Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2012, n. 1905

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. B.G. e D.M.G., in proprio e nella qualità di legali rappresentanti dello "Studio legale L. Bruno Molinaro, Gianpaolo Buono, Giancarlo Di Meglio – Professionisti Associati" di (OMISSIS), hanno proposto ricorso per cassazione contro la Presidenza del Consiglio dei ministri avverso la sentenza del 10 luglio 2009, con la quale la Corte d’Appello di Salerno ha rigettato l’appello da loro proposto contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Salerno su un giudizio ai sensi della L. n. 117 del 1988, art. 2 da essi introdotto, in relazione ad una pretesa responsabilità del magistrato D.A., all’epoca sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

Riguardo a detto giudizio questa Corte, con sentenza n. 8260 del 1999, decidendo definitivamente sulla fase relativa alla sua ammissibilità, aveva disposto la rimessione degli atti per la prosecuzione del processo davanti al Tribunale di Salerno, ai sensi della L. n. 117 del 1988, art. 5, comma 5. p.2. Al ricorso, che prospetta tre motivi, ha resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri. p.3. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

p.1. Il Collegio ritiene che non sia necessario riferire i tre motivi sui quali il ricorso si fonda, perchè si configura una questione pregiudiziale di inammissibilità dello stesso, afferente all’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3 relativamente all’esposizione sommaria dei fatti della causa.

Queste le ragioni.

La struttura del ricorso si articola nel seguente modo:

a) nelle prime undici pagine il ricorso, dopo l’indicazione nella prima delle parti e della sentenza impugnata, riferisce del fatto storico che ha occasionato la vicenda processuale (indicando le conclusioni prese a suo tempo dall’originario attore, Avvocato M.L.B. e riferendo, quindi, riportando ampi stralci della sua citazione, le argomentazioni poste a base della sua domanda), nonchè (a partire dall’inizio della pagina nove) del suo svolgimento quanto alla fase di ammissibilità dell’azione, sia davanti al Tribunale di Salerno in primo grado, sia davanti alla Corte d’Appello di Salerno;

b) dalla sintetica esposizione di detto svolgimento si apprende che nel giudizio si costituì lo Stato Italiano, che vi intervennero in via litisconsorti le autonoma i qui ricorrenti nella qualità con cui hanno proposto il ricorso (e, peraltro, riguardo all’identificazione della loro domanda, quoad fatto sostanziale ci si limita a dire che essi avrebbero chiesto "che, previa declaratoria di ammissibilità della domanda attorea e dello stesso loro intervento, fosse condannato lo Stato Italiano al risarcimento dei danni anche in loro favore"), che vi intervenne in via adesiva il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, che il Tribunale dichiarò l’inammissibilità della domanda del M. e degli interventi, che la Corte d’Appello di Salerno ebbe a rigettare il reclamo, salvo quanto al capo relativo alle spese;

c) dalla metà della pagina undici – dopo avere genericamente riferito (per dieci righe) che con sentenza n. 8260 del 1999 la Prima Sezione Civile di questa Corte annullava la decisione della Corte salernitana limitatamente all’azione proposta dai qui ricorrenti e, ritenuta ammissibile l’azione, rimetteva per la prosecuzione del processo gli atti ad altra sezione del Tribunale di Salerno – si riporta fra virgolette, dalla fine del quart’ultimo rigo fino alla pagina quattordici, il testo integrale della sentenza di questa Corte, espressamente riferendo la riproduzione alla parte successiva al rigo 18 della pagina 14;

d) a partire dalle ultime due righe della pagina quattordici e fino a tre quarti della successiva si riferisce: d1) che i ricorrenti provvedevano a proseguire il giudizio davanti al detto Tribunale, che in esso si costituiva la Presidenza del Consiglio dei ministri; d2) che con ordinanza istruttoria veniva ammessa la prova testimoniale dedotta dagli attori; d3) che, esaurita la fase istruttoria il Tribunale disponeva rimettersi gli atti ai titolari dell’azione disciplinare contro il magistrato D. e che la causa veniva trattenuta in decisione e decisa con sentenza n. 1227 del 2004;

e) quindi, fino alla metà della pagina diciotto si riportano integralmente fra virgolette i motivi di detta decisione;

f) dopo avere riferito in tre righe che gli odierni ricorrenti proponevano gravame, di esso, fino alla metà della pagina quarantasette, si riproduce fra virgolette integralmente il contenuto dei motivi dell’appello;

g) nella seconda metà della pagina quarantasette si riproduce la parte della sentenza qui impugnata che da conto dello svolgimento processuale d’appello, quindi nelle prime tre righe della pagina successiva si allude alla costituzione in appello della Presidenza (peraltro riproducendo il passo già riprodotto prima tramite il detto contenuto della sentenza impugnata);

h) nei righi quinto, sesto e settimo della pagina quarantotto si enuncia che il gravame è stato deciso con la sentenza qui impugnata e, quindi, si riproduce fra virgolette il testo integrale di essa quanto ai motivi della decisione fino a due terzi della pagina cinquantotto;

i) successivamente inizia l’esposizione dei tre motivi. p.2. Ora, siffatta tecnica espositiva appare inidonea per evidente eccessività ad integrare il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè si risolve nel costringere la Corte, per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale alla lettura di buona parte degli atti di causa.

Infatti, un’esposizione riassuntiva della vicenda, siccome esige l’art. 366 c.p.c., n. 3, è compiuta soltanto con riferimento alla fase processuale relativa alla dichiarazione di ammissibilità della domanda e tra l’altro solo fino alla enunciazione della proposizione del ricorso per cassazione, poi deciso dalla sentenza n. 8260 del 1999 di questa Corte e, peraltro, con la pretermissione della identificazione del tenore della domanda svolta dai ricorrenti con il loro intervento, stante la genericità della enunciazione riprodotta sopra al punto b) del precedente paragrafo. Sicchè lo stesso fatto sostanziale posto a base della domanda svolta con l’intervento non risulta individuato particolarmente quanto ai danni lamentati dai ricorrenti.

Per il resto i ricorrenti hanno inteso assolvere al requisito di cui al n. 3 con la riproduzione del tenore di una serie di atti dello svolgimento processuale successivo, così onerando la Corte di leggere tali atti non diversamente da quanto avrebbe dovuto fare se vi fosse stato un rinvio generico alla loro lettura. Infatti, riprodurre detti atti implica che la Corte debba procedere alla loro lettura in non diversa guisa di quanto sarebbe stata sollecitata a fare con un mero rinvio ad essi.

Ora le Sezioni Unite della Corte hanno evidenziato che una simile tecnica espositiva non assolve al detto requisito: si veda, per un caso di ricorso assemblato, ma ispiratrice di un principio che è idoneo ad essere applicato ad esposizioni del fatto come quella di cui al ricorso (nel quale l’assemblaggio risulta realizzato attraverso combinazione di utilizzo della forma di riproduzione indiretta e di quella diretta), Cass. sez. un. n. 16628 del 2009. In senso conforme: Cass. sez. un. n. 15180 del 2010. Nonchè, ispirate alla stessa ormai consolidata logica; Cass. sez. un. (ord.) n. 19255 del 2010, in tema di regolamento preventivo e per il caso di integrale trascrizione di atti; Cass. (ord.) n. 20393 del 2009, a proposito di assemblaggio di atti in sequenza cronologica ed in copia fotostatica; Cass. (ord.) n. 20395 per lo stesso caso in ipotesi di regolamento di competenza; Cass. (ord.) n. 15631 del 2010; Cass. (ord.) n. 13935 del 2010 per casi sostanzialmente omologhi di quello di cui è ricorso, in cui la riproduzione era avvenuta in via informatica; Cass. n. 13934 del 2010. Adde ancora: Cass. (ord.) n. 1547 del 2011; (ord.) n. 2281 del 2010; Cass. n. 23383 del 2010;

(ord.) n. 12806 del 2010; (ord.) n. 13932 del 2010; n. 6279 del 2011.

