Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 28-09-2011, n. 35249 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di L. G. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP presso il Tribunale di Bari in data 9-11-2010 per i reati di concorso in omicidio volontario aggravata in persona di tal D.B., detenzione e porto di armi comuni da sparo finalizzate a commettere detto omicidio, con l’aggravante di aver agito avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., il Tribunale del riesame di Bari, con ordinanza in data 17-01-2011, confermava la predetta misura intramuraria, ribadendo la sussistenza della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari.

Avverso tale ordinanza il L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta incidenza accusatoria dell’esito di asserite intercettazioni ambientali, mentre agli atti non era dato evincere alcuna intercettazione predetta coinvolgente il ricorrente;

Inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’ A. che non erano state valutate con l’estremo rigore richiesto dalla legge in punto di attendibilità intrinseca ed estrinseca, trattandosi di chiamate in reità, a prescindere da numerose contraddizioni nel racconto del propalante, minanti la stessa asserita attendibilità intrinseca del predetto, come, peraltro, segnalato da memoria difensiva a suo tempo prodotta e della quale non vi è traccia in motivazione. Si e, inoltre, dedotta l’inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’ A. perche assunte in violazione dell’art. 63 c.p.p. potendosi formulare ragionevoli ipotesi di compartecipazione del propalante al fatto omicidiario.

Si deduceva, infine, l’insussistenza delle esigenze cautelari segnatamente riferite all’asserito pericolo di fuga, smentito dallo spontaneo ritorno in Italia dal Brasile dopo il fatto delittuoso attribuito, tra gli altri, al figlio M. ed essendo del tutto apodittica e meramente presuntiva la ritenuta sussistenza del pericolo di recidivanza.

Il ricorso è infondato e va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Va richiesta la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Ed invero, 1’impugnata ordinanza, a smentita del pur abile tentativo difensivo di screditare il quadra di gravità indiziaria e di perdurante sussistenza di esigenze cautelari sulla persona dell’odierno ricorrente, ha puntualmente, correttamente e logicamente rappresentato le ragioni di conferma della primigenia misura coercitiva personale a carico del L.G.. Al riguardo si è fatto richiamo agli esiti delle intercettazioni ambientali ed alle dichiarazioni rese da A.B., con richiamo agli esiti dell’ispezione esterna del cadavere della vittima ad, ulteriore conferma e riscontro dell’attendibilità delle predette dichiarazioni.

Ciò postò, non sfugge che il nocciolo della caratura indiziaria in punto di gravità nei confronti del ricorrente è essenzialmente concentrato proprio nelle dichiarazioni dell’ A., con una serie di puntuali, logici e motivati riscontri.

Primo fra tutti, a supporto del determinante racconto fatto dal dichiarante nell’interrogatorio del 20-9-010 in relazione alla riunione tenutasi il 29-8-010 presso l’abitazione della famiglia L., con la presenza, tra gli altri, dell’odierno ricorrente, la conversazione registrata il 20-9-010 che, come puntualmente sottolinea l’impugnata ordinanza (cfr.fol.7), permette di ricostruire il movente del delitto, oltre che di individuare con certezza gli autori materiale di questo (uno dei quali figlio del ricorrente). Ed è proprio il movente del delitto, inequivocamente segnalato anche in punto di logica dall’impugnata ordinanza nella violenta ed esasperata contrapposizione tra il clan Loiudice e quello del Dambrosio (cfr. foll. 5 ss.gg. ordinanza impugnata) a coinvolgere in termini di ragionevole gravità indiziaria la figura del ricorrente, conferendo nel contempo altrettanto logico riscontro alle dichiarazioni dell’ A. rese nell’interrogatorio innanzi cit. con esplicito riferimento all’esito della intercettazione ambientale del 20-9-010 (nr. 100) (cfr. fol. 7 ordinanza in esame). In tali sensi, pertanto, le censure difensive restano superate dai rilievi conferiti a detta intercettazione a supporto del movente intuibilmente determinante nel coinvolgimento di gravità, indiziaria proprio della figura "centrale" della vicenda nel suo complesso logico-giuridico.

Manifestamente infondati i motivi di asserita inattendibilità delle dichiarazioni dell’ A. e di loro asserita inutilizzabilità.

Preme, al riguardo, richiamare l’ineccepibile valutazione operata in punto di fatto e diritto dal Tribunale del riesame barese sulle ragioni di sufficiente affidamento di credibilità dell’assunto del predetto dichiarante, in termini pienamente in linea con i criteri di valutazione ed attribuibilità di supporto relativo all’attendibilità di siffatte dichiarazioni del chiamante in reità, giusto il consolidato indirizzo offerto in subiecta materia da questo giudice di legittimità, cui si è conformata l’impugnata decisione (cfr. foll. 11-12-13-14-15).

Nè si comprende, per genericità di assertiva violazione dell’art. 63 c.p.p., la doglianza di asserita inutilizzabilità delle dichiarazioni del predetto A., posto che, in ogni caso, i fatti riguardano terzi e non il dichiarante, almeno per quanto attiene i termini della contestazione di cui in questa sede occorre far richiamo a carico del ricorrente.

Infondata, infine, le doglianze attinenti l’asserita inconsistenza delle esigenze cautelari, posto che, al riguardo, il Tribunale barese si è fatto motivato, logico e corretto carico di rappresentare non solo il ragionevole pericolo di fuga in rapporto alla presumibile entità della pena in caso di condanna, evidente essendo il più che intuibile e scaltro disegno di precostituzione di apprezzabile "alibi" posto in essere dell’indagato nel suo viaggio e permanenza in Brasile all’epoca del fatto, ma anche il concreto pericolo di recidivanza, proprio in ragione dei motivi del delitto e del clima di mafiosità accertato: nella sua programmazione ante e post-factum (cfr. foll. 15-16 ordinanza impugnata).

Il tutto, a prescindere dalla presunzione iuris tantum ex art. 275 c.p.p., comma 3 in assenza di elementi a smentita di tale presunzione anche ex L. n. 332 del 1995.

Alla stregua delle considerazioni che precedono va, pertanto, rigettato il ricorso in esame con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.. comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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