Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-10-2011, n. 5570

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C. G. chiede l’annullamento o la riforma della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, n. 7487 del 2007, con la quale è stato respinto il ricorso da esso proposto per il risarcimento dei danni subiti per effetto della revoca, disposta dal comune di Mercogliano con ordinanza n. 137 dell’11 dicembre 1997, dell’autorizzazione all’esercizio di bar ristorante.

Il TAR Campania ha respinto la domanda di risarcimento danni, sul presupposto che non sarebbe stata raggiunta la prova della colpevolezza dell’amministrazione, necessaria perché possa darsi luogo al risarcimento dei danni.

Secondo l’appellante, la sentenza sarebbe viziata per error in iudicando, in quanto il TAR non avrebbe considerato la mancanza di diligenza del comune nel disporre la revoca dell’autorizzazione, malgrado la chiusura dell’esercizio fosse dovuta ai lavori di ricostruzione nell’ambito degli interventi di sostegno alle attività produttive colpite dal sisma.

Il Comune di Mercogliano, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell’appello con conferma della decisione di primo grado, escludendo che possa configurarsi l’elemento della colpevolezza, laddove, come nel caso di specie, il provvedimento è stato adottato sulla base di una disposizione di legge di dubbia interpretazione.

L’appellante ha depositato relazione – tecnico economica sull’importo dei danni subiti per effetto della revoca dell’autorizzazione commerciale e relazione del CTU incaricato dal giudice, dott. P. Grasso del Tribunale di Avellino dell’11 ottobre 2005, nel giudizio proposto dal C. contro Centrobanca).

Su queste precisazioni, alla pubblica udienza del 29 aprile 2011, il giudizio è stato assunto in decisione.

1.- Si rende necessaria per una migliore comprensione della vicenda una sintetica ricostruzione dei fatti.

C. G., giusta autorizzazione amministrativa n.4 del 1980, avviò l’esercizio di un bar – osteria con cucina in Mercogliano, in prossimità dell’impianto di risalita della funicolare.

Il locale a causa del sisma del 1980 subì dei danni, che tuttavia non impedirono il prosieguo dell’attività che continuò fino al 1989 circa, allorché il C. intraprese l’attività di demolizione e ricostruzione del manufatto.

Nel 1988, infatti, il C., avendo appreso di essere stato ammesso a finanziamento nell’ambito dei contributi previsti dalla l. n. 219 del 1981 a favore delle iniziative produttive danneggiate dal sima, chiese ed ottenne il rilascio della concessione edilizia per la ricostruzione dell’edificio (concessione edilizia n. 13/88).

Per fronteggiare le spese di ricostruzione in attesa dell’erogazione del contributo, il C. stipulò con Centrobanca in data 28 ottobre 1993 un contratto di finanziamento a medio termine dell’importo di lire 620.000.000 da utilizzare in una o più soluzioni entro il 31 dicembre 1993.

Il rapporto di finanziamento si protrasse a seguito di proroghe concordate, fino al 9 settembre 1997, allorché l’istituto di credito dopo aver comunicato la volontà di risolvere il contratto di mutuo, avviò le azioni di recupero (cfr. relazione del consulente tecnico d’ufficio, prof. dott. Gianpaolo Basile nel giudizio pendente davanti al Tribunale di Avellino).

Nell’ottobre 1997, poiché l’esercizio era ancora inattivo, il C. ritenne di comunicare al comune che i lavori erano ancora in corso per causa di forza maggiore e che la licenza commerciale era ancora sospesa.

Il comune di Mercogliano, con atto sindacale n. 137 del 1997 revocò l’autorizzazione commerciale ritenendo che la sospensione fosse consentita solo nel caso di operatori impossibilitati al regolare svolgimento dell’attività a causa della completa distruzione del manufatto e non nel caso di volontaria ricostruzione del manufatto seppure ammesso al contributo in favore delle attività produttive danneggiate dal sisma.

