Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-02-2012, n. 1771 Cause scindibili e inscindibili Termine per l’impugnazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. Il tribunale di Catania rigettò – con sentenza n. 465/04 – la domanda di O.F. per il risarcimento dei danni patiti a seguito di un procedimento penale nei suoi confronti, poi conclusosi favorevolmente, imputandone l’avvio allo scorretto esercizio dei poteri inerenti alle sue funzioni da parte di F. G., dipendente dell’assessorato regionale agricoltura e foreste della Regione siciliana, consistenti sia nella trasmissione alla competente Procura della Repubblica di dati non veritieri, sia nella mancata trasmissione di dati successivamente acquisiti.

1.2. L’ O. propose appello, lamentando l’erroneità del giudizio di non decisività dell’errore nell’indicazione della titolarità del fondo; il F., dal canto suo, ripropose la domanda ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. e si dolse della disposta compensazione, ma, in uno con l’altro appellato Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste, eccepì pure l’inammissibilità dell’appello per tardività; ma la corte di appello, accolta la replica dell’ O. sull’incompletezza della copia notificata della sentenza, respinse tale eccezione e rigettò entrambi i gravami, ritenendo – quanto al principale – la carenza di allegazione e prova dell’intento calunnioso del F. e – quanto all’incidentale – la mancanza dell’elemento psicologico in capo all’ O. e la sussistenza di giusti motivi di compensazione delle spese.

1.3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 4.11.09 con il n. 1489, ha notificato ricorso l’ O., affidandosi a due motivi, mentre gli intimati hanno depositato entrambi controricorso, dispiegando il F. ricorso incidentale con riproposizione dell’eccezione di tardività dell’appello.

1.4. Con relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. è proposto al Collegio l’accoglimento del gravame incidentale, ma, all’esito dell’adunanza in camera di consiglio del 14.4.11, per la quale almeno l’ O. ha prodotto memoria, si dispone la trattazione in pubblica udienza, fissata poi per il 17 gennaio 2012.

Per quest’ultima illustrano con ulteriori memorie le rispettive posizioni il ricorrente principale e quello incidentale, i cui difensori prendono pure parte alla discussione orale.

Motivi della decisione

2. Il ricorrente principale O.F. sviluppa tre motivi:

2.1. un primo, di violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione all’art. 2043 cod. civ. per vizio motivazionale sulla causa petendi, chiaramente prospettata da esso ricorrente in atto di citazione quanto alla non veritiera comunicazione, da parte del F., dell’identità dell’ O. quale proprietario del fondo su cui era stata segnalata la realizzazione di una discarica abusiva, nonchè quanto all’omessa comunicazione, da parte del F. e dopo la detta prima segnalazione di reato, della circostanza che l’ O. non era proprietario del terreno: circostanze queste che, a detta del ricorrente, già di per sè integravano il reato di calunnia, per l’intenzionalità della condotta della controparte, la quale non si limitava alla mera colpa evidenziata dal giudice del merito;

2.2. un secondo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., sostenendo la non necessità, ai fini della configurabilità di un danno risarcibile, di un procedimento penale per calunnia;

2.3. un terzo, di violazione od omessa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., dolendosi della ingiustizia della disposta compensazione delle spese per entrambi i gradi di lite, nonostante la soccombenza della controparte e la carenza di giusti motivi.

3. Il ricorrente incidentale, con unico motivo (ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 137, comma 2, artt. 148, 325 e 326 c.p.c.), ripropone la tesi della tardività dell’appello, siccome proposto con atto notificato in data 26.5.04 ed a seguito di sentenza di primo grado notificata – a cura dell’Avvocatura dello Stato (patrona dell’Assessorato regionale) – il precedente 8.4.04; e richiamando sul punto la più recente giurisprudenza di legittimità circa la necessità che la doglianza sull’incompletezza della copia notificata andasse respinta in presenza di relata di notifica che attestasse la conformità della copia stessa all’originale ed in carenza di querela di falso, con conseguente scorrettezza dell’opposta conclusione della corte territoriale sull’idoneità della lamentata incompletezza della copia notificata della sentenza di primo grado a determinare la non decorrenza del termine breve per l’impugnazione; e conclude il suo ricorso incidentale con la richiesta di declaratoria di inammissibilità dell’appello, per poi proseguire con la confutazione dei motivi di doglianza dell’ O., soprattutto sottolineando che l’attività del pubblico ministero aveva reciso la sequenza eziologica tra la condotta di esso denunciante e l’evento dannoso lamentato, comunque in assenza di qualunque volontà calunniatrice.

