Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-02-2012, n. 1891 Categoria, qualifica, mansioni

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 10.9.09 la Corte d’appello di Salerno rigettava il gravame principale e quello incidentale presentati rispettivamente da M.D. e da Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. contro la pronuncia (emessa in contraddittorio anche con la Banca di Credito Cooperativo di Montecorvino Rovella Soc. Coop. e la Banca di Credito Popolare Soc. Coop., previa riunione dei separati giudizi di opposizione a decreti ingiuntivi pendenti fra queste ultime e il M.) con cui il Tribunale di Salerno aveva attribuito al M. medesimo, in luogo dell’inquadramento di impiegato di 1^ categoria applicatogli dalla suddetta Federazione, la qualifica di quadro dal 1.1.93 e le relative differenze retributive dal 29.1.96.

Statuivano i giudici del merito che tale era l’inquadramento consono alle mansioni espletate dal lavoratore (e non quello, ancora superiore, di funzionario di I grado chiesto nell’atto introduttivo del giudizio); rigettavano – poi – la pretesa retrodatazione al 1.4.92 della decorrenza del rapporto di lavoro subordinato del M. e ne respingevano altresì le domande proposte contro i summenzionati istituti di credito, avendo egli agito per loro conto non in veste libero-professionale, bensì in esecuzione dei compiti lavorativi assegnatigli quale dipendente della Federazione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. affidandosi a sette motivi.

Resistono con separati controricorsi la Banca di Credito Popolare Soc. Coop. per azioni e la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop.: quest’ultima spiega anche ricorso incidentale.

La Banca di Credito Cooperativo di Montecorvino Rovella Soc. Coop. è rimasta intimata.

Il M. e la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. hanno poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si dispone la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, entrambi spiegati contro la stessa sentenza.

1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., comma 3 nonchè vizio di motivazione per avere l’impugnata sentenza escluso di considerare ab origine come rapporto di lavoro subordinato quello dapprima instauratosi fra il M. e la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. (d’ora innanzi anche, più semplicemente, Federazione) come borsa di studio e, poi, come contratto di formazione e lavoro, malgrado l’inserimento del ricorrente nel piano ferie concordato con detta Federazione e l’espletamento da parte sua di attività lavorativa in tutto analoga a quella dei dipendenti; in proposito la Corte territoriale – conclude il ricorrente – ha trascurato i documenti e le deposizioni che, invece, depongono per la natura sostanzialmente subordinata del rapporto, pur se originariamente sorto come di mera borsa di studio.

Il motivo è infondato.

Premesso che è controverso solo il periodo trascorso dal M. come borsista presso la Federazione dal 1.4.92, atteso che il superiore inquadramento contrattuale (secondo la qualifica di quadro) riconosciutogli in sede di merito decorre già dal 1.1.93, vale a dire dalla data di sua assunzione con contratto di formazione e lavoro, va ricordato che per antica giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. 14.2.85 n. 1284) la circostanza che l’attività del borsista non si esaurisca nello studio e nell’approfondimento culturale, ma si completi con prestazioni analoghe a quelle del personale dipendente, non è di per sè idonea ad implicare la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato ove difetti il requisito dell’assoggettamento del borsista medesimo ai poteri e alle direttive del suddetto ente, non ravvisabile nel suo mero obbligo di osservare le prescrizioni interne concernenti il funzionamento dell’ente datore della borsa di studio.

Ciò è altresì conforme alla giurisprudenza della CGUE, che qualifica il borsista come lavoratore solo se esercita la propria attività per un determinato periodo di tempo sotto l’altrui potere direttivo e se percepisce una retribuzione a titolo di controprestazione per tale attività (Corte di Giustizia 17.7.2008, causa n. 94/07).

La Corte territoriale ha, con motivazione immune da vizi logico- giuridici, escluso che in atti vi fosse prova che nel periodo coperto dalla summenzionata borsa di studio il M. fosse assoggettato ai poteri e alle direttive della Federazione.