Intanto, con provvedimento del 18 dicembre 1998, interveniva l’erogazione materiale del contributo che richiedeva il possesso dell’autorizzazione commerciale, sicché il C. con nota del 3 maggio 1999 richiedeva al comune di Mercogliano la revoca dell’ordinanza n. 137 del 1997, istanza accolta dal comune, che con provvedimento n. 52 del 28 aprile 2000 revocava l’ordinanza n. 137 dell’11 dicembre 1997.

Il C., comunque, aveva impugnato tale ordinanza con ricorso davanti al TAR Campania, che con sentenza depositata il 17 ottobre 2000 respingeva il ricorso, sicché il Comune revocava nuovamente l’autorizzazione commerciale in esecuzione della citata sentenza.

Il C. appellava la sentenza del TAR Campania e il Consiglio di Stato, dapprima con ordinanza n. 35 del 9 gennaio 2001 ne sospendeva l’esecutività e poi la riformava con la sentenza n. 6551 del 2004.

Il comune di Mercogliano, a tal punto, con ordinanza n. 15 del 2001, revocava definitivamente il provvedimento di revoca dell’autorizzazione commerciale, conformandosi alle decisioni cautelari e di merito del Consiglio di Stato.

Dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, il C., con ricorso proposto al TAR Campania, chiedeva il risarcimento dei danni subiti a causa della revoca dell’autorizzazione commerciale disposta dal comune di Mercogliano nel 1997, assumendo che a causa della suddetta ordinanza e della conseguente sospensione dell’attività dall’11 dicembre 1997 al 20 febbraio 2001 (data di revoca dell’ordinanza n. 137 del 1997) aveva subito perdite economiche dirette ed indirette.

Quanto ai presupposti dell’azione risarcitoria, assumeva che l’illegittimità dell’ordinanza sindacale di revoca dell’autorizzazione al commercio era stata acclarata in sede giudiziale dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6551 del 2004 e che sussisteva il nesso di causalità tra il comportamento dell’amministrazione e il danno subito.

Il TAR respingeva il ricorso, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova della colpevolezza dell’amministrazione.

2.- Ciò posto in fatto, si può passare ad esaminare le questioni in diritto sottese alla domanda risarcitoria.

E" noto che ai sensi dell’art. 2043 del codice civile la struttura dell’illecito aquiliano presuppone la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta del soggetto coinvolto e l’accertamento dell’esistenza del nesso di causalità tra i comportamenti accertati e l’evento dannoso.

Tali presupposti non sembrano ricorrere nella fattispecie in esame.

A) L’appellante assume che il fatto generatore del danno è la revoca dell’autorizzazione commerciale protrattasi, salvo una breve sospensione, dall’11 dicembre 1997 al 20 febbraio 2001.

Sennonché, dalla ricostruzione dei fatti, emerge che l’evento dannoso non è stato causato dalla sospensione dell’autorizzazione commerciale che è intervenuta allorché erano ancora in corso i lavori di ricostruzione con sospensione necessaria e volontaria dell’attività di somministrazione (cfr. nota dell’ottobre 1997, con la quale il C. comunicava al comune che i lavori per causa di forza maggiore erano ancora in corso e che la licenza commerciale era ancora sospesa).

E" indubbio, invece, che i fatti generatori del danno sono stati il protrarsi dei lavori di ricostruzione del fabbricato durati per quasi dieci anni cui è conseguita la sospensione dell’attività commerciale e l’esposizione debitoria del C. nei confronti della Centrobanca (riferisce il CTU nominato dal giudice del Tribunale di Avellino nel giudizio proposto dal C. nei confronti della Centrobanca, che all’ottobre 2005, il C., malgrado fosse in possesso della licenza commerciale rilasciatagli nuovamente dal Comune in data 28 febbraio 2001, non aveva ancora avviato l’attività commerciale, avendo sospeso i lavori di ristrutturazione per carenza di fondi).

Da ciò l’erroneità del percorso logico giuridico dell’appellante nella ricostruzione dei fatti generatori del danno, laddove la revoca, peraltro, temporanea della licenza commerciale, è una breve parentesi in un più ampio arco temporale di sospensione dell’attività commerciale causata da un’errata previsione di costi e tempi di ricostruzione dell’immobile adibito a tale attività.

