Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 27-09-2011, n. 34936 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 17 agosto 2010 il Tribunale di Firenze, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame proposta nell’interesse di W.D. e D.D. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 24 luglio 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato, riguardo al reato di favoreggiamento personale, agli stessi contestato nello stesso procedimento in cui erano indagati C. Y. e X.G., in concorso tra loro e con altri non identificati, di omicidio in danno di C.H.L. e C. M., aggrediti e uccisi con machete e arma da taglio il (OMISSIS).

2. Il Tribunale, in via preliminare, rigettava l’eccezione avanzata dalla difesa, con memorie depositate all’udienza camerale, in ordine alla inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate nei procedimenti n. 4041/2010 RGNR, n. 4121/2010 RGNR e n. 2536/2010 RGNR, dedotta per essere il procedimento in corso diverso da questi, per non essere consentito l’arresto in flagranza per il delitto di cui all’art. 378 cod. pen. in relazione al disposto dell’art. 270 c.p.p., comma 1 e per non essere incluso il delitto contestato tra quelli indicati, specificatamente o con riferimento alla pena edittale, dall’art. 266 cod. proc. pen..

Secondo il Tribunale, che richiamava precedenti di questa Corte, non poteva parlarsi di procedimento diverso per essere le indagini, riguardanti il delitto di favoreggiamento, strettamente connesse al procedimento principale, e le intercettazioni telefoniche, disposte nell’ambito di indagini concernenti reato rientrante nell’elenco di cui all’art. 266 cod. proc. pen., erano interamente utilizzabili nel procedimento in cui erano state disposte, a prescindere dalla posizione processuale delle varie persone imputate.

In ogni caso, le intercettazioni erano consentite nei procedimenti in cui erano state legittimamente disposte ed era stata rituale la loro trasmigrazione nel procedimento nel quale vi era stretta connessione probatoria tra il delitto di omicidio e quello di favoreggiamento personale.

3. Il Tribunale riteneva anche infondata la richiesta difensiva volta a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari, per essere, in virtù delle circostanze emerse, gravi e concordanti gli elementi indiziari a carico dell’indagato e ricorrenti le esigenze cautelari.

3.1. Il fatto di omicidio cui si riferiva l’ordinanza di custodia cautelare si era verificato il (OMISSIS) alle ore 16,00 in (OMISSIS), all’interno del bar tavola calda " J.X.".

I cinesi C.H.L. e C.M. erano entrati nel locale vuoto e si erano seduti per mangiare. Alcuni connazionali sopraggiunti, uno dei quali armato di machete, li avevano aggrediti e colpiti.

Sin dall’inizio delle indagini era risultato che il fatto doveva essere inquadrato nell’ambito delle vendette tra gruppi contrapposti della comunità cinese, e in particolare come reazione a una precedente aggressione del (OMISSIS) all’interno del locale (OMISSIS) in danno dell’indagato W.D. (detto A.) e di L.H.G., secondo le dichiarazioni rese da Z.X., che, a sua volta vittima di aggressione la notte del (OMISSIS), aveva anche dato agli inquirenti i numeri di telefono di pertinenza delle vittime.

Dalle intercettazioni, svolte sulle stesse utenze in altro procedimento, era risultato che C.H.L. e C.M. avevano commesso qualcosa di grave e L., alias Al., non usciva da casa. Anche un tassista cinese, che la notte tra il (OMISSIS) aveva accompagnato dei connazionali al "(OMISSIS)", aveva riconosciuto in uno di essi Al., deceduto il successivo (OMISSIS).

Nell’ordinanza venivano analizzati gli esiti dei tabulati telefonici, che evidenziavano contatti dell’imputato X.G., detto G., pochi minuti prima dell’agguato del (OMISSIS), con il correo Ay., e le intercettazioni telefoniche autorizzate su utenze in uso a cittadini cinesi, che facevano emergere, poco dopo il duplice omicidio, le modalità dell’agguato, il ruolo di esecutore materiale di Ay., il ruolo di X.G., i frequenti contatti successivi, gli spostamenti di ciascuno, il tentativo del medesimo X.G. di allontanarsi dall’Italia e l’ammissione dello stesso in una conversazione dell’11 luglio 2010 di avere ammazzato una persona.

