Cass. civ. Sez. VI, Sent., 09-02-2012, n. 1911 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le parti in epigrafe ricorrono per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.000,00 per anni tre circa di ritardo, ha accolto parzialmente il loro ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti sez. giur. Lazio dal 24 dicembre 1997 al 2 maggio 2006.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi di ricorso si deduce difetto di motivazione e violazione di legge in relazione al calcolo della durata ragionevole del giudizio presupposto che la corte di merito ha individuato in anni cinque circa.

I motivi sono fondati in quanto il termine di ragionevole durata di un giudizio di primo grado secondo i parametri fissati dalla Corte europea e condivisi da questa Corte è di tre anni e non appare giustificazione sufficiente per discostarsi dai medesimi il generico richiamo alla natura della causa (neppure indicata), al numero dei ricorrenti (le cui posizione non erano peraltro contrapposte) e alle vicende processuali (anch’esse non precisate).

Fondate sono altresì le doglianze esposte nel terzo e nel quarto motivo in quanto, pur avendo il giudice de merito applicato un congruo parametro (Euro 1.000,00 in ragione d’anno), la diversa durata del periodo da ritenersi non ragionevole comporta che la liquidazione sia in concreto insufficiente.

Il quinto motivo con il quale si denuncia l’omessa pronuncia in ordine agli interessi è assorbito in quanto gli stessi sono stati in realtà calcolati nell’importo, definito "onnicomprensivo", della liquidazione che tuttavia deve essere nuovamente effettuata.

Assorbiti sono anche gli ulteriori motivi relativi alla liquidazione delle spese, dovendosi procedere a nuova statuizione sul punto.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuna parte ricorrente di Euro 4.585,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni cinque e mesi quattro di irragionevole ritardo quale determinato detraendo anni tre dalla durata complessiva.

Le spese eseguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 4.585,00, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.708,00, di cui Euro 648,00 per diritti, Euro 1.010,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge;

spese distratte in favore dei difensori antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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