Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-02-2012, n. 1878 Procedimento civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con separati ricorsi al Giudice del lavoro poi riuniti, D. P.R. e gli altri 71 ex dipendenti con mansioni operaie della Compagnia Portuale di Trieste indicati in epigrafe, deducevano di essere stati esposti all’amianto durante il rapporto di lavoro e di essere stati dichiarati inabili al lavoro e prepensionati ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 7, con conseguente cancellazione dai ruoli di cui all’art. 156 del regolamento della navigazione marittima, chiedendo la corresponsione dell’indennità una tantum di importo corrispondente ad un numero di mensilità pari al numero degli anni mancanti al raggiungimento dell’età pensionabile (60 anno).

2.- Costituitasi in giudizio la Compagnia Portuale, erano chiamati in causa il Fondo di gestione degli istituti contrattuali dei lavoratori portuali (FGICLP), il Ministero dell’economia e finanze (MEF), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIF) e l’Autorità portuale di Trieste. Separato il giudizio promosso nei confronti del Fondo – per la sua intervenuta liquidazione – e dichiarata la sua interruzione, il Tribunale di Trieste, con due sentenze che riunivano per gruppi gli atti introduttivi, dichiarava la nullità dei ricorsi per mancata indicazione dei presupposti di fatto e diritto su cui era basata la domanda, nonchè per carenza di deduzioni istruttorie.

3.- Proponevano appello principale la Compagnia Portuale, per la quale i ricorsi avrebbero dovuto essere rigettati nel merito, ed i lavoratori, per i quali esistevano i requisiti per il prepensionamento a seguito dei benefici derivanti dalla legislazione in materia di amianto. La Corte d’appello di Trieste con sentenza del 25.7.06 accoglieva l’impugnazione dei lavoratori, riconoscendo che tutti avevano diritto all’una tantum prevista dall’art. 49 del regolamento nazionale dei lavoratori e gruppi portuali del 1987, condannando la Compagnia Portuale al pagamento degli importi relativi.

4.- Rilevava la Corte di merito che gli attori avevano reclamato tanto l’indennità prevista dall’art. 27 del regolamento del 1975 per cancellazione dai ruoli causata da inabilità al lavoro, quanto la diversa indennità prevista dall’art. 49 del regolamento del 1987, che concedeva la prestazione non solo ai lavoratori cancellati per detta inidoneità, ma anche a quelli collocati in quiescenza a domanda per anzianità di servizio. Non avendo la Compagnia contraddetto che i ricorrenti fossero stati collocati in quiescenza per anzianità e ritenendo che i lavoratori vertessero in questa condizione, la Corte accoglieva la domanda per la prestazione di cui all’art. 49 del regolamento del 1987.

Quanto al soggetto tenuto a corrispondere l’indennità, la Corte riteneva che esistesse situazione di accollo cumulativo tra Compagnia portuale e Fondo gestione degli istituti contrattuali dei lavoratori portuali e che, una volta venuto meno il Fondo perchè posto in liquidazione, rivivesse la posizione debitoria esclusiva della Compagnia, che mai era stata liberata dal suo debito ai sensi dell’art. 1273 c.c., comma 3. 5.- Verso questa sentenza propone ricorso la Compagnia Portuale, cui rispondono con controricorso contenente ricorso incidentale 69 degli originali 72 lavoratori (rimanendo intimati B.D., M. F. e S.F.), divisi in tre gruppi ma assistiti dalla stessa difesa. Il ricorso incidentale è contrastato dalla Compagnia Portuale con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

6. – Tutti i ricorsi debbono essere preliminarmente riuniti ex art. 335 c.p.c..

7.- I motivi del ricorso principale della Compagnia possono essere sintetizzati come segue.

7.1.- Con i motivi primo e secondo è dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità del procedimento, in quanto gli attori, pur richiedendo nelle conclusioni all’una tantum prevista dall’art. 49 del regolamento del 1987, che aveva esteso ai pensionati di anzianità ed ai lavoratori cancellati dai ruoli per invalidità l’indennità originariamente limitata ai casi di inabilità dall’art. 27 del regolamento del 1975, avevano basato la loro domanda sulla circostanza che avessero dovuto lasciare il servizio per inabilità conseguente all’esposizione all’amianto, senza mai sostenere di essere pensionati di anzianità, nè richiedere l’indennità per tale titolo. La Corte d’appello sarebbe quindi andata extrapetita accogliendo la domanda sulla base della sola circostanza che l’indennità fosse stata chiesta nelle conclusioni, senza tener conto che delle due alternative ipotesi legittimanti, gli attori ne avevano indicato una diversa (peraltro non provata e contestata ex adverso) da quella presa in considerazione.

