Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-07-2011) 28-09-2011, n. 35210

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Massa, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello proposto dal responsabile civile AXA ASSICURAZIONI s.p.a e dalla parte civile D.G.C., confermando integralmente la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto la penale responsabilità di Z.C. per il reato di lesioni colpose gravissime conseguenti ad incidente stradale, commesso il (OMISSIS), in danno del D.G.. La sentenza confermava, pertanto, la condanna della medesima, concesse le attenuanti generiche, alla pena di Euro 1.500 di multa ed, in solido con la AXA ASSICURAZIONI, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da liquidarsi in sede civile, con provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 400.000,00 in favore del D. G., Euro 50.000 in favore della moglie ed Euro 25.000 in favore del figlio.

Il Tribunale non condivideva il motivo di appello attinente l’errata ricostruzione della dinamica del sinistro da parte del primo giudice, argomentato sul rilievo che il comportamento del D.G. – a causa della velocità eccessiva e di una frenata imperita- era stata concausa dell’evento. Il giudicante riteneva sussistente un adeguato quadro probatorio a carico della Z., desumibile dalla relazione della Polizia municipale, che non aveva riconosciuto un particolare rilievo alla velocità tenuta dal motociclo, sia per le dichiarazioni raccolte dai testimoni oculari sia per il ruolo assorbente della presenza di un ostacolo imprevedibile sulla traiettoria del mezzo costituito dall’autovettura dell’imputata, che in palese violazione delle norme del codice della strada effettuava improvvisamente manovra di attraversamento della propria corsia per compiere inversione ad U. Coerentemente disattendeva le conclusioni del consulente della difesa del responsabile civile, del quale riteneva superflua l’esame in dibattimento dal momento che il suo punto di vista era stato compiutamente illustrato nella relazione.

Il giudicante respingeva altresì i motivi proposti dal responsabile civile afferenti la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile. In particolare, l’appellante, fatto presente che nelle more del giudizio di primo grado, il D.G. aveva ricevuto la somma complessiva di Euro 923.784,75 a titolo di risarcimento dei danni (Euro 630.173,39 dall’INAIL, trattandosi di sinistro avvenuto durante il tragitto verso il posto di lavoro della vittima, ed Euro 300.000,00 dalla AXA Assicurazioni), aveva richiesto che fosse respinta la condanna al risarcimento del danno, in quanto già integralmente risarcito, ed in subordine che fosse dichiarata la insussistenza dei presupposti per la concessione della provvisionale per mancanza della prova dell’esistenza di un danno quantificabile in misura superiore a complessivo importo sopra liquidato. Sul punto il Tribunale, dato atto che dalla CTU era emersa un danno biologico permanente pari all’85% ed una condizione di inabilità temporanea assoluta per mesi 8 liquidava in favore del D.G. la somma complessiva di Euro 891.708,75 con riguardo al danno biologico d Euro 32.076,00 per i mesi di inabilità assoluta e dalla somma complessiva di Euro 923.784, 75 detraeva i 300.000 Euro già corrisposti dalla AXA Assicurazioni. In secondo luogo il giudicante, dava atto che, pure all’esito dell’istruttoria svolta, non erano state chiarite le componenti di danno per le quali l’INAIL aveva inteso esercitare il diritto di surroga nei confronti del responsabile del danno e che, per tale motivo, non era possibile risolvere definitivamente la questione dell’ammontare del risarcimento spettante alla parte civile. Confermava altresì la misura della provvisionale riconosciuta dal giudice di primo grado.

Il Tribunale rigettava altresì la eccezione di incompetenza del giudice di pace per il superamento del limite di Euro 15.493,71, rilevando, innanzitutto, la tardività dell’eccezione non proposta immediatamente dopo l’accertamento della regolare costituzione delle parti; nel merito riteneva che la questione era superata dall’ordinanza della Corte Costituzionale in data 5 maggio 2008, secondo la quale l’individuazione del giudice competente appartiene alla discrezionalità del legislatore, il quale nel caso in esame aveva privilegiato la strada del simultaneus processus della confluenza dell’azione civile nel procedimento penale.

La ricostruzione fattuale della vicenda, induceva inoltre il giudice di secondo grado a disattendere i motivi di gravame di merito e, preliminarmente, a non accedere alla sollecitata richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale per l’escussione di un teste indicato come sopraggiunto dopo il verificarsi del sinistro.

La ricorrente AXA Assicurazioni articola cinque motivi.

Con il primo prospetta la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta esclusione del concorso di colpa della vittima nella determinazione del sinistro a causa della eccessiva velocità, superiore al limite previsto dei 50 Km/h e comunque non consona alla situazione dei luoghi in presenza di un incrocio. Sul punto sottopone a censura le valutazioni compiute dal giudicante con riferimento a dichiarazioni testimoniali ed alla relazione del consulente di parte del responsabile civile.

