Cassazione civile SS.UU. 6597/2011 Illegittima trascrizione di domanda giudiziale: è ammissibile l’autonoma azione ex art. 2043 c.c.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dell’8.5.2000 L.I. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Chiavari B.R., per sentir accertare che con scrittura privata del 2 gennaio 1994 quest’ultima aveva concesso un diritto di prelazione in favore di essa attrice, in ordine all’eventuale vendita di un appartamento sito in Chiavari.

Il tribunale, accogliendo l’eccezione proposta in via principale dalla convenuta B. che, costituitasi, aveva negato l’intenzione di procedere alla vendita del bene, respingeva la domanda attrice per difetto di interesse, con decisione che veniva impugnata dalla parte soccombente.

Con successivo atto di citazione del 26.4.2001 la stessa B. R., dopo aver premesso di aver riscontrato all’esito del giudizio sopra richiamato l’avvenuta trascrizione della domanda della L. presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, conveniva a sua volta in giudizio quest’ultima davanti al medesimo tribunale, per sentir ordinare la cancellazione o l’annotazione di inefficacia della trascrizione della domanda giudiziale concernente l’accertamento del diritto di prelazione, in quanto non compresa in alcuno dei casi di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c., e sentirla quindi condannare al risarcimento del danno riconducibile all’illiceità della detta trascrizione.

Il tribunale accoglieva la domanda, ordinando per l’effetto la cancellazione della trascrizione e condannando la convenuta al risarcimento del danno, da liquidare in separata sede.

Tale decisione veniva impugnata dalla L., che ne denunciava l’erroneità sotto un duplice aspetto, vale a dire per l’incompetenza funzionale del giudice adito in quanto, vertendosi in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., come già inutilmente rilevato in primo grado la competenza si sarebbe radicata in capo allo stesso giudice della domanda asseritamente non trascrivibile; inoltre, in quanto non vi sarebbe stata prova circa l’esistenza di un danno risarcibile.

La Corte di Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado, escludendo in particolare che l’art. 96 c.p.c. individuasse sempre la competenza del giudice del merito della causa a disporre la cancellazione della illegittima trascrizione di una domanda giudiziale.

Occorrerebbe invero distinguere, secondo il giudice del gravame, fra l’ipotesi della trascrizione della domanda non compresa in alcuno dei casi contemplati negli artt. 2652 e 2653 c.c. da quella in cui in astratto la domanda sarebbe stata suscettibile di trascrizione, non essendo tuttavia nel concreto trascrivibile: nella prima ipotesi sarebbe infatti ravvisabile nell’avvenuta trascrizione un fatto illecito, il cui ristoro troverebbe titolo giuridico nell’art. 2043 c.c. mentre nel secondo, rispetto al quale la trascrizione della domanda non sarebbe stata consentita per l’infondatezza nel merito della pretesa fatta valere, troverebbe applicazione l’art. 96 c.p.c..

Nella specie sarebbe poi certa la non trascrivibilità del patto di prelazione e, conseguentemente, della domanda finalizzata all’accertamento della relativa sussistenza, così come sarebbe altrettanto certa la configurabilità dell’elemento della colpa nel comportamento della L., atteso che avrebbe eseguito una trascrizione "contra legem".

Avverso la detta sentenza L.I. proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resisteva la B. con controricorso. All’udienza del 19.11.2009, fissata per la trattazione della controversia, questa Corte emetteva ordinanza interlocutoria di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, avendo ravvisato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità relativamente all’ambito di applicazione dell’art. 96 c.p.c. ed alla linea di demarcazione fra la sfera di operatività di detta norma e quella dell’art. 2043 c.c. in tema di responsabilità per danni da trascrizione illegittima.

Le parti depositavano quindi memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. e la causa veniva infine decisa all’esito dell’udienza pubblica dell’1.2.2011.
Motivi della decisione

1. – Con i motivi di ricorso L.I. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione dell’art. 96 c.p.c. e art. 2043 c.c. nonchè vizio di motivazione, con riferimento all’affermata distinzione, ai fini dell’individuazione del giudice competente a decidere sull’istanza risarcitoria, fra l’ipotesi di domanda giudiziale neppure astrattamente trascrivibile perchè non compresa fra quelle elencate negli artt. 2652 e 2653 c.c., il cui titolo giuridico sarebbe ravvisabile nell’art. 2043 c.c., e quella di domanda solo astrattamente trascrivibile, essendo viceversa nel concreto non trascrivibile per l’insussistenza del diritto azionato, rispetto alla quale troverebbe applicazione l’art. 96 c.p.c..

