Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
P.G. propose opposizione al precetto notificatogli il 30 aprile 2008, a istanza di G. e L.M.T., in proprio e quali eredi di G.M., precetto contenente l’intimazione di pagare la somma di complessivi Euro 465.326,76.
Dedusse che il precetto era stato intimato spendendo il nome di persona defunta, essendo L.G. deceduto il (OMISSIS), e, quindi in assenza di procura, posto che il principio di ultrattività della stessa doveva ritenersi applicabile soltanto nell’ambito del giudizio nel corso del quale avviene il decesso della persona rappresentata. Assunse che gli effetti dell’atto di precetto, per la parte relativa all’intimazione rivolta al P. di pagare quanto dovuto al defunto L.G., nonchè della presente opposizione, ricadrebbero direttamente sull’avvocato precettante, quale falsus procurator.
Resistettero L.M.T. e il suo difensore.
Con sentenza depositata il 18 settembre 2009 il giudice adito ha rigettato l’opposizione.
In motivazione il giudicante, qualificato il mezzo proposto opposizione agli atti esecutivi ed evidenziato che la procura alle liti conferita per ogni fase, stato o grado del relativo processo, anche di esecuzione, abilita il difensore alla sottoscrizione dell’atto di precetto (confr. Cass. civ. n. 26296 del 2007), ha ritenuto priva di pregio la dedotta carenza di ultrattività della procura per estinzione del mandato ex art. 1722 cod. proc. civ., comma 4, verificandosi detto effetto solo in caso di morte della parte, non dichiarata dal difensore, successiva alla pubblicazione della sentenza, e dunque a grado di giudizio ormai esaurito.
Nella fattispecie dai concorrenti rilievi che L.G. era deceduto il (OMISSIS), laddove la sentenza di prime cure era stata pubblicata il 6 marzo 2008 e che la procura conferita al difensore non era stata limitata a un solo grado, doveva desumersi che il principio di ultrattività fosse operativo anche con riferimento all’atto di precetto.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte P.G. formulando un solo motivo, illustrato anche da memoria.
Resistono con controricorso L.M.T. e P. R..
Motivi della decisione
1 Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1722 cod. civ., comma 4 e art. 300 cod. proc. civ.. Assume che la decisione impugnata avrebbe fatto malgoverno dei principi enunciati dal giudice di legittimità (Cass. sez. un. 10 maggio 2006, n. 10706;
Cass. sez. un. n. 15783 del 2005), principi in base ai quali il mandato ad litem deve ritenersi soggetto, in assenza di specifica, diversa regolamentazione, alla normativa codicistica sulla rappresentanza, e quindi, tra gli altri, al principio dettato dall’art. 1722 cod. civ., n. 4, con la conseguenza che esaurito il grado in cui l’evento morte non dichiarato si è verificato, la legittimazione attiva e passiva sarebbe solo delle parti reali e viventi.
2 Le censure sono fondate.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che, qualora – verificatosi nel corso del giudizio di primo grado uno degli eventi idonei a determinare l’interruzione del processo, ai sensi dell’art. 301 cod. proc. civ., come la morte della parte, l’evento non venga dichiarato nè notificato dal difensore della parte alla quale lo stesso si riferisce – il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e, quindi, da e contro gli eredi. Si è invero ritento non utilmente invocabile, al fine di riconoscere la persistente legittimazione del procuratore della parte originaria, in relazione al giudizio di impugnazione, il principio di ultrattività del mandato, posto che tale principio, costituendo deroga alla regola per cui la morte del mandante estingue il mandato, in applicazione della disciplina generale della materia e segnatamente del disposto dell’art. 1722 cod. civ., n. 4, opera solo all’interno della fase processuale in cui l’evento si è verificato (confr. Cass. civ. 9 agosto 2010, n. 18485;
Cass. civ. 19 marzo 2009, n. 6701; Cass. civ. 5 marzo 2009 n. 5387;
Cass. civ. 13 settembre 1996 n. 8263). Nella medesima prospettiva con la sentenza 16 dicembre 2009 n. 26279, componendo un contrasto insorto tra le sezioni semplici, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato che l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dalla eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente, segnatamente escludendo, ove l’impugnazione sia proposta invece nei confronti del defunto, che possa trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 291 cod. proc. civ. (Cass. civ. sez. un. 16 dicembre 2009 n. 26279).
3 Non è superfluo aggiungere che tali principi, pienamente condivisi dal collegio, acquistano una particolare pregnanza con riferimento all’atto di precetto, in ragione della natura sostanziale, piuttosto che processuale, allo stesso generalmente riconosciuta (confr. Cass. civ. 18 settembre 2007; Cass. civ. 8 maggio 2006, n. 10497; Cass. civ. 23 febbraio 2006, n. 3998).
4 In definitiva il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata.
Non ostando alla decisione della causa nel merito la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’art. 384 cod. proc. civ., accoglie l’opposizione e, per l’effetto, dichiara la nullità del precetto intimato in data 30 aprile 2008 dall’avvocato Rosalia Pacifico nella qualità di procuratore domiciliatario di L.G..
La difficoltà delle questioni induce il collegio a compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in accoglimento della proposta opposizione, dichiara la nullità del precetto intimato in data 30 aprile 2008 dall’avvocato Rosalia Pacifico nella qualità di procuratore domiciliatario di L.G.. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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