Corte Costituzionale sentenza n. 181 SENTENZA 11 – 23 giugno 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile 2013, n. 5
(Disposizioni urgenti in materia di attivita’ economiche, tutela
ambientale, difesa del territorio, gestione del territorio,
infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, attivita’
culturali, ricreative e sportive, relazioni internazionali e
comunitarie, istruzione, corregionali all’estero, ricerca,
cooperazione e famiglia, lavoro e formazione professionale, sanita’
pubblica e protezione sociale, funzione pubblica, autonomie locali,
affari istituzionali, economici e fiscali generali) e, in via
subordinata, degli artt. 3, comma 28, 7, commi 1, 2 e 3, 10, commi 1,
2 e 5, della stessa legge, promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorso notificato il 7-11 giugno 2013, depositato in
cancelleria il 13 giugno 2013 ed iscritto al n. 69 del registro
ricorsi 2013.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2014 il Giudice
relatore Sabino Cassese;
uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato
il 7-11 giugno 2013, depositato il 13 giugno 2013 e iscritto al
registro ricorsi n. 69 del 2013, ha impugnato la legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile 2013, n. 5 (Disposizioni
urgenti in materia di attivita’ economiche, tutela ambientale, difesa
del territorio, gestione del territorio, infrastrutture, lavori
pubblici, edilizia e trasporti, attivita’ culturali, ricreative e
sportive, relazioni internazionali e comunitarie, istruzione,
corregionali all’estero, ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e
formazione professionale, sanita’ pubblica e protezione sociale,
funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali, economici
e fiscali generali), per violazione degli artt. 12 e 14 della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia), della legge costituzionale 22 novembre 1999,
n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente
della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), degli
art. 121 e 122 della Costituzione e dei principi fondamentali
dell’ordinamento in tema di prorogatio, anche in relazione agli artt.
1 e 2 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18
giugno 2007, n. 17 (Determinazione della forma di governo della
Regione Friuli-Venezia Giulia e del sistema elettorale regionale, ai
sensi dell’articolo 12 dello Statuto di autonomia), nonche’ per
violazione del principio di leale collaborazione.
1.1.- In via subordinata, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha altresi’ impugnato alcune specifiche disposizioni della
predetta legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013 e in
particolare: l’art. 3, comma 28, per violazione degli artt. 4 e 5
della legge costituzionale n. 1 del 1963 e dell’art. 117, comma 2,
lettera s), Cost., in relazione all’art. 185, comma 4, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);
l’art. 7, commi 1 e 2, per violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., in relazione all’art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n.
133; l’art. 7, comma 3, per violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., in relazione all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita’ economica), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; l’art. 10,
commi 1 e 2, per violazione dell’art. 4, comma 1, della legge cost.
n. 1 del 1963 e degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; l’art. 10, comma 5, per
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art.
9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, innanzitutto,
impugnato l’intera legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013.
2.1.- In primo luogo, essa sarebbe stata approvata dal consiglio
regionale in regime di prorogatio e, quindi, in un periodo nel quale
tale organo avrebbe avuto poteri limitati all’ordinaria
amministrazione, cioe’ all’adozione di determinazioni del tutto
urgenti o indispensabili, quali invece non si rinverrebbero nelle
disposizioni della legge censurata.
L’Avvocatura generale dello Stato premette, richiamando la
sentenza n. 68 del 2010 di questa Corte, che il generale istituto
della prorogatio, in quanto principio fondamentale ricavabile dalla
Carta costituzionale, «e’ volto a contemperare la esigenza di
continuita’ funzionale dell’Ente (che non puo’ rimanere del tutto
inattivo in prossimita’ delle nuove elezioni) con il principio di
rappresentativita’ (per cui l’organo in scadenza e’ ovviamente
"depotenziato")»; tale contemperamento si realizzerebbe consentendo
all’organo in regime di prorogatio di continuare ad esercitare i
propri poteri limitatamente alle «determinazioni del tutto urgenti o
indispensabili», per evitare che, altrimenti, «l’adozione di atti in
prossimita’ della scadenza del mandato possa rischiare di essere
interpretata […] come una forma di captatio benevolentiae nei
confronti degli elettori». Cio’ premesso, la difesa statale rileva
che l’art. 2 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2007,
che ai sensi dell’art. 12 dello statuto speciale e’ approvata a
maggioranza assoluta e disciplina la forma di governo regionale,
dispone espressamente che «i poteri del Consiglio regionale […]
sono prorogati, per l’ordinaria amministrazione, sino
all’insediamento del nuovo Consiglio». In mancanza di espressa
indicazione, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene di poter
individuare il momento a partire dal quale i poteri del Consiglio
regionale devono intendersi prorogati per la sola ordinaria
amministrazione, in via analogica, sulla base di altre disposizioni
normative. A tal fine rileverebbe, secondo la difesa statale, l’art.
14 dello Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia,
secondo cui il decreto di indizione delle elezioni del nuovo
consiglio regionale deve essere pubblicato non oltre il
quarantacinquesimo giorno antecedente la data stabilita per la
votazione (che a sua volta deve essere fissata fra la quarta domenica
precedente e la seconda domenica successiva al compimento del
quinquennio di durata in carica). Tale disposizione sarebbe, secondo
il ricorrente, «analoga, quanto ai suoi contenuti», all’art. 3 della
legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli
regionali delle Regioni a statuto normale), che, nel regolare le
elezioni dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario,
chiariva che essi «esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno
antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione».
L’Avvocatura generale dello Stato inoltre richiama previsioni
analoghe – volte cioe’ ad attribuire ai Consigli regionali, a partire
dal quarantacinquesimo giorno antecedente la data delle elezioni,
poteri limitati agli atti indifferibili ed urgenti – contenute
nell’art. 9 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 7 agosto
2007, n. 21 (Disposizioni in materia di modalita’ di elezione del
Presidente della Regione e degli Assessori, di presentazione e di
approvazione della mozione di sfiducia e di scioglimento del
Consiglio regionale), nell’art. 29, comma 2, della legge regionale
statutaria 8 marzo 2005, n. 1( Statuto della la Regione Marche),
nonche’ nell’art. 38, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali).
Dall’insieme delle citate previsioni normative, l’Avvocatura
generale dello Stato ritiene di poter trarre un principio generale
dell’ordinamento secondo cui il consiglio regionale entra in regime
di prorogatio «a ridosso dello svolgimento delle elezioni, in un
momento (dies a quo) che puo’ essere individuato con la pubblicazione
del decreto di indizione dei comizi elettorali, ovvero con lo
scoccare dei quarantacinque giorni prima della scadenza del mandato
ovvero delle elezioni».
