Corte Costituzionale sentenza n. 177 SENTENZA 11 – 18 giugno 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 5,
della legge della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge
finanziaria 2002), promosso dalla Commissione tributaria provinciale
di Mantova nel giudizio vertente tra la Banca Monte dei Paschi di
Siena s.p.a. e l’Agenzia delle entrate, direzione provinciale di
Mantova, con ordinanza del 22 maggio 2012, iscritta al n. 295 del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti l’atto di costituzione della Banca Monte dei Paschi di
Siena s.p.a., nonche’ l’atto di intervento della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Guglielmo Fransoni per la Banca Monte dei
Paschi di Siena s.p.a. e Fabio Cintioli per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1.- La Commissione tributaria provinciale di Mantova, con
ordinanza del 22 maggio 2012, ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge della Regione
Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge finanziaria 2002), in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione.
Detta disposizione prevede che «A decorrere dall’anno 2002, per i
soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 446
del 1997 e successive modificazioni e integrazioni, l’imposta
regionale sulle attivita’ produttive e’ determinata applicando al
valore della produzione netta, come stabilito nei medesimi articoli,
l’aliquota del 5,75 per cento».
2.- Premette la rimettente di essere stata adita dalla Banca
Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in qualita’ di societa’
incorporante la Banca Agricola Mantovana s.p.a., la quale con ricorso
depositato il 28 settembre 2010, aveva impugnato, nei confronti
dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Mantova, il silenzio rifiuto
formatosi in ordine alla istanza di rimborso avente ad oggetto la
maggiore ritenuta dell’IRAP versata per l’anno 2002 dalla Banca
incorporata.
Quest’ultima aveva corrisposto, infatti, l’importo complessivo di
euro 12.413.909,00, adottando l’aliquota pari al 5,75 per cento
dell’imponibile, cosi’ come stabilito dall’art. 1, comma 5, della
legge reg. n. 27 del 2001, pur ritenendo che l’imposta avrebbe dovuto
essere calcolata a norma dell’art. 45, comma 2, del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta
regionale sulle attivita’ produttive, revisione degli scaglioni,
delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una
addizionale regionale a tale imposta, nonche’ riordino della
disciplina dei tributi locali), facendo applicazione dell’aliquota
del 4,75 per cento, con una conseguente differenza, in suo favore, di
euro 1.688.766,00.
Cio’, in quanto l’art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997,
allora vigente nel testo modificato dalla legge 28 dicembre 2001, n.
448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), per gli istituti
di credito e gli altri enti e societa’ finanziarie, di cui agli artt.
6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997, prevedeva: «per i periodi d’imposta
in corso al 1° gennaio 1998, al 1° gennaio 1999 e al 1° gennaio 2000
l’aliquota e’ stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due
periodi d’imposta successivi, l’aliquota e’ stabilita,
rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento».
Nella vigenza di detto regime giuridico temporaneo, la Regione
non poteva modificare le aliquote, cosi’ fissate, in via transitoria,
atteso che tale facolta’ le era stata attribuita dall’art. 16, comma
3, del suddetto d.lgs. n. 446 del 1997 solo in relazione all’aliquota
ordinaria stabilita nella misura del 4,25 per cento.
3.- Ad avviso della Commissione tributaria sussisterebbe la
rilevanza della questione in quanto dalla norma censurata dipende la
debenza della imposta richiesta a rimborso dalla societa’ ricorrente
nel giudizio principale.
4.- Quanto alla non manifesta infondatezza, la Commissione
tributaria provinciale di Mantova osserva che, ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera e), Cost., la disciplina, anche di
dettaglio, in materia tributaria e, dunque, in ordine all’IRAP, e’
riservata alla legge statale, rimanendo ammesso l’intervento del
legislatore regionale solo nei limiti stabiliti da quello statale
(sono citate le pronunce n. 216 del 2009 e n. 296 del 2003).
