Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-02-2012, n. 2037 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 2007, P.A. conveniva dinanzi alla Corte di appello di Salerno, il Comune di Castel San Giorgio chiedendo che fossero determinate le giuste indennità sia di espropriazione definitiva, intervenuta con due decreti, (del 13.02.2007 e del 26.03.2007) relativi rispettivamente l’uno a mq 1339 e l’altro a mq 127 di terreno, e sia di occupazione legittima, disposta con vari decreti (n. 3172 e 3094 del 2004), indennizzi inerenti a porzioni di terreno edificabile, site nella frazione (OMISSIS) e ricadenti in zona PEEP, di cui il medesimo P. era proprietario e che l’ente aveva destinato alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Con sentenza del 5.12.2009- 25.02.2010, l’adita Corte di appello, in accoglimento della domanda introduttiva, determinava l’indennità di espropriazione in Euro 146.700,00 e l’indennità di occupazione legittima in Euro 10.047,00, somme entrambe da maggiorare degli interessi legali e da depositare per gli importi differenziali, presso la Cassa Depositi e Prestiti; inoltre, condannava il Comune al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 6.796,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.300.00 per diritti, Euro 3.000,00 per onorari ed Euro 2.296,00 per CTU, oltre accessori, spese generali, IVA e CPA. La Corte territoriale, anche in base all’esito dell’espletata CTU, riteneva:

che la domanda era stata ritualmente proposta, essendo stata notificata entro 30 giorni dalla notifica dei due decreti di esproprio, pur in mancanza della stima definitiva, che rendeva inapplicabile il termine decadenziale;

che infondata era la tesi del Comune convenuto, il quale aveva invocato l’inapplicabilità per tardività degli adottati atti, in quanto emessi a distanza di oltre un ventennio dall’adozione del vincolo preordinato all’esproprio;

che con tale eccezione l’amministrazione intendeva sottrarsi alle sue responsabilità per attività reiterata nel tempo, lesiva di diritti soggettivi, e comunque tale eccezione era inammissibile non potendo il g.o. disapplicare l’atto amministrativo, una volta intervenuta dinanzi al giudice amministrativo pronunzia di rigetto della domanda di declaratoria dell’illegittimità dell’atto, nella specie resa il 6.07.2006 dal TAR di Salerno;

che l’area risultava dal certificato di destinazione urbanistica, inclusa in Zona omogenea C residenziale di progetto, con indici e prescrizioni risultanti dalla Tabella dei tipi edilizi annessa allo strumento urbanistico, per cui aveva carattere edificatorio, e tal classificazione urbanistica scaturiva anche dal previgente Programma di Fabbricazione, in vigore dal 1979;

che l’indennità per l’esproprio dei terreni, estesi complessivamente mq 1467 (1340 + 127), doveva essere determinata in base al valore venale dei beni ablati, ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 39, stante anche l’inapplicabilità, per il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57, dell’art. 37 di tale testo, essendo la dichiarazione di PU del 28.09.2000, e, dunque anteriore al 30.06.2003, data di entrata in vigore di tale TU;

che il valore di mercato poteva essere stabilito in Euro 100,00 al mq, recependo l’indicazione sul prezzo medio di valutazione, espressa dal CTU e resa con metodo sintetico-comparativo, in base ad accertamenti effettuati presso l’Agenzia delle Entrate, in riferimento ad atti con adesione del contribuente, redatti per zone affini ed in epoca prossima a quella dei decreti di esproprio;

che l’indennità per l’occupazione legittima doveva essere determinata in base al criterio degli interessi legali calcolati sull’indennità di espropriazione.

Avverso questa sentenza il Comune di Castel San Giorgio ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, notificato il 18.05.2010 al P., che, con atto notificato il 28.06-2.07.2010, ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi, illustrati da memoria.

I ricorsi principale ed incidentale sono stati riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disattesa l’istanza di rinvio dell’odierna udienza, formulata dal nuovo difensore del Comune di Castel San Giorgio, attesa l’opposizione della controparte ed il fatto che non ricorrono esigenze di rispetto del contraddittorio, non risultando la recente nomina sostitutiva dovuta a concomitanti, imprevedibili sopravvenienze.

A sostegno del ricorso principale il Comune denunzia:

1. Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 13, e segg., art. 92, e segg., L. n. 167 del 1962, art. 1, e segg. e succ., L. n. 865 del 1971, in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3) e 5).

Sostiene:

che mancava un valido provvedimento ablatorio, sia perchè il decreto di esproprio del 13.02.2007 era stato adottato dopo la scadenza dei termini entro i quali le espropriazioni avrebbero dovuto essere compiute, dopo che la dichiarazione di PU era venuta meno, sicchè avrebbe dovuto essere disapplicato dai giudici di merito, e sia perchè per gli stessi motivi erano illegittimi anche i due decreti di occupazione del 2004;

che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che fosse intervenuta sul punto una decisione amministrativa di rigetto, laddove la pronuncia era del 6.07.2006 ed il decreto di esproprio del 13.02.2007, che se invece il riferimento fosse stato alla sentenza resa dal TAR Salerno n. 678 del 2007, con essa il ricorso del P. era stato rigettato per motivi di inammissibilità ed improcedibilità;

che l’intervenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio emergeva pure dalla CTU, al pari della conseguente illegittimità degli atti derivati, ivi compreso il decreto di esproprio n. 3569/07.

