Corte Costituzionale sentenza n. 187 SENTENZA 23 giugno – 2 luglio 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 13 della
legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6
(Norme sulla espropriazione per pubblica utilita’), come modificato
dall’art. 58, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento
29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di
Trento – legge finanziaria 2007), promosso dalla Corte d’appello di
Trento con ordinanza del 12 luglio 2012, nel procedimento vertente
tra T.G., il Comune di Trento ed altra, iscritta al n. 226 del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2014 il Giudice
relatore Alessandro Criscuolo;

Ritenuto in fatto

1.- La Corte d’appello di Trento, con ordinanza del 12 luglio
2012 (r.o. n. 226 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli artt.
42, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione
all’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’
fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto
1955, n. 848, questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 13
della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6
(Norme sulla espropriazione per pubblica utilita’), come modificato
dall’art. 58, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento
29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di
Trento – legge finanziaria 2007).
2.- La rimettente espone che il signor T.G. ha proposto, nei
confronti del Comune di Trento e della Provincia autonoma di Trento,
opposizione alla stima dell’indennita’ per l’espropriazione della
p.f. n. 498/2 CC Gardolo della superficie di mq. 637, finalizzata
alla realizzazione di un sottopasso ciclopedonale secondo il progetto
esecutivo dei lavori approvato dal Comune di Trento; che, con
determinazione del dirigente del servizio espropriazioni della
Provincia autonoma di Trento, l’indennita’ di espropriazione e’ stata
indicata in euro 12,70 al mq. per la parte del terreno espropriato
coltivata ad orto industriale (mq. 377) e in euro 2,10 a mq. per la
parte ad incolto produttivo (mq. 260), nel presupposto che si
trattasse di un’area non edificata, ne’ edificabile; che l’opponente
ha addotto l’erroneita’ di tale valutazione, stante il maggiore
valore di mercato del suolo in oggetto e ha chiesto la
rideterminazione dell’indennita’ sulla base della reale condizione
del bene espropriato.
Il giudice a quo riferisce che, nel giudizio principale, si e’
costituita la Provincia autonoma di Trento, eccependo la propria
carenza di legittimazione passiva in ordine alla richiesta di
condanna al pagamento dell’indennita’ espropriativa, sul presupposto
che il ruolo della stessa fosse limitato alla gestione della
procedura espropriativa medesima e che l’ente espropriante fosse il
Comune di Trento, unico legittimato a resistere all’opposizione. Il
collegio aggiunge che, nel giudizio a quo, si e’ costituito anche il
Comune di Trento, sostenendo che la determinazione dell’indennita’ in
sede amministrativa fosse congrua, in considerazione della
destinazione urbanistica a viabilita’ dell’area espropriata,
costituita da una striscia di terreno, in parte coltivata e per il
resto incolta, della larghezza di mq. 4,50, interposta tra una strada
comunale e la massicciata di una ferrovia. In particolare – come
ricordato dalla rimettente – il Comune di Trento ha contestato
l’assunto dell’opponente in ordine all’ubicazione del terreno in un
contesto edificato e ha sottolineato come le tabelle predisposte per
la valutazione delle aree agricole fossero vincolanti anche in sede
giudiziale.
La Corte d’appello riferisce, altresi’, che, nel giudizio
principale, era stata disposta C.T.U. per la determinazione della
giusta indennita’ espropriativa in base alle disposizioni della legge
prov. Trento n. 6 del 1993, previa verifica della natura edificabile
o meno dell’area espropriata.
Dalla relazione tecnica – prosegue la rimettente – e’ emerso che:
1) l’area espropriata, relativa all’intera p.f. 498/2/CC Gardolo di
mq. 637, era costituita da una striscia di terreno della larghezza di
mt. 4.50 circa e della lunghezza di mt. 140, posta tra un’arteria
stradale e una linea ferroviaria; 2) l’area espropriata ricadeva, dal
punto di vista urbanistico, in parte, in zona F2 destinata alla
viabilita’ e, in parte, in zona F3 destinata al sistema ferroviario
secondo il piano regolatore generale comunale; 3) si trattava di
destinazioni urbanistiche che non consentivano l’edificazione e,
pertanto, anche in considerazione dell’art. 12 della legge prov.
