Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-02-2012, n. 1756

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 13 dicembre 2004 (procedimento n. 2014/2005 R.G.A.C.C.), S.C. e V.Z. proposero opposizione agli atti esecutivi nell’ambito del procedimento esecutivo promosso dal Banco di Roma su un immobile di loro proprietà, gravato da ipoteca a garanzia di un debito contratto da S.S.. Eccepirono una serie di irregolarità della esecuzione.

Con altro ricorso depositato il 12 gennaio 2006 (procedimento n. 1605/2006 R.G.A.C.C.), S.C. propose nuova opposizione agli atti esecutivi, nell’ambito della medesima procedura, eccependo la nullità di tutti gli atti dell’esecuzione e dell’asta fissata per quel giorno. Con ricorso depositato il 7 maggio 2007 (procedimento n. 1533/2007 R.G.A.C.C.), S.C., in proprio e quale erede di V.Z., ha infine proposto opposizione al decreto di trasferimento dell’immobile, notificatogli il 27 aprile 2007.

Con sentenza depositata il 18 marzo 2009 il Tribunale di Chieti ha rigettato ogni domanda resa dagli opponenti/interventori, compensando integralmente tra le parti le spese di lite.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte S.C., in proprio e nella qualità, nonchè S. S., formulando sette motivi.

Resiste con controricorso, illustrato anche da memoria, Trevi Finance 2 s.p.a. per Unicredit Credit Management Bank s.p.a., avente causa di Capitalia s.p.a., a seguito di fusione per incorporazione.

Motivi della decisione

1.1 Con il primo motivo gli impugnanti denunciano violazione degli artt. 75, 77, 82, 83, 100, 180 e 182 cod. proc. civ., con riferimento alla sussistenza di validi poteri rappresentativi in capo ai soggetti – avvocati Boni e De Pasqua – che, quali rappresentanti della Banca, conferirono procura generale alle liti all’avvocato Fioretti, peraltro privo di ius postulandi in proprio, in quanto iscritto nel distretto della Corte d’appello di Roma.

1.2 Con il secondo mezzo deducono mancanza di motivazione con riferimento alla validità della costituzione e della rappresentanza dell’unica creditrice procedente.

1.3 Con il terzo motivo lamentano violazione degli artt. 75, 77, 82, 83, 100, 180 e 182 cod. proc. civ., con riferimento alla inidoneità della procura generale ad lites, rilasciata dagli avvocati Boni e De Pasqua al Dott. proc. F., a consentire il trasferimento delle funzioni defensionali dal difensore nominato ad altri.

1.4 Con il quarto motivo prospettano vizi motivazionali in relazione alla questione della possibilità per il difensore con procura di nominare, a sua volta, altri difensori.

2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono inammissibili.

Valga al riguardo considerare che, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), e in base al comb. disp. del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, l’impugnazione deve ritenersi soggetta, quanto alla sua formulazione, alla disciplina di cui all’art. 360 cod. proc. civ., e segg., nel testo risultante dal menzionato D.Lgs. n. 40 del 2006. In base a tali norme, e segnatamente, in base all’art. 366 bis cod. proc. civ., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’esposizione della censura va completata con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. (Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (confr. Cass. civ. 25 marzo 2009, n. 7197). Di qui l’enucleazione, come fondamentale criterio di scrutinio della corretta formulazione del quesito stesso, della sua conferenza, rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, nonchè della sua rilevanza, ai fini della decisione del ricorso (confr. Cass. civ. 4 gennaio 2011).

3 Nella fattispecie la denuncia di vizi motivazionali, oggetto del secondo e del quarto mezzo, non è accompagnata dalla enucleazione di quel momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere volto a circoscrivere puntualmente i limiti delle allegate carenze e contraddittorietà argomentative, in maniera da non ingenerare incertezze sull’oggetto della doglianza e sulla valutazione demandata alla Corte (confr. Cass. civ. 1 ottobre 2007, n. 20603).

4 Invece i quesiti articolati a sostegno degli evocati errores in iudicando, si sostanziano nella richiesta alla Corte di accertare se, ai fini della verifica della regolare costituzione delle parti, il mero delegato dal Consiglio di amministrazione della persona giuridica prenda la qualifica di legale rappresentante della stessa, con conseguente onere dell’opponente di dare dimostrazione della mancata immedesimazione organica del delegato con il legale rappresentanti della persona giuridica (primo motivo); ovvero se il difensore con procura generale ad lites di persona giuridica abbia facoltà di nominare ulteriori difensori, qualora tale facoltà gli sia stata conferita con procura (terzo motivo).

Trattasi di quesiti palesemente inadeguati, in quanto astratti, generici e in taluni punti oscuri. Essi in ogni caso mancano del loro essenziale requisito di validità consistente, per quanto innanzi detto, nella specifica, diretta e autosufficiente formulazione di un interpello al giudice di legittimità sull’errore di diritto asseritamente commesso dal giudice di merito e sulla correttezza della regula iuris, alternativa e di segno opposto, proposta dall’impugnante (confr. Cass. civ. 19 febbraio 2009, n. 4044).

5 Non è superfluo aggiungere che, in ogni caso, la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione delle regole che governano la materia e, segnatamente del principio per cui, ai fini della validità della procura alle liti rilasciata da chi si qualifichi legale rappresentante della persona giuridica, è sufficiente che nell’intestazione dell’atto al quale la procura si riferisce siano indicati i poteri rappresentativi di colui che la sottoscrive, essendo onere della parte che contesta tale qualità allegare tempestivamente e fornire la prova dell’inesistenza del rapporto organico o della carenza dei poteri dichiarati (confr. Cass. civ. 15 novembre 2007, n. 23724); mentre, quanto agli incombenti in punto di documentazione del potere di rappresentanza, necessario e sufficiente è che il rappresentante, che agisca come organo della persona giuridica, indichi, pur senza produrlo, l’atto di conferimento dei poteri, in modo da consentire alla controparte l’eventuale prova contraria (confr. Cass, civ. 167 marzo 2001, n. 3867).