Dopo aver richiamato il contenuto precettivo dell’art. 16, comma
3, del d.lgs. n. 446 del 1997 e dell’art. 45, commi 1 e 2, del
medesimo decreto legislativo, quest’ultimo come vigente dal 1°
gennaio 2002, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 448
del 2001, la Commissione tributaria afferma che il legislatore
statale ha attribuito alla Regione la potesta’ di incrementare solo
l’aliquota del 4,25 per cento, di cui all’art. 16, comma 1, del
d.lgs. n. 446 del 1997, escludendo, invece, tale potesta’ di
incremento quanto all’aliquota di cui alla disposizione transitoria
contenuta nell’art. 45, comma 2, dello stesso decreto legislativo.
Pertanto l’art. 1, comma 5, della legge regionale n. 27 del 2001
eccederebbe la facolta’ attribuita al legislatore regionale e si
paleserebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost.
5.- E’ intervenuta nel giudizio incidentale la Regione Lombardia,
chiedendo il rigetto della questione, atteso che la norma impugnata
trova fondamento nell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997,
secondo un’interpretazione di quest’ultimo conforme ai canoni di cui
all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale.
6.- Si e’ costituita la societa’ Banca Monte dei Paschi di Siena
s.p.a. chiedendo l’accoglimento della questione di costituzionalita’
e prospettando, in particolare, le seguenti argomentazioni.
6.1.- In primo luogo ha ricordato che, secondo la giurisprudenza
costituzionale, l’IRAP ricade nella potesta’ legislativa esclusiva
dello Stato, con la conseguente possibilita’ di un intervento del
legislatore regionale soltanto laddove cio’ sia espressamente
previsto.
6.2.- Ha, quindi, rilevato che dall’esame della disciplina
statale emerge che la facolta’, riconosciuta alle Regioni dall’art.
16, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997, di modificare l’aliquota
ordinaria contemplata dal comma 1 del medesimo articolo non
consentiva, per l’anno d’imposta 2002, di applicare agli istituti di
credito un’aliquota diversa da quella speciale e transitoria del 4,75
per cento, gia’ direttamente fissata per detto anno dal legislatore
nazionale.
Nel periodo intercorrente tra il 1998 e il 2002, infatti,
coesistevano due differenti tipologie di aliquote dell’IRAP, ossia:
a) un’aliquota ordinaria, riferibile ai soggetti passivi d’imposta
diversi da quelli menzionati dal citato art. 45, fissata nella misura
del 4,25 per cento dal comma 1 dell’art. 16 del medesimo d.lgs., con
previsione della possibilita’ per le Regioni, di diminuire o
incrementare la stessa fino ad un massimo di un punto percentuale,
vale a dire fino a un minimo del 3,25 per cento ed una soglia massima
insuperabile del 5,25 per cento; b) talune aliquote speciali di
carattere transitorio, tra le quali anche una riservata appositamente
dal legislatore statale alle banche nonche’ agli enti finanziari e
pari al 5,4 per cento per gli anni dal 1998 al 2000, al 5 per cento
per il 2001 e al 4,75 per cento per il 2002.
Lo ius variandi conferito alle Regioni dal terzo comma dell’art.
16, quindi, poteva essere esercitato con esclusivo riferimento
all’aliquota ordinaria, e non anche alle aliquote speciali di cui
all’art. 45.
7.- Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimita’
dell’udienza.
8.- La parte privata, nel ribadire le argomentazioni svolte,
richiama altresi’ la sentenza n. 357 del 2010 che avrebbe chiarito la
portata della potesta’ legislativa attribuita in materia alla Regione
dal citato art. 16, comma 3.
9.- La Regione Lombardia, a sostegno della infondatezza della
questione, deduce che la potesta’ legislativa di variazione
dell’aliquota, attribuita alle Regioni, riguarda sia l’aliquota
ordinaria che quella indicata nella disciplina transitoria e che cio’
e’ coerente con la ratio di quest’ultima, come si poteva rilevare
dalla sentenza n. 21 del 2005 e dall’ordinanza n. 110 del 2008 di
questa Corte.

Considerato in diritto

1.- La Commissione tributaria provinciale di Mantova dubita della
legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge della
Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge finanziaria 2002),
in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione, per avere disposto l’aumento di un punto percentuale
dell’aliquota IRAP, come determinata in via temporanea per gli
istituti bancari dall’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 15
dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle
attivita’ produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e
delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale
regionale a tale imposta, nonche’ riordino della disciplina dei
tributi locali).