Trento n. 6 del 1993 – secondo cui costituiscono aree non
edificabili, tra l’altro, quelle destinate alla viabilita’ –
l’indennita’ espropriativa andava determinata sulla base del disposto
dell’art. 13 della medesima legge provinciale; 4) per effetto
dell’applicazione di tale norma, che fa riferimento ai cosiddetti
valori agricoli tabellari per la determinazione dell’indennita’ di
espropriazione in presenza di aree non edificabili, la C.T.U. ha
determinato un’indennita’ complessiva di euro 5.333,90 di cui euro
546,00 per la parte di incolto produttivo della superficie di mq.
260, considerato il valore tabellare di euro 2.10 a mq., ed euro
4.787,90 per la parte coltivata ad orto-industriale di mq. 377,
stante il valore tabellare di euro 12,70 al mq.; 5) con riferimento
all’incolto produttivo, il valore tabellare unitario risulterebbe
eccessivamente modesto considerato il maggiore valore di mercato
(pari a euro 16,00 al mq.) attribuibile al terreno de quo, in base
alle caratteristiche del fondo in oggetto.
La Corte d’appello osserva che, in base agli accertamenti
tecnici, l’indennita’ espropriativa determinata secondo la citata
normativa provinciale e’ risultata pari a complessivi euro 5.333,90,
mentre il valore di mercato dell’area espropriata, secondo la stima
del C.T.U., sarebbe di euro 10.192,00 (mq. 637 per euro 16,00 a mq.).
3.- In questo quadro, la Corte d’appello di Trento dubita della
legittimita’ costituzionale dell’art. 13 della legge prov. Trento n.
6 del 1993, come modificato dall’art. 58, comma 1, della legge prov.
Trento n. 11 del 2006, in riferimento agli artt. 42, terzo comma, e
117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del primo protocollo
addizionale della CEDU.
La rimettente riporta preliminarmente il contenuto del citato
art. 13 (commi 1 e 2) e ricorda che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte (sentenza n. 181 del 2011), la determinazione
dell’indennita’ espropriativa non potrebbe prescindere dal valore
effettivo del bene espropriato; il legislatore, pur non avendo
l’obbligo di commisurare integralmente l’indennita’ al valore di
mercato, non potrebbe trascurare tale parametro, costituente un
importante termine di riferimento ai fini della individuazione di una
congrua indennita’, in modo da garantire il "giusto equilibrio" tra
l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti
fondamentali degli individui. E’ ancora richiamata la citata sentenza
n. 181 del 2011, in base alla quale si e’ ritenuto che, con
riferimento alle aree agricole o comunque non edificabili, la
normativa statale che commisurava l’indennita’ di espropriazione al
valore agricolo medio delle colture in atto o di quella piu’
redditizia nella regione agraria di appartenenza dell’area da
espropriare, calcolate annualmente da apposite commissioni, non
tenesse conto delle caratteristiche di posizione del suolo, del
valore intrinseco del terreno e di quant’altro potesse incidere sul
valore venale di esso.
Con tale sentenza, e’ stata dichiarata l’illegittimita’
costituzionale del criterio del cosiddetto valore agricolo medio,
ritenuto elusivo del legame, richiesto dalla giurisprudenza della
Corte EDU, che l’indennita’ deve avere con il valore di mercato del
bene espropriato. Detto criterio non sarebbe rispondente
all’esigenza, espressa piu’ volte da questa Corte, di garantire
all’espropriato un serio ristoro.
La Corte territoriale osserva che il criterio di determinazione
dell’indennita’ espropriativa per le aree non edificabili, previsto
dalla normativa provinciale sopra richiamata, sarebbe del tutto
simile a quello che regolava, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 4, del
decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il
risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, della legge 8 agosto 1992, n. 359, la medesima materia
nell’ambito della normativa statale, oggetto della declaratoria di
illegittimita’ costituzionale di cui alla menzionata sentenza n. 181
del 2011. Pertanto, sussisterebbero le condizioni per ritenere l’art.
13 della legge prov. Trento n. 6 del 1993, come modificato, in
contrasto con gli artt. 42, terzo comma, e 117, primo comma, Cost.,
in relazione all’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU.
