Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-04-2011) 27-09-2011, n. 34891 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 20 ottobre 2009, in parziale riforma della sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato dal GUP presso il Tribunale di Lodi, riconosceva a C.C. (imputata del reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73) l’ulteriore circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p., riducendo ad anni due di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa l’originaria pena inflittale di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 12.000,00. Confermava, nel resto, la sentenza del GUP emessa nei riguardi di S.S., M. F. e MA.Gi. (pur essi imputati di illecita detenzione a fini di spaccio e di spaccio di sostanze stupefacenti) con la quale i predetti erano stati condannati, il primo, alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa concesse le circostanze attenuanti generiche; la seconda ed il terzo, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa ciascuno, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

In particolare la Corte di Appello, per quanto riguarda l’imputato S.S., disattendeva la principale richiesta volta ad ottenere la circostanza attenuante di cui al D.P.R. 309 del 1990, art. 73, comma 5, sulla base del ritenuto, comprovato inserimento del S. nel settore del traffico trasnazionale di stupefacenti e la subordinata richiesta di attenuazione della pena, in quanto ritenuta commisurata alla gravità dei fatti ed alla negativa personalità dell’imputato.

Per quanto riguarda i due imputati M. e MA., la Corte di Appello disattendeva la richiesta di assoluzione formulata nell’interesse di entrambi sia sulla base delle conversazioni telefoniche menzionate dal GUP, sia sulla base di altre e più significative conversazioni comprovanti il coinvolgimento di entrambi gli imputati nell’attività di spaccio. Infine, con riferimento alla posizione dell’appellante C., la Corte di appello escludeva la configurabilità della invocata circostanza attenuante speciale della lieve entità del fatto sulla base delle risultanze delle varie conversazioni comprovanti il coinvolgimento diretto ed in via autonoma della C. in ripetuti episodi di cessione di stupefacenti e riconosceva tuttavia all’imputata la circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p. in relazione al ruolo "trainante" svolto dal suo convivente nella attività di spaccio che aveva determinato la donna a commettere i reati spinta da ragioni affettive.

Ricorrono avverso la detta sentenza tutti gli imputati, il S. personalmente, e i restanti MA., M. e C. a mezzo dei rispettivi difensori fiduciari. Il S. lamenta, con unico motivo, violazione della legge penale e difetto di motivazione in relazione al diniego della circostanza attenuante speciale, rilevando come la Corte territoriale avesse dato eccessivo rilievo ad intercettazioni dal significato equivoco e non avesse tenuto conto della limitata (temporalmente) e circoscritta (in relazione al ristretto numero delle persone acquirenti) attività di spaccio svolta dall’imputato.

Il MA. e la M. – i cui motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente essendo tra loro identici anche per l’identità della posizione processuale dei due ricorrenti – deducono: a) violazione di legge con specifico riferimento all’art. 271 c.p.p. in relazione all’art. 268 c.p.p., comma 3 e vizio di motivazione per avere la Corte disatteso la specifica eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni per difetto di motivazione da parte del P.M., affermando invece la piena utilizzabilità delle disposte intercettazioni in quanto nella ipotesi della "remotizzazione", il mezzo di prova sarebbe costituito dalla registrazione delle conversazioni e non dall’ascolto; b) carenza ed illogicità manifesta della motivazione soprattutto nella parte in cui aveva ritenuto di inequivoco significato i contenuti delle conversazioni captate dalla P.G., senza svolgere sul punto alcun accertamento neanche in ordine al genere di contatti intercorsi tra i due imputati e i loro interlocutori; c) violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della speciale sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 163 c.p., comma 4. La ricorrente C. deduce, con il primo motivo, erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5; con il secondo motivo denuncia contraddittorietà ed illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale riconosciuto la circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p. e contraddittoriamente negato la lieve entità del fatto. Mentre il ricorso del S. va rigettato, in quanto infondato, i restanti ricorsi sono fondati. Il rigetto del ricorso del S. – incentrato esclusivamente sul mancato riconoscimento della invocata circostanza attenuante speciale di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5 – deriva dalla adeguatezza in termini sia di completezza argomentativa che di logicità delle considerazioni svolte dalla Corte.

Prescindendo dal rilievo che alcune considerazioni contenute nel ricorso (il riferimento è a quanto enunciato nei paragrafi a) e b) sembrerebbero porre in discussione l’elemento della responsabilità penale del prevenuto laddove su questo punto nessuna specifica doglianza è stata prospettata nel ricorso e persino nei motivi di appello, va rilevato che la Corte di Appello ha tratto il proprio convincimento sulla inconfigurabilità dell’attenuante da alcuni dati (attività continuativa di spaccio e contatti tra l’imputato ed alcuni spacciatori sia italiani che albanesi) che provano un significativo inserimento del S. nel traffico internazionale di stupefacenti come elemento stabile di collegamento tra l’Albania e l’Italia. Gli accenni fatti dalla Corte ai contatti telefonici (ripetuti, peraltro) intercorsi tra il S., Y.A. (spacciatore italiano sentimentalmente legato alla C. odierna ricorrente che "spacciava" per suo conto) Q.R. e B.B. vanno quindi letti come riscontro ad una attività continuativa di spaccio, non certo esclusa dall’improvvisa partenza del S. per l’Albania tra il dicembre 2005 e il gennaio 2006.

Senza dire che la stessa Corte di merito ha sottolineato come la dedotta cripticità del linguaggio doveva ritenersi esclusa sulla base delle ammissioni degli acquirenti dello stupefacente.

La doglianza contenuta nel ricorso in merito alla inesistenza di contatti telefonici con i cittadini stranieri sopraindicati appare in questa sede inammissibile involgendo censure di fatto inammissibili in sede di legittimità.

