Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2012, n. 1896 Revocatoria ordinaria

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30-12-2005 la Corte di appello di Bari, a modifica della sentenza del Tribunale di Trani, ha rigettato la domanda di revocatoria ex art. 2901 c.c. proposta da C.C., titolare di un credito di lavoro di lire 25.907.017 oltre accessori accertato nel 1997 a conclusione di un giudizio iniziato nel 1991, volta a far dichiarare l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto dì compravendita del 17-5-96, con cui F.G., suo datore di lavoro, aveva alienato un compendio immobiliare in favore del genero Ci.Pa. per l’importo di lire 443.000.000, compendio immobiliare successivamente ceduto dal Ci. con patto di riservato dominio alla Corato Costruzionei s.r.l..

Propone ricorso per cassazione C.C. con due motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso Ci.Pa..

Non presentano difese N. e F.C., figlie eredi con beneficio di inventario di F.G., deceduto nel corso del giudizio di primo grado.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione degli artt. 2901, 2697 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’eventus damni.

Sostiene il ricorrente che ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria incombe al creditore fornire la prova che l’atto di disposizione impugnato aveva determinato una variazione quantitativa e qualitativa del patrimonio in modo da rendere impossibile o altamente difficile la realizzazione del proprio credito, prova che egli aveva fornito in quanto le procedura esecutive sia mobiliare che immobiliare, attivate dopo la pronunzia giudiziale, avevano dato esito negativo e che la somma di denaro a seguito dell’atto ci compravendita non era mai entrata nel patrimonio del venditore. La cessione della quota sociale da parte del F., dopo la cessione immobiliare, aveva rappresentato la totale compromissione del patrimonio.

2. Il motivo è fondato, La Corte di appello ha ritenuto che il creditore, sui cui incombeva l’onere, non aveva provato che l’atto di disposizione in oggetto aveva modificato la consistenza qualitativa e quantitativa della garanzia generica assicurata dal patrimonio del debitore, e che quest’ultimo aveva fornito la prova che nel suo patrimonio, dopo fatto di disposizione in oggetto, residuava una quota sociale del valore di lire 125.000.000, idonea a soddisfare il credito; che la circostanza che la suddetta quota sociale era stata venduta dal debitore a circa un mese di distanza dalla vendita del compendio immobiliare non era rilevante, in quanto la variazione della garanzia generica doveva essere valutata al momento dell’atto di disposizione oggetto di revocatoria, essendo irrilevanti gli atti successivi di disposizione del patrimonio del debitore.

3. Secondo costante giurisprudenza di legittimità in tema di azione revocatoria ordinaria non è richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso, Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce inrevocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore cass. sent. n. 7767 del 29/03/2007.

Inoltre agli effetti dell’azione revocatoria, deve ritenersi lesivo del credito anteriore anche l’atto oneroso che sia collegato con uno o più atti successivi, in modo da risultare tutti convergenti, per il breve periodo di tempo in cui sono stati compiuti o per altre circostanze, al medesimo risultato lesivo; in tal caso il creditore che agisca in revocatoria non è tenuto ad impugnare l’ultimo o gli ultimi atti con i quali si sia perfezionata la totale distruzione della garanzia del suo credito, ma può rivolgere la propria impugnativa contro quello più significativo da un punto di vista economico o che meglio riveli gli elementi della frode Cass. sentenza n. 13404 del 23/05/2008. 4. La sostituzione degli immobili con il denaro derivato dalla compravendita comporta già una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della facilità di cessione del denaro il cui trasferimento, all’epoca dei fatti, non era soggetto ad alcuna restrizione.

La modifica della qualità della garanzia patrimoniale trova conferma negli esiti negativi della procedura esecutive attivate dal debitore dopo l’ottenimento della sentenza di primo grado.

Alla luce di tali principi sopraesposti, se pure oggetto di revocatoria è l’atto di compravendita immobiliare, non è irrilevante ai fini della valutazione dell’eventus damni, il successivo atto di cessione della quota sociale, posto in essere dal debitore alla distanza di circa una mese dall’atto con cui si era spogliato di tutti i beni immobili.

Di conseguenza è errata la decisione della Corte di appello che, non considerando il breve lasso di tempo intercorso fra i due atti e la rilevanza dell’atto di cessione di quota sociale al fine di compromettere definitivamente la garanzia patrimoniale del debitore, ha addirittura considerato che la quota sociale costituisse prova che il patrimonio del debitore aveva, dopo la vendita degli immobili, una residuante positiva idonea garantire l’adempimento del debito.

Con la vendita della quota sociale immediatamente dopo la cessione degli immobile, la garanzia patrimoniale del credito è stata totalmente eliminata.

5. Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 2901, 2697 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, n. 3 in relazione al requisito soggettivo con riferimento al Ci..

Sostiene il ricorrente che l’indagine sullo stato soggettivo tra le parti dell’atto da revocare va effettuata con riferimento al momento in cui l’atto viene compiuto mentre la corte di appello trae la sua convinzione con riferimento ad un atto posto in essere dal Ci. successivamente all’atto oggetto di revocatoria.

Inoltre, come accertato dal Tribunale di Trani, il Ci. era a conoscenza dell’esistenza della controversia di lavoro fra il suocero ed il C. e dell’entità del credito, come da lui stesso confessato in sede di interrogatorio formale.

6. Il motivo è fondato.

La Corte di appello ha ritenuto che mancava la prova che il Ci. avesse agito con la consapevolezza del pregiudizio del debitore, sul rilevo egli aveva venduto nel 97 l’immobile acquistato dal suocero alla società Corato Costruzioni con patto di riservato dominio, abbinato alla stipulazione di un apposito atto ricognitivo da effettuare al momento del pagamento dell’ultima rata, e che il mancato assolvimento di tale obbligo aveva prodotto la permanenza dell’immobile nel patrimonio del Ci..

7. La Corte di appello ha erroneamente valutato la scientia damni del C., implicitamente confermando la decisione del primo giudice in ordine all’anteriorità del credito litigioso rispetto all’atto dispositivo, con riferimento ad un comportamento del Ci. successivo all’acquisto dell’immobile.

In tal modo ha fatto mal governo delle norma di cui all’art. 2901 c.c. che richiede la consapevolezza nel terzo del pregiudizio arrecato al momento del compimento dell’atto oggetto di revocatoria, che trova il suo fondamento in circostanze sussistenti al momento del compimento dell’atto, come correttamente statuito dal giudice di primo grado che ha dato rilievo, fra l’altro, al breve lasso dì tempo fra l’estinzione di della procedura immobiliare de 1996 e la vendita dell’immobile, al rapporto di affinità fra alienante ed acquirente, alla compartecipazione del Ci. agli affari del suocero.

8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto questa Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., e risultando provati tutti gli elementi necessari per l’accoglimento della domanda revocatoria, quali l’eventus damni e la consapevolezza del pregiudizio alle ragioni del creditore, con la conseguente dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita del 17-5- 1996. Le spese dei tre gradi di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., accoglie la domanda di revocatoria proposta da C.C. nei confronti di C. P. e F.N. e F.C., quali eredi di F.G., e li condanna al pagamento delle spese processuali del presente giudizio liquidate per il primo grado in Euro 5.500,00 di cui Euro 200, 00 per spese ed Euro 1.500,00 per diritti e per il secondo grado in Euro 6.200,00 di cui Euro 500,00 per spese ed Euro 2.000,00 per diritti; per il presente grado in Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre su tutto spese generali ed accessori come per legge.

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