In punto di rilevanza, la Corte d’appello richiama gli
accertamenti del C.T.U. espletati nel corso del giudizio principale
di opposizione alla stima, alla luce dei quali sarebbe emersa una
notevole differenza tra l’importo calcolato secondo le modalita’
previste dal censurato art. 13 e quello determinato sulla base del
valore di mercato dell’area espropriata.
4.- Con memoria depositata in data 9 novembre 2012, si e’
costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento, chiedendo che
la sollevata questione di legittimita’ costituzionale sia dichiarata
inammissibile per difetto di rilevanza o per insufficiente
motivazione sulla rilevanza e, nel merito, non fondata.
In primo luogo, la Provincia autonoma eccepisce
l’inammissibilita’ della questione per genericita’, ovvero per
mancanza di precisione dell’oggetto, «laddove essa estende la eadem
ratio, che ha sorretto la dichiarazione di incostituzionalita’ della
norma nazionale, a norme della legislazione provinciale che
disciplinano in maniera assai differente l’assetto tra aree edificate
ed aree non edificate e relative conseguenze in ordine alla
determinazione della indennita’ di esproprio, sicche’ il richiamo
tout court alla sentenza n. 181/2011 risulta improprio, senza che sia
stato tenuto adeguatamente conto delle differenze del sistema
trentino».
Infatti, mentre, nella legislazione nazionale, ai sensi dell’art.
37 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica utilita’ – Testo A), sono
definite positivamente soltanto le «aree edificabili» come quelle
aventi «possibilita’ legali ed effettive di edificazione», per cui,
le «aree non edificabili» sono, in via residuale, tutte quelle prive
di possibilita’ legali di edificazione, aventi o meno vocazione
agricola (art. 40, commi 1 e 2 del citato testo unico), la legge
provinciale n. 6 del 1993, definisce positivamente – sempre ai fini
della determinazione dell’indennita’ di espropriazione – le «aree non
edificabili» (art. 12), adottando un criterio residuale per le «aree
edificabili».
La Provincia autonoma di Trento evidenzia, quindi, come nella
legislazione nazionale la categoria delle «aree non edificabili» sia
piu’ ampia di quella determinata nella legislazione provinciale,
essendo in quest’ultima la categoria delle «aree non edificabili»
coincidente con quelle definite tali per legge e per destinazione
urbanistica specifica.
Pertanto, ad avviso della parte resistente, non si potrebbe
affermare, con trasposizione automatica della questione – come,
invece, fatto dalla rimettente – che la normativa provinciale, la
quale, a differenza di quella statale, proprio sulle aree non
edificabili e’ piu’ articolata e precisa, non contenga, al suo
interno, una strumentazione atta a consentire la valutazione delle
caratteristiche oggettive del bene.
La Provincia autonoma sottolinea la differenza di fatto e di
diritto tra i presupposti caratterizzanti la questione decisa dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 181 del 2011 ed i presupposti
della questione sollevata dalla Corte d’appello di Trento.
In particolare, pone in rilievo come un terreno ubicato a ridosso
del centro cittadino, con una destinazione ad «uso pubblico per
servizi vari» – che, nel giudizio principale, nel corso del quale era
stata sollevata la questione decisa con la sentenza n. 181 del 2011,
era stato qualificato dal C.T.U. come «non edificabile» ai sensi
dell’art. 37 del d.P.R. n. 327 del 2001, con conseguente applicazione
ad esso del valore agricolo medio di un seminativo arborato ai fini
di determinazione dell’indennita’ di espropriazione – nella
legislazione provinciale sarebbe stato, all’opposto, qualificato come
«area edificabile» ai sensi dell’art. 12, comma 2, della legge prov.
Trento n. 6 del 1993.
La Provincia autonoma rileva, quindi, che nella legislazione
provinciale, in applicazione degli artt. 12 e 14 della legge prov.
Trento n. 6 del 1993, le «aree non edificabili» costituiscono,
nell’ambito della procedura espropriativa, ipotesi numericamente
limitate rispetto ai casi di espropriazione di aree edificate o
edificabili, mentre nella legislazione nazionale varrebbe la regola
opposta.