La detta distinzione sarebbe infatti errata poichè l’art. 96 c.p.c. si porrebbe con carattere di specialità rispetto all’art. 2043 c.c., sicchè la responsabilità aggravata, pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatto illecito, ricadrebbe interamente in tutte le sue possibili esplicazioni sotto la disciplina prevista dall’art. 96 c.p.c..

Da ciò dunque discenderebbe che la domanda di risarcimento avrebbe dovuto essere proposta davanti al giudice della domanda asseritamente non trascrivibile, funzionalmente competente al riguardo;

2) violazione dell’art. 2645 bis c.c., artt. 2652 e 2653 c.c., in relazione alla pretesa non trascrivibilità della domanda volta ad accertare l’esistenza di un patto di prelazione. Detto patto sarebbe invero riconducibile alla figura del contratto preliminare e comunque, pur prescindendo da tale rilievo, non sarebbe ipotizzabile nel concreto alcun pregiudizio ove dimostrata, come si sarebbe verificato, l’avvenuta trascrizione di domanda avente ad oggetto l’accertamento di un diritto di prelazione per la vendita, pattiziamente riconosciuto dal proprietario dell’immobile;

3) violazione dell’art. 2645 bis in relazione all’art. 2652 c.c., n. 3, nonchè vizio di motivazione, rispetto all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale, alla stregua di un pacifico orientamento giurisprudenziale, non sarebbero trascrivibili nè il patto di prelazione nè la domanda giudiziale intesa a farlo valere. Non risulterebbe, infatti, l’esistenza di un filone giurisprudenziale attestatosi nel senso indicato;

4) violazione dell’art. 100 c.p.c. per l’omessa rilevazione della mancanza di interesse ad agire della B.. Tale mancanza di interesse sarebbe stata invero desumibile sia dal fatto che l’eventuale conferma della sentenza di primo grado (con la quale era stata rigettata la domanda della L.) avrebbe automaticamente comportato la cancellazione della trascrizione della domanda, sia dalla possibilità di pervenire al medesimo risultato facendo ricorso alla procedura per la correzione degli errori materiali. Inoltre la domanda della B., che contrariamente a quanto da lei sostenuto avrebbe avuto notizia dell’avvenuta trascrizione, sarebbe stata in ogni modo inammissibile per il potenziale contrasto di giudicati che avrebbe potuto determinare, e ciò in quanto la cancellazione della trascrizione disposta nell’ambito di un giudizio definito solo in via provvisoria, e all’epoca ancora pendente, avrebbe potuto confliggere con l’esito del giudizio di merito introdotto con la domanda di cui era stata eseguita la trascrizione;

5) violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione sul punto, atteso che la Corte di merito non avrebbe esaminato il motivo di appello avente ad oggetto la pretesa erroneità della condanna di essa ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, condanna che non sarebbe aderente alle risultanze processuali emerse.

2. – Con una prima memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la ricorrente ha eccepito la tardività del controricorso, eccezione che risulta infondata perchè il ricorso in esame è stato notificato il 3 dicembre 2004 ed il controricorso, notificato il 13 gennaio 2005, è stato consegnato all’Ufficiale Giudiziario per il compimento delle operazioni di rito in data ampiamente antecedente, come si evince dal primo tentativo di notifica rimasto senza effetto, eseguito in data 4 gennaio 2005. 3. – Con l’ordinanza interlocutoria emessa all’esito dell’udienza del 19.11.2009 sopra richiamata, questa Corte, come detto, ha ravvisato l’opportunità di rimettere il ricorso alle sezioni unite, in ragione di un rilevato contrasto nella giurisprudenza di legittimità circa l’ambito di applicazione dell’art. 96 c.p.c. ed il rapporto intercorrente fra la sfera di operatività di tale disposizione e quella dell’art. 2043 c.c, in materia di responsabilità per danni da trascrizione di domanda giudiziale illegittima ovvero ingiusta, profili censurati con il primo motivo di ricorso.

