Cons. Stato Sez. V, Sent., 19-10-2011, n. 5620 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente otteneva, a partire dal 1986 fino al 1995, contributi dalla Regione Puglia per la ristrutturazione e l’ampliamento del complesso "T. D. T. C.". Il totale contributo, suddiviso per tre lotti di lavori, rispettivamente ammontanti a lire 9.461.390.565, lire 11.573.487.176 e lire 2.700.099.271, veniva solo parzialmente corrisposto per effetto dell’apertura di un’indagine in sede amministrativa ed in sede penale che conduceva alla contestazione, nei confronti degli organi societari e di altri soggetti, di reati, quali falso e truffa aggravata per emissioni di fatture per operazioni inesistenti volte ad ottenere illecitamente (in tutto o in parte) i finanziamenti.
I procedimenti penali si concludevano con due sentenze, l’una del 5 febbraio 1998, n. 22, con cui il Presidente ed amministratore unico della società ed il componente del consiglio di amministrazione patteggiavano la pena ex art. 444, comma 1 c.p.p., l’altra,del 18 ottobre 2005, n. 1025 del Tribunale penale di Brindisi, con cui il reato di truffa contestato al perito attestante l’autenticità delle fatture veniva dichiarato estinto per prescrizione.
A seguito di istanze della società dirette ad ottenere l’integrale corresponsione dei contributi, cui seguiva un procedimento per silenziorifiuto conclusosi con la dichiarazione da parte del Tar Puglia dell’obbligo per la Regione di pronunciarsi sulla richiesta, la Regione, con provvedimento n. 4259 del 18 giugno 2008, richiamando l’intera vicenda e le pronunce intervenute, ritenendo sussistenti gravi motivi, revocava alla società T. C. T. s.p.a. l’intero finanziamento rinviando ad un successivo atto la fissazione delle modalità per la restituzione degli importi già corrisposti.
Proponeva ricorso l’interessata censurando il provvedimento di revoca per omessa comunicazione di avvio del procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà dell’azione amministrativa nonché intervenuta prescrizione del diritto alla restituzione delle somme percepite negli anni "80.
Il Tar, con la sentenza oggetto del presente appello, ritenuta la propria giurisdizione, respingeva il ricorso sul rilievo della natura vincolata del provvedimento e della sufficienza, sotto il profilo istruttorio e motivazionale, di quanto emerso dalle sentenze richiamate circa l’avvenuta emissione di fatture per operazioni inesistenti preordinate all’ottenimento di contributi non dovuti. Respingeva altresì l’eccezione di prescrizione del diritto alla restituzione di quanto già percepito, ritenendo insorto il diritto della p.a. al momento della pubblicazione della sentenza n. 1025 del 2005.
La società ha proposto appello, censurando la sentenza sotto il profilo dell’erroneità del riconoscimento della natura di atto vincolato della revoca, data la sua connotazione ampiamente discrezionale tale da rendere necessaria la comunicazione di avvio del procedimento; l’assenza di istruttoria e di motivazione, essendo stato emesso il provvedimento senza considerare che l’effettiva realizzazione degli interventi era stata accertata dalla stessa amministrazione e senza tenere conto che gli accertamenti effettuati in sede penale non toccavano minimamente i lavori concernenti i primi due lotti, rispetto ai quali il terzo lotto – in relazione al quale sarebbero emerse false fatturazioni- era dotato di una sua autonomia; l’inefficacia della sentenza di applicazione della pena su richiesta ai giudizi amministrativi; la contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione che aveva già approvato gli atti conclusivi dell’indagine con deliberazione n. 9666 del 30.12.94; l’irragionevolezza della fissazione al momento della pubblicazione della sentenza di patteggiamento del termine a quo per il decorso della prescrizione del diritto alla restituzione delle somme già erogate, momento che dovrebbe riferirsi alla data del pagamento.
Si è costituita la Regione Puglia contro deducendo ai motivi di appello.
Con ordinanza n. 1073 del 21.2.2011, sono stati chiesti alla Regione Puglia chiarimenti in ordine all’eventuale autonomia dei finanziamenti nel tempo intervenuti in riferimento agli interventi da realizzare, alle domande di contributo, alle delibere di concessione ed alla fonte dei finanziamenti. Inoltre, è stato chiesto di depositare, ove esistente, la corrispondenza con i competenti organi comunitari in merito alla richiesta di revoca e di chiarire a quali interventi si riferiscano le fatture oggetto di procedimento penale.
L’ordinanza è stata eseguita dalla Regione mediante deposito di documentazione.
