Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 27-09-2011, n. 34866 Separazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 20.03.2009, dichiarava non doversi procedere contro:

I.F. in ordine al reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) dei mobili ed altri effetti di proprietà del coniuge separato B.G. perchè il reato era estinto per prescrizione.

Investita del gravame della parte civile, la Corte di appello di Palermo rilevava che, al momento della condotta contestata, l’imputata si trovava ancora in costanza di vincolo matrimoniale con il B. tanto che il fatto era stato denunciato nel corso del procedimento di separazione e pertanto, con decisione del 22.02.2010, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva la I. perchè non punibile ai sensi dell’art. 649 c.p., comma 1;

Ricorre per cassazione la parte civile B., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

– la sentenza impugnata sarebbe da censurare per avere malamente applicato l’esimente ex art. 649 c.p., atteso che al momento dei fatti era già intervenuta l’ordinanza del Presidente del Tribunale che autorizzava i coniugi a vivere separati; ne derivava la cessazione della "affectio familiaris" con impossibilità di applicazione della causa d non punibilità;

CHIEDE L’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso sostiene una tesi infondata perchè in contrasto con l’inequivoco tenore letterale dell’art. art. 649 c.p., comma 1, n. 1, che prevede la causa di non punibilità per il coniuge "non legalmente separato"; (Cassazione penale, sez. 6, 16/12/2002, n. 1762) ne deriva che l’esimente opera sino alla conclusione dell’azione di separazione dei coniugi con pronuncia della sentenza di separazione legale dei coniugi, a nulla rilevando a fini penali, l’eventuale l’autorizzazione presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separati.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione la specifica motivazione adottata dalla Corte di appello sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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