T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 19-10-2011, n. 8035

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 27 settembre 2010 e depositato il successivo 11 ottobre 2010, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Questore della Provincia di Roma gli ha fatto divieto, per anni cinque, di "accedere all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevole o per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati", estendendo il suddetto divieto "agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo", chiedendone l’annullamento.

In particolare, il ricorrente espone che:

– il divieto di cui sopra trae origine dai fatti esposti negli atti redatti dal Commissariato di P.S. RomaPrati e, in particolare, dal suo arresto, avvenuto in data 5 maggio 2010, con "l’accusa di aver tentato un’aggressione ai danni di un operatore di polizia, dopo l’incontro di calcio Inter – Roma";

– per tale episodio pende un procedimento penale dinanzi al Tribunale ordinario di Roma;

– nel provvedimento impugnato figura anche l’obbligo per il medesimo di presentarsi "presso la Stazione Carabinieri di Torricella Peligna (CH)" 15 minuti dopo l’inizio del primo tempo e quindici minuti dopo l’inizio del secondo tempo di ogni incontro disputato dalla squadra della Roma a Roma o in altre città del Lazio, ma lo stesso è venuto meno per mancata convalida da parte del G.I.P. del Tribunale di cui sopra.

Avverso il divieto in questione, di indiscussa natura amministrativa, il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

VIOLAZIONE DI LEGGE, IN PARTICOLARE DELL’ART. 6 COMMA 1 DELLA LEGGE 13 DICEMBRE 1989 N. 401, atteso che il Questore non ha specificamente indicato le competizioni alle quali sia vietato assistere e gli ulteriori luoghi interessati dal divieto.

II) QUESTIONI DI MERITO ED ECCESSO DI POTERE, tenuto conto che il ricorrente "ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nei fatti che gli vengono addebitati", dimostrando, tra l’altro, nel corso delle indagini preliminari "di non aver mai fatto parte di alcun gruppo di tifosi e di non aver mai usato violenza nei confronti di chicchessia". E’ da aggiungere che "la durata temporale della misura di prevenzione….. enormemente afflittiva… non può dirsi congrua né ragionevole".

Con atto depositato in data 15 ottobre 2010 si è costituito il Ministero dell’Interno, Questura di Roma.

Con ordinanza n. 4762 del 29 ottobre 2010 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare, incidentalmente presentata da parte ricorrente, "con riguardo a quella parte del provvedimento avversato che estende, con riferimento agli stadi diversi da quello denominato Olimpico della Capitale, il divieto a tutti i luoghi interessati alla sosta, transito e trasporto di coloro che partecipino ed assistano alle manifestazioni calcistiche".

In data 13 maggio 2011 il ricorrente ha prodotto documenti ed una memoria, con la quale ha sostanzialmente reiterato le censure formulate.

Con ordinanza n. 6159 dell’11 luglio 2011 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione resistente.

In esecuzione a quanto disposto con tale ordinanza, l’Amministrazione ha provveduto al deposito di una nota e documenti in date 1 agosto 2011 e 7 ottobre 2011.

All’udienza pubblica del 13 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei limiti e nei termini di seguito indicati.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con il quale il Questore della Provincia di Roma gli ha vietato l’accesso all’interno degli stadi, agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi (i quali risultano individuati in relazione allo "stadio Olimpico" ed allo "stadio Flaminio") ed alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi e a tutti i luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni.

A tale fine denuncia, tra l’altro, violazione di legge – in particolare, art. 6 comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 – in quanto sostiene che il divieto è formulato in modo ampio e generalizzato, ossia non indica specificamente i luoghi interessati.

Tale censura è fondata.

Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare "manifestazioni sportive specificamente indicate" nonché luoghi "interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime" – del pari – "specificamente indicati".

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente sia le competizioni agonistiche che i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli stadi di calcio e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).

Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, stanti la carenza – nella formulazione del divieto – di ogni riferimento a particolari competizioni sportive nonché la genericità che caratterizza l’individuazione dei luoghi interessati dall’estensione divieto di cui trattasi, la quale – con l’unica eccezione del riferimento agli stadi Flaminio ed Olimpico – è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso.

3. Per quanto attiene alla "durata temporale della misura di prevenzione", il Collegio non rileva, invece, profili di illegittimità.

Pur condividendo l’orientamento secondo il quale l’Amministrazione deve dare conto delle valutazioni effettuate in ordine alla congruità della durata della misura applicata, il Collegio ritiene, infatti, che tale esigenza svilisca o, comunque, perda consistenza in tutti i casi in cui la congruità della durata trovi chiaro ed inequivoco supporto nella gravità dei fatti contestati.

In altri termini, si intende affermare – in linea, del resto, con l’orientamento assunto anche in altri settori ed, in particolare, in quello della sanzioni disciplinari – che l’obbligo di motivazione va commisurato alla gravità dei fatti contestati, con la conseguenza che detto obbligo è da ritenersi comunque adempiuto in tutti i casi in cui la gravità dei fatti già di per sé concretizza una valida ragione giustificatrice della misura adottata.

Nel caso in esame, i fatti ascritti al ricorrente – per come descritti nel provvedimento – si rivelano gravi e, dunque, ben valgono a supportare la durata di cinque anni del divieto impartito.

4. Tutto ciò premesso, permane da valutare la censura afferente la sussistenza o meno dei presupposti di fatto da cui il provvedimento impugnato ha avuto origine.

Anche tale censura non è meritevole di positivo apprezzamento.

Tenuto conto della documentazione acquisita agli atti, non si ravvisano, infatti, elementi per affermare che l’Amministrazione non abbia correttamente operato, atteso che:

– il provvedimento impugnato richiama atti redatti dal Commissariato di P.S. Prati, i quali consistono in un verbale di arresto redatto in data 6 maggio 2010 e in una comunicazione di reato in medesima data, dai quali risulta che il ricorrente faceva parte di un gruppo di facinorosi responsabile del lancio di oggetti, artifizi ed altri corpi contundenti verso i nuclei mobili di Polizia;

– preso atto di quanto riportato nei suddetti atti, l’adozione del provvedimento non può che essere inteso come atto dovuto, ossia in termini di naturale conseguenza di quanto accaduto, ai fini della salvaguardia dei valori e degli interessi che il legislatore ha inteso tutelare con l’art. 6 della legge n. 401 del 1989.

In definitiva, il motivo di ricorso in esame è infondato.

5. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra indicati.

Tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8580/2010, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti sopra indicati e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui – fatta eccezione per il riferimento agli stadi Olimpico e Flaminio di Roma – prevede il divieto di accesso agli stadi ed estende lo stesso divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché "a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni", senza ulteriori specificazioni.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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