Si prospetta la lesione della potesta’ legislativa statale
esclusiva in materia di sistema tributario, in quanto la norma
impugnata eccederebbe la facolta’ di variazione delle aliquote che
verrebbe riconosciuta alle Regioni limitatamente all’aliquota
ordinaria dell’IRAP.
2.- La questione e’ fondata.
3.- La disciplina valevole ratione temporis, nella fattispecie
oggetto del giudizio principale, prevede, al comma 1 dell’art. 16 del
d.lgs. n. 446 del 1997, una aliquota generale del 4,25 per cento. La
stessa norma aggiunge poi, «salvo quanto previsto […] nei commi 1 e
2 dell’ articolo 45».
Quest’ultimo articolo, al comma 2, a sua volta sancisce (nel
testo storico in vigore dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2002) che,
per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7, tra cui le banche e gli altri
enti e societa’ finanziarie, «per i periodi d’imposta in corso al 1°
gennaio 1998, al 1° gennaio 1999 e al 1° gennaio 2000 l’aliquota e’
stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due periodi d’imposta
successivi, l’aliquota e’ stabilita, rispettivamente, nelle misure
del 5 e del 4,75 per cento». Quindi per il 2002, anno d’imposta in
relazione al quale veniva chiesto il rimborso dell’IRAP di cui e’
causa nel giudizio principale, l’aliquota stabilita in via
transitoria era pari al 4,75 per cento.
La norma che qui viene specificamente in rilievo, infine, e’ il
comma 3 del citato art. 16, secondo cui «A decorrere dal terzo anno
successivo a quello di emanazione del presente decreto, le regioni
hanno facolta’ di variare l’aliquota di cui al comma 1 fino ad un
massimo di un punto percentuale. La variazione puo’ essere
differenziata per settori di attivita’ e per categorie di soggetti
passivi».
4.- E’ in particolare alla stregua di tale disposizione che deve
essere risolta la questione di legittimita’ costituzionale. Va
ricordato, infatti, come questa Corte, con giurisprudenza costante,
abbia affermato che la disciplina dell’IRAP rientra nella potesta’
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost.
La sentenza n. 296 del 2003 sancisce che alle Regioni «e’
attribuita una limitata facolta’ di variazione dell’aliquota (art.
16, comma 3) ed il potere di disciplinare, con legge, "nel rispetto
dei principi in materia di imposte sul reddito e di quelli recati dal
presente titolo, le procedure applicative dell’imposta"», e che «La
circostanza che l’imposta sia stata istituita con legge statale e che
alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, siano
espressamente attribuite competenze di carattere solo attuativo,
rende palese che l’imposta stessa – nonostante la sua denominazione –
non puo’ considerarsi "tributo proprio della regione"», con la
conseguenza che la disciplina sostanziale dell’imposta rientra nella
esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, in
ragione di quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. (piu’ di recente, nello stesso senso, sentenze n. 26 del 2014 e
n. 216 del 2009).
Con la sentenza n. 357 del 2010 si e’ poi precisato che, «anche
dopo la sua "regionalizzazione", l’IRAP non e’ divenuto "tributo
proprio" regionale – nell’accezione di tributo la cui disciplina e’
liberamente modificabile da parte delle Regioni (o Province autonome)
-, ma resta un tributo disciplinato dalla legge statale in alcuni
suoi elementi strutturali e quindi, in questo senso, "erariale"».
5.- Pertanto assume rilievo decisivo verificare, in ragione dei
canoni ermeneutici, se la facolta’ di variare l’aliquota IRAP,
attribuita alle Regioni dal comma 3 dell’art. 16, sia limitata
all’aliquota ordinaria o si estenda anche a quelle fissate dalla
disciplina transitoria.
