Corte Costituzionale sentenza n. 178 SENTENZA 11 – 18 giugno 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 62, comma
1, 63, commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della legge della Regione
Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 13-17 settembre 2013, depositato in cancelleria il 17
settembre 2013 ed iscritto al n. 87 del registro ricorsi 2013.
Udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano;
udito l’avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 13-17 settembre 2013 e depositato
il successivo 17 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha impugnato – in riferimento all’art. 117, commi primo, secondo,
lettera e), e terzo, della Costituzione – gli artt. 62, comma 1, 63,
commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della legge della Regione Umbria 12
luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo).
L’art. 62, comma 1, della legge reg. n. 13 del 2013 sotto la
rubrica «Direttore tecnico», dispone che: «La gestione tecnica
dell’agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete al titolare
o al legale rappresentante della societa’ in possesso delle
conoscenze e attitudini professionali all’esercizio dell’attivita’ di
cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della
direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche
professionali, nonche’ della direttiva 2006/100/CE che adegua
determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a
seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso
un’agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato
membro dell’Unione Europea».
Secondo il ricorrente, la norma violerebbe i principi
fondamentali in materia di professioni e si porrebbe in contrasto con
l’art. 117, terzo comma, Cost.
In particolare risulterebbe violato l’art. 20, comma 1,
dell’Allegato 1 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo,
a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246,
nonche’ attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti
di multiproprieta’, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di
lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), che, sotto la
medesima rubrica della norma impugnata «Direttore tecnico», prevede
che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del
Ministro delegato sono fissati i requisiti professionali a livello
nazionale dei direttori tecnici delle agenzie di viaggio e turismo,
previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
Il legislatore regionale, infatti, nel consentire lo svolgimento
delle funzioni di direttore tecnico dell’agenzia di viaggio e turismo
a soggetti in possesso delle «conoscenze e attitudini professionali
all’esercizio dell’attivita’ di cui al decreto legislativo 9 novembre
2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali, nonche’ della
direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera
circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e
Romania), conseguite presso un’agenzia di viaggio e turismo operante
in Italia o in altro Stato membro dell’Unione Europea»,
legittimerebbe l’esercizio di tale professione da parte di soggetti
che non hanno conseguito la specifica abilitazione professionale,
peraltro disciplinata dal successivo art. 63 della stessa legge
regionale.
Il legislatore regionale, in tal modo, individuerebbe requisiti
professionali del tutto generici (conoscenze e attitudini
professionali), maturati nel corso di un arco temporale del tutto
indeterminato, presso le stesse agenzie di viaggio e non certificati
da alcun organismo, come idonei e sufficienti all’esercizio della
richiamata professione.
Inoltre, improprio sarebbe il richiamo al d.lgs. n. 206 del 2007
che viene a disciplinare la diversa ipotesi del riconoscimento
automatico, da parte degli Stati membri, delle qualifiche
professionali acquisite in altri Stati membri dai soggetti che
intendono esercitare una professione regolamentata in uno dei
suddetti Stati diverso da quello nel quale hanno maturato
l’esperienza.
L’art. 62 della legge reg. n. 13 del 2013 eccederebbe, quindi,
dalle competenze regionali e si porrebbe in contrasto con l’art. 117,
terzo comma, Cost., violando i principi fondamentali in materia di
«professioni» di cui all’art. 20 dell’Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del
2011.
L’Avvocatura dello Stato, a tal proposito, richiama la
consolidata giurisprudenza costituzionale (da ultimo, la sentenza n.
98 del 2013) in base alla quale la potesta’ legislativa regionale
nella materia concorrente delle «professioni» deve rispettare il
principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali,
con i relativi profili e titoli abilitanti, e’ riservata, per il suo
carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella
competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che
presentano uno specifico collegamento con la realta’ regionale.