3.2. Con particolare riguardo alla posizione di W.D., detto A., sottoposto a indagini e al quale si riferisce il ricorso proposto, elementi indiziari gravi in ordine alla fattispecie favoreggiatrice contestata erano costituiti dalle conversazioni telefoniche succedutesi "a ritmo serrato e quasi convulso" dopo l’aggressione mortale tra le ore 16,16 e le ore 17,06 del (OMISSIS), e nelle quali era interlocutore l’indagato, emergendo dalle stesse che il medesimo e D.D., detto Xi., si erano adoperati, subito dopo la commissione del duplice delitto, per garantire copertura e fuga agli autori materiali dell’omicidio, anche cercando di indirizzarli verso luoghi sicuri di rifugio, e informandosi sulle loro condizioni fisiche, una volta tranquilli della loro sistemazione.

Il ruolo primario dallo stesso rivestito risultava, secondo il Tribunale, anche dal tenore delle conversazioni telefoniche intercettate il 18 giugno 2010, quando, Ay., nel commentare il suo allontanamento da (OMISSIS), si doleva del loro abbandono da parte del medesimo, cui riconosceva, In tal modo, un ruolo di riferimento, e non di "trascurabile gregario". 3.3. La sussistenza delle esigenze cautelari era confermata dall’oggettiva gravità del fatto, dalla prontezza dell’intervento di ausilio degli autori della feroce aggressione e dal contesto in cui la stessa era maturata, che denotavano l’inserimento dell’indagato in ambienti criminali qualificati, radicati nel territorio e ramificati in altre località. 4. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione W.D., che ne chiede l’annullamento formulando quattro motivi di censura.

4.1. Con I primi due motivi il ricorrente deduce, rispettivamente, vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), e violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), in relazione all’art. 270 c.p.p., comma 1, art. 266 c.p.p. e art. 295 c.p.p., comma 3 e art. 15 Cost., sul rilievo che le due eccezioni al divieto di utilizzabilità dei risultati delle Intercettazioni, nel caso di specie telefoniche, in procedimenti diversi da quello in cui sono state legittimamente disposte, e riguardanti l’una l’Ipotesi della loro indipensabilità per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e l’altra la dichiarata latitanza di uno o più degli indagati, non sono state oggetto di valutazione giuridicamente corretta.

Poichè nessun indagato è stato dichiarato latitante e vi è assoluta mancanza della relativa eccezione al divieto, rappresentata dalla latitanza, è improprio, secondo il ricorrente, il richiamo a giurisprudenza peraltro risalente relativa alla presenza di tale presupposto, e il Tribunale doveva solo prendere atto che il reato contestato non consente le intercettazioni telefoniche, senza ricorrere all’istituto non influente della connessione.

4.2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia mancanza di motivazione e violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e b), in relazione alla norma di cui all’art. 378 cod. pen., come interpretata da questa Corte con sentenza n. 18103 del 2003 e in relazione all’art. 56 cod. pen. e art. 27 Cost., comma 1, sostenendo che da parte di esso ricorrente, oltre al marginalissimo ruolo avuto nel contestato favoreggiamento, vi è stata una desistenza volontaria dall’azione per essersi allontanato e recato a Napoli, abbandonando il programma di trovare rifugio ai presunti esecutori e complici dell’omicidio e suscitando il rammarico dei presunti favoriti per l’aiuto non ricevuto.

4.3. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in ordine alla non applicabilità dell’art. 275 c.p., comma 2-bis, atteso che il reato contestato consente in astratto la concessione della sospensione condizionale e ad esso ricorrente, incensurato, è stato riservato lo stesso trattamento del presunto omicida.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto ai primi due motivi, si osserva che questa Corte ha ripetutamente affermato, con riguardo al tema della utilizzazione dei risultati di intercettazioni, telefoniche o ambientali, in procedimenti diversi da quello nel quale le stesse sono state disposte, che la nozione di "diverso procedimento", nel quale, a norma dell’art. 270 c.p.p., comma 1, detta utilizzazione è vietata, non può equivalere a quella di "diverso reato", e in essa non rientrano, pertanto, le indagini strettamente connesse e collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato con riferimento al quale il mezzo di ricerca della prova è stato disposto (Sez. 6, n. 11472 del 02/12/2009, dep. 25/03/2010, Paviglianiti, Rv. 246524; Sez. 3, n. 348 del 13/11/2007, dep. 01/08/2008, P.M. in proc. Ndoja, Rv. 238779; Sez. 1, n. 46075 del 04/11/2004, dep. 26/11/2004, P.M. in proc. Kunsmonas, Rv. 230505;

Sez. 2, n. 9579 del 19/01/2004, dep. 02/03/2004, Amato, Rv. 228384;

Sez. 1, n. 35201 del 17/09/2002, dep. 21/10/2002, Maugeri, Rv.