Da cio’ deriverebbe, secondo la difesa statale, che la legge
censurata, asseritamente approvata l’8 aprile 2013, cioe’ appena
tredici giorni prima dello svolgimento delle elezioni, indette per il
21 e 22 aprile, sarebbe stata adottata in regime di prorogatio, in
assenza dei requisiti di urgenza e indifferibilita’ che avrebbero
potuto giustificarne l’approvazione in prossimita’ dell’elezione del
nuovo consiglio. Al contrario, ad avviso dell’Avvocatura generale
dello Stato, sia la struttura della legge, «consistente in una specie
di previsione omnibus volta a regolamentare aspetti del tutto
eterogenei», sia il contenuto delle sue disposizioni, che prevedono
una «amplissima concessione di contributi» e «norme di carattere
"ordinamentale" che per definizione non possono non essere eccedenti
l’ordinaria amministrazione», legittimerebbero il dubbio che si
tratti di un intervento legislativo con finalita’ di captatio
benevolentiae degli elettori e di sottrazione di poteri al consiglio
regionale entrante. Cio’ in «palese contrasto con il principio
costituzionalmente tutelato della rappresentativita’ e con il
rispetto della volonta’ del corpo elettorale».
2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, inoltre,
impugnato l’intera legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013
anche per violazione del principio di leale collaborazione, in
ragione della «tecnica redazionale» con la quale la legge stessa e’
stata predisposta, in «palese contrasto con il "manuale regionale di
regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi",
approvato dall’ufficio di presidenza dello stesso consiglio
regionale. Cio’ avrebbe reso «estremamente difficoltoso anche
comprendere l’effettiva portata di molte fra le eterogenee
disposizioni contenute nella legge ai fini della impugnazione nei
ristretti termini previsti».
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in via subordinata,
ha impugnato singole disposizioni contenute nella legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013.
3.1.- In primo luogo, e’ impugnato l’art. 3, comma 28, che ha
sostituito l’art. 37-bis, comma 1, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni relative al
riassetto organizzativo e funzionale in materia di difesa del suolo e
di demanio idrico) con il seguente «1. Gli interventi di cui
all’articolo 37, comma 1-bis, che comportano l’estrazione e l’asporto
di materiale litoide sono considerati interventi di manutenzione
ordinaria e non sono subordinati a vincoli da parte degli strumenti
urbanistici. Il materiale litoide conseguente a tali interventi,
sottoposto al pagamento di canone, costituisce materia prima e
pertanto non e’ assoggettato al regime dei sottoprodotti di cui
all’articolo 184-bis del decreto legislativo 152/2006 e alle regole
del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento recante
la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo)».
Tale disposizione, ad avviso del ricorrente, interverrebbe in una
materia – la «tutela dell’ambiente» – che non rientra nella
competenza esclusiva o concorrente della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto
speciale, appartenendo, invece, alla competenza esclusiva dello
Stato, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Inoltre, la disposizione regionale censurata, nel qualificare il
«materiale litoide» come materia prima sottratta al regime di cui
all’art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, si porrebbe in contrasto
con l’art. 185, comma 4, del medesimo decreto, a mente del quale «Il
suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale,
utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati,
devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183,
comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter».
3.2.- In secondo luogo, e’ censurato l’art. 7, commi 1 e 2, della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, per violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 76, comma 7,
del d.l. n. 112 del 2008.
Le disposizioni regionali impugnate, nel modificare i commi 27 e
28-bis dell’art. 12 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia 30 dicembre 2008, n. 17 (Disposizioni per la formazione del
bilancio pluriennale ed annuale della Regione – Legge finanziaria
2009), escludono le maggiori spese di personale connesse a nuove
assunzioni relative alla realizzazione di cantieri di lavoro di cui
alla legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre
2012, n. 27 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale
e annuale – Legge finanziaria 2013) dal calcolo dei limiti di spesa
per il personale previsti dal predetto art. 12 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2008.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, cio’ si porrebbe in
contrasto con l’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, che
dispone quanto segue: «E’ fatto divieto agli enti nei quali
l’incidenza delle spese di personale e’ pari o superiore al 50 per
cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a
qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i
restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente
alle cessazioni dell’anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle
facolta’ assunzionali, l’onere per le assunzioni del personale
destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia
locale, di istruzione pubblica e del settore sociale e’ calcolato
nella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni
continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di
personale previsto dal primo periodo del presente comma». Tale
disposizione, ad avviso del ricorrente, porrebbe principi
fondamentali in materia di finanza pubblica, come riconosciuto da
questa Corte con la sentenza n. 217 del 2012, che vincolano anche le
Regioni a statuto speciale e che sarebbero stati violati dalle norme
regionali impugnate.
3.3.- In terzo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato anche il comma 3 dell’art. 7 della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, per violazione dell’art. 117,
terzo comma, Cost., in relazione all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78
del 2010.
La disposizione regionale censurata, nel modificare l’art. 13,
comma 16, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre
2009, n. 24 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale
e annuale della Regione – Legge finanziaria 2010), ha introdotto una
ulteriore ipotesi di deroga, relativa alla realizzazione di cantieri
di lavoro di cui all’art. 9, commi da 127 a 137, della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 27 del 2012, al limite massimo di assunzioni
fissato dal predetto art. 13 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia
n. 24 del 2009, pari ad un «contingente di personale la cui spesa
annua onnicomprensiva non superi il 20 per cento di quella relativa
alle cessazioni di personale a tempo indeterminato avvenute nel corso
dell’esercizio precedente e non gia’ riutilizzata nel corso
dell’esercizio stesso».
Ad avviso del ricorrente, tale previsione normativa si porrebbe
in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica posti dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del
2010. Quest’ultima disposizione, infatti, secondo l’Avvocatura
generale dello Stato, stabilirebbe che le amministrazioni regionali
«possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni
ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita’
nell’anno 2009», ammettendo deroghe solo a partire dal 2013, per le
assunzioni necessarie a garantire determinate funzioni e nel limite
della spesa complessiva sostenuta nel 2009. La disposizione regionale
censurata, ad avviso della difesa statale, violerebbe tale disciplina
di principio, «nella parte in cui estende le possibilita’ di deroga a
casi diversi da quelli consentiti dalla disposizione statale,
consentendo assunzioni senza il rispetto dei limiti della "stretta
necessita’" di garantire le funzioni, senza limitare l’applicazione
"a decorrere dal 2013" e ignorando il tetto di spesa».
3.4.- In quarto luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha impugnato l’art. 10, commi 1 e 2, della legge reg. Friuli-Venezia
Giulia n. 5 del 2013, per violazione dell’art. 4, comma 1, della
legge cost. n. 1 del 1963 e degli artt. 3, 51 e 97 della
Costituzione.
Tali disposizioni regionali, ad avviso della difesa statale,
consentirebbero alla Regione di bandire concorsi pubblici con riserva
al personale interno di una quota di posti superiore al 50 per cento,
cosi’ derogando in maniera inammissibile al principio di accesso
all’impiego pubblico mediante procedure concorsuali aperte.