4. Dal canto suo, l’Assessorato agricoltura e foreste della Regione Sicilia, esclude qualsiasi intento calunnioso del suo dipendente F., sottolineando che la mancata comunicazione della qualità di proprietario del fondo in capo ad altri soggetti non era stata in alcun modo determinante nell’avvio del procedimento penale ai danni di controparte, punendo la fattispecie incriminatrice ipotizzata soltanto il gestore e non il proprietario.

5. In quanto logicamente preliminare, va dapprima esaminato il ricorso incidentale, relativo alla ritualità o meno dell’appello: la relativa questione non è per nulla preclusa dalla rimessione alla pubblica udienza dall’adunanza in sesta sezione, visto che non sono esplicitati motivi di reiezione della relativa doglianza del ricorrente incidentale e a tacer del fatto che la rimessione può avvenire anche soltanto per l’esigenza che, non trattandosi di questioni dalla soluzione di immediata evidenza, sia opportuno un approfondimento nella pubblica udienza; d’altra parte, riguardando la questione stessa gli effetti derivanti dalla violazione del termine per proporre ritualmente l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado, non si può, per l’inscindibilità delle cause che si affermerà di qui a tra breve, ipotizzare alcuna preclusione nel rilievo della medesima.

Ed al riguardo: 5.1. deve premettersi che:

– nel processo con pluralità di parti, la notifica della sentenza eseguita ad istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e della destinataria della notificazione, l’inizio del termine per la proposizione dell’impugnazione – anche da parte di quest’ultima – contro tutte le altre parti (tra molte: Cass. 24 giugno 2003, n. 10026);

– a tale principio, integrante una vera e propria regola generale, si apporta peraltro un’eccezione, non essendo quello applicabile nel caso in cui si verta in tema di obbligazione solidale passiva, visto che questa di norma non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause e non da luogo a litisconsorzio necessario, in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale: infatti, nell’ipotesi di cause scindibilì o comunque indipendenti, poichè all’interesse sostanziale di ciascuna parte corrisponde un interesse autonomo all’impugnazione, il termine per proporla non può essere unitario, ma decorre dalla data delle singole notificazioni a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l’unica sentenza (v. Cass. 10 gennaio 2008, n. 239);

– a tale eccezione si deroga, riprendendo così vigore la regola generale, nel caso particolare in cui le cause proposte nei confronti di più condebitori in solido sono comunque inscindibili, dando in particolare luogo al litisconsorzio processuale ove esse siano in rapporto di dipendenza; ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva inestricabile interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale: sicchè la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro (Cass. 6 luglio 2006, n. 15358);

torna, pertanto, a configurarsi lfinscindibilità nell’ipotesi in cui l’accertamento della responsabilità di uno dei condebitori presupponga necessariamente quello della responsabilità dell’altro, cioè in caso di rapporto di subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali, in relazione al contenuto delle censure proposte ed all’esito della lite (principio enunciato in riferimento all’impugnazione di una sentenza su domanda di condanna al risarcimento dei danni cagionati da un pubblico dipendente, pronunciata, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., anche nei confronti dell’Amministrazione datrice di lavoro: Cass. 14 luglio 2009, n. 16391);

– va negata quindi una uniformità strutturale, ai fini che qui interessano, di tutte le cause aventi ad oggetto una responsabilità solidale di più convenuti: il vincolo sostanziale, invece, varia, sia pure in dipendenza della concreta relazione tra le obbligazioni solidali prospettate dal preteso creditore; e, quando – come nel caso di specie – il fatto determinante della responsabilità di uno dei convenuti è solamente quello posto in essere dall’altro convenuto (e cioè, in tanto l’Assessorato risponderebbe, in quanto sia preventivamente accertata la responsabilità del suo dipendente), le cause che devono accertare l’una e l’altra eventuale responsabilità tornano ad essere inscindibili.

5.2. Nella fattispecie, nonostante la mancata trascrizione, nel ricorso o nei controricorsi, del tenore testuale dell’atto introduttivo di primo grado (e quindi in violazione del principio di necessaria autosufficienza dei ricorsi), è evidente che l’azione intentata dall’ O. contro il F. e l’Assessorato riguardi una responsabilità solidale dipendente, atteso che solo in dipendenza dell’eventuale riconoscimento di quella del primo convenuto potrebbe in astratto configurarsi, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., quella del secondo. Deve inferirsi che le due cause, proposte contro soggetti solidalmente coobbligati, sono comunque inscindibili per il rapporto di dipendenza dell’una dall’altra, essendo determinata la responsabilità dell’ente dal presupposto della accertata responsabilità del suo dipendente: pertanto, la notificazione della sentenza effettuata ad impulso e cura di uno dei coobbligati è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, ad opera del soccombente, nei confronti di tutte le sue controparti e così anche del coobbligato solidale che non aveva proceduto alla notificazione.

