Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1.- Con ricorso depositato il 2.12.2000 F.S. e D.L.V. adirono il tribunale di Messina quale giudice dell’esecuzione nell’ambito delle procedure esecutive promosse nei confronti della cooperativa Opter Italiana con pignoramenti trascritti il 7.12.1990 su istanza di M.S. e l’8.10.1993 su richiesta del Banco di Sicilia. Esposero di aver acquistato uno dei 56 appartamenti pignorati in base a sentenza emessa ex art. 2932 c.c., nel 1996 sulla base di atto di citazione trascritto il 5.5.1993. Eccepirono la carenza di titolo del Banco di Sicilia nei loro confronti a seguito dell’accordo transattivo raggiunto con gli assegnatari di 43 alloggi sottoposti a garanzia ipotecaria. Sostennero la sussistenza del potere giudiziale di riduzione e chiesero la condanna del Banco di Sicilia al risarcimento dei danni cagionati dal rifiuto del Banco ad esprimere il consenso alla riduzione del pignoramento ed alla liberazione dell’appartamento da loro acquistato.
Il Banco di Sicilia chiese il rigetto dell’opposizione assumendo di essere legittimamente intervenuto in quanto avente titolo ad agire esecutivamente verso la cooperativa.
Con sentenza n. 1075/08 depositata il 27.5.2008 il tribunale rigettò l’opposizione – che in comparsa conclusionale gli opponenti avevano dichiarato di aver solo formalmente qualificato come opposizione ex art. 619 c.p.c., in realtà avendo inteso proporre un’opposizione all’esecuzione – sul sostanziale rilievo che l’acquirente di un immobile pignorato è legittimato a proporre soltanto opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. allo scopo di far valere l’eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione per sottrarre il bene all’espropriazione, secondo i principi espressi da Cass., nn. 14003/2004 e 16440/2006. 3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i soccombenti affidandosi a sei motivi illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso UniCredit Credit, quale mandataria della cessionaria del credito Aspra Finance s.p.a..
Motivi della decisione
2.- Sono dedotti violazione e falsa applicazione, col primo motivo degli artt. 24 e 111 Cost., col secondo dell’art. 111 c.p.c., col terzo dell’art. 2911 c.c., col quarto omessa motivazione sull’avvenuta erogazione di somme da parte del creditore ipotecario nei confronti della debitrice, col quinto insufficiente e contraddittoria motivazione circa la negazione del diritto del terzo di partecipare al processo esecutivo, col sesto omessa motivazione sul rigetto della domanda di riduzione del pignoramento.
3.- L’orientamento di questa Corte è ormai consolidato nel senso che nel caso di acquisto di un immobile successivamente alla trascrizione sullo stesso del pignoramento – quindi con atto inopponibile ai creditori pignoranti ed intervenuti – l’acquirente non può intervenire neppure in via adesiva nell’espropriazione forzata, nè è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, ma è legittimato soltanto a proporre opposizione di terzo ex art. 619 cod. proc. civ., allo scopo di far valere l’eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione, per sottrarre il bene all’espropriazione; e, inoltre, può partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata, eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell’espropriazione (Cass., nn. 15400/2010, 16440/2006, 14003/2004).
E’ stato in particolare affermato che il terzo che, in pendenza dell’esecuzione e dopo la trascrizione del pignoramento, ha acquistato a titolo particolare il bene pignorato, soggiace alla disposizione dell’art. 2913 c.c., il quale gli nega la possibilità di svolgere le attività processuali inerenti ad un suo subingresso nella qualità di soggetto passivo dell’esecuzione. Egli, poichè non assume sin dall’origine la veste di soggetto passivo dell’azione esecutiva nè è avvisato dell’esecuzione, non è legittimato neppure a proporre opposizione agli atti esecutivi.