3.5.- Viene impugnato, infine, l’art. 10, comma 5, della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, per violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 9, comma 21, del d.l.
n. 78 del 2010.
Secondo la difesa statale, la disposizione regionale censurata,
nel richiamare le norme del contratto collettivo integrativo relative
alle progressioni orizzontali e al conferimento delle posizioni
economiche, violerebbe il principio fondamentale di coordinamento
della finanza pubblica posto dall’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78
del 2010, nella parte in cui essa «non precisa che il conferimento
delle dette posizioni puo’ avere esclusivamente effetti giuridici»,
come disposto dalla predetta disciplina statale interposta.
4.- Con atto depositato in data 18 luglio 2013, si e’ costituita
in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il
rigetto del ricorso. La Regione ritiene inammissibili o infondate sia
le censure rivolte all’intera legge impugnata, sia quelle avanzate
contro specifiche disposizioni della stessa.
4.1.- Quanto alle prime, la Regione resistente esclude che legge
censurata sia nel suo complesso illegittima per essere stata
approvata dal Consiglio regionale in regime di prorogatio, o comunque
in condizione di attenuazione dei propri poteri, o per essere stata
adottata con tecnica redazionale suscettibile di violare il principio
di leale collaborazione.
4.1.1.- La difesa regionale rileva, innanzitutto, che, ai sensi
dell’art. 14 dello statuto del Friuli-Venezia Giulia, il «Consiglio
regionale e’ eletto per cinque anni», decorrenti dalla data delle
elezioni e che, pertanto, il consiglio regionale eletto il 13 e 14
aprile 2008 e’ scaduto il 14 aprile 2013, data oltre la quale
potrebbe parlarsi di regime di prorogatio. Ma la legge censurata –
osserva ancora la difesa regionale – e’ stata approvata il 21 marzo
2013, cioe’ «ben prima della scadenza dei cinque anni» e quindi «dal
Consiglio regionale ancora nel quadro della propria durata
ordinaria». A sostegno della propria tesi, la Regione autonoma
richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’istituto
della prorogatio «riguarda solo l’esercizio dei poteri
nell’intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale
mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo eletto» (sentenza n.
196 del 2003). Tale pronuncia confermerebbe che non puo’ parlarsi di
prorogatio con riferimento al periodo antecedente alla scadenza del
mandato. Nello stesso senso deporrebbero anche l’art. 61, secondo
comma, Cost., nonche’ gli artt. 2 e 3 del decreto-legge 16 maggio
1994, n. 293 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1. Comma 1, della legge 15
luglio 1994, n. 444.
4.1.2.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia contesta anche,
piu’ in generale, che la legge regionale censurata sia stata
approvata da un Consiglio regionale con poteri "attenuati", in
considerazione dell’imminente svolgimento delle elezioni per il
rinnovo del Consiglio stesso. Ad avviso della difesa regionale,
infatti, il principio posto dall’art. 3, comma 2, della legge 17
febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali
delle Regioni a statuto normale), secondo cui i Consigli regionali
«esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data
delle elezioni per la loro rinnovazione», si applicherebbe soltanto
alle Regioni a statuto ordinario e, peraltro, solo in mancanza di
disciplina statutaria. Al contrario, per le Regioni a statuto
speciale, troverebbe applicazione l’art. 4 della legge costituzionale
23 febbraio 1972, n. 1 (Modifica del termine stabilito per la durata
in carica dell’Assemblea regionale siciliana e dei Consigli regionali
della Sardegna, della Valle d’Aosta, del Trentino-Alto Adige, del
Friuli-Venezia Giulia), che non solo non attenuava i poteri del
consiglio prima della scadenza, ma al contrario li prorogava anche
oltre la scadenza. In ogni caso, la difesa regionale osserva che,
ora, la materia, rientrando nella «forma di governo», e’ regolata,
per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla «legge
statutaria» n. 17 del 2007, la quale prevede espressamente (art. 2)
che i poteri del Consiglio regionale siano prorogati, per l’ordinaria
amministrazione, fino all’insediamento del nuovo consiglio, mentre
non prevede alcuna attenuazione dei poteri consiliari prima della
scadenza. Ne’ si potrebbe giungere a diversa conclusione, secondo la
difesa regionale, invocando la sentenza n. 68 del 2010 di questa
Corte, con la quale sono state dichiarate illegittime due leggi
regionali che, a differenza di quella impugnata nel presente
giudizio, erano state effettivamente approvate in regime di
prorogatio, cioe’ dopo lo scioglimento del Consiglio regionale.
4.1.3.- Quanto all’asserita violazione del principio di leale
collaborazione, in ragione della tecnica redazionale impiegata per
l’elaborazione della legge impugnata, la difesa regionale eccepisce
l’inammissibilita’, e comunque l’infondatezza, della censura,
osservando: che il "manuale regionale di regole e suggerimenti per la
redazione dei testi normativi" non puo’ essere assunto a parametro di
legittimita’ costituzionale; che comunque il ricorso non illustra
perche’ e in quali parti la legge regionale contrasterebbe con tale
manuale; che il principio di leale collaborazione non si applica ai
procedimenti legislativi e non riguarda le regole di drafting; che,
in ogni caso, il rilievo e’ generico.
4.2.- Relativamente alle censure riferite a specifiche
disposizioni della legge impugnata, la Regione resistente eccepisce,
innanzitutto, l’infondatezza di quelle riferite all’art. 7, commi 1,
2 e 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013.
4.2.1.- Ad avviso della difesa regionale, i primi due commi
dell’art. 7 della legge impugnata non violerebbero l’art. 76, comma
7, del d.l. n. 112 del 2008, che rappresenterebbe un parametro
interposto inconferente. Tale disposizione statale riguarderebbe,
infatti, le assunzioni di personale a tempo indeterminato, mentre le
fattispecie cui si riferiscono le disposizioni regionali, relative
all’utilizzo di disoccupati nei cantieri di lavoro, non
concernerebbero assunzioni in senso proprio e, comunque, non
costituirebbero assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre, le norme
regionali impugnate riguarderebbero la limitazione della spesa per il
personale, mentre la disposizione statale evocata quale parametro
interposto si riferirebbe alle assunzioni: le prime, pertanto, non
pregiudicherebbero in alcun modo l’applicazione della seconda.
Infine, l’art. 7, comma 2, inciderebbe sui limiti alla spesa di
personale degli enti non sottoposti alle regola del patto di
stabilita’ interno, mentre la norma statale, evocata come parametro
interposto, presupporrebbe l’assoggettamento degli enti locali al
patto di stabilita’.