All’udienza del 27 settembre 2011, in vista della quale le parti hanno depositato ulteriori memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. La controversia attiene alla revoca dei contributi ottenuti dalla società appellante, tra il 1986 ed il 1995, dalla Regione Puglia per la ristrutturazione e l’ampliamento del complesso "T. T. C.", a seguito dell’espletamento di un’indagine in sede amministrativa ed in sede penale che conduceva alla contestazione, nei confronti degli organi societari e di altri soggetti, di reati, quali falso e truffa aggravata per emissioni di fatture per operazioni inesistenti volte ad ottenere illecitamente (in tutto o in parte) i finanziamenti.
I procedimenti penali si concludevano con due sentenze, l’una del 5 febbraio 1998, n. 22, con cui il Presidente ed amministratore unico della società ed il componente del consiglio di amministrazione patteggiavano la pena ex art. 444, comma 1 c.p.p., l’altra,del 18 ottobre 2005, n. 1025 del Tribunale penale di Brindisi, con cui il reato di truffa contestato al perito attestante l’autenticità delle fatture veniva dichiarato estinto per prescrizione.
Con il provvedimento n. 4259 del 18 giugno 2008,oggetto di impugnazione, la Regione Puglia, richiamata l’intera vicenda e le pronunce intervenute, e ritenuta la sussistenza di gravi motivi, revocava alla società T. C. T. s.p.a. l’intero finanziamento rinviando ad un successivo atto la fissazione delle modalità per la restituzione degli importi già corrisposti.
2. Parte appellante censura la sentenza di primo grado per avere erroneamente ritenuto l’atto di revoca dei finanziamenti alla stregua di un atto vincolato, non sottoposto all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Il motivo è infondato.
Occorre considerare, in primo luogo, che la parte era pienamente a conoscenza, fin dal 2002, dell’indagine aperta a suo carico, culminata poi nel procedimento penale nei confronti degli amministratori e di cui la revoca dei finanziamenti non costituisce che una conseguenza.
Inoltre, l’amministrazione regionale ha fornito, anche a seguito del deposito di documentazione in adempimento dell’ordinanza istruttoria n.1073/2011, sufficienti elementi, alla stregua dell’art. 21 octies L. n. 241 del 1990, a dimostrazione del fatto che il contenuto dell’atto impugnato non poteva essere diverso da quello adottato in considerazione dell’intento perseguito, in conformità ai Regolamenti CEE n. 4253/88 e n. 1681/94, di combattere le irregolarità e di procedere al recupero delle somme perdute in seguito ad abusi o negligenze nel settore dei Fondi strutturali, in cooperazione con la Commissione europea.
A riguardo, la giurisprudenza ha precisato che la disposizione di cui all’art. 21 octies, volta a far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali, nelle ipotesi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell’amministrazione, impedisce una applicazione meccanica e formalistica dell’art. 7 l. n. 241/1990, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui è dimostrato che il provvedimento non avrebbe comunque potuto avere contenuto diverso (Cons. St., sez. VI, 9.10.2009, n. 6209; 2.3.2009, n. 1167; 11.9.2006, n. 5260; 7.7. 2006, n. 4307).
2. Parimenti da respingere è il motivo con cui si censura la sentenza per non avere giudicato il provvedimento viziato sotto il profilo di difetto di istruttoria e di motivazione.
Il provvedimento, in ordine ai fatti posti a base della revoca, contiene puntuale ed ampio riferimento per relationem ai fatti oggetto dei procedimenti penali che hanno interessato gli amministratori della società, esitati nella sentenza emessa in sede di patteggiamento dal Tribunale di Brindisi n. 22/98 nei confronti dell’amministratore unico e del componente del consiglio di amministrazione della società per indebita percezione di finanziamenti a seguito di emissione di false fatture riguardanti operazioni inesistenti o sovrastimate e nella sentenza dello stesso tribunale n. 1025 del 18 ottobre 2005 con cui, accertati i fatti contestati a carico del perito certificatore degli interventi, per avere consentito all’impresa di percepire indebiti finanziamenti, è stata tuttavia dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione del reato di truffa.
L’accertamento dei fatti non può, peraltro, essere messo in dubbio dall’affermazione contenuta nella perizia di parte depositata dall’appellante, per cui non sussisterebbero elementi univoci circa la falsità delle fatture relative a lavori della EDRO, potendosi addebitare il mancato riscontro presso la ditta fornitrice come dovuto all’assenza dei libri contabili nella sua sede a seguito dell’intervenuto fallimento. L’assunto è smentito dalla lettura della motivazione della sentenza n. 1025/05, in cui si dà atto di una testimonianza che avvalora l’inesistenza o la falsità delle fatture.