Nè l’impugnata sentenza merita censura sol perchè ha escluso valore dirimente all’inserimento nel piano ferie del M. durante la predetta borsa di studio, noto essendo nella giurisprudenza di questa S.C. che si tratta di circostanza di per sè sola inidonea a dimostrare, in assenza di ulteriori indici sintomatici, un vincolo di subordinazione: infatti, se è vero che al lavoratore dipendente spetta il diritto alla ferie, non è però esatta l’affermazione reciproca, ossia che non possa godere di ferie chi non lavori in rapporto di subordinazione, potendo tale fruizione astrattamente spiegarsi con la necessità di far sì che il borsista si coordini con il personale che costituisce il suo interfaccia all’interno dell’azienda o dell’ente.

Per il resto, le doglianze del ricorrente sollecitano soltanto un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, operazione preclusa in sede di legittimità. 2- Con il secondo mezzo si denuncia vizio di motivazione circa l’esistenza, all’interno della suddetta Federazione, di un ufficio fiscale come unità operativa complessa e sulla compresenza o meno di superiori gerarchici del ricorrente; prosegue il ricorso con il dire che l’esistenza di un autonomo ufficio fiscale affidato unicamente al M. è dimostrato dal piano ferie datato 30.6.92, oltre che dalla deposizione dei testi R., C., P., Ma., V., A. e P. e da altri documenti prodotti.

Il motivo si colloca al di fuori dell’area dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi – il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un punto (ora, dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, di un "fatto") decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).

Nè è contraddittorio che riguardo al periodo di lavoro subordinato (ossia dal 1.1.93 in poi) la Corte territoriale, pur affermando che il M. era l’unico referente, all’interno della Federazione, per le problematiche fiscali e di contenzioso tributario per le quali la Federazione medesima forniva l’assistenza richiestale, abbia poi riconosciuto che la sua attività era pur sempre inserita in un settore più ampio (che si occupava anche di questioni legali e sindacali) retto da un responsabile cui il ricorrente era gerarchicamente sottoposto: invero, essere l’unico a svolgere una determinata mansione all’interno di una data struttura non comporta necessariamente l’assenza di vincoli gerarchici.

Quanto, poi, alla censura concernente le asserite difformità tra le prove documentali e testimoniali e le conclusioni raggiunte dall’impugnata sentenza, se intesa come denuncia di travisamento del fatto basti rammentare che essa non può farsi valere mediante ricorso per cassazione (giurisprudenza costante: cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3 n. 15702 del 2.7.10 e Cass. Sez. 3 n. 213 del 9.1.07).

Ove – invece – volta a dedurre un travisamento della prova, si rivelerebbe infondata perchè detto vizio sussiste soltanto se il contenuto di una determinata prova sia stato veicolato in maniera distorta all’interno della decisione, ovvero solo se il significante (e non il significato) risulti diametralmente opposto a quello riversato nella motivazione: ma non è questo il caso.

3- Con il terzo mezzo si deduce vizio di motivazione circa l’attività di rappresentanza della Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. svolta ex art. 6 del relativo Statuto, in virtù del quale la Federazione medesima espleta attività di rappresentanza delle banche associate tutelandone gli interessi nei rapporti con gli enti pubblici e, in particolare, davanti agli Uffici finanziari e alle Commissioni tributarie, oltre che in occasione della stipula di contratti integrativi di lavoro e di vertenze individuali o collettive; tali attività – prosegue il ricorso – sono diverse da quelle di rappresentanza tecnica espletata dal M. in favore delle banche mandanti (tra cui la Banca di Credito Cooperativo di Montecorvino Rovella Soc. Coop. e la Banca di Credito Popolare Soc. Coop.) così come definita dal D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, in sede di contenzioso tributario, di guisa che l’eventuale corrispettivo o contributo pagato dalle banche socie della Federazione per fruire della rappresentanza legale offerta dalla stessa non avrebbe mai potuto coprire l’onorario dovuto al professionista abilitato (il M. medesimo, nella specie), munito di apposita procura ad litem conferitagli dalle banche predette nei giudizi davanti alle Commissioni tributarie in virtù di un autonomo rapporto di fiducia personale, come risultante dai documenti in atti, a tal fine essendo irrilevante che in taluni casi il ricorrente e le banche sue clienti avessero eletto domicilio presso la Federazione; in altre parole – si conclude – tale attività era esterna al contenuto delle mansioni che il ricorrente doveva espletare quale dipendente della Federazione, anche perchè quest’ultima non poteva occuparsi del contenzioso tributario delle banche associate.

