Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-05-2011) 27-09-2011, n. 34940 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23 novembre 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta da D. M., volta a ottenere la temporanea sospensione per il periodo di trenta giorni, ex art. 656 cod. proc. pen., dell’ordine di esecuzione per avanzare la richiesta di misura alternativa al Tribunale di sorveglianza, mantenendo il proprio stato di libertà. 1.1. Il Giudice premetteva che:

– il Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale il 14 settembre 2010 aveva emesso nei confronti del richiedente ordine di carcerazione per la residua pena di mesi otto di reclusione in relazione alle seguenti sentenze:

1. sentenza del 20 novembre 2002 del Tribunale di Torino, definitiva il 23 marzo 2004, di condanna alla pena di mesi due di arresto per il reato di cui al D.P.R. n. 689 del 1959, artt. 37 e 289 commesso il (OMISSIS);

2. sentenza del 20 settembre 2005 del G.u.p. del Tribunale di Torino, definitiva il 15 novembre 2005, di condanna alla pena di anno uno e mesi sette di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 110 cod. pen., L. Fall. art. 216, n. 1 e 2, art. 219, art. 223, comma 1, e art. 367 cod. pen., commessi il (OMISSIS);

3. sentenza del 26 gennaio 2009 del G.u.p. del Tribunale di Torino, confermata in appello, definitiva il 17 luglio 2010, di condanna alla pena di anni tre di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta, di cui alla L. Fall. art. 216, nn. 1 e 2, art. 219, art. 223, art. 217, comma 1, e art. 464 c.p., art. 61 c.p., n. 1, commessi dal (OMISSIS).

1.2. Il Giudice osservava che tale ordine di carcerazione era stato emesso dal Pubblico Ministero, tenuto conto della disposta applicazione, con ordinanza del 20 luglio 2010, della disciplina del reato continuato in relazione alle condanne sub 2) e 3), con rideterminazione della pena in anni tre e mesi sei di reclusione, e tenuto conto dei provvedimenti d’indulto emessi il 6 dicembre 2006 in relazione alla pena di anno uno e mesi sette di reclusione di cui alla sentenza sub 2) e alla pena di mesi due di arresto di cui alla sentenza sub 1).

1.3. Il Giudice rilevava, quindi, che:

– con provvedimento del 27 settembre 2010, aveva concesso il beneficio dell’indulto in relazione alla pena di anno uno e mesi tre di reclusione inflitta al richiedente con le sentenze di cui al provvedimento di cumulo;

– l’ordine di esecuzione della pena di mesi otto di reclusione non era stato sospeso, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. e), come modificato con L. 5 dicembre 2005, n. 251, a fronte della dichiarazione di recidiva qualificata, ex art. 99 c.p., comma 4, in relazione alla sentenza di condanna sub 3), la cui pena doveva essere ancora espiata;

– Il provvedimento d’indulto, concesso il 6 dicembre 2006 in relazione a sentenze a quella data definitive, non poteva essere revocato.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, D.M., che ne chiede l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma l, lett. b), erronea applicazione dell’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. e), per essere stata respinta la richiesta di sospendere l’ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero per la sussistenza della condizione ostativa, rappresentata dalla dichiarazione di recidiva qualificata gravante sulla residua pena detentiva concretamente da eseguire.

Secondo il ricorrente tale pena residua è, a seguito del cumulo materiale delle tre sentenze e del riconoscimento della continuazione tra quelle sub 2) e 3), la pena di sei mesi di reclusione di cui alla sentenza sub 2), quale ulteriore segmento della continuazione sulla pena della sentenza sub 3), e la pena di mesi due di arresto di cui alla sentenza sub 1), non gravate dalla dichiarazione di recidiva, dovendosi tenere conto dei mutamenti della disciplina della medesima e delle sue conseguenze nella fase esecutiva della pena, e dovendosi considerare che, se l’Indulto fosse stato applicato alla sentenza sub 3) per l’intero, le pene ancora da eseguire, non gravate dalla dichiarazione di recidiva, erano potenzialmente sospendibili, ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., in sede di emissione dell’ordine di esecuzione.