La motivazione del giudice territoriale in merito alla insussistenza della circostanza attenuante speciale è in linea con l’orientamento pacifico di questa Corte in ordine ai presupposti legittimanti il riconoscimento di detta attenuante sottolineandosi che i dati presi in considerazione dalla Corte di Appello (stabile inserimento del S. nell’attività di traffico nazionale e internazionale di stupefacenti e ruolo di intermediario) erano tali da escludere quella "minima offensività penale della condotta" costituente il parametro di riferimento per la configurabilità della attenuante speciale.

Quanto alla posizione degli altri ricorrenti, in via del tutto generale e preliminare osserva la Corte che il giudice territoriale ha sostanzialmente lasciato inappagate le articolate istanze difensive contenute nei motivi di appello, nella misura in cui ha riportato interi passi delle conversazioni telefoniche intercorse tra gli imputati ed i rispettivi interlocutori astenendosi da una doverosa disamina critica dei significati delle conversazioni e limitandosi ad una tautologica affermazione di principio secondo la quale "le conversazioni telefoniche sopra riportano leggasi "riportate forniscano la piena prova del reato per il quale gli imputati sono stati condannati" (vds. pag. 16 della sentenza impugnata per quanto attiene alla posizione processuale degli imputati M. e MA.) e "non può dubitarsi che l’imputata deteneva la sostanza stupefacente che il suo convivente Y. e in sua vece o anche autonomamente si occupava della custodia e della distribuzione" (così pag. 12 della sentenza impugnata con riferimento alla posizione di C.C.).

Peraltro uno specifico obbligo di motivazione si imponeva alla luce di doglianze specifiche mosse dalla difesa dei ricorrenti M. e MA. sulla asserita carenza di motivazione dei decreti di intercettazione disposti dal P.M. in violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3 essendo stati utilizzati impianti diversi da quelli in dotazione della Procura: a tale censura la Corte territoriale non ha dato sostanzialmente risposta, soffermandosi su un aspetto affatto diverso quale la utilizzabilità delle intercettazioni il cui ascolto era avvenuto in sede remota, che non costituiva oggetto di specifica contestazione.

Era invece in discussione la carenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali il P.M. aveva disposto le intercettazioni presso impianti diversi da quelli in dotazione all’Ufficio giudiziario che imponevano una motivazione specifica (Cass. Sez. Un. 12.7.2007 n. 30347, Aguneche ed altri, Rv. 236754; Cass. Sez. 1^ 13.1.2010 n. 10399, Amendola ed altri, Rv. 246353) con riferimento esclusivo alla fase della registrazione e non dell’ascolto (Cass. Sez. 1^ 6.10.2010 n. 38160, Palermiti, Rv. 248695).

Ma anche con riferimento ai contenuti delle intercettazioni, il cui equivoco significato era stato già segnalato con i motivi di appello in uno ai mancati contatti tra gli imputati e i singoli tossicodipendenti acquirenti (che avevano, anzi, negato qualsiasi rapporto con gli imputati), la Corte territoriale non ha fornito risposte adeguate e convincenti, essendosi limitata ad una enumerazione "aggiuntiva" di telefonate rispetto a quelle già indicate dal GUP (e richiamate in sentenza genericamente "per relationem") senza tuttavia articolare alcuna argomentazione sui significati e sulla valenza dimostrativa della responsabilità di tale contatti, pur in presenza di specifiche contestazioni mosse dalla difesa.

In ultimo, carente si profila la motivazione – del tutto apparente e tautologica – della Corte per negare la speciale sospensione condizionale della pena ex art. 163, comma 4, invocata dalla difesa dei due ricorrenti suddetti, essendosi il giudice di appello limitato ad asserire l’insussistenza dei presupposti per farsi luogo alla detta ipotesi di sospensione condizionale speciale, senza specificarne in alcun modo le ragioni: ragioni tanto più indispensabili in relazione alla particolarità dell’istituto invocato che prevede una sospensione più breve (un anno anzichè cinque) nelle ipotesi di pena inferiore ad un anno.

Egualmente marcata la carenza di motivazione in cui è incorsa la Corte di Appello per ciò che riguarda la posizione dell’imputata C.C. nell’interesse della quale era stata sollecitata in appello, con i motivi aggiunti, la concessione della circostanza attenuante speciale della lieve entità del fatto.

Tale carenza è ravvisabile in quanto la Corte ha, ancora una volta, enumerato le telefonate comprovanti il coinvolgimento della C. nella attività di spaccio senza alcun riferimento alla possibilità o meno di riconoscere la circostanza attenuante speciale invocata.

Vero è che la Corte ha ritenuto minimo il livello di partecipazione concorsuale della C. in relazione all’elemento della convivenza di costei con lo spacciatore Y.A. cui era sentimentalmente legata e nel cui esclusivo interesse ella avrebbe agito indottavi dall’uomo.

Ma se va condiviso l’orientamento di questa Corte circa la operatività su piani diversi tra la detta attenuante comune e quella speciale, agendo la prima sul piano della minima partecipazione al fatto sotto il profilo dell’importanza del contributo causale dato dal correo alla perpetrazione del reato e, la seconda, sul piano del fatto unitariamente inteso nelle sue componenti oggettive quali mezzi, modalità o circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze (Cass. Sez. 4^ 28.6.1996 n. 7223, Foletto, Rv.

206806), ciò non significa che la Corte non dovesse darsi carico di una valutazione globale del fatto alla luce dei parametri suddetti.

La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte limitatamente alla posizione dei ricorrenti M.F., MA.Gi. e C.C. per nuovo esame sui punti sopra indicati.

Al rigetto del ricorso nei confronti dell’imputato S.S. segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso di S.S. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Annulla la semenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano nei confronti di C.C., M. F. e MA.Gi. per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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