In base a piani principi, i fatti posti a base della sentenza patteggiata ex art.444 c.p.p., cui il provvedimento faccia riferimento per relationem, ben possono formare il fondamento di un provvedimento amministrativo, ove autonomamente valutati dall’amministrazione (Cons. Stato Sez. V, 12052011, n. 2818, Sez. VI, 4.2.2002, n. 629). La circostanza, poi, che da quei fatti emerga un intento frodatorio determina che la valutazione circa la sussistenza di gravi motivi per la revoca del finanziamento, posta a base del provvedimento, sia del tutto sufficiente, non essendo necessari né alcun supplemento istruttorio da parte dell’amministrazione né una motivazione su elementi ulteriori rispetto a quelli emersi in sede penale (cfr. Cons. St. Sez. V, 28.12.2001, n. 6455).
Irrilevante appare, a riguardo, la circostanza che la stessa amministrazione avesse, precedentemente alle suddette pronunce, espresso una valutazione positiva circa l’ammissibilità delle opere ai finanziamenti, essendo chiaro che gli accertamenti compiuti ed i fatti emersi in sede penale abbiano travolto le valutazioni anteriormente (nel 1994) scaturenti da una cognizione non veritiera, frutto – come emerge proprio dalla sentenza n. 1025 – anche di false attestazioni.
3. Parte appellante sostiene anche l’illegittimità della revoca per avere investito l’intero finanziamento e non soltanto il terzo lotto relativamente al quale erano emerse le indicate irregolarità nella fatturazione.
L’assunto è smentito dalla documentazione in atti, come integrata a seguito dell’acquisizione delle delibere e delle domande di finanziamento nel tempo intervenute.
Fin dalla domanda di contributi indirizzata alla Regione in data 8 febbraio 1980 – poi integrata dalle domande del 27 marzo 1986 a seguito di varianti al progetto iniziale e del 27 marzo 1987 per esigenze connesse all’aggiornamento dei prezzi ed all’adeguamento di arredi e strutture- e dalla deliberazione della Giunta Regionale n. 8126 in data 3 novembre 1980, risulta che l’intervento cui erano destinati i contributi era da intendersi unico e riguardava sia la ristrutturazione degli impianti esistenti che la costruzione del nuovo stabilimento per le cure idroponiche.
I diversi finanziamenti erogati in attuazione delle leggi regionali n. 12 del 1975 e n. 36 del 1986, con un contributo del 50% delle spese sostenute da parte di aziende termali, sono stati articolati in più lotti allo scopo di far fronte alla non adeguata copertura nel bilancio dell’anno 1986 ed a causa della successiva elevazione del contributo richiesto (per un intervento ammontante, alla fine, in circa 20 miliardi di lire) ed assentito con successive deliberazioni.
Ad essi, tuttavia, non può riconoscersi una autonomia (cfr. delib. 25.10.2008: " i lavori relativi al 1° lotto sono da ritenersi quale parte in corso dell’intero progetto") tale da giustificare una limitata incidenza delle gravi irregolarità contabili, fiscali e di certificazione accertate in sede penale relativamente alla sola realizzazione del Day Hospital.
Lo stesso è a dirsi per gli acconti erogati mediante l’attivazione dei fondi europei relativi al PIM Puglia 198890, a seguito della variazione con la nuova misura 7, che ha previsto interventi per lo sviluppo delle attività termali, ai sensi delle leggi regionali n.12/75 e n. 35/86. Essi si inseriscono nell’unico finanziamento dell’intervento, utilizzando risorse comunitarie per finalità previste dalla normativa regionale. Le relative deliberazioni (v delib. 17.7.1992, n. 4399; 30.12.1994, n. 9377; 26.6.1995, n. 3079) non individuano, invero, alcun intervento diverso da quello ammesso ai finanziamenti di ristrutturazione ed ampliamento dello stabilimento termale, al quale possa conferirsi autonomia.
4. Va, infine, respinta la censura tendente a far valere la prescrizione del diritto alla restituzione dell’indebito in quanto decorrente dalla data di pagamento.
Va, in merito, osservato che i contributi erogati hanno acquisito la natura di indebito solo a partire dall’emissione delle sentenze accertative dei fatti valutati dall’amministrazione ed è pertanto da quel momento che, potendo la Regione far valere il diritto di restituzione, decorre il termine di prescrizione.
In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Data, tuttavia, la complessità delle questioni si reputa equo disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2011 con l’intervento dei magistrati.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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