4.2.2.- E’ infondata, secondo la Regione autonoma, anche la
censura riferita all’art. 7, comma 3, della legge impugnata, in
relazione all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. La difesa
regionale rileva, innanzitutto, che la stessa norma statale precisa
che le disposizioni in essa dettate «costituiscono principi generali
ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano
le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del
Servizio sanitario nazionale», con la conseguenza che il limite alle
assunzioni indicato dalla disposizione statale non sarebbe
«direttamente operativo per le Regioni speciali». Inoltre, la Regione
resistente eccepisce che il limite cui deroga la disposizione
censurata e’ diverso da quello posto dalla norma statale evocata
quale parametro interposto: la disciplina regionale limiterebbe tutte
le assunzioni, ponendo un limite del 20 per cento riferito alle sole
cessazioni di personale a tempo indeterminato, mentre la norma
statale limiterebbe le sole assunzioni a tempo determinato o con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa ponendo un
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita’
nell’anno 2009; non avrebbe pertanto senso lamentare le difformita’
della norma regionale rispetto a quella statale, dal momento che la
prima si muoverebbe in un contesto diverso di limitazioni alle
assunzioni, senza pregiudicare l’applicazione della seconda. La
difesa regionale aggiunge che la norma statale indicata come
parametro interposto pone limiti alla instaurazione di rapporti di
lavoro, mentre la norma regionale si riferisce ad una fattispecie –
l’utilizzo di soggetti disoccupati nei cantieri di lavoro – che non
da’ luogo ad un rapporto di lavoro, ed eccepisce, altresi’, la
specifica infondatezza della censura relativa alla mancata
limitazione temporale della deroga «a decorrere dal 2013», osservando
che la legge impugnata e’ stata pubblicata il 10 aprile 2013.
4.2.3.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia eccepisce poi
che le censure relative all’art. 7, commi 1, 2 e 3, sono infondate
anche sulla base di un diverso ordine di argomentazioni.
Innanzitutto, gli artt. 76, comma 7, del d.l. n. 122 del 2008, e
9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, indicati come parametri
interposti, porrebbero divieti puntuali e non temporanei e, dunque,
alla luce della giurisprudenza costituzionale, sarebbero «inidonei ad
assurgere a principi fondamentali di coordinamento finanziario».
Inoltre, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, cosi’ come
questa Corte avrebbe riconosciuto in recenti pronunce, riferite ad
altre Regioni a statuto speciale (sentenze n. 151, n. 173 e n. 215
del 2012), non sarebbe soggetta ai vincoli finanziari posti dallo
Stato, in quanto essa concorrerebbe al raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica nei modi previsti dalla legge 13 dicembre 2010,
n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato-legge di stabilita’ 2011), che hanno recepito
l’Accordo di Roma del 29 ottobre 2010 e, segnatamente, secondo quanto
disposto dall’art. 1, comma 132, della predetta legge, secondo cui
«Per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale,
escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di
Trento e di Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno
precedente, con il Ministro dell’economia e delle finanze il livello
complessivo delle spese correnti e in conto capitale, nonche’ dei
relativi pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla
manovra, determinato ai sensi del comma 131». Piu’ in generale, lo
Stato non potrebbe «vincolare unilateralmente la spesa regionale,
tanto piu’ per voci specifiche di spesa», in quanto i rapporti
finanziari fra Stato e Regioni ad autonomia speciale sarebbero
dominati dal metodo dell’accordo, di cui rappresentano espressione
anche le norme della citata legge n. 220 del 2010 che attribuiscono
alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia il potere di
coordinamento finanziario rispetto agli enti locali del proprio
territorio, che costituiscono il cosiddetto «sistema regionale
integrato».
4.3.- Secondo la Regione resistente Friuli-Venezia Giulia, le
censure relative all’art. 10, commi 1 e 2, della legge impugnata sono
infondate, in quanto si basano su un equivoco. La disciplina
regionale censurata deve, infatti, interpretarsi, secondo la difesa
regionale, nel senso che le riserve di posti nei concorsi pubblici,
da essa previste sia per le progressioni di personale in servizio,
sia per la stabilizzazione di personale a tempo determinato, possono
interessare un numero complessivo di posti comunque non superiore al
50 per cento di quelli messi a concorso.
4.4.- Infine, ad avviso della Regione autonoma, sono infondate
anche le censure riferite all’art. 10, comma 5, della legge
impugnata, in relazione all’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del
2010. Innanzitutto, tale norma statale, secondo la difesa regionale,
limitando una specifica voce di spesa, non esprimerebbe un vero
principio di coordinamento della finanza pubblica e, ove pure lo
esprimesse, esso non vincolerebbe comunque la Regione, la quale
concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nei
modi previsti dalla legge n. 220 del 2010 e nel rispetto del
principio dell’accordo. In secondo luogo, la norma regionale
censurata riguarderebbe graduatorie di progressioni orizzontali
riferite agli anni 2008 e 2010, mentre la norma interposta statale si
riferisce alle progressioni di carriera «disposte negli anni 2011,
2012 e 2013»: il diverso ambito temporale delle due disposizioni
escluderebbe dunque il contrasto fra le stesse. Ne’, secondo la
difesa regionale, la disposizione censurata potrebbe dichiararsi
illegittima in ragione della circostanza che l’art. 9, comma 21, del
d.l. n. 78 del 2010 e’ stato ricondotto da questa Corte alla
competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile»
(sentenze n. 3 del 2013 e n. 215 del 2012), atteso che la censura
prospettata nel ricorso invoca solo l’art. 117, terzo comma, Cost. e,
in base al principio della corrispondenza fra il chiesto e il
pronunciato, la norma impugnata non puo’ essere annullata in base ad
altro parametro non invocato.
5.- In prossimita’ dell’udienza, la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria, insistendo per il
rigetto del ricorso e precisando, in particolare, con riferimento
alla questione relativa all’art. 10, commi 1 e 2, della legge
regionale censurata, che l’art. 12, comma 29, lettera b) della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 26 luglio 2013, n. 6
(Assestamento del bilancio 2013 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2013-2015 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n.
21/2007), ha aggiunto a tale disposizione un comma 2-bis, che
chiarisce che «Il numero di posti complessivamente riservati nei
concorsi pubblici ai sensi del comma 1 e della lettera a) del comma
2, non puo’, comunque, essere superiore al 50 per cento di quello dei
posti messi a concorso».
6.- Nello stesso giorno in cui si e’ svolta l’udienza pubblica,
la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha depositato una
dichiarazione, firmata dal direttore del servizio organizzazione,
formazione, valutazione e relazioni sindacali della medesima Regione,
con la quale si «attesta che la norma contenuta nell’art. 10, commi 1
e 2 della legge regionale n. 5 del 2013 non ha avuto applicazione se
non dopo l’entrata in vigore delle modifiche apportate alla medesima
norma con l’art. 12, comma 29, lett. b) della legge regionale n. 6
del 2013».