B) Quanto poi all’antigiuridicità del comportamento tenuto dal comune di Mercogliano, essa, come affermato dal TAR Campania, non è desumibile dalla mera dichiarazione di illegittimità degli atti posti in essere nella circostanza dall’amministrazione, essendo necessario l’elemento soggettivo della colpevolezza della condotta che va intesa in senso normativo come violazione delle regole di imparzialità e buona amministrazione che costituiscono i limiti esterni alla discrezionalità.

Nel caso di specie non è ravvisabile la condotta colpevole del comune, allorché ha revocato l’autorizzazione commerciale.

Invero, la norma da esso applicata non era assolutamente chiara nel suo disposto, tant’è che il giudice di primo grado aveva ritenuto legittima la revoca e in sede di appello, il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del TAR, dava un’interpretazione estensiva della norma, ritenendo di ammettere la deroga alla sospensione annuale della licenza, non solo nel caso di distruzione naturale e immediata del bene, ma anche, nell’ipotesi normativamente non disciplinata, che questo venga demolito e ricostruito in diretta conseguenza dell’evento sismico e pur a distanza non breve dello stesso e sempre che lo specifico nesso causale con il medesimo evento sismico sia comprovato dalla fruizione da parte dell’interessato, delle speciali provvidenze accordate in base alla disciplina post terremoto.

In tale contesto, in mancanza di una previsione normativa disattesa da parte del comune o di violazione dei principi in materia di buona amministrazione, non appare configurabile una condotta colposa da parte del comune.

C) Quanto ai danni di cui l’appellante chiede il ristoro, essi sono contenuti nella relazione del consulente di parte dott. Ciarcia Vincenzo e sono quantificati in euro 532.581,00 per danno emergente e lucro cessante.

Tra i danni non sono riportati quelli connessi alla erogazione del contributo (invero, l’appellante, che nella parte discorsiva dell’atto di appello, afferma che l’erogazione del contributo richiedeva il possesso della licenza al commercio, non precisa se la breve sospensione della licenza abbia compromesso il diritto all’erogazione del contributo e se lo abbia infine riscosso; afferma anche di aver subito danno dal ritardo nell’erogazione del contributo, senza tuttavia precisare nulla al riguardo); sono, invece, indicati il mancato guadagno per il periodo di sospensione della licenza commerciale e il lucro cessante.

Il consulente di parte sul quesito postogli di quantificare il mancato guadagno ed il lucro cessante a seguito della ordinanza n. 137 dell’11 dicembre 1997 di revoca dell’autorizzazione amministrativa, dopo aver precisato che, nell’ambito dell’incarico conferito, ha sottoposto ad esame l’attività svolta e lo sviluppo che avrebbe avuto con il completamento della ricostruzione del locale senza la lunga sospensione, ha quantificato i maggiori costi per attrezzature e per struttura in euro 62.000,00; il minor reddito conseguito in euro 375.000,00 per il ristorante e in euro 95.581,00 per il bar per un totale di euro 532.581,00.

Tali danni, come detto avanti, invero, non sono effetto diretto o indiretto della revoca dell’autorizzazione commerciale, essendo questa intervenuta allorché l’attività di somministrazione era sospesa per i lavori di ricostruzione.

Appare, quindi, evidente anche sotto questo profilo l’errore del percorso logico seguito dal ricorrente che vuole imputare alla revoca temporanea della licenza commerciale eventi dannosi imputabili esclusivamente ai tempi occorsi per la ricostruzione dell’immobile e all’esposizione debitoria nei confronti della Centrobanca.

In conclusione, deve ritenersi che mancano, nella specie, i presupposti dell’azione risarcitoria, sicché non può avere alcun positivo riscontro.

Per quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

Tenuto conto della particolarità della vicenda, le spese del grado di giudizio possono essere equamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate nel grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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