 2702 c.c., e vizio di motivazione circa la surricordata sottoscrizione dei buoni di consegna; non può che ripetersi, a fronte di una genericità evidente che la sentenza impugnata ha ampiamente spiegato che il complesso delle risultanze istruttorie raccolte sviliva in maniera decisiva questo argomento; anche tale mezzo è pertanto privo di pregio.

Il quarto motivo (violazione degli artt. 2730 e 2733 c.c., e omessa motivazione in ordine alla offerta di transazione effettuata in udienza dal V.) introduce un argomento del tutto nuovo, mai prospettato nel giudizio di merito, e risulta pertanto inammissibile.

Il quinto motivo, a parte l’opinabile richiamo agli artt. 1321, 1322, 1327, 2697 e 2730 e 2733 c.c., non fa che ripetere le argomentazioni già proposte nel secondo e terzo motivo: quanto osservato al riguardo deve essere pertanto qui riportato per contestare la validità delle asserzioni reiterate, che sono prive di pregio.

Anche tale mezzo deve essere respinto e, con esso, il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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