Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 28-09-2011, n. 35238 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di B.D. propone ricorso avverso l’ordinanza del 11 marzo 2011 del Tribunale di Salerno con la quale è stato respinto il riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in relazione ai reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74.

Si lamenta violazione di legge processuale prevista a pena di nullità, in materia di valutazione della chiamata di correo, per la mancanza di motivazione e contraddittorietà della stessa in ordine alla sussistenza dei riscontri individualizzati. Si osserva in particolare che i chiamanti in correità hanno attribuito alla ricorrente ruoli completamente diversi, formulando dichiarazioni tra loro contraddittorie. In argomento il Tribunale, pur prendendo atto della diversità delle affermazioni riguardanti la B. provenienti dai dichiaranti, ha ritenuto che l’indicazione della donna quale persona genericamente dedita ad attività correlata al trattamento di sostanza stupefacente, serva a collegare le differenti indicazioni; la legittimità di questa ricostruzione viene contestata nell’atto introduttivo. In esso si operano dei richiami specifici alle dichiarazioni dei collaboranti che, su domanda diretta, non erano stati in grado di precisare se l’odierna ricorrente avesse effettuato il trasporto di stupefacente, se avesse avuto un ruolo di custode della cocaina o di trasporto di danaro per conto dell’ E., al quale risulta legata sentimentalmente, sicchè si ritiene che illegittimamente il Tribunale abbia operato la richiamata valutazione complessiva di credibilità, in quanto formulata in violazione dei principi normativi in materia.

2. Con il secondo motivo si lamenta mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza della partecipazione al reato associativo, posto che, a tutto concedere, il ruolo della donna non risulta chiarito e che l’unico reato fine contestato, relativo alla cessione di cui al capo 14 dell’imputazione, non avrebbe legittimato comunque la presenza di indizi per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74, mentre nessun elemento indiziario di conferma è stato segnalato sul punto della consapevolezza della donna dell’esistenza di un’associazione, e la sua volontà di farne parte, condividendone gli scopi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato. Il provvedimento impugnato si fonda su una chiara opzione interpretativa non condivisibile, in applicazione della quale si ritengono sufficienti gli elementi forniti dai collaboranti, se pur non riferiti ai medesimi episodi illeciti, ove riguardino in generale attività svolte nel medesimo settore merceologico di attività, e nel medesimo contesto spazio, temporale e personale.

A riguardo deve al contrario osservarsi che, se tale individuazione di contesto può astrattamente essere ritenuta sufficiente nel caso di contestazione associativa, analoghe risultanze non appaiono idonee a sorreggere gli elementi di accusa relativi alla contestazione di cui all’art. 73 cit., che non può mai riguardare un’attività commerciale genericamente intesa, ma deve riferirsi a precise azioni collocate nel tempo e nello spazio, ed attinenti ad altrettanto specifici scambi o detenzioni illecite. Conseguentemente la gravità indiziaria deve essere valutata con riferimento alla sussistenza di tali elementi concreti; nel caso in esame, l’accusa relativa al delitto contestata al capo 14) richiamato deve necessariamente essere sorretta dalla convergenza di dichiarazioni sugli episodi specificamente contestati nel capo di imputazione, dato la cui sussistenza nel caso concreto è possibile escludere proprio in base all’esame del provvedimento impugnato, nel quale si da chiaramente atto che gli episodi di cui parlano i tre collaboranti, che vedono coinvolta la B. in attività connesse all’attività di cessione di stupefacenti hanno natura diversa, riguardando la custodia di fumo, in un caso, in altro di cocaina, ed in due occasioni differenti il trasporto di denaro che si assume ricavato dall’illecito traffico, elementi tutti che nella loro frammentarietà non consentono una correlazione sulla singola attività, che permetta di circostanziare le accuse anche in riferimento ad una sola di esse.

2. Sicuramente il complesso di tal indicazioni, per quanto richiamato dal giudice del riesame in ordine alla convergenza nella individuazione di un contesto criminale potrebbe, al fine di gravità indiziaria, ritenersi sufficiente per la contestazione associativa;

rispetto a tale ipotesi però le censure difensive colgono nel segno nel rilevare la mancata individuazione nello specifico degli elementi di accusa dai quali poter desumere la consapevolezza dell’agente della presenza di un gruppo organizzato, cui l’attività della donna forniva ausilio, elementi da cui poter trarre conforto sulla coscienza e volontà partecipativa di questa al gruppo, che evidentemente costituisce un quid pluris al fine di qualificare la singola attività illecita, che può ritenersi sintomo dell’azione associativa, solo ove iscritta nel quadro dell’azione programmata dal gruppo illecito, azione complessiva di cui l’agente del singolo frammento abbia consapevolezza. Se è del tutto pacifico in giurisprudenza che la partecipazione all’illecito in esame possa desumersi anche dalla partecipazione alla singola attività illecita (Sez. 6, Sentenza n. 6867 del 14/01/2008, dep. 13/02/2008, imp. Palamara, Rv. 239670) risulta altrettanto univocamente che sia necessario poter trarre dagli elementi indiziari la consapevolezza della presenza del gruppo e dell’apporto conferito stabilmente alla sua attività dalla propria collaborazione.

Nella specie sussiste l’elemento forte, desumibile dal legame affettivo tra l’interessata ed uno dei componenti la compagine, ma manca la valorizzazione degli elementi indiziari relativi alla connessione consapevole della propria attività a quella di un gruppo associato, potendo in assenza di essi ipoteticamente circoscriversi la collaborazione prestata nell’ambito di ausilio riconosciuto in maniera episodica in favore della persona alla quale la donna risulta legata, ed in ipotesi potenzialmente ignorando quanto presente al di fuori del singolo compito realizzato.

In ragione degli elementi esposti deve disporsi l’annullamento dell’ordinanza impugnata ed il rinvio al Tribunale di Salerno per nuovo esame sui punti indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Salerno.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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