In particolare, premesso che la prima ipotesi si intende realizzata allorchè, per errata interpretazione degli artt. 2652 e 2653 c.c., per deliberata mala fede o comunque per qualunque altra causa venga trascritta una domanda giudiziale non compresa fra quelle per le quali la legge prevede detta formalità, mentre la seconda appare configurabile quando risulti poi infondata la domanda in precedenza trascritta, si sarebbero delineati due distinti indirizzi rispetto alla tematica in oggetto.

Secondo un primo orientamento, infatti, la trascrizione illegittima rientrerebbe nel campo di applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 1 mentre la trascrizione ingiusta sarebbe contemplata dall’art. 96 c.p.c., comma 2, circostanza da cui discenderebbe che, nel caso di trascrizione di domanda al di fuori delle ipotesi normativamente previste, l’applicabilità dell’art. 96 c.p.c., comma 1, precluderebbe la possibilità di invocare i principi generali della responsabilità per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c..

Secondo un diverso orientamento, viceversa, il titolo giuridico della pretesa ai danni da illegittima trascrizione di una domanda giudiziale non trascrivibile non sarebbe l’art. 96 c.p.c., ma l’art. 2043 c.c., e la prima disposizione sarebbe correttamente evocabile soltanto nel caso di trascrizione ingiusta per l’insussistenza del diritto fatto valere, dovendosi al contrario applicare l’art. 2043 c.c. nel caso di domanda non trascrivibile in quanto non compresa nell’elencazione contenuta negli artt. 2652 e 2653 c.c..

4. – Ciò premesso si rileva che con il primo motivo di ricorso la L. ha denunciato l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui nella stessa era stato affermato che la domanda per risarcimento del danno da responsabilità aggravata poteva essere avanzata anche in giudizio autonomo, rispetto a quello originato dalla domanda trascritta, censura la cui delibazione presuppone quindi l’individuazione del giudice competente a decidere.

In proposito va osservato che la giurisprudenza di questa Corte non ha fornito soluzioni univoche al riguardo.

Ed infatti: con una prima risalente decisione è stato implicitamente affermato che la trascrizione illegittima rientra nella previsione contenuta nell’art. 96, comma 2, (C. 63/2407); con diverse successive statuizioni è stata poi attribuita all’art. 96 c.p.c. la funzione di costituire "integrale e completa disciplina normativa della responsabilità processuale, di cui esaurisce tutte le ipotesi " (C. 84/874) ed è stata poi delineata la distinzione fra le due ipotesi di trascrizione illegittima e ingiusta, con la conseguente ritenuta applicabilità rispettivamente del 1 e del 2 comma dell’art. 96 (C. 01/4947, C. 00/263, C. 98/4624, C. 94/5022, C. 84/874, C. 76/2967);

con altre decisioni è stata viceversa legittimato il potenziale concorso dell’art. 96 c.p.c. con l’art. 2043 c.c., che sarebbe in particolare applicabile nel caso di trascrizione illegittima (C. 90/10219, C. 71/680, C. 69/290, C. 66/1983), pronunce alle quali vanno assimilate anche le successive C. 10/13127 e C. 07/25248 che, pur se in tema di competenza relativamente alla domanda di cancellazione della trascrizione effettuata al di fuori delle ipotesi consentite (e non anche, quindi, di richiesta risarcitoria), hanno affermato il medesimo principio dell’autonomia del detto giudizio rispetto a quello nel quale la trascrizione era stata effettuata;

infine con orientamento sostanzialmente consolidato, sia pur con riferimento ad ipotesi non coincidenti con quelle oggetto di esame (e quindi con affermazioni di principio inidonee a costituire di per sè parametro di definizione della controversia nel caso di specie, in cui non è oggetto di contestazione la configurazione del rapporto fra l’art. 2043 c.c. e l’art. 96 c.p.c., ma l’individuazione della disciplina concretamente applicabile) è stato reiteratamente ribadito il valore assorbente dell’art. 96 c.p.c. rispetto all’art. 2043 c.c., che in quanto tale escluderebbe il concorso fra le due disposizioni in questione (C. 10/5069, C. 08/28226, C. 07/16308, C. 04/13455, C. 03/15551, C. 02/3573, C. 01/5972, C. 99/253, C. 84/874, C. 83/477, C. 81/6407).