5.1.- Ai fini di una corretta interpretazione della disposizione,
e’ anzitutto significativo il suo tenore letterale. Essa parla – non
a caso al singolare – di «aliquota di cui al comma 1» e dunque non
puo’ che riferirsi all’unica aliquota espressamente fissata in
quest’ultimo comma, e cioe’ a quella generale: le altre, che sono
oggetto di un semplice rinvio, sono pertanto estranee all’ambito di
applicazione del comma 3.
5.2.- Questa lettura trova poi conferma nella relazione allo
schema del d.lgs. n. 446 del 1997.
Nell’illustrare la riforma connessa all’istituzione dell’IRAP, il
legislatore delegato afferma: «l’aliquota di base e’ fissata al 4,25
per cento; trascorsi due esercizi, le Regioni potranno esercitare la
facolta’ di maggiorarla fino a un punto percentuale, e di
differenziarla tra categorie di contribuenti e tra settori di
attivita’».
La possibilita’ per le Regioni di intervenire solo rispetto
all’aliquota ordinaria del 4,25 per cento e’ ribadita a proposito
dell’art. 16, chiarendosi che esso «fissa l’aliquota dell’imposta al
4,25 per cento, che potra’ essere maggiorata, fino ad un punto
percentuale, dalle singole regioni a partire dal terzo anno
successivo a quello dell’entrata in vigore del decreto legislativo».
Al contrario, con riguardo all’art. 45, sempre nella relazione si
afferma solo che «Con l’art. 45 si dettano disposizioni transitorie
relativamente all’acconto IRAP dovuto per l’anno 1998 e alle aliquote
dell’IRAP applicabili per i primi tre periodi di imposta a
particolari soggetti», senza alcun riferimento a possibili
variazioni.
5.3.- Anche la giurisprudenza costituzionale intervenuta in
ordine alla disciplina transitoria dell’IRAP e’ nello stesso senso.
La sentenza n. 357 del 2010 ha affermato che «il chiaro tenore
letterale dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997 rende
evidente che alle Regioni e’ consentito variare (nel limite di un
punto percentuale) solo "l’aliquota di cui al comma 1" dello stesso
art. 16, cioe’ solo l’aliquota base e non quelle speciali, tra le
quali e’ compresa quella di cui al comma 1 dell’art. 45 dello stesso
d.lgs. n. 446 del 1997, richiamata dalla disciplina censurata».
La sentenza n. 21 del 2005, poi, nel ritenere la legittimita’
costituzionale di tale disciplina afferma: «La ragionevolezza della
transitoria differenziazione delle aliquote disposta dall’art. 45,
comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997 risulta […], dai dati economici
e contabili considerati dal legislatore in sede di prima applicazione
del tributo […]. La nota tecnica allegata alla relazione
governativa al citato decreto legislativo e le successive indagini
parlamentari evidenziano, infatti, uno "sgravio consistente"
apportato dall’introduzione dell’IRAP per il settore
dell’intermediazione finanziaria e un "aggravio significativo" per il
settore agricolo. E’ indicativo, al riguardo, che la Commissione
bicamerale consultiva in materia di riforma fiscale, in esito alle
indagini empiriche effettuate sull’attuazione dell’IRAP, abbia
affermato, nella relazione finale del 29 settembre 1999, che, pur con
l’aliquota maggiorata, il vantaggio tratto dai settori finanziario ed
assicurativo dall’applicazione dell’IRAP e’ stato "superiore alle
aspettative" e che "l’impossibilita’ che comunque permane di
omologare totalmente il settore finanziario agli altri settori impone
che se ne tenga conto attraverso un’aliquota differenziata" […]».
6.- La differenziazione transitoria dell’aliquota relativa ai
settori di attivita’ bancario, finanziario ed assicurativo, indicati
negli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997, e’ stata dunque
disposta dal legislatore in vista dell’obiettivo del mantenimento
dell’originaria ripartizione del carico fiscale; obiettivo che non si
potrebbe raggiungere ove fosse possibile una variazione dell’aliquota
stessa. Anche il profilo sostanziale, pertanto, avvalora la tesi
della immodificabilita’ delle aliquote speciali.
7.- La questione va accolta e deve essere dichiarata
l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge
della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 5,
della legge della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge
finanziaria 2002).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 giugno 2014.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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