2.1. Ad avviso del ricorrente la fattispecie è analoga a quella prevista dall’art. 58-quater, comma 7-bis, Ord. Pen., in relazione alla quale questa Corte ha affermato che la concessione del beneficio è impedita, non dalla condizione del soggetto dichiarato recidivo, ma dall’applicazione concreta della recidiva ai reato cui si riferiscono la pena e la sentenza in esecuzione, e ha rilevato che, al fine di verificare In caso di cumulo delle pene se sia ancora da espiare la pena per li reato ostativo, il cumulo medesimo deve essere scisso, prendendo a referente la data di commissione dei reati e contemperando la regola con il principio della necessaria anteriorità del reato alla pena e con quello del favor rei che impone la preliminare imputazione al presofferto e alla pena espiata per prima della pena che comporta maggiori pregiudizi afflittivi, anche sotto il profilo qualitativo collegato alla possibilità di godere dei benefici penitenziari.

L’evidente correlazione tra la norma di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. e) e quella di cui all’art. 58-quater c.p.p., comma 7- bis, doveva comportare l’adozione del medesimo parametro e principio normativo nella valutazione da compiersi in ordine alla possibilità della sospensione dell’ordine di esecuzione, e quindi la scissione ideale del cumulo materiale delle pene, l’individuazione, quale pena oggetto della dichiarazione di estinzione a seguito dell’applicazione dell’indulto per complessivi tre anni, della pena gravata dalla dichiarazione di recidiva di cui alla sentenza indicata sub 3), e la sospensione dei restanti otto mesi di pena detentiva da eseguire, riferiti alle sentenze sub 1) e 2) non gravate dall’applicazione della recidiva.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, ritenendo fondata la censura del ricorrente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. L’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c), come sostituito dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 9 sancisce il divieto della sospensione dell’esecuzione della pena "nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99 c.p., comma 4".

Il Giudice, nel caso di specie, ha ritenuto coerente con l’applicazione di tale norma la mancata sospensione dell’ordine di esecuzione della pena espianda di mesi otto di reclusione, a fronte della dichiarazione di recidiva qualificata di cui all’art. 99 c.p., comma 4, in relazione alla sentenza irrevocabile di condanna del 26 gennaio 2009 del G.u.p. del Tribunale di Torino.

2.1. Il quantum della pena non ancora espiato, e di cui all’ordine di carcerazione del Pubblico Ministero del 14 settembre 2010, non sospeso, è stato determinato, come emerge dalla ricostruzione in fatto operata con l’ordinanza impugnata, in relazione a tre sentenze di condanna definitive, le prime due delle quali, rispettivamente del 20 novembre 2002, definitiva il 23 marzo 2004, per reato commesso il 22 novembre 1999, e del 20 settembre 2005, definitiva il 15 novembre 2005, per reati commessi il 15 maggio 2001, e la terza del 26 gennaio 2009, definitiva il 17 luglio 2010, per reati commessi dal (OMISSIS).

Alla detta determinazione il Giudice è pervenuto, rilevando dall’esame degli atti richiamati che la pena di mesi due di arresto, inflìtta con la prima condanna, e quella di anno uno e mesi sette di reclusione, inflitta con la seconda condanna, non gravate dalla dichiarazione di recidiva, erano state dichiarate interamente condonate, quando erano già passate in giudicato, con provvedimenti d’indulto del 6 dicembre 2006; con riguardo alla seconda e alla terza condanna (quest’ultima gravata dalla dichiarazione di recidiva), era stata applicata la disciplina del reato continuato con ordinanza del 26 luglio 2010 con rideterminazione della pena complessiva in anni tre e mesi sei di reclusione, oltre a mesi due di arresto per la prima condanna, e che con provvedimento dello stesso Giudice del 27 settembre 2010, successivo al provvedimento di cumulo con contestuale ordine di esecuzione, era stato concesso l’indulto in relazione alla pena di anno uno e mesi tre di reclusione confluita nello stesso provvedimento di cumulo.