Il motivo è inammissibile, fondandosi le censure su generici, sintetici e, pertanto, non decisivi richiami a sentenze rese dal giudice amministrativo, asseritamente travisate, e su risultanze della espletata CTU, atti di cui è stata omessa la specifica indicazione prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, oltre che la trascrizione nel ricorso per la parte che si assume rilevante, in violazione del principio di autosufficienza.

2. "Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 3, in relazione all’art. 102 c.p.c., ed in relazione all’art. 360, commi 4) e 5)." Sostiene che, a mente del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, l’atto introduttivo del giudizio avrebbe dovuto essere notificato non solo all’espropriante, ma anche al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, e che, vertendosi in caso di litisconsorzio necessario, anche per tale motivo la domanda non poteva trovare ospitalità per difetto del corretto contraddittorio.

3. "Violazione e/o falsa applicazione D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 2, in combinato disposto con l’art. 22, comma 5, in relazione all’art. 360, commi 3) e 5)".

Sostiene che l’azione risulta inammissibile ed improcedibile atteso che la determinazione dell’indennità doveva passare attraverso l’opposizione alla stima fatta o dai tecnici o dalla Commissione provinciale.

Il terzo ed il quarto motivo del ricorso sono inammissibili, involgendo la violazione di norme del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, le quali – come già rilevato in sede di merito – in base all’art. 57, comma 1, nel testo sostituito dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, art. 1 (in vigore dal 6.02.2003), non sono applicabili ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore (30 giugno 2003 ex art. 59 del medesimo testo normativo) dello stesso D.P.R., fosse già intervenuta, come nella specie, la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, caso in cui continuano ad applicarsi tutte le norme vigenti a detta data.

4. "Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c., lett. b) e della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e della L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, u.c., lett. b), L.R. Campania 22 dicembre 2004, n. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5".

Censura le risultanze della CTU, recepite dai giudici di merito, sostenendo che l’esperto d’ufficio non si è attenuto ai quesiti che gli erano stati demandati e conclusivamente che il terreno occupato ed ablato non aveva natura edificabile, essendo privo di potenzialità edificatorie.

Il motivo è inammissibile, perchè non è confortato dalla puntuale allegazione dell’intervenuta deduzione, già dinanzi al giudice "a quo", delle mosse critiche alla consulenza tecnica d’ufficio e perchè con esso si sollevano questioni circa la natura non edificabile dei suoli, nuove ed implicanti accertamenti in fatto, come tali indeducibili in questa sede di legittimità. 5. "Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5".

Deduce la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, osservando che la domanda introduttiva si riferiva soltanto al terreno oggetto de decreto di esproprio n. 3569, all’epoca unico emesso, e non anche all’ulteriore terreno esteso mq 127, per il quale la domanda si rivelava anche improcedibile per difetto di analogo decreto.

Il motivo è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza, essendo i dedotti rilievi critici privi di qualsiasi richiamo a documenti e riscontri già acquisiti in sede di merito.

6. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, con riferimento ai valori accertati dal consulente e fatti propri dal Giudice di merito in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Il motivo, implicante anche critiche alle valutazioni rese dal CTU, in ordine alla quantificazione dell’indennizzo, sulla base dell’utilizzato metodo sintetico-comparativo, è inammissibile, denunziandosi in rubrica la violazione di norme che nella specie non risultano applicate.

Con il ricorso incidentale il P. deduce:

1. "Contraddittorietà ed insufficienza di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5" circa la determinazione in Euro 100,00 del valore di mercato unitario, con discostamento dalle indicazioni del CTU. Il motivo è inammissibile, risolvendosi in mere critiche in fatto, apoditticamente riferite anche al mancato, immotivato recepimento delle valutazioni rese dall’esperto d’ufficio, laddove, invece, l’avversata determinazione si rivela congruamente argomentata dai giudici di merito.

2. "Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 75 disp. art. c.p.c.. Violazione e falsa applicazione D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 1 e art. 4 Tab. A – Sez. 4^ – (onorari per le prestazioni giudiziali in materia civile) – Tab. B (diritti dell’avvocato)" in riferimento alla liquidazione di spese, inferiore agli esborsi, competenze di causa, inferiore a quelle esposte nella nota spese (Euro 3.278,00 a fronte di Euro 1.300,00), ed onorari inferiori ai minimi tariffari indicati per singole voci nella notula.

3. "Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)" omessa motivazione sulla riduzione della nota spese depositata.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, che essendo connessi consentono esame unitario, si rivelano fondati limitatamente alla denunciata insufficienza degli importi attribuiti per onorario e per spese vive, mentre, invece, l’omessa indicazione ed allegazione della nota spese depositata nel pregresso grado preclude di verificare le voci in essa esposte per diritti e, quindi, di accogliere anche la censura riferita a questo diverso profilo.

Conclusivamente si deve rigettare il ricorso principale, dichiarare inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale, accogliere nei precisati sensi, il secondo ed il terzo motivo del medesimo ricorso incidentale, cassare la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e, con decisione di merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, data la non necessità di ulteriori accertamenti in fatto, riliquidare come da dispositivo, tenendo conto della natura e del valore della controversia, gli onorari e gli esborsi del precedente grado, spettanti al P. ex art. 91 c.p.c..

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Non ricorrono i presupposti di cui all’art. 96 c.p.c., per l’accoglimento della domanda del P. di condanna del Comune al risarcimento dei danni per lite temeraria.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale, accoglie nei sensi di cui in motivazione, il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, cassa in parte qua la sentenza impugnata e decidendo nel merito liquida le spese del precedente grado in complessivi Euro 7.233,00, di cui Euro 5.585,00 per onorari ed Euro 348,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Condanna il Comune di Castel San Giorgio a pagare al P. anche le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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