7.2.- Con i motivi terzo e quarto e dedotta violazione degli artt. 112, 414 e 416 c.p.c. e nullità del procedimento, in quanto di fronte alla tesi dell’inabilità da esposizione all’amianto la Compagnia aveva contestato la circostanza ed aveva dedotto che i lavoratori avevano lasciato il lavoro "per dimissioni" dalla qualità di socio della cooperativa, senza far riferimento ad un preteso pensionamento per anzianità, di modo che il giudice avrebbe erroneamente ritenuto non contestata la diversa circostanza (peraltro mai dedotta) dell’avvenuta collocazione in quiescenza dei lavoratori per anzianità. 7.3.- Con i motivi quinto, sesto e settimo è dedotta carenza di motivazione, in quanto il giudice non spiega in base a quali elementi formali, desumibili dai ricorsi introduttivi e dagli atti di appello, abbia ritenuto di far risalire alla indicazione nelle conclusioni introduttive della norma invocata (l’art. 49 del regolamento del 1987) la deduzione che esistesse una "seconda parte" della domanda, diversa da quella originariamente formulata, senza tener conto che la convenuta aveva contestato tutte le domande dei ricorrenti e, pertanto, anche quelle che il giudice ha ritenuto di individuare come altra parte della domanda.

7.4.- Con i motivi ottavo e nono è dedotta violazione degli artt. 112, 345 e 434 c.p.c. e nullità del procedimento, in quanto il giudice, rilevato che i lavoratori con l’appello incidentale avevano corretto il loro assunto iniziale, sostenendo di essere prepensionati per anzianità, avanzando in appello una domanda ormai preclusa, avrebbe dovuto valutare la stessa nei limiti della formulazione contenuta nel ricorso introduttivo, senza dare ingresso alla nuova domanda.

7.5.- Con i motivi decimo, undicesimo e dodicesimo è dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità del procedimento, nonchè carenza di motivazione. Il giudice sarebbe incorso in vizio di ultrapetizione, in quanto ha interpretato la domanda senza tener conto che il prepensionamento dedotto dagli appellanti incidentali è cosa diversa dal pensionamento per anzianità richiesto dall’art. 49 del regolamento 1987 (che è, peraltro, istituto ormai inapplicabile ai portuali a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 84 del 1994).

7.6.- Con il tredicesimo motivo è dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 414 c.p.c., in quanto il giudice avrebbe dovuto riscontrare se i ricorrenti avessero provato l’esistenza dei presupposti del loro diritto (cessazione del rapporto anteriore al dicembre 1996, ai sensi della L. n. 647 del 1996, art. 1, comma 11, godimento della pensione di anzianità prima del 60^ anno).

7.7.- Con i motivi quattordicesimo e quindicesimo è dedotta carenza di motivazione, in quanto la Corte d’appello, pur dando atto che le Compagnie portuali, in forza del ccnl ANCIP del 2001 (art. 11), non erano tenute ad erogare l’indennità una tantum ai lavoratori collocati in pensione prima del sessantesimo anno di età (che invece era a carico del disciolto FGICLP, o dei Ministeri competenti), ha ritenuto la norma inapplicabile alla fattispecie, pur non avendo i lavoratori provato di aver lasciato il lavoro prima della sottoscrizione del contratto collettivo o, comunque, essendo emerso che uno solo di essi (e non tutti) avevano lasciato il lavoro prima di quel momento (quattordicesimo motivo). In forza del riconoscimento della validità ed attualità della statuizione collettiva, mancando la prova della sua inapplicabilità ne dovrebbe derivare l’affermazione della carenza di legittimazione passiva della Compagnia.

7.8.- Con il motivo sedicesimo è dedotta violazione del combinato del D.L. 22 gennaio 1990, art. 1 (conv. dalla L. 24 marzo 1990, n. 58) e del D.L. 21 ottobre 1996, n. 535, art. 1, comma 9 (conv. dalla L. 23 dicembre 1996, n. 647). Le compagnie portuali ed il FGICLP erano tenuti cumulativamente al pagamento delle indennità derivanti dalla disciplina contrattuale e dal trattamento di fine rapporto (D.L. 103 del 1983, art. 3, comma 1, conv. dalla L. n. 230 del 1983 (accollo cumulativo non liberatorio). A seguito della liquidazione del FGICLP le prestazioni contrattuali rimasero a carico esclusivo delle Compagnie (D.L. n. 6 del 1990, conv. dalla L. n. 58 del 1990, art. 1), finchè non intervenne il D.L. n. 535 del 1996, art. 1, comma 11 (conv. dalla L. n. 647 del 1996) che pose a carico della gestione commissariale del Fondo le prestazioni, e consentì il rimborso di quelle anticipate dalle Compagnie nel periodo 1.2.90- 31.12.96. La Corte di merito non ha tenuto conto di questa disciplina ed ha deciso la causa sulla base della disciplina originaria dell’accollo cumulativo previsto dalla L. n. 230 del 1983, ignorando che l’evoluzione successiva ha liberato le compagnie dal carico dell’una tantum, ponendolo a carico della Gestione Commissariale del Fondo.

