Corte Costituzionale sentenza n. 189 SENTENZA 23 giugno – 2 luglio 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 30 della
legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18 (Assestamento del
bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e del
bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il
7-10 ottobre 2013, depositato in cancelleria il 17 ottobre 2013,
iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2013 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale,
dell’anno 2013.
Udito nell’udienza pubblica del 10 giugno 2014 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
udito l’avvocato dello Stato Cristina Gerardis per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato
il 7-10 ottobre 2013, depositato in cancelleria il 17 ottobre 2013 e
iscritto al registro ricorsi n. 96 del 2013, ha impugnato l’art. 30
della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18
(Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario
2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata),
per contrasto con gli artt. 97, 117, secondo comma, lettera s), e
terzo comma, e 118 della Costituzione.
2.- La disposizione censurata introduce nella legge regionale 19
gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo
Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L.R.
n. 9/2007) l’art. 4-bis, intitolato «Norme di salvaguardia», il quale
prevede, al comma 2, che «Nelle more dell’approvazione del Piano
Paesaggistico Regionale di cui all’art. 135 del D.Lgs. 42/2004 e
della individuazione delle aree non idonee di cui al punto 17 delle
"Linee Guida" approvate con il D.M. 10 settembre 2010 […] allo
scopo di meglio salvaguardare le valenze paesaggistiche ed ambientali
della Basilicata, il Comitato Tecnico Paritetico Stato-Regioni,
istituito a seguito dell’intesa sottoscritta in data 14 settembre
2011 dal Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali, dal
Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e
dalla Regione Basilicata, esprime parere obbligatorio nell’ambito del
procedimento unico previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 387/2003
con le modalita’ previste dagli articoli 14 e seguenti della Legge
241/1990 e s.m.i.».
3.- L’Avvocatura generale dello Stato evidenzia, in primo luogo,
che il Comitato tecnico e’ un organo paritetico costituito, in
attuazione del Protocollo di intesa del 14 settembre 2011, fra
Ministero per i beni e le attivita’ culturali, Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e Regione
Basilicata; in particolare, l’intesa sarebbe volta a realizzare una
forma di collaborazione fra amministrazioni centrali e la Regione,
per la «definizione di modalita’ di elaborazione congiunta del Piano
Paesaggistico Regionale», secondo la funzione assegnata a tali
accordi dall’art. 143, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Nel Protocollo d’intesa le parti hanno individuato le attivita’
rimesse al processo «codecisionale», prevedendo – fra l’altro – la
definizione condivisa delle «modalita’ procedurali attuative del
Codice» (art. 1, comma 2); l’individuazione congiunta di una
«metodologia» per il riconoscimento delle aree non idonee alla
localizzazione degli impianti da fonti rinnovabili (art. 1, comma 4);
l’affidamento al Comitato tecnico delle funzioni di definizione dei
contenuti del Piano e di coordinamento delle azioni necessarie alla
sua redazione (art. 5).
Pertanto, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, nel
Protocollo d’intesa lo strumento della codecisione sarebbe limitato
esclusivamente al processo di «pianificazione» e, in questo contesto,
al Comitato tecnico sarebbero affidate alcune attivita’ strumentali e
prodromiche alla redazione del Piano paesaggistico regionale.
Viceversa, la norma censurata, affidando al Comitato tecnico il
compito di esprimere un «parere obbligatorio» nel procedimento
autorizzatorio per gli impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili, assegnerebbe unilateralmente a tale
organismo una funzione totalmente nuova. Tale assetto si porrebbe in
contrasto con molteplici principi costituzionali.
3.1.- Secondo l’Avvocatura generale dello Stato la norma
impugnata violerebbe in primo luogo gli artt. 117 e 118 Cost. ed il
principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, poiche’
l’ampliamento di competenze del Comitato tecnico non troverebbe
riscontro nella legislazione ordinaria di settore, ne’ in materia di
autorizzazione unica per gli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, di cui al decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta
da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricita’), ne’ nella disciplina sull’autorizzazione
paesaggistica di cui al d.lgs. n. 42 del 2004.
3.1.1.- Osserva in particolare l’Avvocatura generale dello Stato
che il d.lgs. n. 387 del 2003, pur contenendo un’analitica previsione
degli «atti di assenso» che debbono confluire nel procedimento unico
finalizzato all’emanazione dell’autorizzazione di competenza
regionale, non prevede alcun parere obbligatorio del Ministero
dell’ambiente, ne’ del Ministero dei beni e delle attivita’
culturali.
D’altra parte, le Linee guida per l’autorizzazione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili, adottate con decreto del Ministro
dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, specificano le
ipotesi nelle quali viene riservato, all’interno della Conferenza dei
servizi, un ruolo dei Ministeri (oggi parti del Comitato tecnico in
questione); in particolare, un intervento del Ministero dei beni e
delle attivita’ culturali e’ previsto nel procedimento per
l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, mentre
il preventivo «parere» del Ministero dell’ambiente e’ richiesto
nell’ambito della procedura statale per l’autorizzazione di impianti
offshore, rilasciata dal Ministero dei trasporti (art. 12, comma 3,
del d.lgs. n. 387 del 2003).
3.1.2.- Riferisce inoltre la difesa dello Stato che neppure il
d.lgs. n. 42 del 2004 prescrive la preventiva audizione delle
amministrazioni centrali nel procedimento finalizzato
all’autorizzazione paesaggistica, che confluisce nell’autorizzazione
unica, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003.
L’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, dispone, infatti, che
«sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la Regione
[o i soggetti da essa delegati a norma dell’art. 146 comma 6] dopo
avere acquisito il parere vincolante del soprintendente, in relazione
agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela
dalla legge o in base alla legge».
Il successivo art. 148 del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004
prescrive l’istituzione di appositi organismi regionali («Commissioni
per il paesaggio») competenti ad esprimere pareri nel corso dei
procedimenti autorizzatori, di supporto ai soggetti ai quali sono
delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai
sensi dell’art. 146, comma 6. L’Avvocatura generale dello Stato
evidenzia che tali Commissioni sono composte da «soggetti con
particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del
paesaggio» (art. 148, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004), ma – ancora
una volta – non sarebbe prevista la partecipazione delle
amministrazioni centrali dello Stato.
3.1.3.- La difesa dello Stato evidenzia inoltre che, in piu’
occasioni, il legislatore ha abrogato alcune disposizioni dello
stesso d.lgs. n. 42 del 2004 che prevedevano il coinvolgimento delle
amministrazioni centrali nei procedimenti autorizzatori; cio’
varrebbe a sottolineare – ad avviso dell’Avvocatura generale dello
Stato – la separazione delle funzioni fra le stesse amministrazioni e
le Regioni, in quanto l’unico intervento statale anticipato ai fini
del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e’ costituito dal
parere obbligatorio, vincolante e preventivo della competente
Soprintendenza.
In definitiva, quindi, secondo la difesa dello Stato, la legge
regionale n. 18 del 2013 non solo avrebbe modificato unilateralmente
il Protocollo d’intesa, attribuendo al Comitato tecnico nuove
funzioni non preventivamente concordate, ma avrebbe altresi’
assegnato surrettiziamente ai due Ministeri funzioni consultive
nell’ambito di un procedimento autorizzatorio di competenza
regionale, non altrimenti previste dalla legge nazionale, con grave
violazione del principio di riserva di legge statale in materia (art.
117, secondo comma, lettera s, Cost.).
3.2.- Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, tale
situazione sarebbe inoltre suscettibile di configurare un conflitto
di interessi, atteso il ruolo di vigilanza e controllo affidato al
Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare dalla
legislazione ordinaria in materia di aree naturali protette (legge 6
dicembre 1991, n. 394, recante «Legge quadro sulle aree protette» e
di siti della rete europea Natura 2000 (decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, intitolato «Regolamento recante
attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione
degli habitat naturali e seminaturali, nonche’ della flora e della
fauna selvatiche».
In particolare, la difesa dello Stato evidenzia che, nell’ambito
della legge n. 394 del 1991, il Ministero dell’ambiente interviene –
quale autorita’ controllante – nelle fasi di approvazione degli
strumenti di regolamentazione del territorio, nei quali sono
individuate le regole generali ed astratte di utilizzo dello stesso;
mentre l’attivita’ di gestione del territorio e’ rimessa
integralmente agli Enti gestori territorialmente competenti. A questi
ultimi e’ richiesto, infatti, di esprimere un preventivo nulla osta
rispetto a qualsiasi procedimento di rilascio di concessioni o
autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno
dell’area naturale protetta, senza che sia prevista alcuna procedura
di audizione preventiva del Ministero dell’ambiente.
D’altra parte, osserva l’Avvocatura generale dello Stato, il
d.P.R. n. 357 del 1997, in materia di siti della rete europea Natura
2000, parimenti rimette la gestione delle aree alle Regioni,
riservando al Ministero dell’ambiente le funzioni di indirizzo per la
gestione dei siti (art. 4, comma 2), volte a garantire l’applicazione
uniforme sul territorio nazionale delle prescrizioni nazionali e
comunitarie.
L’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, evidenzia che, per
progetti o interventi che possano avere incidenze significative sui
siti Natura 2000, le procedure previste dall’art. 5 del d.P.R. n. 357
del 1997 sono di competenza regionale, ma non richiederebbero fasi
procedimentali di consultazione del Ministero.
3.3.- Sotto un diverso profilo, la difesa dello Stato sottolinea
che l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 ha previsto che il
procedimento preordinato al rilascio dell’autorizzazione per la
costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili si
svolga nel rispetto dei principi di semplificazione e con le
modalita’ stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi). Con tale intervento normativo il
legislatore nazionale avrebbe inteso conformarsi alle regole della
semplificazione amministrativa e della celerita’ e – soprattutto –
avrebbe esteso tali indicazioni in modo uniforme sull’intero
territorio nazionale, al fine di promuovere la massima diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili.
La previsione regionale censurata si porrebbe in contrasto con
tali principi. Infatti, ad avviso della difesa dello Stato, il parere
del Comitato tecnico sarebbe del tutto ultroneo, in quanto le
finalita’ di salvaguardia delle valenze paesaggistiche ed ambientali
della Basilicata, enunciate dalla norma, troverebbero gia’
un’adeguata e qualificata ponderazione all’interno del procedimento
unico, grazie all’intervento delle Soprintendenze e delle altre
amministrazioni preposte alla tutela ambientale.
Sotto tale aspetto la norma censurata si porrebbe in contrasto
con il principio di non aggravamento e sarebbe altresi’ contraria
alla ratio dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, volto alla
creazione di un sistema di regole certe ed uniformi su tutto il
territorio nazionale, al fine di promuovere la massima diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili.
Di converso, la norma in questione, aggravando il procedimento
unico mediante l’acquisizione di un parere superfluo dal punto di
vista istruttorio, violerebbe il principio di buon andamento della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), che richiede che
l’attivita’ amministrativa risponda ai canoni dell’efficienza, sia
cioe’ in grado di realizzare il miglior rapporto tra mezzi impiegati
e risultati conseguiti.
4.- La Regione Basilicata non si e’ costituita in giudizio.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art.
30 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18
(Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario
2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata),
che modifica la legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in
materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale
Regionale. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L.R. n. 9/2007),
aggiungendovi l’art. 4-bis.
Tale disposizione, al comma 2, prevede che «Nelle more
dell’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale di cui all’art.
135 del D.Lgs. 42/2004 e della individuazione delle aree non idonee
di cui al punto 17 delle "Linee Guida" approvate con il D.M. 10
settembre 2010, pubblicato nella G.U.R.I. n. 219 del 18 settembre
2010, allo scopo di meglio salvaguardare le valenze paesaggistiche ed
ambientali della Basilicata, il Comitato Tecnico Paritetico
Stato-Regioni, istituito a seguito dell’intesa sottoscritta in data
14 settembre 2011 dal Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali,
dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e
dalla Regione Basilicata, esprime parere obbligatorio nell’ambito del
procedimento unico previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 387/2003
con le modalita’ previste dagli articoli 14 e seguenti della Legge
241/1990 e s.m.i.».