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato
il 7-11 giugno 2013, depositato il 13 giugno 2013 e iscritto al
registro ricorsi n. 69 del 2013, ha impugnato la legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile 2013, n. 5 (Disposizioni
urgenti in materia di attivita’ economiche, tutela ambientale, difesa
del territorio, gestione del territorio, infrastrutture, lavori
pubblici, edilizia e trasporti, attivita’ culturali, ricreative e
sportive, relazioni internazionali e comunitarie, istruzione,
corregionali all’estero, ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e
formazione professionale, sanita’ pubblica e protezione sociale,
funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali, economici
e fiscali generali), nell’intero testo, per violazione degli artt. 12
e 14 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), della legge
costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti
l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e
l’autonomia statutaria delle Regioni), degli artt. 121 e 122 della
Costituzione e dei principi fondamentali dell’ordinamento in tema di
prorogatio, anche in relazione agli artt. 1 e 2 della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18 giugno 2007, n. 17
(Determinazione della forma di governo della Regione Friuli-Venezia
Giulia e del sistema elettorale regionale, ai sensi dell’articolo 12
dello Statuto di autonomia), nonche’ per violazione del principio di
leale collaborazione.
1.1.- In via subordinata, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha altresi’ impugnato alcune specifiche disposizioni della
predetta legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, che
riguardano materie e oggetti diversificati. Sono oggetto di censura,
in particolare: l’art. 3, comma 28, per violazione degli artt. 4 e 5
della legge cost. n. 1 del 1963 e dell’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., in relazione all’art. 185, comma 4, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);
l’art. 7, commi 1 e 2, per violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., in relazione all’art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n.
133; l’art. 7, comma 3, per violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., in relazione all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita’ economica), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; l’art. 10,
commi 1 e 2, per violazione dell’art. 4, comma 1, della legge cost.
n. 1 del 1963 e degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; l’art. 10, comma 5, per
violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in
relazione all’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010.
2.- Le censure riferite all’intero testo della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013 sono inammissibili, per le
ragioni e nei termini di seguito precisati.
2.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con un’unica e
articolata censura, lamenta, in sostanza, che la legge impugnata
sarebbe stata approvata dal Consiglio regionale successivamente al
decreto di indizione delle elezioni e a ridosso della data di
svolgimento delle stesse, in assenza dei presupposti di urgenza e
indifferibilita’ che giustificherebbero un simile intervento
legislativo nel periodo in questione. Cio’ si porrebbe in contrasto,
ad avviso del ricorrente, con diversi parametri costituzionali.
Innanzitutto, e principalmente, sarebbero violati i principi
generali dell’ordinamento in tema di prorogatio e, in particolare,
l’art. 2 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2007,
adottata ai sensi dell’art. 12 della legge cost. n. 1 del 1963, che
limita espressamente i poteri del Consiglio regionale, in regime di
prorogatio, alla sola ordinaria amministrazione: «I poteri del
Consiglio regionale […] sono prorogati, per l’ordinaria
amministrazione, sino all’insediamento dei relativi nuovi organi».
Deve in proposito osservarsi che l’istituto della prorogatio,
come ha chiarito questa Corte, riguarda, in termini generali,
fattispecie in cui «coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici
rimangono in carica, ancorche’ scaduti, fino all’insediamento dei
successori» (sentenza n. 208 del 1992). Con specifico riferimento
agli organi elettivi, e segnatamente ai consigli regionali, questa
Corte ha poi chiarito che «L’istituto della prorogatio […] non
incide […] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo
l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza, naturale o
anticipata, di tale mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo
eletto» (sentenza n. 196 del 2003). E’ pacifico, pertanto, che
l’istituto in esame presuppone la scadenza, naturale o anticipata,
del mandato del titolare dell’organo. Prima di tale scadenza, non vi
puo’ essere prorogatio.
Tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri non lamenta
affatto che la legge censurata sia stata approvata dal Consiglio
regionale dopo la scadenza del proprio mandato. Al contrario, lo
stesso Presidente del Consiglio dei ministri afferma esplicitamente,
in particolare al punto 1.5. del ricorso, che «il Consiglio regionale
della Regione-Friuli Venezia Giulia e’ […] cessato con il decorso
del quinquennio, al 13 aprile 2013», ovvero dopo l’approvazione delle
legge impugnata (avvenuta, peraltro, in data 21 marzo 2013 e non gia’
in data 8 aprile 2013, come erroneamente riportato nell’atto
introduttivo del presente giudizio). Pertanto, la censura e’
inammissibile, nella misura in cui invoca, quali parametri di
legittimita’ costituzionale, norme e principi che riguardano la
prorogatio: tali parametri non sono pertinenti, perche’ attengono a
fattispecie strutturalmente diverse da quella cui, nella stessa
prospettazione del ricorrente, la censura si riferisce.
Neppure e’ pertinente il richiamo al diverso principio della
cosiddetta «prescadenza» dell’organo elettivo, quale previsto, in
particolare, dall’art. 3, comma 2, della legge 17 febbraio 1968, n.
108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a
statuto normale). Tale disposizione- che era applicabile alle sole
Regioni a statuto ordinario prima dell’entrata in vigore della legge
cost. n. 1 del 1999 e ha successivamente conservato efficacia fino a
quando sostituita dagli statuti regionali, divenuti competenti-
stabilisce che i Consigli regionali «esercitano le loro funzioni fino
al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro
rinnovazione» ed e’ stata interpretata da questa Corte nel senso che
i consigli regionali, a partire da tale data e «fino alla loro
cessazione […] dispongono di poteri attenuati confacenti alla loro
situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensita’ di
poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (sentenza n.
468 del 1991; successivamente, sentenza n. 515 del 1995).
Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dal Presidente del
Consiglio dei ministri, l’art. 14 dello Statuto della Regione
Friuli-Venezia Giulia, invocato sotto tale profilo dal ricorrente
come parametro, non pone un simile principio. Tale disposizione
statutaria fissa, infatti, la durata in carica del Consiglio
regionale e stabilisce come e quando le elezioni debbano svolgersi e
debbano essere indette, prevedendo, in particolare, che il «decreto
di indizione delle elezioni deve essere pubblicato non oltre il
quarantacinquesimo giorno antecedente la data stabilita per la
votazione». Ma la norma non concerne eventuali limiti ai poteri del
Consiglio regionale nella fase successiva al decreto di indizione
delle elezioni, per cui anch’essa costituisce un parametro
costituzionale non pertinente rispetto alla censura prospettata dal
ricorrente, la quale si rivela, anche per questo profilo,
inammissibile. Ne’, del resto, siffatti limiti ai poteri del
Consiglio regionale possono essere ricavati in via interpretativa da
questa Corte, non essendo rinvenibile, nell’ordinamento della Regione
Friuli-Venezia Giulia e, segnatamente, nella legge regionale che
determina la forma di governo della Regione ai sensi dell’art. 12
dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, una regolamentazione dei
poteri del Consiglio regionale nell’ipotesi in cui, nella fase
pre-elettorale, esso si trovi ancora nel corso del proprio mandato.