2.- La seconda questione ha ad oggetto l’art. 63, commi 1,
lettera b), e 2, della legge reg. n. 13 del 2013, il quale, sotto la
rubrica «Abilitazione professionale», al comma 1, prevede due diverse
modalita’ per il conseguimento dell’abilitazione professionale: alla
lettera a) mediante la verifica del possesso, da parte delle
Province, dei requisiti professionali di cui all’art. 20 del d.lgs.
n. 79 del 2011 e alla successiva lettera b) «mediante l’attestazione
del possesso dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali
all’esercizio dell’attivita’ di cui al d.lgs. n. 206 del 2007
conseguiti presso un’agenzia di viaggio e turismo operante in Italia
o in altro Stato membro dell’Unione Europea». Il successivo comma 2
dell’art. 63 della legge reg. n. 13 del 2013, a sua volta, dispone
che: «Per il titolare dell’agenzia di viaggio e turismo e per i
dipendenti della stessa, il periodo di formazione professionale
previsto dal d.lgs. n. 206 del 2007 puo’ essere sostituito da un
equivalente numero di anni di attivita’ lavorativa presso un’agenzia
di viaggio e turismo».
Tali disposizioni, secondo il ricorrente, devono ritenersi
costituzionalmente illegittime in quanto violano i principi
fondamentali in materia di «professioni» e si pongono in contrasto
con l’art. 117, terzo comma, Cost.
Il ricorrente fa riferimento anche in questo caso, all’art. 20
dell’Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011, il quale dispone che i
requisiti professionali a livello nazionale dei direttori tecnici
delle agenzie di viaggio e turismo sono fissati con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Le norme impugnate si porrebbero in contrasto con la disposizione
statale richiamata, atteso che non sussiste la competenza regionale
per la individuazione dei requisiti professionali per l’accesso alle
professioni, ne’ per precisarne i contenuti o per individuarne
alternative equivalenti che li possano sostituire.
Il legislatore regionale, nel consentire il conseguimento
dell’abilitazione professionale mediante l’attestazione dei requisiti
di conoscenza e attitudini professionali all’esercizio dell’attivita’
di cui al d.lgs. n. 206 del 2007, conseguiti presso un’agenzia di
viaggio e turismo operante in Italia o in un altro Stato membro
dell’Unione europea, avrebbe individuato un percorso alternativo a
quello previsto dal legislatore statale per il conseguimento
dell’abilitazione professionale.
Inoltre, la Regione fa generico riferimento ad un testo
normativo, senza indicare la specifica disciplina applicabile e senza
neanche recepire i criteri ed i principi generali dallo stesso
previsti al fine del riconoscimento delle qualifiche acquisite dai
soggetti che intendono esercitare una professione regolamentata.
Ed infatti, per quanto attiene ai riconoscimenti sulla base
dell’esperienza professionale, manca qualsivoglia indicazione dei
tempi di esercizio dell’attivita’, come delle relative attestazioni e
dei conseguenti riconoscimenti da parte delle autorita’ competenti di
cui all’art. 5 del d.lgs. n. 206 del 2007.
Analoghe considerazioni valgono, poi, per il citato comma 2 ove
si fa riferimento al requisito della formazione professionale, per
prescinderne, e sostituirlo con il solo riferimento all’attivita’
lavorativa presso una struttura privata.
L’art. 63, commi 1, lettera b), e 2, della legge reg. n. 13 del
2013 si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.
eccedendo dalle competenze regionali e violando i principi
fondamentali in materia di «professioni» posti dal legislatore
statale.
3.- L’art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013, sotto la rubrica
«Impresa professionale di congressi», disciplina l’attivita’ di
organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali,
simposi, conferenze e convegni.
In particolare, il legislatore umbro, oltre a specificare i
servizi che possono essere resi, ha previsto che i requisiti e le
modalita’ per l’esercizio dell’attivita’ sono disciplinati con
regolamento regionale ed ha istituito gli elenchi provinciali delle
imprese, da tenere secondo criteri e modalita’ stabiliti dalla Giunta
regionale con il richiamato regolamento.