Infatti, la lettura del censurato art. 13 non potrebbe essere
disgiunta da quella dell’art. 12 che classifica come «non
edificabili» le aree che sono definite dagli strumenti urbanistici
come agricole, le aree con vincolo di inedificabilita’ assoluta e
quelle destinate alla realizzazione di infrastrutture stradali e
piste da sci completamente inserite nelle sopra citate aree agricole.
La parte resistente rimarca che, essendo, in ambito provinciale,
le aree non edificabili completamente inserite in un contesto
agricolo, risulta coerente, ai fini della determinazione della
indennita’ di espropriazione, l’applicazione dei valori agricoli medi
(in conformita’ anche con l’art. 40, comma 1, del d.P.R. n. 327 del
2001, non oggetto della sentenza n. 181 del 2011).
La Provincia autonoma osserva, altresi’, che, per come e’
strutturato il sistema del Trentino-Alto Adige, non esisterebbe quel
distacco dal valore reale del bene che si registra nella applicazione
della normativa statale.
La legge provinciale in oggetto, infatti, con la previsione dei
valori agricoli medi (VAM) tabellari, offrirebbe un sistema molto
piu’ articolato e garantista di quello applicato in base alla
normativa nazionale in quanto, da un lato, sarebbe minore la
discrezionalita’ nell’individuare le aree non edificabili e,
dall’altro, i VAM, come enucleati dalla Commissione provinciale per
le espropriazioni (CPE), considererebbero delle variabili (quali la
giacitura del fondo, l’accessibilita’ ad esso, la fertilita’ del
bosco e cosi’ via) atte ad identificare le caratteristiche reali del
bene.
La Provincia autonoma sottolinea, inoltre, che il territorio
provinciale e’ ripartito in quaranta zone omogenee agricole: in
ciascuna di essa sono presenti tutte le colture agricole a cui sono
attribuiti tre distinti valori a seconda che il terreno sia
lavorabile con mezzi meccanici, sia irrigato, ovvero sia
momentaneamente incolto.
Pertanto – ad avviso della parte resistente – sebbene anche la
legislazione provinciale sia rimasta legata ad un sistema tabellare
di valori, definiti in ragione delle colture agrarie a seconda delle
classi colturali (frutteto, vigneto, seminativo e cosi’ via)
praticate nel terreno, detto sistema, essendo applicato soltanto a
zone delimitate di sicura inedificabilita’, non creerebbe un
eccessivo divario dal valore venale.
Secondo la Provincia autonoma, eliminando il valore tabellare, si
riporterebbe il sistema vigente in materia di espropriazione ad una
situazione in cui, ogni volta che si dovesse prospettare
l’espropriazione di una zona non edificabile, si dovrebbe dare corso
ad un contenzioso e ad una serie di consulenze tecniche per
determinare il valore del terreno, con evidente aggravio
procedimentale ed economico.
Inoltre, qualora si dichiarassero incostituzionali i valori
tabellari e si facesse riferimento esclusivamente ai valori di
mercato del bene espropriato, l’indennita’ aggiuntiva da
corrispondere ai coltivatori ed agli affittuari (che, ai sensi
dell’art. 20 della legge prov. n. 6 del 1993, e’ pari all’indennizzo
riconosciuto all’espropriato) sarebbe simile a quella da
corrispondere a titolo di espropriazione al proprietario con
effettivo superamento del valore patrimoniale del bene medesimo.
Pertanto, ad avviso della parte resistente, la questione
rilevante non riguarderebbe la validita’ o meno del sistema tabellare
dei VAM, ma la corretta "quotazione" ed adeguatezza economica dei
valori previsti.
In particolare, secondo la Provincia autonoma, il collegio
rimettente avrebbe potuto ricercare, nella giurisprudenza della Corte
costituzionale e nei principi enunciati dalla Corte EDU, gli
strumenti interpretativi per discostarsi dall’indicazione dei valori
fissati nelle tabelle sui VAM, attraverso una loro disapplicazione,
trattandosi di atti amministrativi a carattere generale di natura
tecnico-discrezionale. Sotto tale profilo, la questione sarebbe
inammissibile per difetto di rilevanza.
