Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-09-2011) 28-09-2011, n. 35092 Titoli di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1 giugno 2010, la Corte d’ Appello di Palermo, 1A sezione penale, confermava la sentenza del Tribunale di Sciacca appellata da G.D.M.S., con la quale questi era stato dichiarato colpevole di tentata truffa (così qualificato il delitto di truffa consumata contestato al capo A) e falsificazione della data di emissione di assegno bancario (capo B) e condannato, ritenuta la continuazione, alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di sette mesi di reclusione nonchè al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile liquidato in Euro 2500,00 e alla refusione delle spese.

La Corte territoriale, rigettate le eccezioni di incompetenza territoriale (non potendo rilevare quanto emerso nel corso del dibattimento, posto che la competenza si era ormai radicata) e di nullità per mancata comunicazione all’imputato dell’avvenuta nomina di difensore di ufficio a seguito della rinuncia di quello di fiducia, nel merito riteneva fondata la prova della responsabilità dell’alterazione della data da parte dell’imputato, in quanto da lui doveva ritenersi essere stata compiuta in quanto ne era il beneficiario. La post-datazione e la regola legale dell’immediata presentazione dell’assegno bancario una volta emesso non valevano ad elidere il rilievo penale dell’alterazione apportata, alterazione che integrava la condotta di artifizio e raggiro rilevante ai fini del tentativo di truffa posto in essere. Non ricorrevano i presupposti per dichiarare la prescrizione, tenuto conto della sua sospensione dall’udienza del 21.5.2009 a quella del 1.6.2010.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 8 e 21 c.p.p. perchè l’incompetenza per territorio del Tribunale di Sciacca era stata tempestivamente eccepita attraverso l’individuazione del luogo di consumazione del delitto di falso, coincidente con il luogo in cui il titolo fu usato; – erronea applicazione degli artt. 485, 491 e 640 c.p., per mancanza di prova della ritenuta alterazione per non esser stato acquisito agli atti l’assegno asseritamente falsificato e per non essere stato comunque provato da chi la falsificazione sarebbe stata compiuta, la motivazione della sentenza impugnata essendo assolutamente carente ed illogica. Comunque non è stato individuato l’elemento psicologico del reato perchè non si comprende quale sarebbe stato il fine di vantaggio perseguito, posto che l’assegno bancario è pagabile a vista nè si è tenuto conto della grossolanità di tale alterazione, rilevata immediatamente dal funzionario della banca dinanzi al quale il titolo era stato presentato. Analogo ragionamento vale per la ritenuta responsabilità a titolo di tentativo della truffa contestata, perchè il funzionario di banca non fu tratto in errore per inidoneità dell’alterazione. In ogni caso l’eventuale incasso dell’assegno non avrebbe configurato la truffa, perchè l’assegno fu consegnato spontaneamente dai presunti truffati a fronte di un credito esistente e regolarmente reclamato dal G..

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Dal verbale di udienza 13.2.2006 risulta che, sulla questione della competenza territoriale tempestivamente sollevata dalla difesa dell’imputato, il Tribunale pronunciò immediatamente ordinanza con la quale rilevò che l’assegno risultava essere stato negoziato per la prima volta presso la filiale di (OMISSIS) del Banco di Sicilia, sicchè correttamente ritenne la propria competenza territoriale. La circostanza che nel corso del dibattimento (come rilevato con l’atto di appello) la difesa, attraverso la produzione documentale e le dichiarazioni testimoniali, abbia fornito prova del mancato protesto dell’assegno e quindi della sua restituzione all’istituto bancario di provenienza, è priva di rilievo.

