Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-02-2012, n. 1762 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il 19 marzo 2007 l’Azienda Energetica Trading s.p.c. ottiene un decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 215.898,41 a titolo di conguaglio per il costo dell’energia elettrica in relazione al contratto di fornitura stipulato tra essa Azienda quale acquirente e la Seltrade quale fornitrice in data 18 luglio 2003 e per la durata di mesi otto, ossia dal 1 agosto 2003 al 31 marzo 2004.

Su opposizione della Seltrade con sentenza 31 maggio 2008 il Tribunale di Bolzano rigettava la opposizione. Su gravame della Seltrade la Corte di appello di Trento-sezione distaccata di Bolzano il 12 luglio 2010 accoglie l’appello solo sulla decorrenza degli interessi, così come statuito dal primo giudice e conferma nel resto.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Seltrade, affidandosi ad otto motivi e depositando memoria.

Resiste con controricorso la Azienda Energetica Trading s.p.a.

Motivi della decisione

1.-Osserva il Collegio che la questione oggetto della lite, come pone il rilievo anche la società ricorrente, consiste nell’interpretazione dell’art. 4 del contratto, con il quale le parti avevano concordemente stabilito di ancorare il prezzo di fornitura al prezzo amministrato di cui alla Delib. n. 228 del 1991 della Autorità della Energia e successive modifiche e integrazioni (p. 10 sentenza impugnata).

In punto di fatto, e per una migliore comprensione della vicenda va rilevato che il contratto di fornitura elettrica tra la Seltrade e l’Azienda venne stipulato il 18 luglio 2003 e comprendeva il periodo che andava dal 1 agosto 2003 al 31 marzo 2004.

Ai fini della determinazione del prezzo l’art. 4 del contratto così disponeva.

"Il prezzo corrisposto per KWh dell’energia fornita per ogni singola fascia è pari al PGn (definito nell’art. 1 dell’Allegato A alla Delib. n. 27 del 2003 e sue successive modifiche e integrazioni) di riferimento del relativo trimestre ed aggiornato periodicamente secondo la Delib. n. 228 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni, scontato di 2,00 punti percentuali".

Va pure posto in rilievo che le due parti che stipularono tale contratto sono da qualificarsi "clienti idonei", secondo la definizione dell’art. 14 del c.d. decreto Bersani anche perchè tali ebbero a qualificarsi nelle premesse del contratto del 18 luglio 2003 e che con riferimento a questa categoria di clienti il citato decreto non attribuisce all’Autorità per l’Energia alcuna potestà autoritativa in ordine alla determinazione del prezzo.

Da ciò consegue che il prezzo della fornitura, per volontà delle parti e per previsione normativa, anche se secondaria, era direttamente determinabile tra le parti, dovendosi tenere presente che l’art. 14 del Contratto, in presenza di abrogazione della fonte esterna, qualora ritenuta, ossia la Delib. n. 228 del 2001, prevedeva, come fonte di integrazione, che" per quanto non espressamente previsto, il presente contratto deve ritenersi integrato con la vigente normativa applicabile emanata dalla AEGG" (p.10 sentenza impugnata).

2.-Ciò posto, ritiene il Collegio di dovere procedere all’esame del primo e del secondo motivo di ricorso, per la loro priorità logico- giuridica.

3.-Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione di legge sub specie dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – relativa alla "seconda argomentazione" e con il secondo motivo ( violazione e falsa applicazione di legge sub specie dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativa alla "prima argomentazione"), in estrema sintesi, la società ricorrente lamenta:

a) che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe ritenuto che il richiamo contenuto nell’art. 4 rappresentasse un rinvio "non ad una fonte esterna costante ed invariabile, come tale destinata ad integrare in modo stabile il contenuto del negozio", non attingendo al criterio della comune intenzione dei contraenti, di cui all’art. 1362 c.c..

