Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 27-09-2011, n. 34873

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con atto del 24.09.2010 il Difensore di O.L. parte lesa nel processo a carico di O.A. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto in data 01.09.2010, con il quale il GIP presso il Tribunale di Verona aveva disposto l’archiviazione del procedimento penale relativo alla querela presentata da O. L. per il reato di truffa;

la ricorrente censura il decreto per omessa ed illogica motivazione, nonchè per violazione di legge in relazione all’art. 410 c.p.p., atteso che la persona offesa nel procedimento aveva proposto rituale opposizione esponendo le ragioni del suo ricorso;

la ricorrente lamenta che il Gip ha respinto l’opposizione per mancata rilevanza delle indagini suppletive, indicate nell’audizione della parte offesa, senza considerare che la parte offesa poteva offrire elementi nuovi ed utili anche alla qualificazione giuridica del fatto;

il GIP avrebbe proceduto ugualmente all’archiviazione senza dare conto nella motivazione del percorso logico ed argomentativo per giungere al rigetto dell’opposizione.

Chiede pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

Si tratta di un motivo infondato.

Va premesso che la Giurisprudenza della Corte di cassazione, condivisa da questo Collegio, ha stabilito che nel caso di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il giudice può procedere all’archiviazione eventualmente anche "de plano" degli atti, previa motivazione specifica in ordine: a) – all’infondatezza della notizia di reato e, b) – all’omessa indicazione dell’oggetto delle investigazioni suppletive e dei relativi elementi di prova addotti; solo al di fuori di tali ipotesi, il giudice deve ricorrere all’udienza camerale, senza la quale il decreto di archiviazione deve considerarsi emesso con violazione della garanzia del contraddittorio e, quindi, impugnabile con ricorso per cassazione. (Cass. Pen. Sez. 4, 21.02.2008 n. 19476).

Il provvedimento di archiviazione impugnato risulta immune da censure perchè motivato adeguatamente: a) – sia riguardo alla manifeste infondatezza della notizia "criminis", b) – sia riguardo all’omessa indicazione di nuove investigazioni.

Il primo punto è stato motivato: – con il richiamo all’esauriente richiesta formulate dal PM e all’impossibilità di rinvenire elementi di reato nella fattispecie denunciata, circostanza impugnate solo genericamente nel presente ricorso;

il secondo punto è stato motivato: – con la l’inammissibilità dell’opposizione per assoluta irrilevanza delle indagini suppletive proposte, atteso che l’esame della parte offesa nulla avrebbe potuto aggiungere a quanto dalla medesima già esposto nella denuncia – querela; circostanza quest’ultima sostanzialmente riconosciute dalla stessa ricorrente che, in sede di opposizione, ha sostenuto che il suo esame avrebbe potuto offrire elementi nuovi senza fornire, però, alcuna specificazione al riguardo.

La motivazione impugnata risulta incensurabile in queste sede di legittimità in quanto si rifonda sul giudizio di irrilevanza delle nuove investigazioni proposte, in aderenza ai principi espressi da queste corte riguardo all’opposizione della parte offesa avverso la richieste di archiviazione che, per essere ammissibile, deve indicare le nuove investigazioni suppletive che siano, però, provviste dei requisiti della pertinenza e della rilevanza (Cass. sez. 5, 06.05.2010 n. 21939) requisiti che ricorrono allorchè le nuove indagini siano provviste dei caratteri di specificità e concretezza (Cass. pen. Sez. 4, 16.04.2008, n. 20389), caratteri che il Gip ha sottolineato essere del tutto carenti nella specie, ove l’opponente si è limitata a chiedere in maniera generica l’esame della parte offesa.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati in solido al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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