Al proposito, non puo’ tuttavia non rilevarsi come una simile lacuna
sia disarmonica rispetto all’esigenza di assicurare che il consiglio
regionale, «nell’immediata vicinanza al momento elettorale», debba
«limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o
indispensabili» e «astenersi, al fine di assicurare una competizione
libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere
interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti
degli elettori» (sentenza n. 68 del 2010). Tale esigenza, se
contribuisce a spiegare la necessaria attenuazione dei poteri del
Consiglio regionale dopo lo scioglimento, e dunque in regime di
prorogatio, si pone, tuttavia, anche nella diversa ipotesi, oggetto
del presente giudizio, in cui, pur dopo l’indizione delle elezioni,
il mandato del Consiglio regionale non sia ancora scaduto. Spetta
alla legge regionale, che determina la forma di governo della Regione
in virtu’ della riserva di cui all’art. 12 dello Statuto del
Friuli-Venezia Giulia, individuare la soluzione normativa piu’ idonea
a salvaguardare la predetta esigenza, in ipotesi introducendo una
norma analoga a quella dell’art. 3, comma 2, della legge n. 108 del
1968, oppure prevedendo che il decreto di indizione delle elezioni
disponga, contestualmente, anche lo scioglimento del Consiglio
regionale in carica (con conseguente applicazione del regime di
prorogatio), ovvero definendo altra regolamentazione adeguata allo
scopo. In ogni caso, l’assenza di qualsiasi disciplina sul punto, e
la conseguente scelta di non limitare in alcuna forma, in prossimita’
dell’appuntamento elettorale, i poteri del Consiglio regionale non
ancora scaduto, appare suscettibile di porsi in contrasto con l’art.
12 dello statuto di autonomia, secondo cui la legge regionale che
determina la forma di governo della Regione deve porsi «in armonia
con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della
Repubblica».
Neppure sono pertinenti, infine, gli altri parametri di
legittimita’ costituzionale invocati dal ricorrente e, precisamente,
gli artt. 121 e 122 Cost. e la legge cost. n. 1 del 1999, che ha
modificato tali articoli della Costituzione. Le predette disposizioni
costituzionali si riferiscono, infatti, sotto il profilo soggettivo,
alle Regioni a statuto ordinario e, comunque, anche sotto il profilo
oggettivo, non dettano una disciplina applicabile alla fattispecie
oggetto del presente giudizio; ne’, d’altra parte, il ricorrente
fornisce alcuna motivazione specificamente riferita all’asserita
violazione dei predetti parametri costituzionali. Ne consegue che la
censura e’ inammissibile anche sotto tali, ulteriori, profili.
2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato
l’intero testo della legge impugnata anche per violazione del
principio di leale collaborazione: ad avviso del ricorrente, in
particolare, la «tecnica redazionale» impiegata sarebbe in «palese
contrasto» con il «manuale regionale di regole e suggerimenti per la
redazione dei testi normativi», approvato dall’ufficio di presidenza
dello stesso Consiglio regionale, e avrebbe reso «estremamente
difficoltoso anche comprendere l’effettiva portata di molte fra le
eterogenee disposizioni contenute nella legge ai fini della
impugnazione nei ristretti termini previsti».
La censura e’ manifestamente inammissibile. Il ricorrente, come
ha giustamente eccepito la difesa regionale, si riferisce in modo
generico all’intera legge regionale, senza indicare con precisione,
ne’ tantomeno motivare, le asserite violazioni di una fonte che,
peraltro, non e’ evidentemente idonea a fungere da parametro di
legittimita’ costituzionale.
3.- L’inammissibilita’ delle censure proposte in via principale
dal Presidente del Consiglio dei ministri, riferite all’intero testo
della legge regionale impugnata, impone di esaminare le censure
proposte in via subordinata dal medesimo ricorrente, relative a
specifiche disposizioni della stessa legge.
4.- Preliminarmente, deve osservarsi che, successivamente alla
proposizione del ricorso, alcune delle disposizioni censurate sono
state modificate, per cui occorre accertare se tale jus superveniens
abbia determinato la cessazione della materia del contendere per le
questioni proposte in riferimento a tali disposizioni.
4.1.- Deve essere dichiarata la cessazione della materia del
contendere per la questione riguardante l’art. 10, commi 1 e 2, della
legge regionale impugnata n. 5 del 2013, relativamente alle riserve
di posti a personale interno nei concorsi pubblici banditi dalla
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Successivamente alla
proposizione del ricorso, l’art. 12, comma 29, lettera b), della
legge della Regione Friuli Venezia Giulia 26 luglio 2013, n. 6
(Assestamento del bilancio 2013 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2013-2015 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n.
21/2007), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della
RegioneFriuli-Venezia Giulia del 31 luglio 2013, n. 31, ed entrata in
vigore il giorno successivo, ha aggiunto il comma 2-bis all’art 10
della legge impugnata. Tale disposizione chiarisce che «Il numero di
posti complessivamente riservati nei concorsi pubblici ai sensi del
comma 1 e della lettera a) del comma 2, non puo’, comunque, essere
superiore al 50 per cento di quello dei posti messi a concorso». In
sede di discussione in udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello
Stato ha preso atto che le norme regionali censurate sono state
modificate in conformita’ ai rilievi sollevati nel ricorso. La
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha depositato, nello stesso
giorno in cui si e’ svolta l’udienza pubblica, una dichiarazione
ufficiale dei competenti uffici regionali, i quali attestano che le
norme censurate non hanno avuto alcuna applicazione nel loro testo
originario, cioe’ nella versione anteriore alle modifiche ritenute
satisfattive dalla difesa statale. In tali condizioni, sussistono i
presupposti per dichiarare la cessazione della materia del contendere
per la questione relativa all’art. 10, commi 1 e 2, della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013.
4.2.- Non puo’ invece giungersi alla stessa conclusione per la
questione relativa all’art. 3, comma 28, della legge impugnata, in
materia di rifiuti. Tale disposizione, dopo la presentazione del
ricorso, e’ stata abrogata dall’art. 14, comma 1, lettera a), della
gia’ citata legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 6 del 2013,
pubblicata il 31 luglio 2013 ed entrata in vigore il giorno
successivo. Essa e’ tuttavia rimasta in vigore per circa tre mesi e
mezzo, nel corso dei quali la Regione non ha escluso che la norma
stessa abbia avuto applicazione: cio’ impedisce di dichiarare cessata
la materia del contendere.
5.- Nel merito, la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 3, comma 28, della legge censurata e’ fondata.
5.1.- Tale disposizione ha sostituito il comma 1 dell’art. 37-bis
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 2002, n. 16
(Disposizioni relative al riassetto organizzativo e funzionale in
materia di difesa del suolo e di demanio idrico), disponendo, in
particolare, che il materiale litoide estratto nell’ambito di
interventi eseguiti nei corsi d’acqua «costituisce materia prima e
pertanto non e’ assoggettato al regime dei sottoprodotti di cui
all’articolo 184-bis del decreto legislativo 152/2006 e alle regole
del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento recante
la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo)».