Con il secondo motivo si duole della mancanza di motivazione sul motivo di appello con il quale era stato richiesto il riconoscimento della corresponsabilità nella determinazione del sinistro anche per avere costui posto in essere una frenata imperita – ovvero oltre il limite del ribaltamento – nonostante le buone condizioni di tempo e di luogo. Ciò sul rilievo incontestato che le lesioni subite dal D. G. non erano derivate dall’urto tra la vettura condotta dalla Z. ed il motociclo della vittima, ma erano imputabili al ribaltamento del motociclo con conseguente caduta a terra del conducente, che andava ad urtare con la testa contro il copriruota anteriore sinistro dell’auto ferma. La frenata imperita, verosimilmente attribuibile alla scarsa confidenza con il mezzo, acquistato solo tre mesi prima dell’incidente, con la conseguente perdita di controllo del mezzo, aveva impedito al D.G. di deviare a sinistra evitando così l’ostacolo fermo costituito dalla vettura condotta dalla Z..

Con il terzo motivo lamenta la mancanza di motivazione dell’ordinanza in data 22.2.2010, che pure impugna, sulla richiesta formulata dal responsabile civile di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale disponendo perizia volta ad accertare la velocità tenuta dal D.G. e comunque la dinamica del sinistro.

Con il quarto motivo prospetta la manifesta illogicità della motivazione con riferimento al motivo di appello rivolto a far valere l’erroneità della condanna generica al risarcimento del danno in favore del D.G. o, in subordine, della condanna del medesimo al versamento di una provvisionale a favore del medesimo. Si sostiene che l’importo complessivamente ricevuto dal D.G. doveva essere dichiarato sufficiente a risarcire tutti i danni subiti dallo stesso anche considerando una responsabilità esclusiva della stessa e che, pertanto, non doveva essere emessa condanna dell’imputata in solido con la ricorrente al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili; in subordine non doveva essere liquidata alcuna provvisionale in favore del D.G. mancando la prova dell’esistenza di un danno in misura superiore agli importi ricevuti.

Con il quinto motivo lamenta la manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della eccezione di incompetenza del giudice di pace a liquidare provvisionali di importo superiore a quello previsto dall’art. 7 cod. proc. civ, cioè Euro 15.493,71. Si sostiene che il giudicante, nel rilevare la tardività dell’eccezione, aveva tralasciato di considerare che la richiesta di risarcimento danni di importo superiore a quello per il quale deve ritenersi competente il giudice di pace non costituisce motivo di inammissibilità della costituzione di parte civile e, pertanto, non soggiace al termine previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. ma violazione dell’art. 538 cod. proc. pen., comma 2. Si sostiene altresì l’illogicità della motivazione laddove richiama l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 138 del 2008 in quanto la questione affrontata dalla Corte Costituzionale riguarderebbe la competenza del giudice di pace a giudicare nella materia penale a lui devoluta anche sulla costituzione di parte civile oltre il limite di valore di cui all’art. 7 cod. proc. civ., mentre nel caso in esame era in discussione l’avvenuta liquidazione oltre il limite anzidetto.

Motivi della decisione

Il ricorso è parzialmente fondato con riferimento alle statuizioni civili afferenti il risarcimento dei danni, oggetto della censura di cui al quarto motivo.

Il primi tre motivi, tutti afferenti il giudizio di responsabilità esclusiva della Z. nella determinazione dell’evento, in quanto strettamente connessi, meritano trattazione congiunta.

Le doglianze non meritano accoglimento pur a fronte di una motivazione della sentenza di appello oltremodo sintetica, costruita rinviando di fatto a quella di primo grado.

Infatti, nella specie, tale modo di argomentare, se pur non ineccepibile, non risulta meritevole di censure in questa sede, risultando sostanzialmente assolto l’obbligo di corrispondere alle doglianze del ricorrente.

Vale ricordare, in proposito, che il giudice di appello deve certamente valutare tutti i motivi di gravame e tenere conto di tutti gli argomenti proposti dall’appellante a sostegno degli stessi, ma in sede di redazione della motivazione deve limitarsi ad illustrare le ragioni che legittimano la decisione assunta: ciò significa che, se è necessario che detto giudice debba discutere di tutti i motivi di gravame, non è affatto necessario che egli "risponda" a tutti gli argomenti posti a sostegno dei motivi di impugnazione, dal momento che molti di essi vengono implicitamente superati dalle ragioni di segno contrario che legittimano la decisione (v. Sez. 4^, 10 novembre 2005, Salsiccia).

Ma vale, assorbentemente, ricordare che, anche a voler ipotizzare l’omissione di apprezzamento prospettata nel ricorso, l’omesso esame di un motivo di appello non è causa di annullamento della sentenza se il motivo è generico o manifestamente infondato (v Sez. 5^, 28 giugno 2005, Di Bartolomeo ed altri).

Il ricorrente, in vero, introduce in questa sede censure di merito afferenti la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.

Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus, da ultimo Sez. 4^, 20 maggio 2010, Corrent).

Or bene, la lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure di illogicità articolate dal ricorrente, giacchè ricostruisce, con motivazione corretta e convincente, le modalità dell’incidente stradale in termini coerenti con l’addebito di colpa formulato nei confronti della imputata. E ciò fa attraverso la disamina dei dati obiettivi ricavati dagli atti di causa.

Innanzitutto, gli accertamenti compiuti dalla Polizia municipale intervenuta nell’immediatezza dell’incidente, la quale ha rilevato la posizione di quiete dell’auto al centro strada, a conferma del fatto che l’automobilista stava attraversando la doppia striscia continua presente nella zona al fine di effettuare manovra di conversione ad U, escludendo ogni rilievo alla velocità del motociclo, anche alla luce delle dichiarazioni rese dai testimoni oculari, i quali hanno concordemente affermato una velocità del motociclo nei limiti.

Il giudicante ha ritenuto tali ricostruzione delle modalità dell’incidente coerente alle risultanze istruttorie e da preferire rispetto alle conclusioni del consulente della compagnia assicuratrice, il quale aveva stimato la velocità del motociclo in 55 Km/h e come tale non adeguata al percorso interessato da due passaggi pedonali a breve distanza e da un incrocio. Il Tribunale, nel valutare la relazione peritale, ha sottolineato che il perito, al fine di pervenire alla quantificazione del parametro di 55 Km/h, era partito da un dato indimostrato, cioè la maggiorazione fittizia di un metro rispetto alla traccia di frenata lasciata sull’asfalto dal motociclo (la c.d. frenatura invisibile, cioè la decelerazione, impartito il comando di frenata, anteriore al blocco della ruota), cioè una lunghezza di metri 3,55 anzichè 2,55. Trattandosi di un fattore non ponderato nè dai vigili urbani e neanche dal consulente di parte civile, e non trovando riscontro in dati obiettivi, il giudicante ha correttamente e logicamente ritenuto di disattendere tale tesi.

Con tali convincenti argomentazioni il giudice di secondo grado ha così respinto anche la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, attraverso l’esame in dibattimento del consulente della difesa, sul decisivo rilievo che il suo punto di vista era stato compitamente illustrato nella relazione.

E’ una decisione non solo ineccepibile in fatto, atteso il precipuo oggetto della invocata testimonianza, ma corretta in diritto, ove si consideri che, pacificamente, l’istituto della rinnovazione del dibattimento in appello costituisce un istituto eccezionale che deroga al principio di completezza dell’istruzione dibattimentale di primo grado, per cui ad esso può e deve farsi ricorso solo quando il giudice lo ritenga assolutamente indispensabile ai fini del decidere nel senso che non sia altrimenti in grado di farlo allo stato degli atti.

La determinazione del giudice, in proposito, è incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata (ex pluribus, Sez. 4^, 10 giugno 2003, Vassallo): ciò che nella specie, per quanto osservato, non è revocabile in dubbio.

Sono state, pertanto, recepite le argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza di primo grado che ha correttamente addebitato alla Z. la violazione della norma cautelare specifica (l’art. 154 C.d.S.) e generica (in base alla quale, la pericolosità della manovra di inversione di marcia impone che la stessa debba essere eseguita in condizione di assoluta sicurezza) ed ha in concreto verificato che l’evento dannoso conseguente a tali violazioni era prevedibile ed evitabile da parte dell’imputata e che una condotta diversa da parte della stessa, caratterizzata da particolari precauzioni, avrebbe evitato il grave incidente. Nella specie, le censure proposte attinenti al prospettato diverso svolgimento del fatto ed alla mancata considerazione della eventuale sussistenza del comportamento colposo del D.G. presuppongono un sindacato esorbitante i limiti del giudizio di legittimità, a fronte di una decisione che ha ritenuto di fondare la responsabilità esclusiva della Z. attraverso una disamina logica e coerente del materiale probatorio, ponendo le gravi violazioni dalla stessa poste in essere quale causa efficiente del sinistro.

Rispetto a tale quadro probatorio la doglianza di parte ricorrente in ordine alla omessa valutazione da parte del giudice del motivo di appello afferente l’eventuale sussistenza del concorso di colpa del D.G. per la frenata imperita si risolve in una censura di merito, inaccoglibile per quanto sopra detto e risulta implicitamente superata dalle ragioni di segno contrario che legittimano la decisione.