La Provincia autonoma ritiene, inoltre, che la questione di
legittimita’ costituzionale posta dalla rimettente non riguardi la
validita’ del sistema tabellare, ne’ l’adeguatezza dei parametri di
valore in esso stabiliti, ma solo l’eccessiva rigidita’ della norma,
che impedirebbe al giudice di discostarsi dai parametri delle
tabelle, qualora esse comportino un eccessivo scostamento dal valore
di mercato.
Detta Provincia osserva, infine, che, stante la non automatica
estensibilita’ al caso di specie della soluzione adottata dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 181 del 2011, la questione potrebbe
essere ritenuta inammissibile per genericita’ dell’oggetto, non
avendo il collegio rimettente precisato il contenuto della possibile
pronuncia additiva ed avendo contestato la validita’ dell’intero
sistema tabellare della legislazione provinciale trentina.
5.- In data 24 aprile 2014, la Provincia autonoma di Trento ha
depositato memoria illustrativa, insistendo per la declaratoria di
inammissibilita’ – per difetto di rilevanza ovvero per carente
motivazione sulla rilevanza – ovvero, in subordine, per la
dichiarazione di non fondatezza della questione di legittimita’
costituzionale.

Considerato in diritto

1.- La Corte d’appello di Trento, con l’ordinanza indicata in
epigrafe (r.o. n. 226 del 2012), dubita – in riferimento agli artt.
42, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione
all’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’
fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto
1955, n. 848 – della legittimita’ costituzionale dell’art. 13 della
legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6
(Norme sulla espropriazione per pubblica utilita’), come modificato
dall’art. 58, comma 1, della legge della Provincia autonoma in data
29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di
Trento – legge finanziaria 2007), concernente la determinazione della
indennita’ di espropriazione per le aree non edificabili.
Ad avviso della rimettente, la norma censurata violerebbe i
citati parametri costituzionali in quanto essa, per determinare la
detta indennita’, farebbe riferimento ai cosiddetti valori agricoli
tabellari, eccessivamente modesti rispetto al valore di mercato
attribuibile ai terreni in base alle loro caratteristiche; in quanto
il criterio di determinazione dell’indennita’, previsto dalla norma
provinciale censurata, sarebbe simile a quello che regolava, ai sensi
dell’art. 5-bis, comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333
(Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 8 agosto
1992, n. 359, la medesima materia nell’ambito della normativa
statale, norma dichiarata costituzionalmente illegittima con la
sentenza di questa Corte n. 181 del 2011, in relazione alla quale il
criterio del cosiddetto valore agricolo medio e’ stato ritenuto
elusivo del legame, richiesto dalla giurisprudenza della Corte
europea per i diritti dell’uomo, che l’indennita’ deve avere con il
valore di mercato del bene espropriato, nonche’ non rispondente
all’esigenza, espressa piu’ volte dalla Corte costituzionale, di
garantire all’espropriato un serio ristoro.
2.- La Provincia autonoma di Trento, con la memoria di
costituzione, ha eccepito l’inammissibilita’ della questione, per il
suo carattere generico ovvero per mancanza di precisione
dell’oggetto, «laddove essa estende la eadem ratio, che ha sorretto
la dichiarazione di incostituzionalita’ della norma nazionale, a
norme della legislazione provinciale che disciplinano in maniera
assai differente l’assetto fra aree edificate ed aree non edificate e
relative conseguenze in ordine alla determinazione della indennita’
di esproprio, sicche’ il richiamo tout court alla sentenza n.
181/2011 risulta improprio, senza che sia stato tenuto adeguatamente
conto delle differenze del sistema trentino».
Inoltre, ad avviso della Provincia autonoma, oggetto della
questione non sarebbe il sistema tabellare in se’ e per se’, ne’ la
circostanza che la modulazione dei valori medi sarebbe lontana dai
valori di mercato. Sempre secondo la Provincia autonoma, tale valore
«non puo’ che essere valutato caso per caso; e se il Giudice ha dato
corso ad una C.T.U. per conoscere la valutazione di mercato dell’area
in questione, avrebbe forse potuto cercare anche nella legge, nella
giurisprudenza di questa Corte e nei principi enunciati dalla Corte
EDU, gli strumenti interpretativi per discostarsi dall’indicazione
dei valori fissati nelle tabelle sui VAM, mediante, appunto, loro
disapplicazione, come si e’ sopra osservato. E allora, sotto tale
profilo, viene anche meno la rilevanza, con la conseguenza che la
proposta questione potrebbe essere dichiarata tout court
inammissibile».