222163; Sez. 1, n. 852 del 09/10/2000, dep. 15/01/2001, Vadacchino, Rv. 218911; Sez. 1, n. 14595 del 17/11/1999, dep. 23/12/1999, Toscano e altri, Rv. 216206; Sez. 6, n. 1972 del 16/05/1997, dep. 20/11/1977, Paclnl Battaglia, Rv. 210044; Sez. 6, n. 1626 del 16/10/1995, dep. 10/02/1996, Pulvirentl e altri, Rv. 203741; Sez. 6, n. 2135 del 10/05/1994, dep. 21/09/1994, Rizzo e altro, Rv. 199917).

Partendo dal rilievo che la diversità del procedimento deve essere intesa in senso sostanziale e non può essere collegata a dati meramente formali, quali la materiale distinzione degli incartamenti relativi a due procedimenti o il loro diverso numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato, si è, in particolare, evidenziato che la diversità del procedimento va riferita al contenuto della medesima notizia, e cioè al fatto reato in relazione al quale il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. Questa Corte, affermando tale principio, ha ritenuto, tra l’altro, l’utilizzabilità, ai fini della emissione del provvedimento cautelare personale per reato di favoreggiamento, delle intercettazioni predisposte in relazione ai reati presupposti di concussione e corruzione, costituenti oggetto di indagini nel medesimo procedimento attesa la loro necessaria connessione (Sez. 6, n. 2135 del 10/05/1994, prima citata).

2.1. A tali principi, che questo Collegio condivide e riafferma, si è uniformato il Tribunale, che ampiamente richiamando l’orientamento giurisprudenziale che tali principi ha espresso, ha rilevato che:

– dei procedimenti penali n. 4041/09 RGNR, n. 4121/10 RGNR e n. 2536/10 RGNR, assunti dalla difesa come diversi, gli oggetti non sono stati specificamente documentati;

– è indiscusso comunque che in detti procedimenti le Intercettazioni erano consentite e sono state legittimamente disposte, e che le conversazioni telefoniche intercettate nel proc. n. 4041/09 RGNR sono quelle che, avvenute il 17 giugno 2010, giorno del duplice omicidio, concernono il delitto di omicidio, che consente le intercettazioni;

– nel presente procedimento vi è intima e inscindibile connessione probatoria tra il delitto di omicidio e quello di favoreggiamento personale;

– legittimamente pertanto le intercettazioni sono state acquisite anche nel rispetto dell’art. 270 c.p.p., comma 1, essendo sostenute nella loro unitarietà dal presupposto della esecuzione conforme a legge, cui l’art. 271 cod. proc. pen. subordina la loro utilizzabilità. 2.2. Non ricorre in tale articolata analisi – alla evidenza – il vizio della violazione di legge, nè sotto il profilo della inosservanza, nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.

Neppure palesemente ricorre alcun vizio della motivazione, avendo il Tribunale dato conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da argomentazioni congrue, ragionevoli e immuni da alcuna illogicità. 2.3. Il ricorrente, lamentando l’omessa trattazione del tema della latitanza di cui all’art. 295 c.p.p., comma 3, che richiama l’art. 270 cod. proc. pen., quale eccezione al divieto di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi, e riconoscendo l’irrilevanza del tema in assenza di alcuna formale dichiarazione di latitanza, ha introdotto una censura aspecifica per la sua mancata correlazione alle ragioni argomentate della decisione impugnata, e allo stesso thema decidendum.

Nè la doglianza che attiene alla erronea verifica della violazione del limite di cui all’art. 270 c.p.p., comma 1 è congrua rispetto all’iter argomentativo dell’ordinanza, che, contrariamente a quanto dedotto, senza limitarsi a richiamare risalenti e incongrui principi affermati da questa Corte e limitarsi a ritenere non univoco l’orientamento espresso con sentenza n. 4942 del 15 gennaio 2004, posto a fondamento della tesi difensiva, ha richiamato i dati fattuali, i principi di diritto espressi da un orientamento costante, non contraddetto da quello non univoco rappresentato dalla decisione richiamata dalla difesa, e riaffermato con recenti decisioni, ha rapportato detti principi alle risultanze processuali e, a conferma della coerenza del detto orientamento, ha richiamato il contenuto della sentenza di questa Corte n. 12562 del 2010, che, esclusa l’utilizzabilità delle intercettazioni disposte per l’accertamento di una fattispecie criminosa rivelatasi inesistente e oggetto di provvedimento di archiviazione, ha affermato la diversità del caso in cui siano giudicati nell’ambito dello stesso procedimento reati diversi, connessi tra loro, per alcuni dei quali le intercettazioni erano consentite, risultandone legittima l’utilizzazione (Sez. 3, n. 12562 del 25/02/2010, dep. 31/03/2010, Prezioso e altri, Rv. 246594).