5.1 – Ritiene il Collegio che il primo motivo di censura sia infondato.

5.2 – La Corte di Appello di Genova ha dovuto risolvere la seguente questione: se, proposta domanda per far accertare che all’attore spetta un diritto di prelazione e negato dal giudice che l’attore abbia un tale diritto, la parte convenuta possa in un diverso giudizio a sua volta proporre una domanda di risarcimento del danno, per il fatto che di quella precedente domanda il primo attore ne abbia chiesto ed ottenuto la trascrizione, sebbene in rapporto al tipo di diritto vantato la trascrizione non fosse ammessa. La questione è stata sollevata nel secondo giudizio dal primo attore, il quale ha sostenuto che, nella situazione descritta, la domanda di risarcimento del danno va dichiarata inammissibile, perchè il potere di conoscerne spetta al giudice della domanda originaria e non può costituire quindi oggetto di un diverso giudizio.

Ciò in applicazione dell’art. 96 c.p.c..

5.3 – E’ necessario premettere che l’art. 96 c.p.c. regola la responsabilità conseguente all’aver agito o resistito in giudizio, restando soccombente, e per un verso completa la responsabilità che deriva dalla soccombenza, per altro verso disciplina il fatto costitutivo di tale responsabilità in modo speciale rispetto a quella generale da fatto illecito, perchè qui può venire in rilievo non il fatto in sè di avere difeso il proprio diritto in giudizio, ma la violazione di un connesso reciproco dovere di lealtà delle parti, nell’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito.

Da questo specifico tratto della disciplina sostanziale della responsabilità processuale aggravata deriva poi il tratto ulteriore, attinente però alla disciplina processuale, per cui giudice della violazione del dovere di lealtà debba essere quello che è stato investito dalla originaria domanda.

Risponde alla stessa esigenza di concentrazione che presidia la sua competenza sulle spese processuali, il fatto che, avendo conosciuto del fondo della domanda, quel giudice conosca delle conseguenze che la parte risultata vincitrice gli espone d’aver subito, a causa del comportamento sleale dell’altra rimasta invece soccombente.

Slealtà che quel giudice è nella miglior condizione per poter valutare rispetto ad altro.

5.4 – L’art. 96 c.p.c. regola in modo espresso due situazioni.

La prima consiste in questo: è accertato dal giudice cui è stata proposta la domanda di merito che il diritto vantato sussisteva o no e la parte, nel giudizio in cui la domanda è stata proposta, può chiedere che sia valutato se averla proposta od avervi resistito ha concretizzato un comportamento caratterizzato da dolo o colpa grave.

La condanna per responsabilità processuale è pronunziata, con liquidazione anche di ufficio, sul presupposto e come effetto della decisione sul diritto vantato, ed in conseguenza della qualificazione dolosa o colposa della condotta processuale del soccombente.

La seconda consiste in questo: che il vanto del diritto è attuato non attraverso la sua sola affermazione, bensì aggredendo la sfera patrimoniale dell’altra parte, sul piano esecutivo o cautelare, o con la trascrizione della domanda od iscrizione di ipoteca.

Qui, accertato che il diritto vantato non sussisteva – accertamento provocato dall’una o dall’altra parte -, a fondare la responsabilità processuale basterà l’aver agito senza la normale prudenza, e questo in ragione delle specifiche modalità invasive dell’atto di esercizio del diritto.

5.5 – In ambedue i casi descritti dall’art. 96 il fatto materiale costitutivo della responsabilità, cioè la esistenza o inesistenza del diritto vantato ed il modo in cui è stato esercitato, costituiscono l’oggetto della domanda principale.

