Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-07-2011) 28-09-2011, n. 35248

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. C.U.F. ricorre avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria il 14.12.2010, con cui è stato rigettato l’appello proposto avverso il rigetto di revoca o modifica del regime della custodia cautelare in carcere pronunciato dal Gip di quel tribunale in data 31 luglio 2010.

Deduce che il Tribunale ha errato nell’invocare un precedente giudicato cautelare, in relazione ai gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari, atteso che la ordinanza presa in considerazione, emessa in data 10 luglio 2010, è stata annullata con rinvio dalla corte di cassazione. Il tribunale non ha conseguentemente valutato il difetto di gravi indizi di colpevolezza, in relazione al capo U – unico rimasto a suo carico – privo del tutto di riscontri oggettivi alle dichiarazioni di certo B. D., non concorrente nel reato de quo. Inoltre, sottolinea che non esistono nemmeno le eccezionali esigenze cautelari che giustificherebbero il mantenimento della misura custodiate massima, nonostante egli sia ultrasettantenne.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla inesistenza del giudicato cautelare, su cui la difesa ha insistito in sede di discussione orale, producendo anche la pronuncia di annullamento con rinvio della precedente ordinanza di riesame, è palesemente infondato.

2. Il tema del "giudicato cautelare" è stato opposto dal Tribunale alla richiesta difensiva, di rivalutare il materiale in atti già esaminato nella precedente ordinanza del 10 luglio 2010, sul presupposto che il provvedimento del riesame non fosse stato impugnato. Il difensore ha eccepito che invece era stato proposto ricorso e pendeva (all’epoca) giudizio in Cassazione.

3. Occorre ricordare che le peculiarità del sistema cautelare rendono evidente che al termine "giudicato", non può in alcun modo, in tale materia, riconnettersi il rigore e l’assolutezza del principio sancito dall’art. 648 c.p.p. ma ha il solo significato, logicamente e giuridicamente corretto, di "preclusione endoprocessuale", idoneo ad impedire la reiterazione di domande su questioni già dedotte e trattate (anche implicitamente purchè necessariamente correlate a queste), mentre sicuramente non copre fatti e questioni deducibili, ma non dedotte e non esaminate. E’ dunque principio consolidato (sentenze S.U. n. 14535 del 19.12.2006, Librato; n. 18339 del 31.3.2004, Donelli; n. 8 del 25.6.1997, Gibilras; n. 11 del 8.7.1994,, Buffa; n. 20 del 12.10.1993, Durante;

nonchè Sez. 6, Sentenza n. 5374 del 25.10.2002, Riccieri; n. 26 del 12.11.1993, Galluccio) che rispetto alle ordinanze in materia cautelare, all’esito del procedimento di impugnazione o allo scadere dei termini per impugnare, si forma una preclusione processuale, anche se di portata più modesta di quella relativa alla cosa giudicata, perchè è limitata allo stato degli atti e copre solo le questioni dedotte.

4. Se ne è tratto il corollario, cui il giudice distrettuale si è adeguato, che non è consentito nè instare per la revoca di una misura divenuta "definitiva" sulla base di argomenti che non sono diversi rispetto a quelli già esaminati, nè che, essendo ancora la medesima misura sub iudice cautelare, si inizi in relazione alla stessa persona e lo stesso fatto un nuovo procedimento incidentale basato su i medesimi elementi e non deducendo fatti nuovi, sopravvenuti, che superino sostanzialmente la rilevata preclusione endoprocessuale.

5. Non occorre, in conclusione, che una precedente identica istanza sia stata definitivamente decisa per impedire che possa essere reiterata, bastando che sia già stata posta e che penda il giudizio su di essa. Tale situazione vale difatti a costituire preclusione in base al principio, anch’esso derivante dal generale divieto di bis in idem, della litispendenza: il quale, "in sintonia con le esigenze di razionalità e di funzionalità connaturate al sistema", parimenti impedisce, in tutte le situazioni che non implicano un conflitto di competenza e non sono accompagnate dall’esistenza di un provvedimento irrevocabile, di riproporre e di esaminare più volte la stessa domanda (S.U. n. 34655 del 28/06/2005, Donati).

6. Nel caso in esame appunto gli elementi posti a base della richiesta di revoca, per come esposto nella ordinanza e non contestato dal ricorrente non erano affatto nuovi o sopravvenuti rispetto a quelli indicati nella precedente ordinanza sub iudice, così che si era di fronte ad una litispendenza 7. E tale stato di fatto del procedimento è proprio dimostrato, ove ve ne fosse bisogno, dal sopravvenuto annullamento con rinvio del provvedimento con cui è stata valutata l’ordinanza genetica.

8. Il secondo motivo relativo alle esigenze cautelari è di conseguenza assorbito nel primo ed il ricorso è da dichiarare inammissibile, con la condanna del C. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

9. A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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