Osserva questa S.C. che il motivo, ancor prima di essere contraddetto proprio da quanto trascritto a pag. 37 del ricorso (laddove si dice che l’art. 6 del cit. Statuto parla di rappresentanza delle banche, ad opera della Federazione, anche davanti alle Commissioni tributarie), ad ogni modo si colloca al di fuori dell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 perchè, postulando l’interpretazione di un documento, involge valutazioni di merito non consentite in questa sede.

Inconferente, infine, è l’assunto che si legge nella memoria ex art. 378 c.p.c. del ricorrente principale laddove, con riferimento al terzo motivo di ricorso, si invoca l’art. 2702 c.c. circa il valore probatorio da attribuire alle suddette procure: nel caso di specie, in realtà, non sono in discussione il fatto storico del loro rilascio e la conseguente attività svolta dal M., bensì la loro riconducibilità all’adempimento di mansioni espletate nel quadro del rapporto subordinato con la Federazione piuttosto che ad un autonomo rapporto libero-professionale con le banche associatevi.

4- Ancora estranea all’area dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è la doglianza formulata nel quarto motivo di ricorso, in cui ci si duole di vizio di motivazione circa l’attività dì assistenza, consulenza e rappresentanza tecnica davanti alle Commissioni tributarie prestata dal M. a favore della Banca di Credito Cooperativo di S. Marcellino, unico caso in cui – sostiene il ricorrente – si è in presenza di un rapporto trilatero dove la banca beneficia dell’attività del professionista i cui compensi gravano sulla Federazione, estranea rispetto all’attività medesima: anche in proposito – osserva questa S.C. – si sollecita la lettura e l’interpretazione di documenti, ossia un approccio diretto agli atti non consentito nel giudizio di legittimità. 5- Con il quinto motivo si denuncia vizio di motivazione circa la natura autonoma dell’attività di assistenza, consulenza e rappresentanza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie svolta dal M. precipuamente a favore della Banca di Credito Cooperativo di Cervino e Durazzano e della Banca di Montecorvino Rovella; in particolare, l’impugnata sentenza – si lamenta in ricorso – non ha spiegato perchè le procure ad litem sui ricorsi predisposti dal ricorrente non siano state apprezzate ai fini della decisione, preferendo la Corte territoriale fondare il proprio convincimento su elementi non rilevanti, come l’assenza delle lettere di conferimento di incarico e come l’elezione di domicilio presso la sede della banca o presso la Federazione anzichè presso lo studio professionale del ricorrente.

Anche tale motivo e da disattendersi perchè propone solo una differente valutazione dei dati fattuali acquisiti nel corso del giudizio.

6- Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 18 CCNL per i quadri, gli impiegati e gli ausiliari delle casse rurali e artigiane del 28.2.91 e dell’art. 18 CCNL del 20.2.97, perchè dall’errata ricostruzione del lavoro svolto dal ricorrente è conseguita, da parte della Corte territoriale, l’altrettanto erronea individuazione dell’inquadramento del M. sulla scorta dei contratti collettivi applicabili, ove – peraltro – nulla è previsto in ordine all’ufficio fiscale e, in particolare, alla specifica attività di assistenza consulenza e rappresentanza tecnica davanti le Commissioni tributarie.

Il motivo è per un verso inammissibile perchè, ad onta dell’intestazione, lamenta non un’erronea esegesi delle fonti collettive o una falsa sussunzione in esse del fatto controverso, bensì un mero cattivo governo delle prove non denunciabile mediante ricorso per cassazione.

Per altro verso il motivo risulta improcedibile perchè riferito ad un CCNL che non è stato allegato al ricorso secondo quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4: si ricordi che il mancato deposito, unitamente al ricorso, della contrattazione collettiva su cui l’impugnazione si basa non consente a questa Corte Suprema la verifica della fondatezza della proposta impugnativa e l’erroneità dell’esegesi effettuata dalla sentenza impugnata e della relativa motivazione.