Ci si soffermi ora sul caso che il diritto sia stato vantato in giudizio in base ad una domanda trascrivibile e che il convenuto di tale domanda abbia chiesto il rigetto: questa parte, al fine di vedere pronunciata la condanna dell’altra per responsabilità processuale aggravata non avrà da sollecitare alcun ulteriore accertamento in diritto, ma, in vista di un eventuale accoglimento della sua istanza nei soli limiti del comma 2, provare che la domanda trascrivibile di fatto lo sia stata.

Lo stesso non è vero nel caso in cui sia stato vantato in giudizio un diritto in base a domanda non trascrivibile.

In questo caso, da un lato il diritto per cui è stata proposta e trascritta la domanda può essere accertato esistente, e tuttavia dal fatto della trascrizione può essere derivato un pregiudizio che rileva come danno risarcibile; dall’altro chi lo ha subito, per ottenere il risarcimento, deve richiedere al giudice un accertamento, in diritto, su un fatto diverso dal vanto in giudizio venuto dall’attore e precisamente sulla questione dell’essere dalla norma sostanziale prevista come non trascrivibile la domanda che l’attore ha proposto.

5.6 – Nè si può dire che il caso – cioè il fatto che la domanda sia stata trascritta senza poterlo essere – ricada nell’ambito di applicazione dell’art. 96, comma 1.

La soluzione si espone ad una duplice obiezione.

La prima è che il fatto della trascrizione non consentita dovrebbe essere valutato non in rapporto al canone della colpa o della omissione di una prudenza normale, ma a quelli del dolo o della colpa grave.

La seconda è che, chi abbia fatto legittimo affidamento sul fatto che la domanda, perchè non trascrivibile, non sia stata trascritta, si vedrebbe preclusa la domanda per danni per non aver introdotto la relativa istanza nel giudizio promosso dall’attore per vedere accertato il diritto da lui vantato.

5.7 – La mancanza di una espressa indicazione formale contenuta nella norma e l’assenza del presupposto necessario per radicare la competenza del giudicante ai sensi dell’art. 96 c.p.c. (presupposto consistente nella preclusione all’emissione di un giudizio di merito in ordine al comportamento tenuto dalla L. con la trascrizione della domanda giudiziale) costituiscono dunque elementi sufficienti per indurre a ritenere che la B. possa far valere autonomamente il pregiudizio asseritamente subito, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Tuttavia detta conclusione risulta confortata pure per altro verso, vale a dire in ragione della totale inefficacia che avrebbe la trascrizione di una domanda giudiziale non compresa fra quelle elencate negli artt. 2652 e 2653 c.c..

Ed invero giova in proposito rilevare che la funzione della trascrizione va individuata nell’avvertita esigenza di notiziare i terzi dell’esistenza di contestazioni in ordine alla titolarità di diritti reali (e di altri specificamente indicati) e di consentire l’effetto retroattivo della sentenza, in modo tale, cioè, da evitare il pregiudizio che le parti potrebbero subire per effetto del decorso del tempo necessario per la definizione del giudizio, e comunque per il ritardo nella decisione.

Orbene, se va condivisa l’astratta qualificazione della trascrizione della domanda giudiziale come atto processuale (laddove normativamente prevista) in quanto posto in essere in funzione di un processo, qualche riserva può fondatamente essere sollevata nel caso in esame, atteso che l’assenza di una previsione normativa legittimante la trascrizione della domanda esclude che alla stessa possa essere riconosciuta alcuna valenza processuale, non potendo ad essa essere attribuito, neppure in via astratta ed ipotetica, alcun effetto sostanziale.

5. 8 – Se i due rilievi sopra evidenziati (non ravvisabilità nella fattispecie della ratio fondante i poteri del giudice e irrilevanza processuale della trascrizione), come detto, depongono per la correttezza della decisione adottata dalla Corte di appello di Genova, detta conclusione risulta pure confortata sotto altri aspetti.

In proposito occorre infatti evidenziare che, come già precedentemente anticipato, il giudizio di danni ex 96 c.p.c. non viene formulato con modalità identiche e sovrapponibili a quelle che caratterizzano il giudizio ex art. 2043, da quest’ultimo diversificandosi sia per quanto concerne l’instaurazione, che per quanto riguarda il parametro di definizione. Sul primo punto l’art. 96, comma 1, stabilisce invero che il giudice pronuncia la condanna su istanza di parte (rispetto alla quale non è fissato alcun termine per la relativa presentazione) e può procedere alla liquidazione del danno anche di ufficio, proponendo così una regolamentazione del tutto diversa rispetto alla disciplina dettata in via ordinaria per le domande giudiziali (con riferimento, in particolare, alla scansione dei tempi di trattazione del processo e alla necessità di dare dimostrazione della consistenza del pregiudizio asseritamente subito).