7.9.- I motivi diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo deducono carenza di motivazione, violazione dell’art. 115 c.p.c. ed errar in procedendo, per la mancata considerazione di un dato essenziale ai fini dell’accollo dell’una tantum a carico della Compagnia, atteso che a seguito della L. n. 84 del 1994 è stato abolito il sistema tariffario che consentiva di remunerare, a fronte del monopolio delle operazioni portuali, il costo dell’istituto in questione. L’inaridimento della detta fonte di finanziamento avrebbe dovuto essere, dunque, preso in considerazione dal giudicante, il quale, ove lo avesse ritenuto non sufficientemente acclarato, avrebbe dovuto ammettere l’espletamento dei mezzi istruttori dedotti al riguardo dalla Compagnia.

8.- I motivi dei ricorrenti incidentali possono essere sintetizzati come segue.

8.1.- Con il primo motivo è dedotta violazione dell’art. 96 c.p.c. essendo respinta la richiesta di condanna dell’appellante al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata, avendo resistito in giudizio in mala fede o con colpa grave, atteso che la Compagnia era bene a conoscenza che i lavoratori erano stati prepensionati della L. n. 257, ex art. 13, avendo essa gestito al riguardo tutta la fase amministrativa ed avendo, anzi, fatto da tramite tra i dipendenti e l’INPS. 8.2.- Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 2230 c.c., R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 57, e della normativa in punto di determinazione degli onorari di avvocato in quanto il giudice di appello, nel liquidare le spese di primo e secondo grado, non avrebbe rispettato i minimi tariffali, ritenendo incongrua la liquidazione di Euro 10.000 in relazione alla causa, che implicava l’esame di 72 posizioni, tanto in primo che in secondo grado.

8.3.- Con il terzo motivo è dedotta violazione dell’art. 429 c.p.c. e artt. 1223 – 1224 c.c., avendo il giudice riconosciuto la rivalutazione del credito e gli interessi solo dalla domanda e fino al giorno della sentenza, invece che dalla maturazione del credito fino al soddisfo.

9.- Procedendo ad esame congiunto dei primi sette motivi del ricorso principale, deve premettersi che, secondo la ricostruzione del giudizio di merito effettuata dal giudice di appello, gli ex dipendenti della Compagnia portuale, assumendo di essere stati cancellati dai ruoli prima del raggiungimento dell’età massima, nella narrativa del ricorso introduttivo avevano fatto richiesta dell’indennità una tantum prevista dall’art. 27 del regolamento nazionale per i lavoratori della Compagnie portuali (commisurata ad un numero di mensilità pari al numero degli anni mancanti al raggiungimento dell’età pensionabile del sessantesimo anno di età), mentre nella conclusioni dello stesso ricorso avevano richiesto l’indennità una tantum prevista dal Regolamento nazionale dei lavoratori portuali del 1987, determinata in maniera analoga a quella prevista dal regolamento del 1975.

I presupposti per la corresponsione delle due indennità, dall’esame degli atti, risultano diversamente configurati, in quanto mentre la prima (art. 27, comma 1, reg. 1975) compete ai lavoratori portuali cancellati dal ruolo "per permanente inabilità al lavoro portuale", la seconda (art. 49 reg. 1987) compete ai lavoratori cancellati "per invalidità, nonchè a quelli che vengono collocati in quiescenza per anzianità di servizio".

Mentre il giudice di primo grado, di fronte alla contraddittorietà di quanto sostenuto nella parte narrativa e di quanto sostenuto nelle conclusioni, aveva dichiarato la nullità del ricorso, il giudice di appello, accogliendo l’impugnazione incidentale dei ricorrenti, ha ritenuto fondata la domanda in relazione alla seconda indennità.

Secondo la Corte d’appello, infatti, mentre per la prima indennità esistevano tutte le condizioni per il rigetto della domanda nel merito (per mancanza di prova dei presupposti di fatto indicati, pag.