A ciò aggiungasi che, come questa Corte ha a più riprese ribadito (confr. Cass. civ. 16 ottobre 2001, n. 12598), qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato ad negotia non vietato dalla legge professionale o dal codice di rito, mandato che abilita il difensore a nominare altri difensori i quali hanno veste non già di sostituti del legale che li ha nominati ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 9, bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte. Ne deriva che sotto nessun profilo i rilievi critici degli impugnanti colgono nel segno.

6 Con il quinto mezzo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 604 cod. proc. civ., in relazione alla omessa notifica al debitore di atti quali l’avviso di comparizione delle parti, l’atto di vendita e l’atto di nomina del c.t.u..

Chiedono perciò se sia vero che nel processo di espropriazione contro il terzo proprietario non è necessario che gli avvisi di comparizione delle parti, l’ordinanza di vendita e gli avvisi d’asta debbano essere notificati al debitore, ovvero se l’omessa convocazione del debitore e l’omessa notificazione a lui degli atti del processo di esecuzione comporta l’invalidità degli atti della procedura esecutiva.

7 Le critiche sono infondate.

Dolendosi che gli atti innanzi menzionati non siano stati notificati al debitore, i ricorrenti vengono qui a sostenere, in sostanza, che, dal disposto dell’art. 604 cod. proc. civ., comma 2 – secondo cui ogni volta che, a norma dei capi precedenti, deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo – si evince, reciprocamente, che ogni volta che deve essere sentito il terzo, è sentito anche il debitore.

L’assunto è in contrasto con le affermazioni della giurisprudenza di legittimità, delle quali il Tribunale ha, ancora una volta, fatto coerente e corretta applicazione.

Questa Corte ha invero condivisibilmente statuito che, quando oggetto dell’espropriazione immobiliare è un bene gravato da ipoteca per un debito altrui, il titolo esecutivo e il precetto vanno notificati, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. civ., sia al terzo proprietario del bene sia al debitore, poichè il secondo è tenuto ad adempiere ed il primo risponde, col bene ipotecato, dell’eventuale inadempimento; che tuttavia, una volta avvertito il debitore dell’imminente espropriazione del bene, il pignoramento e gli altri atti esecutivi debbono essere compiuti nei soli confronti del terzo proprietario, unico legittimato passivo all’espropriazione, di talchè è solo a quest’ultimo che, ai sensi dell’art. 604 cod. proc. civ., deve essere notificato l’atto di pignoramento (confr. Cass. civ. 29 settembre 2007, n. 20580).

A ciò aggiungasi che nel processo esecutivo, la mera allegazione di un vizio procedurale, non accompagnata dalla prospettazione della lesione che, in concreto, da esso sia derivata, non è idonea a integrare un vulnus del contraddittorio, perchè, se la realizzazione del giusto processo, presidiato dall’art. 111 Cost., comporta che questo deve essere assicurato ogni volta che siano in gioco diritti sostanziali o posizioni comunque giuridicamente protette delle parti, la mancata osservanza delle forme prescritte, in tanto può avere rilevanza, in quanto abbia concretamente inciso nelle facoltà della parte di agire, di contraddire, di opporsi, di esercitare, insomma, i diritti di difesa costituzionalmente garantiti (confr. Cass. civ. 20 novembre 2011, n. 24532; Cass. civ. 22 febbraio 2006, n. 3950; Cass. civ. 19 agosto 203, n. 12122).

Nella fattispecie, per contro, siffatte allegazioni mancano del tutto, essendosi gli impugnanti limitati a richiamare la possibilità, per vero affatto ipotetica, che il debitore opponesse l’estinzione del debito per cui si procedeva.

8 Con il sesto motivo si deduce violazione dell’art. 136 cod. proc. civ., con riferimento al mancato rispetto del termine di diciannove giorni dalla comunicazione, fissato dal G.E. per il versamento del prezzo di aggiudicazione, avendo il decidente erroneamente escluso che la presa visione del provvedimento ne comportasse il decorso dal momento in cui essa era intervenuta, a prescindere dalla comunicazione.

9 Anche tali censure sono prive di pregio.

Il giudice di merito ha non implausibilmente inteso l’ordinanza di aggiudicazione come volta ad assegnare, per il versamento del prezzo, un termine destinato a decorrere dalla comunicazione, indipendentemente dalla conoscenza, acquista aliunde dall’aggiudicatario, del contenuto dell’ordinanza stessa.

In ogni caso la questione, concernendo l’interpretazione di un atto di natura processuale già sottoposta al giudice di merito, era deducibile in questa sede solo per vizio di motivazione, ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, e quindi negli stretti limiti in cui è consentito il sindacato di legittimità sulla motivazione (confr.

Cass. civ. 13 maggio 2011, n. 10652; Cass. civ. 5 novembre 2010, n. 22540).

10 Con il settimo motivo, infine, gli impugnanti lamentano mancanza di motivazione, in relazione alla eccepita nullità dell’atto di pignoramento.

11 motivo è inammissibile perchè, prospettando un vizio motivazionale, non è neppur qui accompagnato dalla enucleazione del momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. La complessità delle questioni induce il collegio a compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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