Secondo il ricorrente, il legislatore regionale avrebbe, in tal modo,
invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
«tutela dell’ambiente», dettando una disciplina suscettibile di porsi
in contrasto, in particolare, con l’art. 185, comma 4, del d.lgs. n.
152 del 2006, a mente del quale «Il suolo escavato non contaminato e
altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da
quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi,
nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e
184-ter».
5.2.- In effetti, la disposizione regionale censurata, nel
sottrarre una specifica materia all’ambito di applicazione dell’art.
184-bis del cosiddetto codice dell’ambiente, incide sulla disciplina
dei rifiuti. Pertanto, essa «invade la materia riservata
all’esclusiva competenza statale della tutela dell’ambiente senza che
il suo contenuto sia rivolto nell’unica direzione consentita
dall’ordinamento al legislatore regionale, ovvero quella di
innalzare, eventualmente, il livello di tutela dell’ambiente»
(sentenza n. 86 del 2014). Con specifico riferimento all’art. 184-bis
del d.lgs. n. 152 del 2006, questa Corte ha dichiarato
l’illegittimita’ costituzionale di una disposizione legislativa della
Regione Friuli-Venezia Giulia, affermando che la disciplina del
trattamento dei sottoprodotti costituisce un ambito nel quale «e’
precluso al legislatore regionale qualsiasi intervento normativo»
(sentenze n. 70 del 2014 e n. 300 del 2013). La disposizione
censurata nel presente giudizio interviene nel medesimo ambito e,
pertanto, per le stesse ragioni deve esserne dichiarata
l’illegittimita’ costituzionale.
6.- Le questioni di legittimita’ costituzionale relative all’art.
7, commi 1, 2 e 3, della legge impugnata, sono anch’esse fondate.
6.1.- Le norme regionali censurate sottraggono alla disciplina di
contenimento della spesa per il personale degli enti locali, dettata
dal legislatore regionale ai fini del raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica, una particolare categoria di spese, cioe’ quelle
previste dall’art. 9, commi da 127 a 137, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 2012, n. 27 (Disposizioni per la
formazione del bilancio pluriennale e annuale – Legge finanziaria
2013), collegate all’utilizzo di lavoratori disoccupati nell’ambito
di appositi «cantieri di lavoro» comunali, finanziati dalla Regione.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni censurate, in tal modo,
si porrebbero in contrasto con altrettanti principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica, dettati dal legislatore statale
al medesimo scopo di contenere le spese di personale, con conseguente
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Per un verso, i primi due commi dell’art. 7 della legge
censurata, nel prevedere che le spese per l’utilizzo di soggetti
disoccupati nei «cantieri di lavoro» non rilevano ai fini
dell’applicazione dei commi 25 e 28.1 dell’art. 12 della legge della
Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2008, n. 17 (Disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione –
Legge finanziaria 2009), i quali impongono agli enti locali obblighi
di contenimento delle spese di personale, si porrebbero in contrasto
con il principio di coordinamento della finanza pubblica posto
dall’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, che in particolare
sanziona con il divieto di procedere ad assunzioni di personale a
qualsiasi titolo, e con qualsivoglia tipologia contrattuale, gli enti
locali le cui spese di personale superino la soglia del 50 per cento
delle spese correnti.
Per altro verso, il terzo comma dell’art. 7 della legge
impugnata, nel disporre che per l’utilizzo di soggetti disoccupati
nei «cantieri di lavoro» possa derogarsi al limite posto dell’art.
13, comma 16, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30
dicembre 2009, n. 24 (Disposizioni per la formazione del bilancio
pluriennale e annuale della Regione – Legge finanziaria 2010), il
quale fissa, in particolare, un limite massimo alla spesa annua per
assunzioni di personale, anche a tempo determinato, contrasterebbe
con il principio di coordinamento della finanza pubblica posto
dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, il quale pone, fra
l’altro, un analogo limite alla spesa per assunzioni di personale a
tempo determinato.
6.2.- Va innanzitutto precisato che le disposizioni statali,
invocate dal ricorrente quali parametri interposti, hanno subito
numerose modificazioni, anche successivamente alla presentazione del
ricorso, che tuttavia non ne hanno alterato la sostanza normativa.
6.3.- Deve essere poi ribadito che entrambe le predette
disposizioni, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa
regionale, costituiscono pacificamente principi di coordinamento
della finanza pubblica (da ultimo, sentenza n. 289 del 2013), di cui
questa Corte ha altresi’ affermato l’applicabilita’ diretta alle
Regioni a statuto speciale e, segnatamente, alla Regione autonoma
Friuli Venezia Giulia (da ultimo, sentenza n. 54 del 2014).
6.4.- Deve ancora osservarsi che le spese collegate all’utilizzo
di soggetti disoccupati nei cantieri comunali, sottratte dalle
disposizioni censurate all’applicazione dei limiti alle spese di
personale previsti dal legislatore regionale, rientrano a pieno
titolo nell’ambito di applicazione di entrambe le norme statali
indicate dal ricorrente come parametri interposti. Infatti, con
riferimento a figure del tutto analoghe, previste dalla legislazione
della Regione autonoma Sardegna, questa Corte ha di recente affermato
che «l’utilizzo di prestazioni lavorative per il tramite dei cantieri
di lavoro ricade de plano nell’ambito della disciplina di cui
all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, poiche’ rappresenta,
comunque, una forma di lavoro temporaneo del quale l’amministrazione
si avvale, anche indirettamente, per la realizzazione di opere o
attivita’ di interesse pubblico locale» (sentenza n. 87 del 2014). La
formulazione dell’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 e’
perfino piu’ ampia e onnicomprensiva di quella dell’art. 9, comma 28,
del d.l. n. 78 del 2010. Non puo’ esservi dubbio, pertanto, che le
spese di personale cui si riferiscono le disposizioni regionali
censurate rientrano nell’ambito di applicazione di entrambi i
principi di coordinamento della finanza pubblica invocati dal
ricorrente, che sono diretti a contenere anche tali categorie di
spese.
6.5.- Una volta stabilito, per un verso, che le due disposizioni
statali volte a limitare la spesa di personale costituiscono principi
di coordinamento di finanza pubblica applicabili alla Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia e, per altro verso, che le spese
collegate alle peculiari figure di personale cui si riferiscono le
norme regionali censurate rientrano nell’ambito di applicazione di
tali principi, resta da verificare la sussistenza dell’asserito
contrasto fra le norme regionali e i principi statali.
Al riguardo, a prescindere dal fatto, evidenziato dalla difesa,
che i limiti regionali alle spese di personale, cui le disposizioni
censurate derogano, sono congegnati in modo diverso rispetto ai
corrispondenti limiti posti dalle norme statali interposte, va
ritenuto che l’asserito contrasto effettivamente sussista.
La deroga ai limiti posti dalla disciplina regionale alle spese
di personale, infatti, si risolve comunque, almeno indirettamente, in
un contrasto con i corrispondenti limiti posti dal legislatore
statale che, pur se diversamente congegnati, hanno la stessa
finalita’.