20 della sentenza), per la seconda la domanda poteva essere accolta essendo riscontrabile la seconda fattispecie disciplinata dal richiamato art. 49, per il quale il diritto all’una tantum nasce non solo dall’invalidità, ma anche ("nonchè", nel testo sopra riportato) dalla collocazione in quiescenza per anzianità di servizio del richiedente. In altre parole, il giudice di appello non ha ritenuto provato che i ricorrenti fossero stati dichiarati inabili per l’esposizione all’amianto, ma ha dato per scontato che fossero stati collocati in quiescenza per anzianità di servizio.

La certezza su questa seconda circostanza è stata acquisita dal giudice sulla base della mancata contestazione da parte della convenuta Compagnia e di una serie di argomentazioni quali: essere "i ricorrenti, almeno in parte, titolari di pensione", probabile (ma non certa) ascrivibilità del collocamento a riposo ad anzianità (e non a vecchiaia).

10.- La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di modo che la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rende inutile provare il fatto stesso, in quanto lo rende incontroverso, mentre la mancata contestazione dei fatti dedotti in esclusiva funzione probatoria opera unicamente sulla formulazione del convincimento del giudice. Tuttavia, prosegue la giurisprudenza, la mancata contestazione da parte del convenuto può avere le dette conseguenze ove i dati fattuali, interessanti sotto diversi profili la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso (o perchè fondativi del diritto fatto valere in giudizio, o perchè rivolti a introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria). Infatti, "i dati fattuali, interessanti sotto diverso profilo la domanda attrice, devono tutti essere esplicitati in modo esaustivo o in quanto fondativi del diritto fatto valere in giudizio o in quanto volti ad introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria non potendosi negare la necessaria circolarità, per quanto attiene al rito del lavoro, tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova;

circolarità attestata – come è opportuno ribadire ancora una volta – dal combinato disposto dell’art. 414 c.p.c., nn. 4 e 5 e dall’art. 416 c.p.c., comma 3. Da qui l’impossibilità di contestare o richiedere prova – oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito – su fatti non allegati nonchè su circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano stati esplicitati in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo del giudizio" (Cass. S.u. 17.6.04 n. 11353).

Di fronte a questo principio, cui il Collegio intende dare continuità, il giudice di appello avrebbe dovuto indicare quali fossero i dati fattuali indicati dagli attori in punto di avvenuto collocamento in quiescenza per anzianità di servizio che parte convenuta aveva l’onere di contestare con il grado di specificità imposto dall’art. 416 c.p.c., comma 3. Invece, il giudice si è limitato ad indicare che i ricorrenti sostenevano di avere lavorato l’amianto e di essere per tale motivo inabili al lavoro, di modo che erano stati posti in prepensionamento (tesi questa dagli stessi ribadita con l’appello incidentale, v. le conclusioni riportate nell’intestazione della sentenza impugnata), e a dare atto che tale circostanza era stata contestata dalla Compagnia portuale e non era stata provata dagli attori. Non ha, invece, indicato quali fossero i "fatti" esposti ai sensi dell’art. 414 c.p.c., concernenti la diversa ratio decidendi adottata, su cui era basata la richiesta di attribuzione della seconda indennità, che la convenuta aveva onere di contestare ai sensi dell’art. 416 c.p.c., comma 3.

Dalla motivazione della sentenza, infatti, è dato comprendere che il giudice ha ritenuto mancanti di contestazione non circostanze di fatto oggettivamente indicate, ma presupposti di carattere giuridico implicito nella domanda proposta. Nonostante fossero stati indicati dati di fatto non pertinenti, essendo richiesta una indennità che il regolamento ricollegava (anche) al collocamento in quiescenza disposto per anzianità su domanda dell’interessato, il giudice ha ritenuto che la convenuta avrebbe dovuto contestare non solo i dati di fatto esplicitamente indicati, ma anche l’ulteriore circostanza (solo implicitamente desumibile dalla seconda domanda e impropriamente definita "fatto") che per nessuno dei lavoratori ricorrenti il presupposto per il godimento della seconda (e diversa) indennità fosse mai scattato.