Secondo il ricorrente, la norma violerebbe i principi
fondamentali in materia di «professioni» e si porrebbe in contrasto
con l’art. 117, terzo comma, Cost. La medesima disposizione, inoltre,
determinerebbe limitazioni all’attivita’ economica in violazione dei
principi di libera concorrenza e si porrebbe cosi’ in contrasto con
l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Per quanto attiene alla violazione dei principi in materia di
«professioni» la difesa dello Stato precisa che l’attivita’ di
organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni congressuali,
simposi, conferenze e convegni non e’ regolamentata da alcuna norma
statale. Il legislatore regionale invece, con la norma impugnata,
avrebbe individuato una nuova figura professionale, demandando a un
proprio regolamento l’ulteriore disciplina e prevedendo, altresi’,
l’iscrizione in specifici elenchi.
Anche in questo caso il ricorrente richiama la giurisprudenza
della Corte in materia di «professioni» e in particolare la gia’
citata sentenza n. 98 del 2013.
L’art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013, pertanto, si porrebbe
in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. violando anche in
questo caso i principi fondamentali nella materia delle
«professioni».
La norma, inoltre, lederebbe anche la competenza legislativa
statale in materia di «tutela della concorrenza» in quanto
introdurrebbe dei limiti non previsti dalla legislazione statale.
Trattandosi, infatti, di normativa che incide sulla liberta’ di
esercizio di attivita’ economiche e, quindi, riconducibile alla
materia della «tutela della concorrenza», sussiste la competenza
esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost.
4.- Infine e’ impugnato l’art. 73 della legge reg. n. 13 del 2013
che disciplina il riconoscimento e l’estensione dell’abilitazione
all’esercizio delle professioni turistiche.
In particolare, il comma 4 dispone che «Le guide turistiche che
hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione
presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria attivita’
nella Regione Umbria, sono soggette all’accertamento, da parte della
Provincia, limitatamente alla conoscenza del territorio, con le
modalita’ stabilite dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1
dell’articolo 72».
La disposizione ora riportata sarebbe costituzionalmente
illegittima in quanto, violando il principio di libera circolazione
dei servizi, di cui all’art. 56 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea (TFUE), si porrebbe in contrasto con l’art. 117,
primo comma, Cost.
La norma, inoltre, determinando limitazioni alla liberta’ di
esercizio di un’attivita’ economica, violerebbe i principi in materia
di concorrenza e si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost.
Per quanto attiene alla violazione dell’art. 56 del TFUE e
dell’art. 117, primo comma, Cost., si afferma, preliminarmente, che
il legislatore statale, con la legge 6 agosto 2013, n. 97
(Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea
2013), all’art. 3, ha dettato le «Disposizioni relative alla libera
prestazione e all’esercizio stabile dell’attivita’ di guida turistica
da parte dei cittadini dell’Unione europea. Caso EU Pilot
4277/12/MARK».
In particolare, e’ stato stabilito che «1. L’abilitazione alla
professione di guida turistica e’ valida su tutto il territorio
nazionale. Ai fini dell’esercizio stabile in Italia dell’attivita’ di
guida turistica, il riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9
novembre 2007, n. 206, della qualifica professionale conseguita da un
cittadino dell’Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia
su tutto il territorio nazionale. 2. Fermo restando quanto previsto
dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini
dell’Unione europea abilitati allo svolgimento dell’attivita’ di
guida turistica nell’ambito dell’ordinamento giuridico di un altro
Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi
senza necessita’ di alcuna autorizzazione ne’ abilitazione, sia essa
generale o specifica. 3. Con decreto del Ministro dei beni e delle
attivita’ culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata,
da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono individuati i siti di particolare interesse
storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica
abilitazione».
La norma impugnata, nel condizionare l’esercizio della
professione di guida turistica ad un accertamento specifico
(conoscenza del territorio) da parte delle Province umbre, violerebbe
il principio comunitario di libera circolazione dei servizi ed il
pieno riconoscimento dato allo stesso, nella materia, dal legislatore
statale, con l’articolo sopra riportato. La disposizione, quindi, si
porrebbe in aperto contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost.