Sul secondo aspetto va ricordato che la condanna risarcitoria ex art. 96 presuppone, oltre alla soccombenza della parte, un’azione o una resistenza in giudizio connotata da mala fede o colpa grave. Nella specie, dunque, è stato stabilito un parametro più rigoroso e riduttivo rispetto all’ordinario, per quel che concerne il grado di colpa ordinariamente richiesto per la condanna al risarcimento del danno (ai fini della responsabilità ex art. 2043 è sufficiente la colpa lieve), con la conseguenza che, ove ritenuta preclusa l’azione ex art. 2043 c.c. per il connotato di specialità attribuito all’art. 96 c.p.c., il danneggiato sarebbe privato del diritto di azione con riferimento a comportamenti lesivi, altrimenti punibili, posti in essere nel processo con la semplice colpa lieve.

L’assenza di una specifica previsione del legislatore in ordine alla comprensione dell’ipotesi di trascrizione di domanda illegittima fra quelle indicate nell’art. 96, comma 1, induce dunque a ritenere che, in mancanza di indicazioni normative, debba comunque essere privilegiata una interpretazione che sia in sintonia con il dettato costituzionale (nella specie il riconoscimento e la tutela del diritto di agire in giudizio).

Non sembra infine inutile un’ultima considerazione relativa ai possibili effetti pregiudizievoli riconducibili ad un’interpretazione che privilegiasse l’assorbente carattere di specialità dell’art. 96 c.p.c. rispetto all’art. 2043 c.c..

Il citato art. 96 impone, come detto, che l’istanza risarcitoria venga proposta davanti al giudice del processo in cui si sono manifestati il dolo o la colpa grave di una delle parti.

Orbene nel caso di trascrizione ingiusta (vale a dire avente, ad oggetto atti compresi nell’elencazione di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c.), correttamente possono essere addebitate alla parte che la subisce le conseguenze derivanti dall’omesso controllo effettuato al riguardo (consistenti nell’impossibilità di richiedere il risarcimento al di fuori della disciplina dell’art. 96), essendo (o dovendo essere) conosciuta la potenziale trascrivibilità dell’atto, poichè inserito nell’elenco normativamente previsto. Diversamente deve invece dirsi per quanto concerne la trascrizione illegittima (cioè di atti non compresi nel detto elenco), poichè la mancata previsione normativa sul punto esclude la configurabilità di un obbligo di verifica a carico della parte che subisce la trascrizione, alla quale non possono dunque essere addebitate le gravi conseguenza derivanti dall’inosservanza di obblighi cui non era tenute quali quelli – della preclusione all’esercizio dell’azione risarcitoria nella sede propria.

6. – Il secondo ed il terzo motivo di impugnazione, che devono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, prospettano sostanzialmente la medesima censura, sia pur sotto profili non coincidenti, consistente sostanzialmente nella pretesa erroneità della decisione, laddove era stata affermata la non trascrivibilità della domanda avente ad oggetto l’accertamento di un patto di prelazione ed era stato comunque configurato un pregiudizio per effetto dell’avvenuta trascrizione della domanda in una ipotesi non contemplata dal codice civile. La detta censura è infondata.

Ed infatti l’assunto secondo il quale la domanda in questione sarebbe stata suscettibile di trascrizione è basato su una pretesa assimilazione del patto di prelazione al contratto preliminare che, ove sussistenti le condizioni normativamente previste (stipulazione del contratto con atto pubblico ovvero con scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, oggetto del contratto limitato agli immobili di cui all’art. 2643 c.c., nn. 1, 2, 3, 4, vale a dire contratti ad effetti reali traslativi o costitutivi) sarebbe trascrivibile (art. 2645 bis c.c.).