Va ribadito che "l’incompetenza territoriale deve essere dedotta ai sensi dell’art. 491 cod. proc. pen., subito dopo l’accertamento, per la prima volta, della regolare costituzione delle parti,indipendentemente dal momento in cui essa diviene effettivamente deducibile. Tale limitazione pertanto rimane ferma anche nel caso in cui, nel corso della istruttoria dibattimentale, emerga la diversità del fatto, con conseguente applicazione dell’art. 516 cod. proc. pen., che, non comportando regressione del procedimento, non elimina la preclusione sopra indicata. (Vedasi Corte cost. Ord. 30.12.91 n 521 che ha dichiarato manifestamente infondata la questione dedotta sotto il profilo dell’obbligo di immediata decisione sull’eccezione e del divieto di tornare sulla decisione adottata per affetto dei successivi accertamenti, in omaggio al principio della speditezza del procedimento: Cass. Sez. 5, 5.11-29.12.1999 n. 14696. Ed invero "la valutazione della competenza territoriale deve essere svolta con riferimento al momento della proposizione della relativa eccezione e cioè al più tardi nella fase di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1, vale a dire subito dopo l’accertamento, per la prima volta, della costituzione delle parti.

Detta norma non pone solo una preclusione all’eccezione di incompetenza in fase ulteriore – con l’implicazione che non e1 possibile proporla in corso di giudizi per acquisizioni sopravvenute, persino se queste significhino una diversità del fatto contestato – ma anche sotto il profilo dell’irrilevanza dell’analisi di fondatezza, dell’eccezione intanto respinta, alla luce delle sopravvenienze, perchè la competenza territoriale si fonda sul rispetto della regola del giudice naturale al momento della costituzione delle parti in giudizio, potendo il legislatore limitare il rilievo d’incompetenza a questa fase a vantaggio dell’interesse all’ordine ed alla speditezza del processo" (Cass. Sez. 5, 18.6- 7.8.1997 n. 7826. 2. Il secondo motivo di ricorso:

2.1. è infondato per la parte in cui ripropone la questione del mancato accertamento della falsificazione della data di emissione dell’assegno per mancata acquisizione del titolo ed afferma l’inidoneità degli indizi raccolti ad individuare il G. come l’autore del fatto, perchè il ricorrente non formula alcuna critica specifica alla sentenza impugnata che ha giustificato il convincimento di responsabilità per questo profilo con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede, avendo valorizzato la circostanza che il titolo a lui fu consegnato e da lui fu messo in circolazione;

2.2. è infondato per la parte in cui ripropone la questione della natura innocua del falso stante la natura dell’assegno bancario che, in quanto tale, è pagabile a vista.

Va ribadito che In tema di falso per alterazione di titoli di credito, l’oggetto della tutela penale è costituito dall’affidamento dei terzi sugli elementi apparenti del titolo; ne consegue che la contraffazione della data di emissione di un assegno bancario, operata dal prenditore del titolo al fine di ottenere in anticipo la valuta, integra il reato di falso in titoli di credito di cui agli artt. 485 e 491 cod. pen., giacchè, per effetto di tale alterazione, l’assegno assume una apparenza diversa rispetto a quella originaria (Cass. Sez. 2, 18.10.2007 n. 38605);

2.3. è infondato per la parte in cui denuncia l’insussistenza dell’elemento soggettivo della finalità di ingiusto profitto, in quanto individuato correttamente nella finalità di ottenere innanzi tempo la valuta;

2.4. è infondato per la parte in cui ripropone la questione della grossolanità del falso, senza formulare alcuna critica alla motivazione della sentenza impugnata, che l’ha esclusa in ragione della necessità di approfondimenti che si resero necessari anche presso la banca emittente;

2.5. è infondato relativamente alla denunciata violazione degli artt. 56 e 640 c.p. sul presupposto che nessuna condotta decettiva risulterebbe essere stata posta in essere nei confronti delle persone offese. Tale assunto contrasta con quanto accertato nel merito e risultante dalla sentenza di primo grado e ribadito, come dato fattuale incontestato, da quella di appello: le persone offese consegnarono gli assegni post-datati al difensore dell’imputato al fine di bloccare l’esecuzione intentata nei loro confronti dal G. sulla base di altri assegni (impagati per avere le persone offese provveduto a ritirare la provvista dal conto corrente una volta accertato che erano state vittime di precedente truffa contrattuale da parte dell’odierno ricorrente).

3. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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