Il principio è stato applicato, con riferimento a singole fattispecie anche dalle seguenti decisioni, che si individuano – senza pretesa di completezza – nel sistema Italgiureweb (sistema di riproduzione per esteso delle decisioni): Cass. n. 1547 del 2011; n. 13617 del 2011; n. 12713 del 2011; n. 11020 del 2011; n. 10127 del 2011; n. 6220 del 2011; n. 13203 del 2011; n. 12015 del 2011; n. 10310 del 2011; n. 10311 10373 del 2011; n. 21564 del 2011; n. 2281 del 2010; n. 12806 del 2010 13934; n. 13935 del 2010; n. 8939 del 2010.

Tecniche come quelle del ricorso in esame – ripetendo osservazioni già svolte da Cass. (ord.) n. 20393 del 2009, già citata – sono assolutamente inidonee ad assolvere al requisito dell’esposizione sommaria del fatto, perchè pretendono di assolvervi costringendo la Corte alla lettura integrale degli atti, di modo che equivalgono ad un mero rinvio alla lettura di essi. Esse sono assolutamente equivalenti a quella che potrebbe avere un ricorso che si limitasse ad elencare quegli atti ed espressamente rinviasse alla loro lettura, o nel fascicolo di parte (in cui detti atti siano presenti in originale, se si tratti di atti di parte, o in copia se si tratti di atti di altra parte o di atti del processo come tale, come ad esempio processi verbali o provvedimenti), o nel fascicolo d’ufficio delle fasi di merito.

Si tratta di forme assolutamente inidonee al raggiungimento dello scopo della previsione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè rimandano, per l’individuazione del requisito da esso previsto, agli atti del giudizio di merito (ivi compresa la sentenza impugnata in cassazione) e, dunque, a qualcosa di esterno al ricorso. La riproduzione di detti atti non toglie che si è in presenza di una situazione identica a quella che vi sarebbe stata se il ricorso avesse rimandato alla lettura degli atti e dei documenti nel fascicolo della ricorrente (ove colà prodotti) o in quello d’ufficio. Nell’uno come nell’altro caso il requisito di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 è assolutamente mancante, perchè dovrebbe essere assolto da atti estranei al ricorso e, quindi, non si connoterebbe come requisito di contenuto-forma del ricorso, qual è secondo il paradigma normativo dell’art. 366 c.p.c., n. 3. Non solo; del tutto carente sarebbe la funzione riassuntiva sottesa alla previsione della sommarietà dell’esposizione, la quale, del resto, implica che, se del caso, nell’illustrazione dei motivi si debba procedere all’indicazione ed alla riproduzione, diretta od indiretta, di contenuti degli atti del giudizio di merito, in funzione dello scrutinio dei motivi stessi.

In simili situazioni non può, del resto, essere invocato, per ritenere comunque raggiunto lo scopo della previsione normativa formale dell’art. 366 c.p.c., n. 3, il principio generale di validità degli atti giuridici, secondo cui quod abundat non vitiat. invero, l’invocabilità di tale principio suppone sempre che l’atto di cui si tratti presenti il contenuto richiesto o quello idoneo all’assolvimento delle sua funzione e che ad esso si accompagni un dippiù. In un caso come quello all’esame, viceversa, l’assemblaggio degli atti del processo di merito non è un dippiù ma un qualcosa d’altro rispetto all’esposizione sommaria del fatto, per come sopra delineata nei suoi profili di contenuto-forma. Non solo: se si ammettesse che la Corte proceda alla lettura integrale degli atti assemblati per estrapolare la conoscenza del fatto sostanziale e processuale si delegherebbe alla Corte un’attività che, inerendo al contenuto del ricorso quale atto di parte, è di competenza di quest’ultima. Inoltre, si costringerebbe la Corte ad un’attività che – richiedendo tempo – sarebbe del tutto esiziale a petto del principio della ragionevole durata del processo, sia se apprezzato a tutela del jus costitutionis (cui assolve tipicamente il ricorso per Cassazione), sia se apprezzato a tutela dello stesso jus litigatoris (cui pure assolve il detto ricorso). p.3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro settemiladuecento, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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