Con riferimento alla violazione dei principi di libera
concorrenza, il ricorrente evidenzia che la norma censurata
assoggetta ad un ulteriore accertamento da parte delle Province
umbre, secondo le modalita’ stabilite dalla Giunta regionale, le
guide turistiche gia’ abilitate presso altri Stati dell’Unione
europea o presso altre Regioni italiane e che intendono esercitare la
loro attivita’ nella Regione.
La disposizione, pertanto, restringerebbe in maniera
ingiustificata la concorrenza e si porrebbe in netto contrasto con la
piena liberalizzazione della materia introdotta dal richiamato art. 3
della legge n. 97 del 2013, che prevede la validita’
dell’abilitazione su tutto il territorio nazionale. Si tratterebbe,
quindi, di un limite al libero esercizio di un’attivita’ economica
che incide sulla liberta’ di concorrenza.
5.- La Regione Umbria non si e’ costituita nel presente giudizio.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questione di legittimita’ costituzionale – per violazione dell’art.
117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione –
degli artt. 62, comma 1, 63, commi 1, lettera b), e 2, 68 e 73 della
legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in
materia di turismo).
1.1.- La prima questione ha ad oggetto l’art. 62, comma 1, della
legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui dispone che «La gestione
tecnica dell’agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete al
titolare o al legale rappresentante della societa’ in possesso delle
conoscenze e attitudini professionali all’esercizio dell’attivita’ di
cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della
direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche
professionali, nonche’ della direttiva 2006/100/CE che adegua
determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a
seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso
un’agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato
membro dell’Unione Europea».
Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost. perche’ la norma impugnata interviene nella materia concorrente
delle «professioni» non rispettando il principio secondo il quale la
individuazione delle figure professionali con i relativi profili e
titoli abilitanti e’ riservata alla competenza legislativa statale di
principio, competenza che nel caso specifico il legislatore ha
esercitato con l’art. 20, comma 1, dell’Allegato 1 del decreto
legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in
tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14
della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonche’ attuazione della
direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprieta’,
contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine,
contratti di rivendita e di scambio), che, sotto la medesima rubrica
della norma impugnata «Direttore tecnico», prevede che «Con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato
sono fissati i requisiti professionali a livello nazionale dei
direttori tecnici delle agenzie di viaggio e turismo, previa intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano».
1.2.- La questione e’ fondata.
Il legislatore regionale differenzia i requisiti professionali
che devono possedere i titolari o i legali rappresentanti delle
agenzie di viaggio per lo svolgimento dell’attivita’ di gestione
tecnica, disciplinati dall’art. 62, comma 1, della legge reg. n. 13
del 2013, da quelli previsti per il cosiddetto «direttore tecnico» di
agenzia di viaggio, disciplinati dal successivo art. 63, comma 1,
della medesima legge, creando, con cio’, una nuova figura
professionale che non si rinviene nella legislazione statale di
riferimento. In particolare l’art. 20 dell’Allegato 1 del d.lgs. n.
79 del 2011, richiamato dal ricorrente, individua unicamente i
requisiti professionali che deve possedere il «direttore tecnico»,
ovvero colui che svolge la gestione tecnica dell’agenzia di viaggio,
senza che rilevi in alcun modo la titolarita’ o la rappresentanza
legale dell’agenzia.
In altri termini, la norma impugnata, ai fini dell’individuazione
dei requisiti professionali del titolare o del legale rappresentante
dell’agenzia di viaggio che voglia occuparsi in prima persona della
sua gestione tecnica fa riferimento esclusivamente al d.lgs. n. 206
del 2007 (che disciplina il caso di coloro che hanno ottenuto
l’abilitazione in altro Stato membro dell’Unione europea), senza
alcun richiamo al citato art. 20 dell’Allegato 1, del d.lgs. n. 79
del 2011.
Risulta evidente, pertanto, che il legislatore regionale ha
previsto ulteriori e diversi requisiti professionali per i titolari e
i legali rappresentanti di agenzie di viaggio rispetto a quelli
previsti dal legislatore statale per l’abilitazione allo svolgimento
dell’attivita’ di «direttore tecnico» di agenzia di viaggio.
La giurisprudenza di questa Corte in molteplici occasioni ha
avuto modo di affermare che «la potesta’ legislativa regionale nella
materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio
secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i
relativi profili e titoli abilitanti, e’ riservata, per il suo
carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella
competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che
presentano uno specifico collegamento con la realta’ regionale; e che
tale principio, al di la’ della particolare attuazione ad opera dei
singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di
ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da cio’
derivando che non e’ nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure
professionali (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del
2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005)» (sentenza n. 98 del 2013).
In conclusione la norma, attribuendo la possibilita’ della
gestione tecnica delle agenzie di viaggio al titolare o al legale
rappresentante in possesso di requisiti professionali diversi da
quelli di cui all’art. 20 dell’Allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011
si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto,
intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», non
rispetta il principio secondo il quale la individuazione delle figure
professionali con i relativi profili e titoli abilitanti e’ riservata
alla normativa dello Stato.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna per le
medesime ragioni anche l’art. 63, comma 1, lettera b), della legge
reg. n. 13 del 2013.
L’art. 63, comma 1, prevede che l’esercizio della professione di
direttore tecnico di agenzia di viaggio e’ subordinato al
conseguimento dell’abilitazione professionale che si ottiene in
alternativa: a) mediante la verifica del possesso dei requisiti
professionali di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011, da parte
delle Province; b) mediante l’attestazione del possesso dei requisiti
di conoscenza e attitudini professionali all’esercizio dell’attivita’
di cui al d.lgs. n. 206 del 2007 conseguiti presso un’agenzia di
viaggio e turismo operante in Italia o in altro Stato membro
dell’Unione europea.
Il ricorrente lamenta che, anche in questo caso, il legislatore
regionale con la citata lettera b) del comma 1 dell’art. 63 abbia
previsto, per l’attivita’ di gestione tecnica di agenzia di viaggio,
requisiti professionali abilitanti diversi da quelli di cui al citato
art. 20 del d.lgs. n. 79 del 2011.
2.1.- La questione non e’ fondata.
La norma impugnata, nell’individuare i requisiti professionali di
cui deve essere in possesso il «direttore tecnico» di agenzia di
viaggio si limita a richiamare la legislazione statale che disciplina
la materia.
L’art. 63, comma 1, in esame, infatti, a differenza dell’art. 62,
rimanda in primo luogo al piu’ volte citato art. 20 del d.lgs. n. 79
del 2011 e, per completezza, fa anche riferimento al d.lgs. n. 206
del 2007, che disciplina il riconoscimento, ai fini dell’accesso alle
professioni regolamentate e al loro esercizio, delle qualifiche
professionali gia’ acquisite in uno o piu’ Stati membri dell’Unione
europea, che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare
nello Stato membro di origine la professione corrispondente.
Tale decreto si applica ai cittadini degli Stati membri
dell’Unione europea che vogliano esercitare sul territorio nazionale,
quali lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi
professionisti, una professione regolamentata in base a qualifiche
professionali conseguite in uno Stato membro dell’Unione europea e
che, nello Stato d’origine, li abilitano all’esercizio di detta
professione.
In particolare l’art. 27 del citato d.lgs. n. 206 del 2007
stabilisce che «Per le attivita’ elencate nell’allegato IV il cui
accesso o esercizio e’ subordinato al possesso di conoscenze e
competenze generali, commerciali o professionali, il riconoscimento
professionale e’ subordinato alla dimostrazione dell’esercizio
effettivo dell’attivita’ in questione in un altro Stato membro ai
sensi degli articoli 28, 29 e 30».
L’attivita’ di direttore tecnico di agenzia di viaggio rientra
nella lista II dell’allegato IV disciplinato dall’art. 29 che a sua
volta prevede che «l’attivita’ in questione deve essere stata
precedentemente esercitata: a) per cinque anni consecutivi come
lavoratore autonomo o dirigente d’azienda; oppure b) per tre anni
consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d’azienda, se il
beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l’attivita’ in
questione, una formazione di almeno tre anni sancita da un
certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto
valida da un competente organismo professionale; oppure c) per
quattro anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente
d’azienda, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto,
per l’attivita’ in questione, una formazione di almeno due anni
sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o
giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale;
oppure d) per tre anni consecutivi come lavoratore autonomo o
dirigente d’azienda, se il beneficiario prova di aver esercitato
l’attivita’ in questione per almeno cinque anni come lavoratore
subordinato; oppure e) per cinque anni consecutivi come lavoratore
subordinato, se il beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto,
per l’attivita’ in questione, una formazione di almeno tre anni
sancita da un certificato riconosciuto da uno Stato membro o
giudicata del tutto valida da un competente organismo professionale;
oppure f) per sei anni consecutivi come lavoratore subordinato, se il
beneficiario prova di aver in precedenza ricevuto, per l’attivita’ in
questione, una formazione di almeno due anni sancita da un
certificato riconosciuto da uno Stato membro o giudicata del tutto
valida da un competente organismo professionale. 2. Nei casi di cui
alle lettere a) e d) del comma 1, l’attivita’ non deve essere cessata
da piu’ di 10 anni alla data di presentazione della documentazione
completa dell’interessato alle autorita’ competenti di cui
all’articolo 5».
Da quanto detto, emerge che la norma impugnata si limita a
rimandare in modo esaustivo alla legislazione statale che disciplina
i requisiti professionali in materia di direttore tecnico di agenzia
di viaggi comprendendo anche le ipotesi relative al riconoscimento di
tale qualifica professionale conseguita in altro Stato dell’Unione
europea.
Ne consegue che l’art. 63, comma 1, lettera b), non si pone in
contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in
materia di «professioni», limitandosi a richiamarli e, pertanto, non
viola l’art. 117, terzo comma, Cost.
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l’art.
63, comma 2, della legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui
dispone che: «Per il titolare dell’agenzia di viaggio e turismo e per
i dipendenti della stessa, il periodo di formazione professionale
previsto dal d.lgs. n. 206 del 2007 puo’ essere sostituito da un
equivalente numero di anni di attivita’ lavorativa presso un’agenzia
di viaggio e turismo».
Anche in questo caso il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto la norma impugnata,
intervenendo nella materia concorrente delle «professioni», fa
riferimento al requisito della formazione professionale per
prescinderne e sostituirlo con il solo riferimento all’attivita’
lavorativa presso una struttura privata.
3.1.- La questione e’ fondata per gli stessi motivi evidenziati
con riferimento alla prima questione.
In primo luogo deve osservarsi che, anche in questo caso, il
legislatore regionale si riferisce esclusivamente ai titolari di
agenzia e ai loro dipendenti equiparando, ai fini del conseguimento
dell’abilitazione professionale, il periodo lavorativo svolto presso
un’agenzia di viaggi al periodo di formazione professionale richiesto
dal d.lgs. n. 206 del 2007.
Inoltre, il richiamo al d.lgs. n. 206 del 2007 e’ del tutto
generico, senza alcun riferimento agli articoli cui il legislatore
regionale intende riferirsi. Come si e’ visto, nel caso in esame
rilevano gli artt. 27 e 29 del d.lgs. n. 206 del 2007 il cui
contenuto si e’ gia’ riportato al punto 2. In particolare l’art. 29,
ai fini del riconoscimento del titolo abilitante e nei soli casi ivi
disciplinati, prevede una serie di differenti ipotesi (lavoratore
autonomo, dirigente d’azienda, lavoratore subordinato), tutte
accomunate dalla necessita’ che l’effettivo svolgimento
dell’attivita’ lavorativa si accompagni alla formazione
professionale.
