Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2012, n. 1904 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto Riparazioni, miglioramenti, addizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I promittenti venditori G. e B. citarono in giudizio i promissari acquirenti Co. e C. perchè fosse convalidato il sequestro dell’immobile promesso in vendita, fosse dichiarato risolto il preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti e questi fossero condannati a restituire l’immobile e risarcire il danno.

Con separato atto il G. chiese che il Tribunale dichiarasse da lui legittimamente esercitato il diritto di recesso, con ritenzione della caparra ricevuta.

I convenuti, costituitisi, chiesero in riconvenzionale che fosse emessa sentenza ex art. 2932 c.c., con riduzione del prezzo (in considerazione della spesa occorrente per la regolarizzazione amministrativa dell’immobile, costruito in difformità dalla concessione) o risarcimento del danno.

Il Tribunale di Catania, con sentenza non definitiva, rigettò la domanda di convalida del sequestro, rigettò le domande degli attori ed, in accoglimento della domanda dei promissari, dichiarò trasferito l’immobile ex art. 2932 c.c.. Rimise, poi, la causa sul ruolo per la determinazione del diritto dei promissari all’indennizzo per la regolarizzazione dell’immobile.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza non definitiva, riformò la sentenza non definitiva del Tribunale ed, in accoglimento degli appelli del G. e della B., dichiarò risolto il preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti, nei confronti della B., mentre dichiarò sciolto per recesso il medesimo contratto nei confronti del G..

La sentenza non definitiva d’appello passò in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione proposto dai coniugi Co. – C..

La Corte d’appello di Catania, definitivamente pronunciando, ha condannato i Co. – C. a corrispondere alla controparte una somma di danaro a titolo di risarcimento del danno per l’illegittima detenzione dell’immobile (da parte dei promissari acquirenti), in conseguenza della dichiarata risoluzione del contratto.

Propone ricorso per cassazione la C. attraverso due motivi.

Resiste con controricorso la G.. La C. ha depositato memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la resistente sostiene che avrebbe avuto il diritto d’eccepire in compensazione, al danno da accertarsi in favore della controparte, il credito nascente dal diritto alla restituzione della caparra versata e delle somme pagate in conseguenza del contratto risolto (la questione è così sintetizzata nel quesito correlato al mezzo d’impugnazione).

Il motivo è infondato. Il giudice ha correttamente risposto sul punto (cfr. pagg. 23 e 24 della sentenza impugnata) che le domande formulate dalla C. nelle sue conclusioni di merito (ulteriori rispetto alla domanda di rigetto dell’appello della controparte), sono inammissibili perchè proposte per la prima volta in appello dopo l’emissione della sentenza non definitiva (la quale copre il dedotto ed il deducibile); aggiungendo che le stesse sono inammissibili anche se considerate come eccezioni riconvenzionali alle domande di controparte, siccome il residuo giudizio in trattazione attiene alla mera quantificazione della fruttificazione, mentre l’eventuale compensazione doveva essere proposta in primo grado e prima della sentenza non definitiva.

Il secondo motivo attiene al punto della sentenza (pagg. 24 e 25) in cui è escluso il diritto della C. alle migliorie eseguite dopo la domanda di risoluzione del contratto preliminare (sul punto esiste un accertamento di fatto neppure contestato dalla ricorrente).

Il motivo è infondato, siccome il giudice ha correttamente affermato che il principio secondo il quale la domanda giudiziale fa cessare gli effetti del possesso di buona fede che non siano divenuti irrevocabili ed impedisce quelli ulteriori, non attiene soltanto all’acquisto dei frutti, ma si riferisce a tutti i possibili effetti del possesso di buona fede, tra i quali è quello che attribuisce al possessore il diritto di essere indennizzato dal proprietario dell’incremento di valore arrecato alla cosa, per cui la domanda giudiziale impedisce che tale diritto possa sorgere per l’incremento di valore dipendente da opere eseguite dopo la sua notifica. (Cass. n. 10002 del 1991).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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