Detta prospettazione è tuttavia priva di pregio perchè, nell’assenza di una esplicita previsione normativa relativa alla trascrivibilità del patto di prelazione, non ricorrono le condizioni per operare un accostamento sostanziale fra le due diverse ipotesi prese in considerazione, e ciò in quanto: a) nel caso del contratto preliminare è individuabile un’obbligazione già esistente, rispetto alla quale ha senso assicurare un effetto prenotativo, effetto che non è viceversa collegabile al patto di prelazione, atteso che in tale ultimo caso non vi è alcun accordo preventivo, e quindi alcun obbligo, per un futuro trasferimento (C. 02/14645, C. 99/3571, C. 82/6005, C. 82/3009); b) la fattispecie in esame non rientra comunque fra quelle indicate nell’art. 2645 bis c.c. poichè nella specie non è configurabile alcun contratto ad effetti reali traslativo o costitutivo; c) l’art. 2645 bis non sarebbe in ogni modo applicabile, atteso che risulta che l’accordo è stato concluso con una semplice scrittura privata (p. 2 del ricorso).

Quanto infine all’ulteriore profilo relativo all’insussistenza di un pregiudizio in danno della B., è sufficiente in proposito rilevare che l’illiceità originaria della trascrizione giustifica appieno la condanna generica della L. al risarcimento del danno (C. 10/13127, C. 07/25248).

7. – E’ infondato anche il quarto motivo, con il quale la L. ha denunciato una carenza di interesse al giudizio della controparte, atteso che il tribunale aveva respinto la domanda da lei proposta " con conseguente automatica cancellazione della trascrizione della domanda introduttiva del giudizio ". E’ invero certo che la cancellazione della trascrizione dell’atto di citazione non era stata disposta con la sentenza di primo grado poi impugnata e, attesa la potenzialità pregiudizievole di una trascrizione illegittimamente eseguita, ne risulta incontestabilmente un interesse della parte alla rimozione di un atto ritenuto lesivo. Nè rileva in senso contrario il richiamo della ricorrente alla necessità del passaggio in giudicato della sentenza emessa nel processo originato dalla domanda trascritta ovvero alla possibilità del ricorso alla procedura per correzione di errori materiali.

Sul primo punto, infatti, occorre precisare che nel caso in esame non ricorre un’ipotesi di trascrizione da cancellare perchè conseguente a domanda non accolta (per la quale sarebbe correttamente applicabile il principio evocato) ma, più semplicemente, un’ipotesi di trascrizione illegittima perchè non prevista dalla legge, del tutto autonoma, dunque, rispetto alla pronuncia di merito in relazione alla quale era stata effettuata la trascrizione.

Sul secondo, va rilevato che l’eventuale possibilità (per vero dubbia) del ricorso alla procedura per correzione di errore materiale non esclude l’interesse della parte alla cancellazione della trascrizione, legittimamente perseguito in via giudiziaria con gli strumenti offerti dall’ordinamento.

Quanto infine alle altre due argomentazioni prospettate dalla ricorrente si osserva, da una parte, che non risulta precedentemente rappresentata la questione relativa alla conoscenza da parte della B. dell’avvenuta trascrizione della domanda e, dall’altra, che il potenziale conflitto di giudicati (fra l’altro rimovibile con la revocazione) non escluderebbe comunque l’astratta proponibilità della domanda. In ogni modo, è appena il caso di considerare che le dette circostanze sarebbero certamente inidonee ad incidere sulla pretesa carenza di interesse della B..

8. – Resta infine l’ultimo motivo relativo alla contestata condanna della L. al pagamento delle spese processuali, incentrato sull’affermata omessa valutazione del comportamento delle parti al fine dell’individuazione del responsabile della lite e dell’accertamento della loro buona o mala fede, doglianza che va disattesa poichè la Corte di Appello ha correttamente motivato la statuizione sul punto, espressamente richiamando il principio della soccombenza in applicazione del disposto di cui all’art. 91 c.p.c..

Conclusivamente il ricorso deve essere dunque rigettato.

Il contrasto di giurisprudenza in ordine all’applicabilità o meno dell’art. 2043 c.c. nel caso di illegittima trascrizione della domanda giudiziale induce alla compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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