Cass. civ. Sez. VI, Sent., 09-02-2012, n. 1908 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti in epigrafe ricorrono separatamente per cassazione nei confronti dei decreti della Corte d’appello che hanno rigettato le loro domande di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR Emilia Romagna a far tempo dal 22.5.1996 e non ancora definito alla data di presentazione della domanda (24,12.2008).

Resiste l’Amministrazione con controricorso nei procedimenti n. 14868/10 e 14862/10.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Preliminarmente i ricorsi debbono essere tra loro riuniti benchè siano stati proposti avverso decisioni diverse. Premesso che sono principi già affermati quelli secondo cui "La riunione dei procedimenti, in applicazione della norma generale di cui all’art. 274 c.p.c., è ammessa anche nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, atteso che, tra i compiti di quest’ultima, oltre a quello istituzionale di garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto oggettivo nazionale, rientra anche l’altro di assicurare l’economia ed il minor costo dei giudizi, risultati cui mira la menzionata norma del codice di rito civile" (Cassazione civile, sez. 3^, 20/12/2005, n. 28227) e "la riunione delle impugnazioni, obbligatoria ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano la stessa sentenza, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro diverse sentenze pronunciate fra le medesime parti, in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia; ed invero dalle disposizioni del codice di rito prescriventi l’obbligatorietà della riunione, in fase di impugnazione, di procedimenti formalmente distinti, in presenza di cause esplicitamente ritenute dai legislatore idonee a giustificare la trattazione congiunta ( art. 335 c.p.c. e art. 151 disp. att. c.p.c.), è desumibile un principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto" (Cassazione civile, sez. 2^, 17/06/2008, n. 16405), non vi è dubbio che le ragioni che giustificano la trattazione congiunta nella fattispecie sussistano in quanto le pretese delle parti traggono origine dalla durata, ritenuta eccessiva, dello stesso giudizio al quale hanno partecipato con identiche posizioni e vicende e non sono stati evidenziati elementi che differenzino le diverse posizioni in questa fase.

Con i due motivi uguali in tutti i ricorsi, che per la loro complementarietà possono essere trattati congiuntamente, gli impugnati decreti vengono censurati in relazione alla ritenuta insussistenza del patema d’animo conseguente alla pendenza del giudizio a causa della consapevolezza della totale infondatezza della pretesa.

I motivi sono fondati.

La Corte ha già enunciato il principio secondo cui "In tema di equa riparazione per violazione dei termine di ragionevole durata del processo, la circostanza che la causa di merito sia con figurabile come lite temeraria o che la parte abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il diritto all’equa riparazione, costituendo circostanze di abuso del processo e derogando alla regola secondo cui il diritto all’indennizzo è indipendente dall’esito del processo presupposto ( L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2), deve essere provata dall’Amministrazione resistente, anche con presunzioni, in modo che possa ritenersi accertata la assoluta consapevolezza dell’infondatezza della pretesa;

l’Amministrazione non è tuttavia tenuta a dedurre formalmente le predette circostanze, non trattandosi di eccezione in senso stretto, per la quale la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi; conseguentemente, se gli elementi rilevanti ai fini delia prova di tali circostanze sono stati comunque ritualmente acquisiti al processo o attengono al notorio, gli stessi entrano a far parte del materiale probatorio che il giudice può liberamente valutare" (Sez. 1, Ordinanza n. 8513 del 9/04/2010).

Alla luce di tale principio non appare appagante la valutazione operata dal giudice del merito in quanto l’incertezza anche rilevante del giudizio non esclude di per sè il patema d’animo, ben potendosi confidare, ad esempio, in un mutamento della giurisprudenza, mentre è solo l’accesso al giudizio finalizzato a lucrare sulla sua durata che consente di escludere il diritto all’indennizzo.

I ricorsi devono dunque essere accolti. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, non essendo seriamente contestabile l’eccessiva durata di una procedura ultra decennale, in applicazione del principio (sentenza n. 14753/2010) secondo cui l’importo dell’indennizzo per giudizi avanti al giudice amministrativo protrattisi per lungo tempo l’indennizzo può essere liquidato in via forfettaria e tenuto conto della giurisprudenza in materia della Corte, il Ministero della Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento di Euro 6.500 a ciascun ricorrente a titolo di equo indennizzo.

Le spese seguono la soccombenza tenuto conto, quanto alla liquidazione, del principio affermato in tema di abuso del processo (Cass. civ., 3 maggio 2010, n. 10634).

P.Q.M.

la Corte riuniti i ricorsi, li accoglie; cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 6.500, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda-, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.860, di cui Euro 800 per diritti, Euro 1.010 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.600, di cui Euro 1.500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

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