2.1. Alla stregua di detta ricostruzione dei dati fattuali, alla data del cumulo delle pene di cui all’ordine di esecuzione in contestazione, il ricorrente non aveva espiato alcuna pena e l’entità della pena di mesi otto di reclusione da espiare era pari a quella eccedente il limite massimo del condono, già interamente applicato a totale estinzione delle pene di cui alle prime due condanne, e, dopo l’applicazione della disciplina della continuazione, del segmento della continuazione sulla pena della terza condanna, e a parziale estinzione di quella inflitta con la terza condanna.

3. La decisione impugnata che, nel respingere la richiesta di sospensione dell’ordine di esecuzione avanzata dal difensore, ha ritenuto ostativa l’imputazione della pena residua da espiare alla terza condanna, intervenuta dopo l’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 che ha sostituito l’art. 656 cod. proc. pen., comma 9 introducendo il riferimento alla recidiva qualificata dichiarata con la stessa condanna, e ha ritenuto non revocabile il provvedimento d’indulto, già concesso il 6 dicembre 2006 con riguardo a due sentenze passate in giudicato, è incorsa nella violazione dei principi di diritto affermati in questa sede di legittimità. 3.1. Questa Corte ha più volte affermato che, qualora a talune fra le pene concorrenti siano collegati particolari effetti negativi, l’efficacia estintiva dell’indulto, ai soli fini previsti dalla norma particolare, va riferita in primo luogo alla pena che comporta l’effetto in questione e, nel caso di pluralità di pene del genere, a quella che comporta l’effetto negativo più oneroso, in modo da consentire all’interessato la più proficua utilizzazione del benefìcio (tra le altre, Sez. 1, n. 5397 del 13/01/2010, dep. 10/02/2010, Corrado, Rv. 246622; Sez. 1, n. 1054 del 07/05/1984, dep. 28/05/1984, Di Pilato, Rv. 164450), poichè le norme concernenti il cumulo non si possono risolvere in un danno per l’imputato o il condannato e le pene, se gli effetti negativi dipendenti da una o alcune di esse non siano altrimenti determinabili se non in rapporto a una loro autonoma e distinta valutazione, riacquistano la loro individualità, previo scioglimento temporaneo e parziale del cumulo stesso, considerandosi espiata per prima la pena inflitta per i reati ostativi e venendo meno in tal modo, rispetto alla pena residua, la preclusione conseguente (Sez. 1, n. 1054 del 07/05/1984, dep. 28/05/1984, DI Pllato, Rv. 164449 e Rv. 164453).

3.2. Tale principio, che questo Collegio condivide e riafferma, è in linea con l’indirizzo interpretativo ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo il quale, qualora nei confronti del condannato sia stato emesso un provvedimento di unificazione di pene concorrenti inflitte in relazione a reati diversi, o sia stato disposto il cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato, e la condanna per il reato ostativo è posta in esecuzione insieme ad altra o ad altre relative a reati non ostativi, è necessaria la scissione del cumulo e delle pene detentive, che ne compongono l’esecuzione, per verificare innanzitutto se sia stata espiata la pena relativa al reato ostativo, ai fini del computo del periodo minimo di pena espiata, previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 30-ter come condizione per la concessione di un permesso premio (da ultimo, Sez. 1, n. 1446 del 10/12/2009, dep. 14/01/2010, Fracapane, Rv. 245954; Sez. 1, n. 49364 del 26/11/2009, dep. 22/12/2009, Paviglianiti, Rv. 245645; Sez. 1, n. 19789 del 01/04/2008, dep. 16/05/2008, Ferrentino, Rv. 239991; Sez. 1, n. 9346 del 27/02/2007, dep. 06/03/2007, Fiorisi, Rv. 236376), o ai fini della seconda concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale o di altre misure alternative ai sensi dell’art. 58- quater, comma 1-bis, Ord. Pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 42462 del 15/10/2009, dep. 05/11/2009, Pezzuto, Rv. 245572).

3.3. L’indicato principio è coerente anche con l’indirizzo interpretativo che, partendo dal rilievo che il divieto di sospendere l’esecuzione delle pene detentive brevi, in caso di recidiva reiterata, è subordinato alla circostanza che la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4 sia stata applicata, e quindi effettivamente valutata, e abbia prodotto conseguenze concrete nella determinazione della pena, oggetto dello specifico ordine di esecuzione, ritiene che la concessione del beneficio è impedita non dalla condizione di soggetto già dichiarato recidivo ma discende dal reato cui è stata applicata la recidiva di un certo tipo con la condanna in esecuzione (Sez. 1, n. 1446 del 10/12/2009, citata; Sez. 5, n. 21603 del 26/04/2010, dep. 07/06/2010, Musei, Rv. 247956; Sez. 1, n. 43019 del 14/10/2008, dep. 18/11/2008, P.M. in proc. Buccini, Rv. 241831; Sez. 4, n. 29989 del 26/06/2007, dep. 24/07/2007, P.G. in proc. Muserra, Rv. 236944; Sez. 1, n. 42403 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, P.M. in proc. Marziano, Rv, 235583; Sez. 1, n. 8152 del 30/01/2007, dep. 27/02/2007, P.M. in proc. Lebiati, Rv. 235520; Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, dep. 06/02/2007, Brendolin, Rv. 236621).

4. Nè alla coerente applicazione di tali principi nel caso di specie osta la circostanza che l’indulto sia stato legittimamente concesso, con provvedimento del 6 dicembre 2006, in relazione alla pena complessiva di anno uno e mesi nove di cui alle due prime condanne, già passate in giudicato alla detta data.

Secondo quanto costantemente e condivisibilmente affermato da questa Corte, i provvedimenti di applicazione dell’indulto, emessi in relazione a singole condanne, hanno carattere provvisorio, perchè il giudicato si forma solo sul diritto al beneficio e non sulla sua misura, e l’applicazione unitaria del beneficio al cumulo delle pene, suscettibili di fruire dello stesso, si sovrappone e si sostituisce attenendo all’Intero rapporto di soggezione punitiva, all’insieme delle applicazioni separate, destinate a essere assorbite e superate, senza necessità di un formale provvedimento di revoca (Sez. 1, n. 31687 del 15/04/2010, dep. 11/08/2010, P.M. in proc. Marchio, Rv.

248024; Sez. 1, n. 40028 del 30/09/2009, dep. 14/10/2009, Secolo, Rv.

245326; Sez. 1, n. 5978 del 21/01/2009, dep. 11/02/2009, Di Silvio, Rv. 243353; Sez. 1, n. 3247 del 26/04/1999, dep. 15/06/1999 Galasso, Rv. 213721; Sez. 1, n. 1111 del 24/04/1990, dep. 03/05/1990, Casini, Rv. 184212; Sez. 6, n. 1034 del 24/10/1984, dep. 05/01/1985, Moietta;

Rv. 167284; Sez. 2, n. 1985 del 20/10/1981, dep. 27/02/1982, Marchignoll, Rv. 152489; Sez. U, Sentenza n. 18 del 00/00/1957, dep. 10/12/1957, Spanò, Rv. 097841).

5. Il provvedimento impugnato, che non si è attenuto ai predetti principi, deve di conseguenza essere annullato con rinvio al G.i.p. del Tribunale di Torino che procederà sulla base degli stessi a nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al G.i.p. del Tribunale di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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