Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-02-2012, n. 1748

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Chiavari il 28 settembre 2006, adito su gravame principale di L.C. ed incidentale degli originari convenuti in sede civile, C.G., D.F.L. C., F.R., L.A., S.F. avverso la sentenza del Giudice di Pace diu quella città, datata 8 settembre 2005, ed accogliendo il gravame incidentale ha dichiarato inammissibile la domanda.

La L. aveva chiesto la refusione delle spese di avvocato – 1.390,70 – sostenute nel procedimento penale, introdotto con querela dai sopra indicati convenuti, al termine del quale il Tribunale di Chiavari in sede penale aveva assolto la L. in ordine ai due episodi di ingiuria e di diffamazione a lei contestati, in ordine al primo, perchè il fatto non sussiste ed in ordine al secondo perchè il fatto non costituisce reato.

Sempre con la citazione l’attuale ricorrente aveva anche richiesto il risarcimento dei danni morali e di immagine derivanti dalla querela.

Avverso la decisione del 2006 propone ricorso per cassazione la L., affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso D.F.L.C., F. R., S.F., L.A..

La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

l.-In merito all’attuale impugnazione il Collegio osserva quanto segue.

Il Giudice di Pace ebbe a dichiarare ammissibile la domanda proposta dalla L. circa le spese sostenute, qualificando la domanda risarcitoria e respinse nel merito riconoscendo la mancata dimostrazione della colpa in capo ai querelanti e comunque la insussistenza di una colpa grave anche perchè a suo avviso mancavano gli elementi costitutivi del fatto illecito, ossia il fatto materiale, che comprende il comportamento della persona e l’evento dannoso collegati dal nesso di causalità, l’ingiustizia del danno e la colpevolezza, non provati dalla L..

Il Tribunale, invece, ha ritenuto che la domanda della attrice fosse diretta ad ottenere il rimborso delle spese sostenute ed l’ha dichiarata inammissibile perchè non rivolta al giudice competente, che, nella specie, si identificava nel giudice penale.

Ebbene, come si evince dalla sentenza impugnata, non risulta contestato tra le parti che in sede penale la L. non chiese nè la condanna dei querelanti alla refusione delle spese di costituzione e difesa nè il diritto al risarcimento.

Ciò posto in rilievo, con il primo motivo ( violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e dei principi dell’ordinamento in particolare dell’art. 24 Cost. e degli artt. 10, 11, 12, 14 preleggi – art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che erroneamente il Tribunale l’abbia dichiarata decaduta dal diritto di ottenere il risarcimento del danno a seguito della querela proposta dai convenuti.

La censura non coglie nel segno.

Infatti, contrariamente a quanto assume la ricorrente, il Tribunale ha solo affermato il principio secondo cui per la liquidazione delle spese sostenute è sempre e solo competente il giudice che conosce e/o ha conosciuto della controversia: nella specie il giudice penale.

Non avendo richiesto la condanna alle spese dei querelanti in quella sede ella non poteva chiederle in sede civile.

E che questa circostanza, come ha sottolineato il Tribunale, sia incontestata si ricava dall’attuale ricorso, nel quale la stessa ricorrente ricorda di avere agito avanti al Giudice di pace in sede civile per ottenere il rimborso delle spese sostenute in sede penale, anche se come danno ingiustamente a lei procurato dai querelanti, oltre i danni morali e di immagine da quantificarsi equitativamente dal giudicante.

Del resto, non corrisponde al vero che il giudice dell’appello non abbia esaminato la domanda risarcitoria, perchè, entrando nel merito, dopo avere premesso che è possibile una domanda risarcitoria in caso di querela, ha comunque ravvisato nella lettera della L., per la quale è stata assolta in sede penale con la formula "il fatto non costituisce reato" delle espressioni offensive" e la L. diede effettivamente degli ignoranti agli appellanti (nella denuncia si legge " la signora L. apostrofava i sottoscritti come "ignoranti" ricomprendendoli però nell’ignoranza generale in cui anche lei si metteva" (p.9 sentenza impugnata).

Pertanto, la censura va disattesa, essendo del tutto estranea alla decisione del giudice del merito.

2.-Con il secondo motivo ( violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 427 c.p.c., commi 1, 2, 3, artt. 535, 542 c.p.p. e art. 91 c.p.c. – art. 360, n. 3) la ricorrente lamenta che erroneamente il Tribunale si sarebbe dichiarato incompetente a giudicare sulla richiesta di rimborso delle spese pur in presenza di una richiesta risarcitoria, che avrebbe potuto essere fatta in relazione alla conclusione del procedimento penale.

In buona sostanza, la ricorrente assume che il giudice civile dovendo accordare il risarcimento così come richiesto, stante la colpa grave dei querelanti, di conseguenza doveva riconoscere il rimborso delle spese sostenute, non essendo previsto nelle norme vigenti alcuna espressa riserva della competenza del giudice penale, qualora non essendo stata proposta avanti al giudice penale domanda risarcitoria, questa domanda è possibile promuoverla avanti al giudice civile ex art. 2043 c.c..

Il motivo va disatteso.

Infatti, l’art. 427 c.p.p., nella sua formulazione, salvo per quanto attiene alla insufficienza di prove, che è stata soppressa, ricalca sostanzialmente l’art. 382 vecchio codice, per cui nel processo penale, in tema di regolamento delle spese si debbono applicare le norme processuali di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c., e, quindi, l’unico limite è posto dalla condanna della parte vittoriosa alle spese.

La L., che venne assolta, non richiese la condanna dei querelanti alla rifusione delle spese di costituzione e di difesa nè il risarcimento del danno (p. 6 sentenza impugnata) e il Giudice di Pace nell’affrontare il merito escluse anche la colpa grave dei querelanti (ex art. 427 c.p.p., comma 3).

La condanna alle spese dei querelanti deve essere richiesta ed è obbligatoria solo quando ne sia fatta domanda.

Quando tale dichiarazione manca deve ritenersi che il giudice penale non abbia ritenuto, nel suo apprezzamento incensurabile, di fare uso del potere conferitogli dall’art. 427 c.p.p. in riferimento all’art. 542 c.p.p. ed abbia ritenuto prevalente il criterio normale e di ordine generale.

Mancando la domanda non è invocabile l’art. 535 c.p.p., che, del resto, prevede la rettifica ai sensi dell’art. 130 c.p.p, in quanto provvedimento sulle spese, nè è invocabile l’art. 542 c.p.p. per difetto della specifica domanda.

Ne consegue che il quesito di diritto non coglie la ratio decidendi.

Infatti, il giudice a quo da una parte ha ritenuto che la domanda sulle spese andava fatta al giudice del procedimento e dall’altro ha escluso, respingendo l’appello principale della L., perchè del tutto infondato, alcuna colpa grave dei querelanti (p. 9- 10 sentenza impugnata) (Cass. n. 4792/89; Cass. n. 5662/80; Cass. n. 750/02).

3 – Il terzo motivo (omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5) non solo manca del necessario momento di sintesi, ma resta assorbito dal rigetto dei primi due, non rinvenendosi alcuno dei vizi motivazionali denunciati.

Conclusivamente, il ricorso va respinto, ma la peculiare natura della controversia induce a compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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