Da quanto detto emerge in modo netto il contrasto tra la norma
regionale che equipara lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa
presso un’agenzia di viaggi e turismo con il periodo di formazione
professionale e la disciplina statale sopra riportata che invece
cumula la pregressa esperienza lavorativa con il periodo di
formazione professionale.
Ne consegue che l’art. 63, comma 2, della legge reg. n. 13 del
2013 viola l’art. 117, terzo comma, Cost. individuando in modo
difforme dalla legislazione statale e segnatamente dall’art. 29 del
d.lgs. n. 206 del 2007, costituente principio fondamentale nella
materia delle «professioni», i requisiti di accesso alla professione
di direttore tecnico di agenzia di viaggio.
4.- La quarta questione sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri ha ad oggetto l’art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013,
rubricato «Impresa professionale di congressi», nella parte in cui
disciplina quest’ultima quale «attivita’ di organizzazione,
produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi,
conferenze e convegni», rimandando ad un regolamento regionale la
disciplina dei requisiti e delle modalita’ per l’esercizio
dell’attivita’ di organizzazione professionale di congressi ed
istituendo gli elenchi provinciali delle imprese, da tenere secondo
criteri e modalita’ stabiliti dalla Giunta regionale.
Secondo il ricorrente, ancora una volta, la norma impugnata
violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, intervenendo
nella materia concorrente delle «professioni», non rispetterebbe il
principio secondo il quale l’individuazione delle figure
professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, e’
riservata alla normativa dello Stato. Inoltre, la stessa, si porrebbe
in contrasto anche con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
perche’ introdurrebbe limitazioni all’attivita’ economica in
violazione dei principi di libera concorrenza.
4.1.- La questione e’ fondata quanto al primo motivo di censura
con assorbimento del secondo.
La norma impugnata introduce una nuova figura professionale non
prevista espressamente dalla legislazione statale consistente
nell’attivita’ di organizzazione, produzione e gestione di
manifestazioni congressuali, simposi, conferenze e convegni
rimandando ad un regolamento regionale la disciplina dei requisiti e
delle modalita’ per l’esercizio di tale attivita’ ed istituisce anche
gli elenchi provinciali delle imprese professionali esercenti tale
attivita’.
Si e’ gia’ richiamata la giurisprudenza di questa Corte in
materia di «professioni» la quale ha affermato che la potesta’
legislativa concorrente delle Regioni deve rispettare il principio
secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i
relativi profili e titoli abilitanti, e’ riservata allo Stato, per il
suo carattere di principio necessariamente unitario (ex plurimis,
sentenze n. 108 del 2012, n. 230 del 2011 e n. 300 del 2010).
Tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova
professione e’ stato ritenuto esservi quello della previsione di
appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo
svolgimento della attivita’ che la legge regolamenta, giacche’
«l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle
condizioni per la iscrizione in esso hanno, gia’ di per se’, una
funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza
regionale (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e n. 57 del 2007 e n. 355
del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si
caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento
della attivita’ cui l’elenco fa riferimento (sentenza n. 300 del
2007)» (sentenza n. 98 del 2013).
Pertanto, l’art. 68 della legge reg. n. 13 del 2013 deve essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost. restando assorbito l’ulteriore profilo,
evocato dal ricorrente in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.
5.- L’ultima norma sottoposta a scrutinio e’ l’art. 73, comma 4,
della legge reg. n. 13 del 2013 nella parte in cui dispone che: «Le
guide turistiche che hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio
della professione presso altre Regioni e che intendono svolgere la
propria attivita’ nella Regione Umbria, sono soggette
all’accertamento, da parte della Provincia, limitatamente alla
conoscenza del territorio, con le modalita’ stabilite dalla Giunta
regionale ai sensi del comma 1 dell’articolo 72».