Le suddette eccezioni non sono fondate.
Il denunziato carattere generico della questione non sussiste.
L’ordinanza di rimessione descrive in modo sufficiente la
fattispecie (per quanto rileva ai fini di causa) ed individua con
chiarezza il petitum, volto ad ottenere la dichiarazione
d’illegittimita’ costituzionale della norma censurata, perche’ in
contrasto con i menzionati parametri costituzionali.
Quanto, poi, alla differenza di disciplina esistente tra la
normativa statale ed il sistema trentino (differenza che, nella
legislazione nazionale, renderebbe la categoria delle aree non
edificabili ben piu’ ampia rispetto a quella determinata dal
legislatore provinciale, il che non sarebbe privo di conseguenze «al
fine di verificare la tenuta costituzionale della normativa
provinciale»), si deve osservare che l’argomento non e’ pertinente.
Infatti, nella fattispecie in esame, non e’ in discussione la
natura della superficie in esproprio che, come emerge dall’ordinanza
di rimessione, «e’ costituita da una striscia di terreno della
larghezza di mt. 4,50 circa e lunga mt. 140 posta tra un’arteria
stradale e una linea ferroviaria». La stessa ordinanza precisa che
«dal punto di vista urbanistico l’area ablata ricadeva in parte in
zona F2 destinata alla viabilita’ e in parte in zona F3 destinata al
sistema ferroviario secondo il PRG comunale; si trattava di
destinazioni urbanistiche che non consentivano l’edificazione e
pertanto, anche in considerazione di quanto previsto dall’art. 12
della legge provinciale n. 6/1993 secondo cui costituiscono aree non
edificabili, tra l’altro, quelle destinate a viabilita’, l’indennita’
espropriativa andava determinata sulla base del disposto dell’art. 13
della medesima L. P.».
L’area in questione, dunque, ha senza dubbio carattere non
edificabile, avuto riguardo alle destinazioni urbanistiche che non
consentono l’edificazione, sicche’ essa rientra nell’ambito
applicativo del censurato art. 13 della legge prov. Trento n. 6 del
1993 (e successive modificazioni), a prescindere dalle identita’ o
difformita’ dei presupposti normativi tra legge statale e legge
provinciale.
Infine, in ordine alla rilevanza della questione, si deve
rimarcare che la Corte d’appello ha ravvisato tale presupposto nella
notevole differenza tra l’importo calcolato dal C.T.U., secondo le
modalita’ previste dal citato art. 13, e quello determinato sulla
base del valore di mercato dell’area espropriata. Si tratta di una
motivazione non implausibile, che merita di essere condivisa. Non
altrettanto puo’ dirsi, invece, in ordine all’argomento della
Provincia autonoma, secondo cui la Corte territoriale avrebbe potuto
discostarsi dall’indicazione dei valori fissati nelle tabelle sui
valori agricoli medi (VAM) mediante loro disapplicazione. E’ vero,
infatti, che le tabelle sono atti amministrativi a carattere generale
e di natura tecnico-discrezionale. Tuttavia, la Provincia trascura di
considerare che esse sono state recepite in una norma di legge, del
cui precetto sono divenute parti, sicche’ disapplicarle equivarrebbe
a disapplicare la norma stessa.
Da qui la non fondatezza delle sollevate eccezioni.
3.- Nel merito, la questione e’ fondata.
Va premesso che le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno
competenza legislativa primaria, tra l’altro, in tema di
espropriazione per pubblica utilita’, per tutte le materie di
competenza provinciale (art. 8, numero 22, d.P.R. 31 agosto 1972, n.
670 recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»).
Le Province esercitano la detta potesta’ legislativa entro i
limiti indicati dall’art. 4 dello statuto speciale, ovvero «In
armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico
della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e
degli interessi nazionali […] nonche’ delle norme fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica […]» .