In particolare, i primi due commi dell’art. 7, come gia’ detto,
sottraggono le assunzioni nei cantieri di lavoro all’applicazione di
norme regionali (art. 12, commi 25 e 28.1, della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 2008) che prevedono, per gli enti le
cui spese di personale abbiano superato un certo tetto (30 per cento
delle spese correnti), un obbligo di ridurre tali spese rispetto
all’esercizio finanziario precedente o, per gli enti non soggetti al
patto di stabilita’, di contenere le spese di personale entro il
limite del corrispondente ammontare del penultimo anno precedente. La
mancata soggezione a tale vincolo regionale di alcune spese per il
personale si risolve, indirettamente, in un contrasto con l’art. 76,
comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, che pone un divieto generale di
assunzioni di qualsivoglia genere, a carico degli enti le cui spese
di personale superino un analogo tetto (50 per cento delle spese
correnti), sempre allo scopo di contenere l’ammontare complessivo
della spesa di personale.
L’art. 7, comma 3, della legge impugnata sottrae le assunzioni
nei cantieri di lavoro a norme regionali (art. 13, comma 16, della
legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 24 del 2009) che limitano (anche)
le assunzioni a tempo determinato al 20 per cento del turn over (di
quelle a tempo indeterminato). Anche in questo caso, la mancata
applicazione di tale vincolo regionale si risolve, indirettamente, in
un contrasto con l’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, che
pone un analogo limite alla spesa per personale precario, la quale
non puo’ superare il 50 per cento di quella sostenuta per le
corrispondenti finalita’ nell’anno 2009, salvo specifiche eccezioni,
in cui non rientrano le fattispecie cui si riferisce la disciplina
censurata e che, comunque, non abiliterebbero a superare l’ammontare
complessivo della spesa sostenuta per le corrispondenti finalita’
nell’anno 2009.
Ne’ puo’ convincere, infine, l’interpretazione proposta dalla
difesa regionale, secondo cui le norme censurate avrebbero inteso
sottrarre le assunzioni connesse ai «cantieri di lavoro» ai soli
vincoli regionali, ferma pero’ restando la diretta applicazione della
diversamente congegnata disciplina statale: una simile
interpretazione appare in contrasto con l’evidente finalita’
perseguita dalle norme regionali censurate, chiaramente rivolte a
sottrarre le assunzioni presso i cantieri di lavoro ai limiti
complessivi di spesa per il personale posti a carico degli enti
locali dalla disciplina di finanza pubblica, sia regionale, sia
statale.
In conclusione, le questioni di legittimita’ costituzionale
sollevate dal ricorrente con riferimento all’art. 7, commi 1, 2 e 3,
sono fondate.
7.- E’ fondata, infine, anche la questione di legittimita’
costituzionale riguardante l’art. 10, comma 5, della legge impugnata,
in materia di progressioni professionali del personale regionale.
7.1.- Tale disposizione prevede, «In relazione alla necessita’ di
valutare, ai fini dell’anzianita’ di servizio, anche i periodi
prestati con rapporto di lavoro a tempo determinato», che «la
revisione delle graduatorie delle procedure attuative del disposto di
cui all’articolo 16 del contratto collettivo integrativo 1998-2001,
area non dirigenziale del personale regionale, sottoscritto in data
11 ottobre 2007, e il conseguente conferimento delle relative
posizioni avviene salvaguardando, in ogni caso, quelle gia’ conferite
e comunque nell’ambito delle risorse disponibili nel Fondo per la
contrattazione collettiva integrativa».
Secondo il ricorrente, tale previsione normativa, nella parte in
cui «non precisa che il conferimento delle dette posizioni puo’ avere
esclusivamente effetti giuridici», violerebbe il principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica posto dall’art.
9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, ai sensi del quale «Per il
personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque
denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli
anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini
esclusivamente giuridici».
7.2.- Innanzitutto, va precisato che, contrariamente a quanto
asserito dalla difesa regionale, lo stesso art. 9, comma 21, del d.l.
n. 78 del 2010, ha natura di principio di coordinamento della finanza
pubblica vincolante anche per le Regioni a statuto speciale. Questa
Corte ha infatti recentemente affermato, proprio in riferimento ad
una disposizione legislativa della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, impugnata per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.,
in relazione all’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, che
quest’ultima disposizione «vincola le Regioni, anche a statuto
speciale, nei suoi aspetti di dettaglio, senza alcuna possibilita’ di
deroga» (sentenza n. 3 del 2013).
Cio’ posto, e’ altresi’ evidente che la norma regionale censurata
viola tale parametro interposto e rientra nell’ambito di applicazione
temporale dello stesso. L’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010
si riferisce alle progressioni di carriera «disposte» nel triennio
2011-2013. Le posizioni economiche cui si riferisce la norma
regionale, pur se attraverso una revisione delle graduatorie relative
ad anni precedenti, sono tuttavia disposte in tale periodo.
D’altronde, sotto il profilo sostanziale, la norma statale intende
annullare l’effetto di incremento della spesa connesso a decisioni
assunte nel periodo di riferimento: se fosse consentito al
legislatore regionale disporre nuove progressioni agendo su
graduatorie pregresse, sarebbe facile l’elusione del principio di
contenimento della spesa posto dal legislatore statale.
Deve essere pertanto dichiarata l’illegittimita’ costituzionale
dell’art. 10, comma 5, della legge impugnata.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 3, comma
28, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile
2013, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di attivita’ economiche,
tutela ambientale, difesa del territorio, gestione del territorio,
infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, attivita’
culturali, ricreative e sportive, relazioni internazionali e
comunitarie, istruzione, corregionali all’estero, ricerca,
cooperazione e famiglia, lavoro e formazione professionale, sanita’
pubblica e protezione sociale, funzione pubblica, autonomie locali,
affari istituzionali, economici e fiscali generali);
2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 7, commi 1,
2 e 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013;
3) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 10, comma
5, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013;
4) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 10, commi 1 e 2,
della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, promossa dal
Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 4,
primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e agli artt.
3, 51 e 97 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013,
promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento
agli artt. 12 e 14 della legge costituzionale n. 1 del 1963, alla
legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti
l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e
l’autonomia statutaria delle regioni), agli artt. 121 e 122 della
Costituzione, nonche’ ai principi fondamentali dell’ordinamento in
tema di prorogatio, anche in relazione agli artt. 1 e 2 della legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18 giugno 2007, n. 17
(Determinazione della forma di governo della Regione Friuli-Venezia
Giulia e del sistema elettorale regionale, ai sensi dell’articolo 12
dello Statuto di autonomia), con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara manifestamente inammissibile la questione di
legittimita’ costituzionale della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.
5 del 2013, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
riferimento al principio di leale collaborazione, con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 giugno 2014.

F.to:
Sabino CASSESE, Presidente
e Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *