T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 19-10-2011, n. 1425

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Nella vigenza del precedente Piano cave, scaduto nel 2000, la C. era l’unico soggetto, all’interno del polo AP3g ad essere autorizzato all’escavazione in falda, in ragione della possibilità concessa di condurre l’attività estrattiva con tale modalità solo a chi già stava operando con la stessa e delle risorse presenti che lo consentivano.

In vista dell’adozione del nuovo Piano Cave, la C. proponeva alla Provincia di Bergamo, previa acquisizione del parere favorevole del Comune di Pontirolo Nuovo, in effetti espresso, l’ampliamento delle aree estrattive, sottolineando l’importanza del giacimento, tra i più pregiati e rilevanti della Provincia, con elevata potenzialità sfruttabile, inserito in un contesto prevalentemente agricolo e distante da centri abitati, servito da un’adeguata viabilità e destinato ad essere ampliato interessando aree non soggette ad alcun vincolo territoriale e/o ambientale, né di particolare pregio dal punto di vista ambientale e/o paesaggistico. La proposta veniva, quindi, successivamente integrata con un’approfondita relazione tecnica illustrativa, che evidenziava i sopra ricordati aspetti.

Essa è stata, quindi, almeno parzialmente fatta propria dalla Provincia di Bergamo nella nuova proposta di Piano predisposta dalla stessa nel 2003. Ciò a seguito di una accurata istruttoria tecnica e di un approfondito esame del fabbisogno, che ha condotto al recepimento di alcune delle richieste di C.. (sono state, infatti, confermate le profondità di escavazione e la possibilità di scavare in falda già precedentemente assentite, mai messe in discussione), mentre, con riferimento all’estensione dell’area di quello che è divenuto l’ATEg18, essa non è stata ampliata nella misura indicata da tale società.

La C. s.r.l. ha, quindi, presentato osservazioni a tale proposta di piano, chiedendo l’ampliamento dell’ambito nel settore occidentale, in conformità alla proposta formulata dalla stessa sulla scorta degli accordi stipulati con il Comune di Pontirolo Nuovo (che diverrà proprietario delle aree successivamente al loro recupero) ed al fine di consentire il raggiungimento della produzione stimata per il decennio.

Tale richiesta è stata, quindi, accolta, mantenendo inalterate le prescrizioni tecniche.

La proposta di Piano così approvata, tenuto conto delle osservazioni accolte, è stata trasmessa alla Regione, per la prosecuzione dell’iter.

La C. s.r.l. ha, però, formulato osservazioni anche all’interno dell’iter di competenza regionale, chiedendo una piccola, ulteriore, riperimetrazione dell’ambito, con aumento della superficie a 46,74 ettari, produzione prevista per il triennio di 3.360.000 mc e riserve residue per 360.000 mc.

L’istanza è stata ritenuta meritevole di positivo apprezzamento dalla competente Direzione Generale Qualità dell’Ambiente – Unità Organizzativa Attività Estrattive e di Bonifica – e da tutte le strutture amministrativetecniche preposte all’istruttoria, le cui conclusioni sono state fatte proprie dalla Giunta.

Ciononostante, la VI Commissione ha, invece, contrariamente a quanto proposto dalla Giunta, previsto una diversa riperimetrazione dell’Ambito, ampliando lo stesso in altra direzione, al fine di accogliere le istanza di sfruttamento di altre ditte, pur mantenendo invariata la volumetria complessiva. Nessuna modifica è stata prevista con riferimento alle prescrizioni tecniche, in specie con riferimento alla profondità di scavo.

Tuttavia, il 14 maggio 2008, con deliberazione del 14 maggio 2008, n. VIII/619, accogliendo un emendamento proposto in sede consiliare, il Consiglio regionale ha eliminato la prescrizione tecnica che consentiva, nell’ATEg18, l’escavazione in falda sino ad una profondità di 50 metri dal piano di campagna, peraltro omettendo di cancellarla anche dalla scheda tecnica relativa all’ambito, creando, quindi, un quadro di riferimento confuso e di difficile interpretazione, come evidenziato dalla stessa Provincia.

L’eliminazione di tale prescrizione e, quindi, l’esclusione della possibilità di coltivazione in falda ad una profondità di 50 metri incide, peraltro, anche sulle potenzialità di sfruttamento di quella parte dell’ambito nella disponibilità della ditta P.S. di P.E. & C. s.n.c., che – operando anch’essa nell’ATEg18 da circa venti anni e con la modalità della coltivazione a cielo aperto – ha, negli ultimi anni, estratto mediamente 12.00015.000 mc di materiale, nonostante una potenzialità riconosciuta di 20.000 mc, ma che per addivenire al pieno sfruttamento del giacimento dovrebbe poter procedere ad un ampliamento del lago di falda verso sud e alla successiva escavazione in falda.

Ritenendo, quindi, che il Piano Cave, privo della previsione tecnica per la coltivazione in falda dell’ATEg18 stralciata, sia illegittimo, l’approvazione dello stesso è stata impugnata con il ricorso in esame, nel quale sono dedotte le seguenti censure:

1. Violazione degli artt. da 2 a 8 della L.r. 14/98, i quali disciplinano la formazione del Piano cave. La proposta pianificatoria formulata dalla Provincia, in accoglimento anche delle osservazioni presentate, è stata radicalmente modificata dalla Regione, in violazione dei principi di competenza, partecipazione, tempestività e sussidiarietà e violando l’obbligo di motivare le proprie scelte. In nessun momento dell’iter procedimentale è stata mai messa in discussione la permanenza della prescrizione relativa alla profondità dell’escavazione, già prevista nel precedente Piano, nemmeno da parte della VI commissione consiliare;

2. Violazione dell’iter procedimentale con riguardo all’art. 8 della L.r. 14/98 e all’art. 3 della legge n. 241/90, nonché del diritto alla partecipazione procedimentale. L’eliminazione della prescrizione in parola nella sola fase di approvazione in Consiglio regionale ha integralmente precluso ogni possibilità di partecipazione per gli operatori del settore incisi dalla eliminazione della prescrizione. Ciò appare tanto più grave, quanto si consideri che tale repentino mutamento non è stato supportato da alcuna specifica motivazione volta ad evidenziare eventuali ragioni tecniche atte a giustificarlo;

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge regionale 14/98, eccesso di potere, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, derivante dall’integrale svuotamento del ruolo propositivo della Provincia e di quello tecnico della Giunta Regionale;

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge 14/98 e dei criteri regionali per la redazione dei piani provinciali delle cave. L’incoerenza tra le determinazioni della Giunta e del Consiglio sarebbe già stata rilevata come causa di illegittimità, in analoga vicenda, dal TAR Lombardia, Milano, sentenza 28 maggio 2007, n. 4700. In ogni caso il mancato raccordo tra valutazioni tecniche ed istruttorie fatte proprie dalla Giunta e valutazioni politiche operate dalla Commissione VI e dal Consiglio renderebbe illegittimo il provvedimento per l’assenza di ogni motivazione in ordine alle ragioni che hanno determinato quest’ultimo organo a discostarsi così nettamente dalla proposta dell’organo di governo. Tanto più considerato che la norma, se attribuisce alla Giunta regionale la possibilità di apportare integrazioni e modificazioni al Piano proposto dalla Provincia, consentirebbe al Consiglio di operare solo modifiche che comportino esclusivamente, a carico della Giunta, l’adeguamento degli elaborati cartografici e, quindi, meri aggiustamenti che non implichino difformità di rilievo;

5. violazione di legge per carenza di motivazione, atteso che la complessità (diseguale) dell’atto pianificatorio non assolverebbe il Consiglio dall’obbligo della coerenza con le determinazioni della Provincia proponente e della Giunta regionale, cui la legge affida il delicato compito istruttorio;

6. ulteriore violazione dell’art. 8 della L.R. 14/98 per incongruenza dell’elaborato cartografico rispetto alla modifica al Piano apportata in sede consiliare.

In vista della pubblica udienza l’Amministrazione regionale ha eccepito l’infondatezza del ricorso, in considerazione del fatto che il generale obbligo di motivazione previsto per tutti i provvedimenti amministrativi sarebbe escluso, invece, per gli atti normativi e a contenuto generale, quale deve qualificarsi il Piano cave. Peraltro l’obbligo di motivazione sarebbe intimamente collegato alla natura complessa del provvedimento in questione, cui il Consiglio di Stato ha attribuito, con sentenza n. 535/97, la natura di atto complesso ineguale, riconoscendo l’ampia discrezionalità della Regione, cui debbono essere imputate le scelte finali, le quali si sottrarrebbero ad uno specifico obbligo di motivazione. Tanto più laddove, come nel caso di specie, la Regione non ha inserito un nuovo ambito, ma si è limitata a ripristinare le scelte provinciali anteriori all’accoglimento delle osservazioni dell’odierna ricorrente.

In ogni caso il potere di modifica del piano proposto dalla Provincia sarebbe riconosciuta dall’art. 8 sia alla Giunta, che al Consiglio regionale.

Dal canto suo, parte ricorrente ha replicato rappresentando come, sin dal 1998 lo sfruttamento della cava sia avvenuto in pieno accordo con il Comune di Pontirolo Nuovo, programmando la successiva destinazione dell’area di scavo, previo recupero, alla realizzazione di un parco con annessa oasi naturalistica che vedrà il suo punto di forza nell’esistente lago.

Ciò precisato, essa ha richiamato le deduzioni del ricorso, insistendo per il suo accoglimento. In particolare ha sottolineato come la modifica apportata, definita dalla Regione come "meramente parziale", comporterebbe, in realtà, una riduzione di un quinto della potenzialità del giacimento.

Alla pubblica udienza, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Nella controversia in esame, il Collegio è chiamato, ancora una volta, ad occuparsi della natura del Piano Cave, del ruolo dei soggetti coinvolti nella sua formazione, dell’obbligo di motivazione delle scelte operate.

Per quanto attiene al primo di tali aspetti è pur vero che, nella richiamata, da parte resistente, sentenza n. 535 del 1997, la Sesta sezione del Consiglio di Stato ha affermato che: "Nella Regione Lombardia, l’approvazione del piano provinciale delle cave predisposto ai sensi della L. reg. 30 marzo 1982 n. 18 si configura come atto complesso, nel quale gli Enti locali svolgono un ruolo di proposta (la Provincia) e di collaborazione (i Comuni), che non condizionano, neppure sotto il profilo del contenuto, le decisioni finali della Regione, alle quali soltanto si imputa l’effetto finale". Nella stessa pronuncia si legge, altresì, che le "scelte che attengono al merito dell’azione amministrativa…, se effettuate nel rispetto del procedimento delineato dal legislatore regionale, si sottraggono a censure di illegittimità".

Ciononostante il Collegio ritiene di poter condividere l’orientamento giurisprudenziale (già fatto proprio da questo Tribunale, nella sentenza n. 1607 del 2010, in relazione ad analoga vicenda, avente ad oggetto il medesimo piano provinciale), il quale prende le mosse dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI – 12/11/2003 n. 7261 dove si legge che: "ove la Regione intenda discostarsi dalla proposta iniziale riservata alla competenza dell’Amministrazione provinciale, deve enunciare le ragioni di tale scelta; diversamente il Piano sarebbe il risultato di una decisione arbitraria della Regione e si porrebbe in contrasto con il dettato della legge regionale che configura il Piano medesimo come atto complesso, derivante dal concorso di volontà di soggetti diversi".

Se ciò esclude la sussistenza di un’autonoma potestà regionale per la creazione di nuove aree estrattive, in ogni caso "il procedimento viene a configurarsi….come una serie di cerchi concentrici nell’ambito dei quali è possibile introdurre modificazioni", ma a tal fine deve ritenersi necessario che sulle nuove e diverse scelte operate dalla Regione sia "coerentemente assicurato il contraddittorio istruttorio al fine di non pervenire alla scelta di soluzioni non rispettose dei principi dettati dalla stessa legge regionale in tema di Piani cave: il principio del giusto procedimento si deve coniugare quindi anche con quello dell’adeguata istruttoria procedimentale, al fine di armonizzare i divergenti interessi coinvolti nella procedura pianificatoria estrattiva" (così la sentenza di questo Tribunale, I, 8 febbraio 2010, n. 618, che il Collegio condivide).

Ne deriva che, come chiarito nella sentenza di questo Tribunale del 4 maggio 2009, n. 893, "le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r. 14/98, là dove prevedono che alla proposta presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale possa apportare "integrazioni e modifiche" da sottoporre poi al Consiglio regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta arrivata alla Giunta".

Richiamati i principi sin qui enunciati, nel caso di specie si rende necessario andare oltre, in considerazione del fatto che il contenuto finale del Piano si discosta non solo dalla proposta Provinciale, ma anche dallo strumento pianificatorio predisposto dalla stessa Giunta Regionale. Tale andamento dei fatti ha un chiaro riflesso sulla sussistenza di uno specifico obbligo di motivazione, che, sebbene non possa configurarsi in ordine ad atti dal contenuto generale e pianificatorio, appare invece affermarsi con forza laddove il provvedimento finale contraddice le scelte anteriori, discostandosi, nella determinazione del contenuto dello stesso, dagli esiti e le evidenze cui hanno condotte le complesse indagini istruttorie, snodatesi nel corso di più anni e poste nel nulla in modo repentino e privo di alcun supporto tecnico. Si impone, inoltre, la necessità di non trascurare il legittimo affidamento ingenerato nei confronti della società odierna ricorrente.

Nel disporre la contestata cancellazione della prescrizione, la Regione avrebbe dovuto tenere conto della realtà pregressa e disporre una verifica di eventuali sopravvenute condizioni che rendessero opportuna una diversa modalità di coltivazione. Ciò al fine di supportare, sul piano tecnicomotivazionale, la scelta operata che, in assenza di qualsiasi specifica motivazione, appare del tutto incongrua ed irragionevole, in quanto non supportata da alcuna risultanza tecnica.

Sotto questi, specifici, profili, il provvedimento impugnato appare, quindi, viziato. Rientra, invece, nella valutazione discrezionale rimessa agli organi coinvolti nel procedimento riesaminare le deduzioni relative alla mancata considerazione del passaggio del tempo e del conseguente quasi esaurimento del quantitativo di escavazione previsto.

Quest’ultime, peraltro, riguardono fatti sopravvenuti, irrilevanti in sede di valutazione della legittimità originaria dei provvedimenti.

Così accolto il ricorso in esame, le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza e debbono, pertanto, essere poste a carico, per un terzo, della Provincia di Bergamo, che aveva accolto solo parzialmente le osservazioni della ricorrente e per due terzi della Regione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna le Amministrazioni resistenti al pagamento delle spese del giudizio a favore delle ricorrenti, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad IVA, C.P.A., rimborso forfetario delle spese e rimborso del contributo unificato anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, di cui un terzo a carico della Provincia e due terzi a carico della Regione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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