Passando all’esame delle censure afferenti il risarcimento dei danni, va per prima affrontata in ordine logico, la questione dell’asserita incompetenza del giudice di pace a liquidare provvisionali di importo superiore a quello previsto dall’art. 7 cod. proc. civ, cioè Euro 15.493,71.

Il motivo è infondato,poichè, quando l’azione civile è esercitata nel processo penale non si pone alcun problema di determinazione del valore agli effetti della competenza, posto che la competenza subisce automaticamente l’attrazione di quella del giudice penale.

Parimenti infondato è la censura afferente l’intervenuta liquidazione della provvisionale, già riconosciuta dal primo giudice e confermata dalla sentenza impugnata, in ordina alla quale vale il principio consolidato secondo il quale il provvedimento con il quale il giudice del merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva, non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (v Sezioni unite, 19 dicembre 1990, Capelli, rv. 186722).

E’ fondato invece il motivo rivolto a far valere la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla condanna al risarcimento del danno in favore del D.G., sostenendosi che l’importo complessivamente ricevuto dallo stesso fosse già sufficiente a risarcire tutti i danni subiti. Torna utile sottolineare che il Tribunale, facendo riferimento ad una accertata menomazione della preesistente integrità psicofisica del D. G. nella misura dell’85%, e ad una condizione di inabilità assoluta per mesi otto, ha proceduto alla liquidazione del danno biologico nella misura di Euro 891.708,75 e di Euro 32.076,00 a titolo di invalidità temporanea assoluta ed ha affermato, in motivazione, che dalla somma complessiva doveva essere detratta quella di Euro 300 00.00 già corrisposti dall’Axa, mentre non poteva essere risolta definitivamente la questione dell’ammontare del risarcimento spettante alla parte civile "perchè non si intuisce se e in che limiti debba essere operata una decurtazione rispetto all’ammontare di Euro 623.784,75". Di tale liquidazione dei danni, come risulta scritta; in motivazione, non vi è però traccia nel dispositivo, che, nel rigettare l’appello, si limita a confermare integralmente la sentenza impugnata, che aveva condannate la Z. al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi nella competente sede civile ed al pagamento di provvisionali.

E’ evidente, pertanto, la divergenza tra motivazione e dispositivo, che non può essere risolto in questo caso facendo ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata della decisione. Tale procedimento interpretativo è consentito soltanto nei casi in cui la divergenza tra l’uno e l’altra sia stata determinata da un errore materiale contenuto nel dispositivo e sia immediatamente riconoscibile così da poter consentire il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata della decisione.

La riconoscibilità deve infatti risultare con assoluta evidenza dalla lettura della stesso dispositivo oppure dalla lettura della motivazione ma, in quest’ultimo caso, purchè sussistano elementi certi e logici, come tali, univocamente interpretabili che consentano di ritenere errato il dispositivo, sia pure in parte, per un errore materiale intervenuto nella redazione di tale documento.

Invero, intanto è consentito il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata della decisione in quanto il contrasto tra dispositivo e motivazione sia evidente, potendosi escludere con assoluta certezza che la motivazione sia stata strumentalmente rivolta a giustificare un errore od un’omissione, intervenuti nel processo formativo della volontà.

In difetto della sicura ricorrenza dei presupposti sopra accennati, deve invece trovare applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza, ma si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello giustificativo (cfr., per utili riferimenti, Sezione 4^, 4 ottobre 2006 – 4 novembre 2006 n. 36619, Maio, n.m.).

Del resto, va anche ricordato il principio in forza del quale nella sentenza dibattimentale, in caso di difformità tra dispositivo e motivazione, prevale il primo sulla seconda, in quanto è il dispositivo letto in udienza che costituisce l’atto con cui il giudice estrinseca la volontà della legge nel caso concreto; e ciò diversamente dal caso della decisione camerale, dove ogni contrasto fra motivazione e dispositivo comporta la prevalenza della prima sul secondo, in quanto, non vi è momento distintivo tra dispositivo e motivazione, che nel loro insieme costituiscono la decisione (Sezione 5^, 20 maggio 2004, Fattoruso, rv. 228709; nonchè, Sezione 4^, 26 maggio 2006 – 28 luglio 2006 n. 26775, Spera, non massimata sul punto).

Applicando tali principi al caso in esame va rilevato che l’apprezzamento della reale determinazione giudiziale impone di attribuire prevalenza al dispositivo, nella parte in cui si limita a confermare integralmente la sentenza impugnata,che aveva condannata la Z. al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi nella competente sede civile ed al pagamento di provvisionali.

S’impone, pertanto, l’annullamento sul punto della sentenza impugnata e il rinvio per nuovo esame al giudice civile competente in grado di appello ex art. 622 cod. proc. pen., al quale demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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