1.1.- Ad avviso del ricorrente la disposizione censurata,
affidando al Comitato Tecnico il compito di esprimere un parere
obbligatorio nell’ambito del procedimento unico previsto dall’art. 12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricita’), violerebbe gli artt. 117 e 118 della
Costituzione, perche’ assegnerebbe unilateralmente a tale organismo
una funzione totalmente nuova, in contrasto con il principio di leale
collaborazione.
1.2.- Sarebbe altresi’ violato l’art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., perche’ le funzioni consultive assegnate ai Ministeri
dell’Ambiente e dei Beni culturali nell’ambito del procedimento
autorizzatorio unico non sarebbero previste dalla legislazione
statale in materia.
1.3.- Viene lamentata, infine, la violazione degli artt. 117,
terzo comma, e 97 Cost., perche’ l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003
disciplinerebbe il procedimento preordinato al rilascio
dell’autorizzazione unica nel rispetto del principio di
semplificazione, e dunque la previsione di un parere obbligatorio
aggraverebbe il procedimento, in contrasto con il principio del buon
andamento.
2.- Va preliminarmente rilevata l’inammissibilita’ della
questione relativa al comma 1 dell’art. 4-bis della legge regionale
n. 1 del 2010 – introdotto dall’articolo impugnato – in quanto tale
comma non e’ specificamente censurato dal ricorrente, ne’ presenta
elementi di connessione con il comma 2, che forma espressamente
oggetto delle doglianze del ricorrente.
3.- Nel merito, la questione e’ fondata.
3.1.- Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la
disciplina degli impianti di energia da fonti rinnovabili deve essere
ricondotta alla materia di competenza legislativa concorrente della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di
cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenza n. 275
del 2012).
Questa Corte ha anche affermato che l’art. 12 del d.lgs. n. 387
del 2003, nel regolare l’installazione di detti impianti attraverso
un procedimento che si conclude con il rilascio di un’autorizzazione
unica (commi 3 e 4), reca un principio fondamentale vincolante per il
legislatore regionale (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n.
124 del 2010 e n. 282 del 2009); tale norma, inoltre, e’ «ispirata a
canoni di semplificazione» ed «e’ finalizzata a rendere piu’ rapida
la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa»
(sentenza n. 344 del 2010).
La medesima natura di «principi fondamentali» e’ stata
riconosciuta alle Linee guida previste dall’art. 12, comma 10, del
d.lgs. n. 387 del 2003, per lo svolgimento del procedimento
autorizzativo unico, in quanto esse costituiscono «necessaria
integrazione delle previsioni contenute nell’art. 12» del medesimo
d.lgs. (sentenza n. 275 del 2012) e la loro adozione «e’ informata al
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni» (sentenza n.
308 del 2011).
3.2.- La norma regionale impugnata, invece, inserisce nell’ambito
del richiamato procedimento il parere obbligatorio del Comitato
Tecnico Paritetico Stato-Regioni e dunque prevede un adempimento
ulteriore, non richiesto ne’ dal citato art. 12, ne’ dalle Linee
guida, cosi’ determinando un aggravio procedurale, in contrasto con
le esigenze di celerita’ e semplificazione amministrativa, sottese al
principio fondamentale sopra richiamato.
Tale contrasto comporta la violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., «non potendo il legislatore regionale introdurre, nell’ambito
del procedimento di autorizzazione di cui all’art. 12 del d.lgs. n.
387 del 2003, nuovi o diversi adempimenti rispetto a quelli indicati
dalla norma statale» (sentenza n. 344 del 2010).
4.- Restano assorbiti gli altri profili di censura.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’inammissibilita’ della questione relativa all’art.
30 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18
(Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario
2013, e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata),
nella parte in cui inserisce l’art. 4-bis della legge regionale 19
gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo
Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L.R.
n. 9/2007), limitatamente al comma 1;
2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 30 della
legge della Regione Basilicata n. 18 del 2013, nella parte in cui
inserisce l’art. 4-bis della legge regionale n. 1 del 2010,
limitatamente ai commi 2, 3 e 4.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2014.

F.to:
Sabino CASSESE, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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