Tale percorso non è corretto sul piano giuridico, in quanto pone a carico del convenuto un onere processuale che si pone al di fuori del dettato dell’art. 416, comma 3, che fa obbligo al convenuto di prendere posizione "circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda", ove, per quanto sopra detto, per "fatti" debbono intendersi dati fattuali, interessanti la domanda attrice, che siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso. Dato che tale indicazione, per implicita ammissione dello stesso giudice di appello, nel ricorso introduttivo mancava, viene a mancare il principale argomento portato per avvalorare l’esistenza dei requisiti necessari per l’attribuzione dell’indennità prevista dall’art. 49. 11.- Una volta escluso l’argomento base, le argomentazioni ulteriori portate a supporto dell’esistenza del prepensionamento "per anzianità di servizio" (esistenza di non meglio precisate "domande" e godimento da parte di alcuni degli attori di generica "pensione", pag. 24 della sentenza) non hanno sul piano logico valore probatorio, in quanto dirette a fornire indizi si carattere generale sullo status professionale dei richiedenti, ma non a dare elementi di convinzione sulle singole posizioni interessate.

12.- In conclusione, i primi sette motivi del ricorso principale sono fondati. L’accoglimento di tali motivi colpisce il punto dell’esistenza dei presupposti di diritto necessari per l’attribuzione della richiesta indennità, e, previo assorbimento di tutti gli altri motivi del ricorso principale e dei ricorsi incidentali, impone la cassazione della sentenza.

Non avendo il giudice di merito menzionato l’esistenza di ulteriori circostanze, rilevanti ai fini dell’esame della domanda, da prendere in considerazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la domanda stessa deve essere rigettata.

13.- Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

erano stati posti in prepensionamento (tesi questa dagli stessi ribadita con l’appello incidentale, v. le conclusioni riportate nell’intestazione della sentenza impugnata), e a dare atto che tale circostanza era stata contestata dalla Compagnia portuale e non era stata provata dagli attori. Non ha, invece, indicato quali fossero i "fatti" esposti ai sensi dell’art. 414 c.p.c., concernenti la diversa ratio decidendi adottata, su cui era basata la richiesta di attribuzione della seconda indennità, che la convenuta aveva onere di contestare ai sensi dell’art. 416 c.p.c., comma 3.

Dalla motivazione della sentenza, infatti, è dato comprendere che il giudice ha ritenuto mancanti di contestazione non circostanze di fatto oggettivamente indicate, ma presupposti di carattere giuridico implicito nella domanda proposta. Nonostante fossero stati indicati dati di fatto non pertinenti, essendo richiesta una indennità che il regolamento ricollegava (anche) al collocamento in quiescenza disposto per anzianità su domanda dell’interessato, il giudice ha ritenuto che la convenuta avrebbe dovuto contestare non solo i dati di fatto esplicitamente indicati, ma anche l’ulteriore circostanza (solo implicitamente desumibile dalla seconda domanda e impropriamente definita "fatto") che per nessuno dei lavoratori ricorrenti il presupposto per il godimento della seconda (e diversa) indennità fosse mai scattato.

Tale percorso non è corretto sul piano giuridico, in quanto pone a carico del convenuto un onere processuale che si pone al di fuori del dettato dell’art. 416, comma 3, che fa obbligo al convenuto di prendere posizione "circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda", ove, per quanto sopra detto, per "fatti" debbono intendersi dati fattuali, interessanti la domanda attrice, che siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso. Dato che tale indicazione, per implicita ammissione dello stesso giudice di appello, nel ricorso introduttivo mancava, viene a mancare il principale argomento portato per avvalorare l’esistenza dei requisiti necessari per l’attribuzione dell’indennità prevista dall’art. 49. 11.- Una volta escluso l’argomento base, le argomentazioni ulteriori portate a supporto dell’esistenza del prepensionamento "per anzianità di servizio" (esistenza di non meglio precisate "domande" e godimento da parte di alcuni degli attori di generica "pensione", pag. 24 della sentenza) non hanno sul piano logico valore probatorio, in quanto dirette a fornire indizi si carattere generale sullo status professionale dei richiedenti, ma non a dare elementi di convinzione sulle singole posizioni interessate.

12.- In conclusione, i primi sette motivi del ricorso principale sono fondati. L’accoglimento di tali motivi colpisce il punto dell’esistenza dei presupposti di diritto necessari per l’attribuzione della richiesta indennità, e, previo assorbimento di tutti gli altri motivi del ricorso principale e dei ricorsi incidentali, impone la cassazione della sentenza.

Non avendo il giudice di merito menzionato l’esistenza di ulteriori circostanze, rilevanti ai fini dell’esame della domanda, da prendere in considerazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la domanda stessa deve essere rigettata.

13.- Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, così provvede:

– accoglie i primi sette motivi del ricorso principale, con assorbimento degli altri motivi e dei ricorsi incidentali;

– cassa la sentenza impugnata e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda;

– compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *