Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-05-2011) 27-09-2011, n. 34939 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 16 dicembre 2010 il Tribunale di Latina, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame proposta da C.N. avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale il 11 novembre 2010, avente ad oggetto l’immobile sito in (OMISSIS), con riferimento al reato di cui all’art. 81 cod. pen. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5-bis.

1.1. Il Tribunale argomentava la decisione, premettendo che, secondo l’ipotesi accusatoria, il C. aveva affittato un monolocale a quattro cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, traendo profitto dalla loro condizione di illegalità e favorendone la permanenza illegale nel territorio dello Stato, e che l’impianto accusatorio era fondato principalmente sulle dichiarazioni dei medesimi cittadini extracomunitari, che, trovati all’interno del monolocale dalla Polizia Giudiziaria, avevano riferito di averlo "affittato" dal predetto e di pagare la somma complessiva di quattrocentocinquanta euro mensili.

1.2. Tanto premesso, il Tribunale:

– riteneva infondata la deduzione difensiva di illegittimità del sequestro dell’intero immobile, formulata sul rilievo che lo stesso era diviso in due autonomi monolocali e che i cittadini extracomunitari erano all’interno di uno solo dei due, essendo stato dato l’altro in comodato a due cittadini polacchi, titolari di permesso di soggiorno, osservando che l’immobile era unico e che l’unicità della struttura, composta di due "stanze dell’unica unità abitativa", era resa evidente dalle fotografie in atti e dalla mancata distinzione catastale dei due monolocali anche nei contratti di locazione e comodato prodotti dalla difesa;

– valutava sussistente il fumus del reato ipotizzato, contestato dalla difesa sul rilievo che il comportamento del C. era stato assolutamente regolare per aver lo stesso locato l’immobile a un cittadino indiano, S.S., titolare di permesso di soggiorno, che aveva violato l’espresso divieto di sublocazione, previsto contrattualmente, sublocando l’immobile ai cittadini extracomunitari irregolari. Secondo il Tribunale, in particolare, deponevano in senso contrario le univoche dichiarazioni di questi ultimi, che non solo avevano affermato di avere stipulato oralmente un contratto di locazione con l’indagato, ma anche che il medesimo aveva loro detto di dichiarare, ove controllati, di essere suoi ospiti a titolo gratuito, salva la valutazione successiva della congruità delle dichiarazioni e della loro effettiva incidenza probatoria; confortava, inoltre, il quadro indiziario la poca credibilità delle contrarie affermazioni dell’indagato, contraddette palesemente dalla possibilità per lo stesso, attesa l’attiguità della sua abitazione all’immobile sequestrato, di constatare la presenza di altre persone, oltre a quella con cui aveva stipulato il contratto di locazione;

– considerava sussistente il periculum in mora, contestato dalla difesa sul rilievo della mancanza di elementi per ritenere possibile la reiterazione del reato, osservando che la condotta tenuta dall’indagato era chiaramente indicativa della volontà di aggirare i divieti di legge, attesa la sua qualità soggettiva (ex giudice di pace) e la raccomandazione dal medesimo fatta agli inquilini.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, C.N., che ne chiede l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e e c), con riferimento agli artt. 143 e 146 cod. proc. pen. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5-bis.

Il ricorrente deduce, in particolare, che l’ordinanza è illogica e mancante di adeguata motivazione per avere dato credibilità alle dichiarazioni accusatorie dei quattro cittadini indiani, le cui sommarie informazioni sono state assunte in presenza di un interprete non nominato nelle forme di legge, poichè non risulta la regolarità formale della nomina e del conferimento dell’incarico, nè risulta la sua idoneità all’incarico.

Nè, ad avviso del ricorrente, l’ordinanza ha considerato che:

– il contratto di locazione è stato stipulato il 26 giugno 2009 con un cittadino indiano munito di permesso di soggiorno e residente in (OMISSIS), ed è stato regolarmente registrato;

– vi sono varie ipotesi alternative, attendibili e non smentite dagli elementi probatori acquisiti in merito alle possibili ragioni della presenza dei quattro extracomunitari nell’immobile;

– detti clandestini, inoltre, utilizzando notoriamente i locali solo per dormire, potevano non essere stati notati da esso ricorrente, pur abitando vicino;

– la struttura è divisa in due unità abitative autonome, non comunicanti e dotate di servizi e di ingressi indipendenti, e l’immobile concesso in uso ai due polacchi è strutturalmente diverso e distinto da quello limitrofo, che si assume locato ai quattro indiani clandestini.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito saranno precisati.

2. Occorre premettere che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile solo per violazione di legge.

Nella nozione di violazione di legge, per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la presenza di motivazione meramente apparente, perchè correlata all’inosservanza di precise norme processuali. Non rientrano, invece, nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, suscettibili di denuncia nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) (Sez. 6, n. 21250 del 04/06/2003, rie. P.M. in proc. De Palo, ria. 225578).

2.1. Conseguentemente, in tema di riesame del sequestro, l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma vanno valutati così come esposti al fine di verificare se essi consentono – in una prospettiva di ragionevole probabilità – di inquadrare l’ipotesi formulata dall’accusa in quella tipica. In altri termini, il controllo del giudice non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve limitarsi all’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito a un soggetto in una determinata ipotesi di reato (Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657; Sez. 1, n. 4496 del 25/06/1999, dep. 27/07/1999, Visconti, Rv. 214032; Sez. 3, n. 36538 del 11/06/2002, dep. 04/11/2002, Pianelli, Rv. 223075; Sez. 5, n. 23240 del 18/05/2005, dep. 21/06/2005, Zhu, Rv. 231901; Sez. 2, n. 12906 del 14/02/2007, dep. 29/03/2007, P.M. in proc. Mazreku, Rv. 236386), senza che sia richiesta l’esistenza del gravi indizi di colpevolezza relativamente al delitto contestato, alla cui successiva condanna è inderogabilmente legata la confisca obbligatoria alla quale il sequestro stesso è strumentale, non essendo estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali i presupposti di applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell’art. 273 cod. proc. pen..

3. Tanto premesso, si rileva che è del tutto infondata la doglianza proposta dal ricorrente con riferimento alla intervenuta nomina dell’interprete, per l’assunzione delle dichiarazioni accusatorie dei cittadini extracomunitari, senza il rispetto delle norme di cui agli artt. 143 e segg. cod. proc. pen., e dell’art. 146 in particolare.

La questione, che non risulta essere stata sottoposta al Tribunale del riesame ed è, pertanto, priva di specificità in rapporto all’ordinanza impugnata, è, in ogni caso, in contrasto con il principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, alla stregua del quale, poichè il diritto all’interprete per il soggetto che non conosca la lingua italiana va riconosciuto solo all’imputato, le dichiarazioni rese nel processo da altri soggetti stranieri non sono regolamentate dall’art. 143 cod. proc. pen., e la violazione delle forme previste non è causa di nullità dell’atto, ostandovi il principio della tassatività delle nullità di cui all’art. 177 cod. proc. pen. (Sez. F, n. 38508 del 13/09/2002, dep. 18/11/2002, Albanese, Rv. 222795; Sez. 2, n. 36988 del 18/09/2008, dep. 29/09/2008, Fati, Rv. 242049).

4. Nè la motivazione del Tribunale in merito alla valutazione della sufficienza delle dichiarazioni dei cittadini extracomunitari per ritenere l’astratta confìgurabilità nel fatto attribuito all’indagato del delitto allo stesso contestato e la poca credibilità delle contrarie affermazioni dello stesso è fondatamente opposta dalla difesa, poichè l’iter argomentativo non è all’evidenza carente e apparente per ritenerlo censurabile in questa sede, mentre le doglianze si risolvono in prospettazioni di illogicità della motivazione e richieste di alternativa lettura e interpretazione delle risultanze processuali, estranee al tema di indagine legittimamente proponibile come oggetto di censura di legittimità, e pertanto inammissibili.

5. La necessaria correlazione tra un determinato bene e un certo reato, presupposta dalla confisca prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5-bis, non è stata tuttavia oggetto di compiuta verifica.

Tale correlazione è stata, infatti, affidata alla mancata distinzione catastale dei due monolocali, ricavabile dai contratti di locazione e di comodato prodotti, alla unicità della struttura divisa in due per la creazione "solo di fatto" di due autonome unità abitative, desumibile dalle fotografie in atti, e alla impossibilità di "distinguere i due monolocali che appaiono essere stanze dell’unica unità abitativa". Il percorso motivo così articolato appare del tutto apparente, poichè il riferimento indifferenziato a "unità abitative", "monolocali" e "stanze", non consente di trarre elementi di valutazione circa la sussistenza, nella specie, di una qualunque possibilità d’identificazione dell’unità abitativa connessa alla consumazione del reato contestato e di divisibilità della struttura.

L’aver trascurato detto approfondimento anche in rapporto alle ulteriori emergenze acquisite ha determinato un vuoto argomentativo che rende necessario l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla estensione del sequestro all’intero immobile.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla estensione del sequestro all’intero immobile, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Latina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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