3. Quanto al terzo motivo, che attiene al quadro indiziario di colpevolezza, si rileva che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. il del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Capriati e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000, Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511), e la loro valutazione, a norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1-bis, deve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 (Sez. F., n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n. 36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).

3.1. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331, e, da ultimo, Sez. 1. n. 1842 del 11/11/2010, dep. 21/01/2011, non massimata).

3.2. Nel caso di specie, la ricostruzione dei fatti e l’indicazione del quadro indiziario a carico dell’indagato, operate dal Tribunale, sono conformi ai principi di diritto suddetti, congrui e coerenti con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e conformi ai canoni della logica e della non contraddizione.

3.3. Il Tribunale, infatti, esattamente interpretando le norme applicate e dando conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da logica motivazione, ha ritenuto sussistente a carico del ricorrente una solida piattaforma indiziaria, ancorando il proprio giudizio a elementi specifici risultanti dagli atti, dalla cui valutazione globale, svolta anche alla luce delle deduzioni difensive, ha tratto un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuzione al predetto del contestato delitto consumato di favoreggiamento personale.

Sono state, infatti, valorizzate le plurime conversazioni telefoniche succedutesi "a ritmo serrato e quasi convulso" dopo il fatto omicidiario, ritenute dimostrative della condotta dei ricorrente, adoperatosi, in concorso con il coindagato D.D., detto Xi., per garantire copertura e fuga agli autori materiali dell’omicidio e per indirizzarli verso luoghi idonei e sicuri di rifugio, ed è stata ritenuta confermativa del ruolo di riferimento del ricorrente la conversazione telefonica del 18 giugno 2010, nel corso della quale Ay., commentando l’allontanamento del ricorrente da (OMISSIS), si doleva dell’abbandono da parte dello stesso.

3.4. A fronte dell’articolato giudizio espresso dal Tribunale, il ricorrente ha opposto infondate doglianze, rappresentate come dimostrative della incorsa erronea applicazione di legge e della illogicità e incongruenza della motivazione quanto alla non ravvisata fattispecie del tentato favoreggiamento e al non ritenuto marginalissimo ruolo avuto nel medesimo reato.

Le svolte censure, ribadite anche dopo l’adeguata risposta già data dal Tribunale, sono, tuttavia, volte a prospettare una diversa interpretazione della specifica consistenza dei fatti indizianti, una diversa valutazione della loro concludenza e una lettura alternativa della vicenda processuale e dei dati fattuali in vista della diversa qualificazione giuridica della condotta, assunta come riconducibile al tentativo di favoreggiamento personale, richiamando, con astrazione dagli elementi acquisiti, la sentenza di questa Corte n. 18103 del 2003 (Sez. 2. n. 18103 del 10/01/2003. dep. 16/04/2003, Sirani L, Rv. 224396), che ha ritenuto frazionabile l’iter esecutivo del favoreggiamento personale e configurarle il tentativo in presenza di elementi fattuali rientranti, nel caso ivi esaminato, nel paradigma normativo del tentativo.

4. Infondato è anche il quarto motivo che, sotto il profilo delle esigenze cautelari, censura un vizio di motivazione del giudice del riesame quanto alla valutazione della possibilità della concessione della sospensione condizionale della pena e dell’applicazione della misura degli arresti domiciliari, attesa l’incensuratezza del ricorrente e la diversità della sua posizione rispetto a quella dei presunti omicidi, sottoposti alla stessa misura.

Sono, infatti, sorrette da motivazione congrua e logica e sicuramente contenute entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione le affermazioni spese dall’ordinanza impugnata sulla oggettiva gravità del fatto, posto in essere con prontezza d’intervento e in ausilio degli autori del fatto omicidiario, sul contesto di riferimento del fatto e sull’inserimento del ricorrente in ambienti criminali qualificati, adeguatamente valutati come legittimamente fondanti una prognosi concreta di un attuale pericolo di reiterazione criminale, e integranti un rischio cautelare tale da rendere proporzionale e adeguata la misura adottata.

5. Il ricorso, essendo infondato, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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