5.3. In applicazione di tale principio alla fattispecie, allora, la notifica ad opera dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, che aveva rappresentato e difeso in primo grado l’Assessorato datore di lavoro del funzionario, era quindi idonea a fare decorrere il termine per l’impugnazione, da parte del soccombente O., anche nei confronti del coobbligato F.; e diventa indispensabile valutare, ai fini della ritualità della proposizione dell’appello, la questione degli effetti della notificazione della sentenza di primo grado in copia addotta come mancante di alcune pagine.

5.4. A questo riguardo, erra la corte territoriale nel ritenere l’allegazione di tale mancanza di per sè sufficiente a neutralizzare l’effetto di decorrenza del termine breve:

– con un principio elaborato specificamente in relazione al ricorso per cassazione, ma agevolmente estensibile ad ogni categoria di atti processuali, si è desunto dal combinato disposto dell’art. 137 cod. proc. civ., comma 2, e art. 148 cod. proc. civ., che l’attestazione dell’avvenuta consegna di "copia" dell’atto, risultante dalla relazione di notificazione redatta dall’ufficiale giudiziario in calce all’originale dell’atto notificato, estende i suoi effetti alla conformità della copia consegnata all’originale completo, la cui contestazione richiede pertanto l’impugnazione della predetta attestazione mediante querela di falso (in tali esatti termini la recente Cass. 7 ottobre 2011, n. 20660, che richiama Cass. 6 giugno 2011, n 12197; v. pure Cass. 4 aprile 2006, n. 7811 e Cass. 22 giugno 2005, n. 13385; negli stessi termini sostanzialmente v. anche: Cass. 29 aprile 2011, n. 9548; Cass. 6 agosto 2004, n. 15199); del resto non è affatto – come pare prefigurare l’ O. – l’attestazione di conformità una valutazione dell’ufficiale notificante, ma, ben al contrario, estrinsecazione di una potestà propria del pubblico ufficiale deputato a dare certezza, con le dichiarazioni consacrate nel processo verbale da lui redatto, all’avvenuto riscontro della conformità tra copia consegnata ed originale, proprio a tutela delle posizioni processuali tanto del notificante che del destinatario della notifica;

– solo all’esito di tale incombente potrà considerarsi se, nonostante l’accertata – con dette rigorose forme – incompletezza della copia notificata e poichè ai fini del riscontro formale degli atti processuali deve aversi riguardo agli originali e non alle copie (da ultimo, v. Cass. 29 aprile 2011, n. 9548), l’incompletezza medesima abbia in concreto leso il diritto di difesa del destinatario della notifica, mediante la disamina del contenuto delle pagine mancanti: sicchè la mancanza di una o più pagine nella copia dell’atto processuale notificato assume rilievo – ripetesi, esclusivamente dopo l’accertamento di tale incompletezza mediante querela di falso – solo qualora abbia impedito al destinatario della notifica la comprensione dell’atto e, quindi, abbia compromesso, in concreto, le garanzie della difesa e del contraddittorio (Cass. S.U. 4112/07, Cass. 1213/10).

5.5. Ha quindi errato la corte territoriale nell’applicare immediatamente tale ultimo principio, senza la previa rigorosa verifica dell’effettività dell’incompletezza della copia notificata:

e l’appello dell’ O. doveva essere qualificato tardivo, in quanto proposto oltre il trentesimo giorno dalla notificazione di una copia della sentenza gravata, la cui conformità all’originale e la cui conseguente idoneità a fare decorrere detto termine, non era stata ritualmente impugnata.

6. In conclusione:

6.1. va accolto il ricorso incidentale del F.;

6.2. la gravata sentenza di secondo grado va cassata senza rinvio, con l’effetto del conseguimento della definitività di quella di primo grado, resa dal tribunale di Catania con il n. 465/04, non potendo l’azione essere proseguita dinanzi alla corte di appello;

6.3. tale accoglimento preclude in radice l’esame dei motivi di ricorso principale, tutti attinenti al merito dell’impugnazione e travolti dalla qui riscontrata irritualità della proposizione dell’appello;

6.4. ne consegue la declaratoria di inammissibilità del gravame principale suddetto;

6.5. quanto alle spese del grado di appello, peraltro, ritiene il Collegio che la complessità delle ragioni della ritenuta ammissibilità del gravame integri un giusto motivo di compensazione;

6.6. al contrario, le spese del giudizio di legittimità non possono che seguire, con liquidazione a favore delle sue controparti, la soccombenza del ricorrente principale O..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale e dichiara di conseguenza inammissibile quello principale; cassa senza rinvio la gravata sentenza di appello, peraltro compensando tra le parti le spese di detto grado; condanna O.F. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate: in favore di F. G., in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; in favore dell’Assessorato agricoltura e foreste della Regione siciliana, in pers. del leg. rappr.nte p.t.r in Euro 1.500,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

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