Da questa qualificazione deriva che gli acquirenti dal debitore esecutato non possono esercitare i poteri propri di quest’ultimo di contestare l’azione esecutiva promossa dal creditore procedente o da quelli intervenuti, nè di far valere vizi del processo esecutivo in sè, giacchè il cit. art. 2913 c.c., dichiarando che gli atti di disposizione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, non riconosce agli opponenti il ruolo di interlocutori rispetto ai creditori, essendo loro interlocutore, semmai, il solo il debitore esecutato, dal quale possono pretendere il residuo della somma ricavata dalla vendita (così Cass., n. 1703/2009, cui adde Cass., nn. 4409/1993, 3532/1975, 559/1969).
Si tratta di orientamento ormai consolidato (che si discosta dall’opzione ermeneutica adottata da Cass., n. 4612/1985) al quale questa Corte intende dare continuità in linea con le osservazioni espresse dalla citata Cass., n. 14003/2004, che è opportuno qui riportare:
"nei casi nei quali si manifesta una divergenza della qualità di responsabile patrimoniale da quella di debitore, non possono essere esclusi dall’impugnativa dei singoli atti del processo esecutivo tutti quei soggetti che debbono essere aggiornati degli atti del procedimento espropriativo (per dirla con Corte Cost. n. 51 del 1982), tra i quali sono annoverati proprio i soggetti indicati dall’art. 602 c.p.c., e segg.. Al di fuori di queste categorie e senza nulla togliere all’interesse, che è meramente di fatto, dell’acquirente di conseguire una caducazione del processo esecutivo che libererebbe il bene dalla garanzia alla quale è stato assoggettato, l’ordinamento non consente poteri di impugnativa dei singoli atti del procedimento.
Tra i soggetti esclusi rientrano sicuramente quelli, indicati dagli artt. 2913 e 2914 cod. civ., che hanno acquistato diritti sui beni pignorati con atti inopponibili ai creditori pignoranti ed intervenuti. Il che vale a dire che questi soggetti non sono legittimi contraddittori del creditore procedente e dei creditori intervenuti nell’ambito del processo esecutivo pendente, potendo essi far valere le loro ragioni solo dopo che quelle creditorie sono state interamente soddisfatte.
Nè vale obiettare …che il terzo acquirente è comunque proprietario del bene anche di fronte ai creditori e, per questa ragione, egli può intervenire nel processo esecutivo con gli stessi poteri del debitore esecutato. Questa affermazione, infatti, non tiene conto della decisiva considerazione che la vendita forzata non ha per oggetto i diritti dell’acquirente sul bene, ma soltanto di quelli del debitore esecutato.
Quanto poi alla configurazione della posizione dell’acquirente come successore del debitore ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., anche a voler ammettere questa possibilità, essa non vale ad escludere la prevalenza del diritto dei creditori fatta valere anteriormente all’acquisto attraverso il pignoramento. All’ulteriore quesito che questa configurazione comporta, che la partecipazione al processo esecutivo può legittimare il terzo a controllare che il processo si svolga secondo la legge e quindi a proporre opposizione agli atti esecutivi, è stata già data risposta quando è stato affermato che la legittimazione a questo controllo non può derivare da un semplice interesse di fatto, ma deve essere riconosciuto da apposite disposizioni di legge, tra le quali sono state individuate quelle indicate nell’art. 602 cod. proc. civ., e segg.".
A tanto consegue il rigetto del ricorso, per ragioni assorbenti di ogni altra censura.
4.- Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di lite, considerata la profondità delle contrarie argomentazioni addotte dalla citata Cass. n. 4612/1985 e, tuttavia, la scelta operata in questa sede di confermare l’orientamento ormai consolidato, in linea con quanto recentemente statuito dalle Sezioni unite che, con sentenza n. 10864/2011, hanno stabilito il principio secondo il quale, dinanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale, le ragioni di economico funzionamento del sistema giudiziario devono indurre l’interprete a preferire quella consolidatasi nel tempo, a meno che il mutamento dell’ambiente processuale o l’emersione di valori prima trascurati non ne giustifichino l’abbandono e consentano, pertanto, l’adozione dell’esegesi da ultimo formatasi.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e compensa le spese.
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