E’ vero che le parti "non abbiano voluto fissare in maniera immutabile" l’importo, ma la parte variabile del contratto sarebbe comunque rimasta circoscritta alle specifiche ipotesi ivi previste, vale a dire le modifiche ed integrazioni della Delib. n. 228 del 2001 e non già facendo dipendere le sorti di un rapporto economico da decisioni assunte da terzi, oltre tutto in un contesto diverso da quello del rapporto che lega le parti.

E così statuendo, il giudice dell’appello sarebbe andato in contrasto con decisione di questa Corte, ossia sent. n. 16196/03 che riporta in parte a p. 21 ricorso in altri termini, da una parte (primo motivo) il giudice dell’appello non avrebbe tenuto presente il "criterio principe" in tema di interpretazione delle clausole contrattuali, da cui non si può prescindere, ossia il tenore letterale delle espressioni utilizzate dalle parti (p. 20-21 ricorso), secondo la comune intenzione delle stesse, per cui, avendo le stesse esplicitamente richiamato il PGn di cui alla Delib. n. 228 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni, sarebbe evidente che le stesse avessero inteso fare riferimento al valore del PGn " aggiornato periodicamente secondo la Delib. n. 228 del 2001 e sue successive modifiche ed integrazioni" e non già al valore del PGn comunque determinato applicabile in un dato momento;

b) dall’altra (secondo motivo) – ed in relazione "alla prima argomentazione" – erroneamente il giudice dell’appello, dopo avere ravvisato un "rinvio mobile alla Delib. n. 228 del 2001, che sarebbe stata abrogata, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 4 del contratto, in presenza di un "vuoto" avrebbe ritenuto di colmare lo stesso facendo riferimento al PGn vigente prò tempore, vuoi in forza dell’art. 14 del contratto, vuoi ai sensi degli artt. 1474 e 1561, applicabili per analogia al Contratto.

4.-Al riguardo, va rimarcato che il giudice dell’appello, una volta individuato l’oggetto della controversia, ha adottato due rationes deciderteli che la società ricorrente qualifica prima e seconda argomentazione.

4.1.-Con la seconda ha avuto modo di affermare che in riferimento al tenore letterale della clausola, ove si richiamano la definizione del PGn e gli aggiornamenti del suo valore con le sue successive modificazioni ed integrazioni, le parti "hanno inteso richiamare non solo i possibili aggiornamenti delle due delibere (Delib. n. 05 del 2004 e Delib. n. 20 del 2004, con le quali il prezzo subiva una riduzione anche con riferimento al mese di marzo e pertanto l’Azienda elettrica chiedeva alla fornitrice la restituzione di quanto pagato in eccedenza in applicazione della Delib. n. 228 del 2001 – p.10 sentenza impugnata), ma anche i possibili cambiamenti ed aggiornamenti del PGn, come adottati dalla Autorità per l’energia, nell’intento di tenere sempre agganciato, al momento in cui il PGn doveva essere in concreto applicato, il prezzo applicabile al loro rapporto al valore determinato autoritativamente in sede amministrativa dalla AEGG (p. 15 sentenza impugnata).

Ne ha quindi dedotto che si trattava di un rinvio mobile.

E su questa conclusione si muovono, sotto i profili prima evidenziati, le due censure che vanno esaminate congiuntamente per la loro interconnessione.

4.2.-Ciò posto, ritiene il Collegio che la lettera della clausola in oggetto, redatta da clienti qualificati, come è pacifico, non possa offrire un significato diverso da quello rinvenuto dal giudice dell’appello.

In linea di principio, va posto in rilievo che, quando le parti nel concludere un contratto di compravendita, in questo caso di fornitura di energia elettrica, abbiano fatto riferimento per la determinazione del prezzo al contenuto di una norma, anche secondaria, di determinazione del prezzo, occorre stabilire quale tipo di rinvio "fisso o mobile" esse abbiano inteso effettuare e il relativo giudizio, trattandosi di interpretazione del contratto, è riservato al giudice del merito, salvo il sindacato di legittimità nei limiti in cui è esercitatile in materia di ermeneutica negoziale.

