Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-02-2012, n. 1906 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che M.G., gli altri tre ricorrenti indicati in epigrafe, nonchè N.T., F., E. e Ti. – quali eredi di N.V., deceduto in data (OMISSIS), con ricorso del 5 luglio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 2 luglio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – vOlto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 1.950,00, a titolo di equa riparazione ed ha compensato per la metà le spese di lite;
che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 12.000,00 – per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 18 marzo 2008 – era fondata sui seguenti fatti: a) i predetti ricorrenti (ivi compreso N.V., poi deceduto), ex sottufficiali delle Forze Armate ed asseritamente titolari del diritto alla riliquidazione della pensione, avevano adito la Corte dei conti con ricorso del 16 settembre 1996; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 7 giugno 2007;
che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in dieci anni e otto mesi la durata complessiva del processo ed aver ritenuto che il periodo di ragionevole durata non poteva eccedere i tre anni – ha conseguentemente determinato la durata irragionevole del processo in sette anni e otto mesi circa, liquidando l’indennizzo di Euro 1.950,00 sulla base del parametro di Euro 250,00 annui per la natura "collettiva" della causa e per la "irrisorietà" della posta in gioco.

Motivi della decisione

che con i motivi di censura viene denunciata come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione e dei criteri di liquidazione applicati, la determinazione di un parametro annuo di indennizzo assolutamente inferiore rispetto a quelli adottati dalla Corte EDU;
che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;
che la censura è fondata, perchè questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, di due anni per il giudizio d’appello, di un anno per il giudizio di legittimità e di un ulteriore anno per la fase di rinvio, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensidell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;
che il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di dieci anni e nove mesi, sicchè, detratti tre anni di ragionevole durata, residuano sette anni e nove mesi di durata irragionevole;
che pertanto, nella specie, sulla base di detti criteri, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 6.250,00 per ciascun ricorrente – N.T., F., E. e Ti., quali eredi di N.V., deceduto in data (OMISSIS), devono essere considerate un’unica parte, in quanto titolari del diritto all’indennizzo jure hereditatis e pro quota -, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi e previa compensazione per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 2.250,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.000,00 (Euro 600,00+Euro 400,00 per gli altri quattro ricorrenti) per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsì in favore dell’avv. Pietro L. Frisani, dichiaratosene antistatario;
che le spese del presente grado di giudizio, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento a ciascun ricorrente della somma di Euro 6.250,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 2.250,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.000,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. P L. F, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. P L. F, dichiaratosene antistatario.

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