Secondo il ricorrente la norma impugnata violerebbe l’art. 117,
primo comma, Cost., in quanto porrebbe un ostacolo ingiustificato
all’accesso ed all’esercizio della professione di guida turistica,
determinando un’indebita restrizione ai principi di libera
circolazione delle persone e dei servizi, in contrasto con i principi
comunitari espressi in materia dal Titolo IV, Parte terza, del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Risulterebbe violato anche l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., in quanto la norma impugnata contrasterebbe con la piena
liberalizzazione della materia introdotta dall’art. 3 della legge 6
agosto 2013, n. 97 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge
europea 2013), che prevede la validita’ dell’abilitazione
all’esercizio dell’attivita’ di guida turistica su tutto il
territorio nazionale e demanda ad un decreto del Ministro dei beni e
delle attivita’ culturali e del turismo, sentita la Conferenza
unificata, l’individuazione dei siti di particolare interesse
storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica
abilitazione.
La questione e’ fondata con riferimento al parametro di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
L’art. 3 della legge n. 97 del 2013 – rubricato «Disposizioni
relative alla libera prestazione e all’esercizio stabile
dell’attivita’ di guida turistica da parte di cittadini dell’Unione
europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK» – prevede che «1. L’abilitazione
alla professione di guida turistica e’ valida su tutto il territorio
nazionale. Ai fini dell’esercizio stabile in Italia dell’attivita’ di
guida turistica, il riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9
novembre 2007, n. 206, della qualifica professionale conseguita da un
cittadino dell’Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia
su tutto il territorio nazionale. 2. Fermo restando quanto previsto
dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini
dell’Unione europea abilitati allo svolgimento dell’attivita’ di
guida turistica nell’ambito dell’ordinamento giuridico di un altro
Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi
senza necessita’ di alcuna autorizzazione ne’ abilitazione, sia essa
generale o specifica. […]».
Questa Corte, in piu’ occasioni, ha ricondotto le misure
legislative di liberalizzazione di attivita’ economiche alla materia
«tutela della concorrenza» che l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. In
particolare si e’ detto che: «la liberalizzazione, intesa come
razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti
di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi
per il circuito economico. Una politica di "ri-regolazione" tende ad
aumentare il livello di concorrenzialita’ dei mercati e permette ad
un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando
le proprie risorse e competenze. D’altra parte, l’efficienza e la
competitivita’ del sistema economico risentono della qualita’ della
regolazione, la quale condiziona l’agire degli operatori sul mercato:
una regolazione delle attivita’ economiche ingiustificatamente
intrusiva – cioe’ non necessaria e sproporzionata rispetto alla
tutela di beni costituzionalmente protetti (sentenze n. 247 e n. 152
del 2010, n. 167 del 2009) – genera inutili ostacoli alle dinamiche
economiche, a detrimento degli interessi degli operatori economici,
dei consumatori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva
reca danno alla stessa utilita’ sociale. L’eliminazione degli inutili
oneri regolamentari, mantenendo pero’ quelli necessari alla tutela di
superiori beni costituzionali, e’ funzionale alla tutela della
concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del
legislatore statale» (sentenza n. 200 del 2012).
Nel caso in esame e’ evidente il contrasto tra l’art. 3 della
legge n. 97 del 2013 secondo cui l’abilitazione alla professione di
guida turistica e’ valida su tutto il territorio nazionale e l’art.
73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 che, invece, subordina
la possibilita’ di svolgere la suddetta attivita’, per le guide
turistiche che hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della
professione presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria
attivita’ nella Regione Umbria, all’accertamento, da parte della
Provincia, della conoscenza del territorio, con le modalita’
stabilite dalla Giunta regionale. La norma impugnata, pertanto,
introduce una barriera all’ingresso nel mercato, in contrasto con il
principio di liberalizzazione introdotto dal legislatore statale.
Per quanto detto, deve essere dichiarata l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013
per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. con
assorbimento dell’altro profilo di censura.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 62, comma
1, della legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo
unico in materia di turismo);
2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 63, comma
2, della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;
3) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 68 della
legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;
4) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 73, comma
4, della legge della Regione Umbria n. 13 del 2013;
5) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 63, comma 1, lettera b), della legge della
Regione Umbria n. 13 del 2013, promossa, in riferimento all’art. 117,
terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 giugno 2014.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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