Invero, si tenga presente che per soddisfare l’onere, imposto a pena di improcedibilità del ricorso per cassazione dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di depositare i contratti e gli accordi collettivi non basta la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui tali atti siano stati depositati o siano state allegate per estratto le clausole dei contratti collettivi, a meno che in ricorso non se ne indichi la precisa collocazione in atti (cfr, ex aliis, ord. 13.5.10 n. 11614 di questa S.C., nonchè sent. n. 2143/2011).

7- Con il settimo motivo si deduce vizio di motivazione sul diniego dell’inquadramento del ricorrente quale funzionario di 1^ grado ai sensi degli artt. 15, 17 e 20 CCNL del personale direttivo delle casse rurali e artigiane del 5.6.92 ovvero in quella di quadro direttivo di terzo livello prevista dall’art. 96 CCNL per i quadri direttivi, gli impiegati e gli ausiliari delle banche di credito cooperativo del 7.12.2000; il ricorso concentra la propria attenzione sul citato art. 96 e sul relativo concetto di unità operativa complessa, che prescinde dal numero degli addetti interessati, nonchè sulla definizione di unità operativa complessa contenuta nel D.P.R. n. 494 del 1987, art. 28.

Anche tale motivo è per un verso inammissibile involgendo mere valutazioni di fatto e, per l’altro, improcedibile in quanto implica apprezzamenti di testi contrattuali di cui non indica neppure l’esatta sede processuale.

Quanto al D.P.R. n. 494 del 1987 e al relativo art. 28, si tratta di norme risultanti dagli accordi contrattuali definiti con le organizzazioni sindacali per il triennio 1985-87 relativi al personale dei Ministeri, degli enti pubblici non economici, degli enti locali, delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, del Servizio sanitario nazionale e della Scuola, non applicabili nel caso di specie.

8- Con l’unico motivo di ricorso incidentale la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 414 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè dell’art. 24 Cost, per avere la Corte territoriale escluso il vizio di extrapetizione nell’avvenuto accoglimento, da parte del Tribunale, dell’inquadramento contrattuale del M. nella qualifica di quadro dal 1.1.93 e con le relative differenze retributive dal 29.1.96, nonostante che egli avesse chiesto solo la qualifica di funzionario di 1^ grado; contrariamente a quanto statuito dai giudici del merito – prosegue la ricorrente in via incidentale – non è possibile considerare la domanda di riconoscimento della qualifica di quadro come implicitamente ricompresa in quella inerente alla qualifica di funzionario di primo grado, atteso che non vi è alcuna gradualità fra di esse (tanto da essere disciplinate da due diversi contratti collettivi), nè omogeneità delle mansioni, qualitativamente diverse.

Il motivo è infondato, ponendosi in contrasto con consolidato orientamento giurisprudenziale di questa S.C. – cui va data continuità – secondo il quale la domanda di accertamento del diritto del lavoratore ad essere inquadrato in una data qualifica implicitamente include quella, subordinata, intesa ad ottenerne un’altra inferiore, ma pur sempre superiore a quella attribuita dal datore di lavoro (cfr., ex aliis, Càss. 23.1.09 n. 1717; Cass. 15.2.08 n. 3863; Cass. 25.7.03 n. 11557).

A ciò si aggiunga che la Corte territoriale ha altresì evidenziato che nel ricorso di primo grado il M. aveva, seppur genericamente, chiesto un inquadramento subordinato a quello principale: in tal modo i giudici del merito hanno altresì ravvisato – correttamente – un ulteriore spunto testuale ai fini dell’interpretazione complessiva della domanda.

9- In conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi; di conseguenza, si compensano per intero le spese di questo giudizio tra la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. e il M., che invece soccombe – quanto alle spese, liquidate secondo dispositivo – nei confronti della Banca di Credito Popolare Soc. Coop. per azioni.

Non è, invece, dovuta pronuncia sulle spese nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Montecorvino Rovella Soc. Coop., che non ha espletato attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa per intero le spese di questo giudizio tra la Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo Soc. Coop. e il M. e condanna quest’ultimo a pagare le spese di questo giudizio in favore della Banca di Credito Popolare Soc. Coop. per azioni, che liquida in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Nulla spese nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Montecorvino Rovella Soc. Coop. Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2012.

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