Nel caso in esame, non si può disconoscere, attese la scansione della vicenda, che ha visto anche ridursi il prezzo e l’esplicitarsi della autonomia delle parti, che si tratti di un rinvio mobile, in quanto il richiamo alla Delib. n. 228 del 2001 era stato fatto con l’ulteriore inciso di modifiche e integrazioni, da cui sarebbe derivato l’aggiornamento del PGn. Pertanto, il contenuto economico del contratto era, volutamente, esposto alle vicende modificative ed estintive della delibera, per cui esso contenuto, in altri termini, restava sensibile alle vicende sopravvenute alla conclusione del contratto.

I due "clienti idonei" non potevano, (tranne una esplicita volontà contraria, che sarebbe andata, in regime di liberalizzazione, certamente a svantaggio di una delle parti, ma non è questo il punto per quello che interessa in questa sede), accordarsi e prevedere diversamente , consapevoli, come certamente lo erano, delle possibili oscillazioni di prezzo, atteso il regime liberalizzatorio, tanto è che la fornitura venne pagata dalla Azienda sempre e comunque in relazione alla Delib. n. 228 del 2001 e la somma venne richiesta come indebito ex art. 2033 c.c., in quanto si verificò nel periodo previsto, una riduzione del prezzo.

La clausola, inoltre, non riguardava diritti indisponibili, nè il rinvio in essa contenuto consisteva nel richiamo a fonti primarie che disciplinano, per esempio, la materia della assicurazione generale obbligatoria, che, peraltro, costituisce garanzia e tutela giuridica ai diritti della persona lavoratrice, per cui appare ultroneo il richiamo contenuto nel ricorso a Cass. n. 16196/03.

Peraltro, la qualificazione data dal giudice dell’appello al rinvio contenuto nella clausola, come rinvio mobile alla disciplina dettata dalla Autorità per l’energia, rinvio già presente nel contratto alla delibera di questa Autorità – con il richiamo – fondamento e punto di partenza del contratto del 18 marzo, ossia la n. 228/01 – è emblematico della comune intenzione delle parti di accettare l’adeguamento del prezzo, in melius o in pejus in relazione alle vicende di mercato, analizzate da tale Autorità.

Il giudice dell’appello, quindi, ha correttamente applicato la interpretazione data da questa Corte per ipotesi del genere, richiamando la sent. n. 2111/04, il cui indirizzo va ulteriormente ribadito, e ciò dopo avere anche affrontato la tesi della abrogazione realizzata dalla Delib. n. 5 del 2004 e Delib. n. 20 del 2004:

Al riguardo, ha posto in rilievo che, pur volendo ritenere abrogata da quelle delibere la Delib. n. 228 del 2001, in virtù dell’art. 14 del Contratto si potevano applicare analogicamente l’art. 1474 c.c., e l’art. 1561 c.c., per il contratto di somministrazione anche perchè le parti si erano convenzionalmente affidate per la scelta, prima, e per l’aggiornamento, poi, del PGN alle decisioni della AEGG, di cui ben avrebbero potuto fare a meno a loro rischio o interesse (p. 15-16 sentenza impugnata).

Non solo, ma ha preso in esame la ipotesi, da lui non condivisa, della abrogazione perchè, questo è il dato decisivo, il rinvio mobile, proprio per quanto previsto dall’art. 14 del Contratto, si indirizzava alle delibere nel frattempo intervenute della AEGG. Appare, dunque, chiaro che la interpretazione data dal giudice dell’appello è sotto entrambe le censure immune dai vizi denunciati.

