Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2012, n. 1897 Vendita di immobili

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4-5-2006 a Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria proposta da R.A.M., creditrice della somma di lire 33.000.000, accertata con sentenza del Pretore del lavoro del 28-5-1999, nei confronti di G.A., venditrice con atto del 22-10 1998 di tutti i suoi beni immobili, gravati da ipoteca volontaria costituita in data 10-6-98 in favore della Banca Cassa di Risparmio di Tortona per l’erogazione di un mutuo di lire 200.000.000, e di O.M., acquirente degli stessi.

La Corte di appello ha ritenuto inapplicabile la disposizione dell’art. 2091, comma 3, non ricorrendo l’ipotesi di adempimento di un debito scaduto; sussistente l’eventus damni, avendo l’atto di compravendita in ragione del prezzo convenuto inferiore al prezzo di mercato, eliminato la garanzia generica del credito, come confermato dalla circostanza che la creditrice aveva trovato capienza del suo credito solo per la somma di lire 3.500.000 in esito al pignoramento immobiliare presso la banca di Tortona; sussistente il requisito soggettivo della consapevolezza dell’eventus damni in capo alle parti contraenti.

Propongono ricorso per cassazione G.A. ed O.M., quale erede di O.M., con tre motivi illustrato da memoria.

Resiste con controricorso R.A.M..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 2901 c.c., comma 3 e degli artt. 1218 e 1219 c.c..

Sostengono le ricorrenti che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, all’atto di compravendita immobiliare doveva applicarsi la disciplina prevista dall’adempimento di un debito scaduto, in quanto il ricavato era stato impiegato per il pagamento di un mutuo scaduto, non avendo la ricorrente la possibilità di pagare in altro modo tale debito quale risultava da risultanze documentali quali il contratto di mutuo, il bonifico bancario di lire 55.000.000, lettera raccomandata di messa in mora del 28-9-96, lettera di quietanza del 27-10.98. 2. Il motivo è infondato e parzialmente privo di autosufficienza.

La Corte di appello ha ritenuto che la disposizione di cui all’art. 2091, comma 3 deve essere intesa in senso tecnico di adempimento, con esclusione di atti estintivi di obbligazione diversi dal normale adempimento.

Nella specie un atto dispositivo, che consente un comportamento discrezionale del soggetto agente che può utilizzare liberamente il prezzo del corrispettivo, non integra l’ipotesi della necessità giuridica di adempimento necessitando la prova dell’impossibilità per il debitore di soddisfare diversamente il proprio debito e della coessenziale dipendenza dell’alienazione compiuta da ciò. 3. La Corte ha fatto buon governo della disposizione giuridica in oggetto, in quanto è ammissibile l’azione revocatola di un’alienazione immobiliare quando vi è la prova della impossibilità giuridica di soddisfare in altro modo il debito al cui adempimento è destinato il ricavato della vendita.

4. Le ricorrenti asseritamene affermano che la Corte avrebbe dovuto rilevare tale prova da una serie di documenti, che elencano senza riportarli in ricorso, neanche nel loro contenuto essenziale, come era loro onere per rispettare il requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza della censure.

5. Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge e difetto motivazione su un fatto decisivo.

Le ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: la prestazione di ipoteca determina un pregiudizio "eventus damni" suscettibile di essere evitato con l’azione revocatoria? 6. Il quesito è inammissibile in quanto non congruente con la decisione adottata.

Infatti oggetto dell’ azione revocatoria proposta è un atto di compravendita immobiliare ed in relazione a tale atto è stata esaminata dai giudici di merito la ricorrenza dell’eventus damni, esulando del tutto dalla motivazione impugnata l’atto di concessione di ipoteca.

7. Con il terzo motivo si denunzia la violazione degli artt. 2901, 2740, 2741, 2855, 2821 e 2967 c.c. e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38, D.P.R. n. 624 del 1972, art. 42 e difetto di motivazione sul punto.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: se l’acquirente a titolo oneroso di un bene immobile di cui già risulta comproprietario, si accolla un debito che il venditore ha nei confronti di un terzo, sussiste comunque in capo a detto acquirente, sulla base di un semplice rapporto di parentela, la consapevolezza di nuocere alla ragioni di un altro terzo che al momento del trasferimento dei beni non poteva vantare alcun titolo di credito e che in ogni caso non avrebbe trovato capienza per soddisfare sui beni ipotecati oggetto della vendita? 8. Il quesito è inammissibile.

Il quesito di diritto deve esser formulato in modo tale da indicare un principio di diritto generalmente applicabile, con l’individuazione chiara dell’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e con l’indicazione della normativa invece applicabile.

Il quesito è formulato in modo tale che la risposta positiva allo stesso non consentirebbe a questa Corte di affermare un principio di diritto generalmente applicabile e contiene il riferimento ad alcune circostanze, mai introdotte nel giudizio di appello.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio liquidate in Euro 2.600,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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