Pertanto, la legislazione provinciale, ancorche’ espressione
della competenza primaria dell’ente autonomo, deve conformarsi ai
principi che traggono supporto dal testo fondamentale e
caratterizzano l’ordinamento giuridico dello Stato (sentenza n. 231
del 1984).
In questo quadro, l’art. 13 della legge prov. Trento n. 6 del
1993, come modificato dall’art. 58, comma 1, della legge prov. Trento
n. 11 del 2006, dispone quanto segue: «1. Per le aree non edificabili
l’indennita’ di espropriazione corrisponde al valore agricolo medio
che deve essere attribuito all’area quale terreno considerato libero
da vincoli di contratti agrari e secondo il tipo di coltura in atto
al momento del deposito della domanda di cui all’articolo 4, comma 1.
2. A tal fine, entro il 31 dicembre di ogni anno per l’anno
successivo, la C.P.E. provvede alla ripartizione del territorio
provinciale in zone agrarie omogenee ed alla determinazione di valori
agricoli medi secondo i tipi di coltura praticati in relazione alle
singole zone agrarie, nonche’ del criterio di stima dei danni
arrecati dal punto di vista del valore agrario alle proprieta’
residue nel caso di espropriazioni parziali di terreni agricoli.
2-bis. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 2 sono
pubblicati nel Bollettino ufficiale della Regione».
Il criterio seguito dal legislatore regionale per calcolare
l’indennita’ di espropriazione delle aree non edificabili
(espressione che comprende le aree agricole e quelle non suscettibili
di classificazione edificatoria) e’, dunque, il valore agricolo medio
del suolo secondo i tipi di coltura praticati in relazione alle
singole zone agrarie, valore da determinare annualmente ad opera di
un’apposita commissione previa ripartizione del territorio
provinciale in zone agrarie omogenee.
Orbene, come questa Corte ha gia’ osservato, nella sentenza n.
181 del 2011, con riguardo ad analoga normativa statale, «il valore
tabellare cosi’ calcolato prescinde dall’area oggetto del
procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente
ai requisiti specifici del bene. Restano cosi’ trascurate le
caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del
terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma
consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia
elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella
conduzione del fondo e quant’altro puo’ incidere sul valore venale di
esso. Il criterio, dunque, ha un carattere inevitabilmente astratto,
che elude il "ragionevole legame" con il valore di mercato,
"prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e
coerente, del resto con il "serio ristoro" richiesto dalla
giurisprudenza consolidata di questa Corte" (sentenza n. 348 del
2007, punto 5.7 del Considerato in diritto)».
E’ vero – prosegue la citata sentenza n. 181 del 2011 – che «il
legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente
l’indennita’ di espropriazione al valore di mercato del bene ablato e
che non sempre e’ garantita dalla CEDU una riparazione integrale,
come la stessa Corte di Strasburgo ha affermato, sia pure aggiungendo
che in caso di "espropriazione isolata", pur se a fini di pubblica
utilita’, soltanto una riparazione integrale puo’ essere considerata
in rapporto ragionevole con il valore del bene. Tuttavia, proprio
l’esigenza di effettuare una valutazione di congruita’
dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali
meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che
quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore
(sentenza n. 1165 del 1988), in guisa da garantire il "giusto
equilibrio" tra l’interesse generale e gli imperativi della
salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui».
Il criterio della determinazione dell’indennita’ di
espropriazione delle «aree non edificabili» di cui alla normativa
nazionale dichiarata costituzionalmente illegittima con la citata
sentenza e’ sostanzialmente riprodotto dalla normativa trentina
oggetto di censura. La conclusione teste’ enunciata si impone,
pertanto, anche per la denunziata norma provinciale di cui va
dichiarata l’illegittimita’ costituzionale per contrasto con l’art.
117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del primo protocollo
addizionale della CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte di
Strasburgo, e con l’art. 42, terzo comma, Cost.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 13 della legge
della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 (Norme
sulla espropriazione per pubblica utilita’), come modificato
dall’art. 58, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento
29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di
Trento – legge finanziaria 2007).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2014.

F.to:
Sabino CASSESE, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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