Per chiarire ulteriormente la soluzione data alla problematica ad essa sottoposta, il Collegio, ricorda: il contratto del 18 marzo era un contratto tra "clienti idonei":

è pacifico che le fatture furono tutte pagate secondo le modifiche ed integrazioni di cui al prezzo fissato nella Delib. n. 228 del 2001, che proveniva dalla AEGG;

che nel frattempo il prezzo dell’energia era sceso, per cui vi è stato l’attuale processo per indebito arricchimento;

il richiamo alla delibera del 2001, letto in relazione all’art. 14 del Contratto, non può far sorgere dubbi sul "rinvio mobile" operato alle delle delibere successive dell’AEGG, nel frattempo intervenute;

il diritto, di cui si controverte, non attiene alla persona o ai diritti indisponibili e di cui si occupa la disciplina della assicurazione generale obbligatoria, per cui le decisioni di questa Corte in subiecta materia non sono conferenti al caso in esame;

dall’esame congiunti dell’art. 4 e art. 14 la clausola risulta interpretata dal giudice dell’appello in modo conforme al criterio principe della interpretazione letterale, corroborato dal criterio della comune intenzione dei contraenti, che con quelle formulazioni dimostrarono solo di volere ancorare il costo dell’energia da fornire e da fruire alle oscillazione rilevate e decretate dall’AEGG. 5.-Ne consegue che tutti gli altri motivi, in parte sono infondati, in parte restano assorbiti:

Infatti, restano assorbiti:

il terzo motivo (violazione e falsa applicazione nella specie dell’art. 1367 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativa alla "prima argomentazione"), che appare solo una specificazione del primo e, peraltro, non coglie nel segno, perchè non si tratta di efficacia del contratto o di conservare nel dubbio i suoi effetti, quanto di applicare un prezzo piuttosto che un altro;

il quarto sul vizio di ultrapetizione, che si fonda sul presupposto di per sè di una lacuna contrattuale, necessitante integrazione, stante la non decisività del richiamo al comb. disp. artt. 4 e 14 del Contratto, avendo il giudice dell’appello optato per la qualifica di rinvio mobile contenuto nella clausola (v. p. 16-17 sentenza impugnata, che sembra chiarissima al riguardo): il che comporta di per sè l’assoluta irrilevanza del quinto motivo ( violazione e falsa applicazione nella specie dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativa alla "prima argomentazione"), nonchè il sesto ( violazione e falsa applicazione sub specie dell’art. 1474 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativa alla "prima argomentazione"), anche per le superiori considerazioni, non risultando, come detto, dirimente il richiamo alla norma citata.

6.-Il settimo motivo, ne consegue, è infondato.

Infatti, e contrariamente a quanto deduce la società ricorrente (omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non si rinviene alcun insanabile contrasto tra l’avere il giudice dell’appello attribuito alle parti la volontà di operare un rinvio mobile alla Delib. n. 228 del 2001, e poi avere affermato che le stesse avrebbero inteso operare un rinvio mobile al PGn vigente pro tempore – seconda argomentazione, che, invece, è stata ritenuta decisiva per il giudizio.

7.-Così come è infondato l’ottavo motivo (violazione e falsa applicazione sub specie dell’art 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativa alla "prima argomentazione").

La censura, che attiene al quantum debeatur, risulta (esaminata dal giudice dell’appello, il quale l’ha respinta per generica contestazione della metodologia di calcolo e, anche nella memoria la Seltrade, richiamando la propria linea difensiva, mostra che il giudice dell’appello ha correttamente considerato del tutto generica e "non seria" la sua contestazione, come da giurisprudenza consolidata dopo S.U. n. 761/02 (Cass. n. 28381/05; Cass. n. 12010/05), nè rileva, nella specie, la giurisprudenza che sembra difforme, perchè, nel caso in esame, il "fatto" non è stato considerato "pacifico" (v. Cass. n. 13830/04; Cass. n. 5488/06), bensì, la censura, che lo evidenziava, è stata ritenuta meramente generica e " non seria" (v. 18-19 sentenza impugnata).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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