Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-02-2012, n. 2036 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 23 giugno 2006, M. M., nonchè Gi.Au., G.A. ed E.R., questi ultimi quali eredi di G.U., convenivano davanti alla Corte di appello di Firenze il Comune di Santa Croce sull’Arno per opporsi all’indennità loro riconosciuta per l’espropriazione di terreni aventi superficie di circa 55.880 mq.

(di cui pertinenti al M. per la quota di 75/200 e pertinenti ai Gu. per la quota di 25/200), siti nel territorio comunale e destinati alla realizzazione di un piano di insediamenti produttivi (detto Macrolotto Assa). Il Comune contestava la fondatezza della domanda, assumendo la congruità della quantificazione dell’indennizzo, e comunque chiedeva che l’eventuale accoglimento dell’opposizione fosse contenuto nei limiti del valore denunciato ai fini ICI. Con sentenza del 26.06 – 20.10.2009, l’adita Corte di appello determinava le indennità di espropriazione in Euro 302.034,92 a favore di Gi.Au., G.A. ed E. R. ed in Euro 906.104,76 a favore di M.M., disponendo che le predette somme, al netto degli acconti già eventualmente versati allo stesso titolo, fossero dal Comune depositate presso la competente Cassa Depositi e Prestiti, oltre agli interessi legali dal 13 dicembre 1996 fino alla data effettiva del deposito, condannando l’ente alla rifusione delle spese processuali.

La Corte territoriale, riteneva anche in base all’esito dell’espletata CTU;

che l’espropriazione definitiva, disposta con Decreto 13 dicembre 1996, n. 158, seguito da decreto di rettifica n. 32 del 1998, concerneva una superficie di terreno estesa complessivamente mq 55.726,00 ed inclusa nel Piano per gli insediamenti produttivi – che non era controversa la vocazione edificatoria dei terreni ablati;

– che, invece, si discuteva della normativa e dei criteri applicabili al calcolo dell’indennizzo, con particolare riferimento ai seguenti temi:

a. l’utilizzabilità del parametro rappresentato dalla denuncia ai fini ICI;

b. la determinazione del valore di mercato dei terreni;

c. l’applicabilità della maggiorazione del 10% prevista dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37;

d. l’applicabilità delle riduzione del 25% prevista dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 (Finanziaria 2008) per gli espropri aventi finalità di riforma economico-sociale;

che sul primo argomento, l’eventuale infedeltà della denuncia ICI avrebbe reso necessaria la sua regolarizzazione fiscale, con eventuali aggravi e sanzioni, ma non poteva inibire la liquidazione di un equo indennizzo correlato all’espropriazione;

– che quanto all’individuazione del valore basilare di mercato al 1996, data del decreto di esproprio, andavano recepite le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, il quale, fatto dapprima riferimento alla capacità edificatoria rilevabile dalla relazione allegata al PIP, ottenute informazioni sul valore di mercato di fabbricati industriali posti in zona nonchè sulle incidenze medie tra il valore del terreno e la superficie coperta, aveva concluso che il valore dei fabbricati potenzialmente edificabili sui terreni in questione andava individuato in Euro 14.406.688,80 e che il valore dei terreni era pari ad Euro 3.601.672,20 avuto riguardo all’inizio del processo produttivo e ad un’incidenza media del 25%, importo da cui doveva essere detratto il maggiore costo delle opere di urbanizzazione, così conclusivamente pervenendo ad un importo unitario di Euro 40,24 al mq, valore che all’epoca trovava pure corrispondenza nel prezzo di acquisto di terreni edificabile dotati di caratteristiche similari, pari al valore medio di circa Euro 46,48 al mq, sicchè mediando i due valori era pervenuto a stabilire il valore di Euro 43,46 al mq, anche comparabile con la stima di Euro 44,43 al mq riferita al 1998, già eseguita in diverso analogo processo attinente a terreni similari;

che dovevano essere disattesi i rilievi critici sollevati dal Comune – che non erano applicabili nè la maggiorazione del 10% di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, indubbia essendo l’anteriorità della dichiarazione di PU alla data di entrata in vigore del suddetto testo normativo, nè la decurtazione del 25%, associabile solo a procedimenti espropriativi tendenti al perseguimento di obbiettivi di riforma sociale o di benessere economico, nella specie non ravvisabili;

che stante l’andamento del fenomeno inflattivo nel periodo, in assenza di specifica prova contraria, non poteva dirsi notoriamente accertato un maggior danno da svalutazione monetaria liquidabile ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2.

Avverso questa sentenza il Comune di Santa Croce sull’Arno ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, nei confronti del M., dei G. e della E., che hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi, cui il Comune ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

A sostegno del ricorso principale il Comune denunzia:

1. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54.

Inammissibilità dell’opposizione per tardività/decadenza. Difetto di presupposto processuale dell’azione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c.".

Sostiene che l’opposizione deve ritenersi radicalmente inammissibile, perchè azionata oltre il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 2, e perchè non è dettato dal Testo Unico delle Espropriazioni uno specifico regime transitorio in ordine ai nuovi termini di impugnazione, sicchè ad essi si applica il principio "tempus regit actum".

Il motivo non ha pregio.

L’art. 57, comma 1, del T.U. disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nel testo sostituito dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, art. 1 (in vigore dal 6.02.2003), prevede la non applicabilità delle nuove disposizioni, ivi comprese quelle processuali, quale il rubricato art. 54, comma 2, ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore (30 giugno 2003 ex art. 59 del medesimo testo normativo) dello stesso D.P.R., sia già intervenuta, come nella specie, la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, caso in cui continuano ad applicarsi tutte le norme vigenti a detta data (in tema, cfr. SU n. 19217 del 2003; n. 5048 del 2004).

2. " Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37 comma 7. Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio".

Sostengono che la Corte d’Appello, accertata l’infedeltà della dichiarazione ai fini ICI resa dai sigg.ri G. e M., avrebbe dovuto subordinare e condizionare la liquidazione della somma giudizialmente determinata nel corso del presente giudizio alla rettifica del valore precedentemente indicato ed al previo versamento dell’imposta dovuta con interessi e sanzioni.

La recente sentenza n. 338 del 2011, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato rillegittimità costituzionale (in via consequenziale) della rubricata norma, comporta l’inammissibilità della censura per sopravvenuto difetto d’interesse.

3. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione della Sentenza della Corte Costituzionale nr. 348 del 24.10.2007 sul punto dell’individuazione del valore di mercato dei fondi espropriati quale base di calcolo dell’indennità di esproprio; in particolare, per quanto concerne il metodo di calcolo dell’indice di fabbricabilità dei terreni espropriati. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 32, sul punto della valutazione degli effetti del vincolo preordinato all’esproprio".

Sostiene che ai fini dell’individuazione del valore di mercato delle aree interessate alla procedura espropriativa (e quindi ai fini della determinazione dell’indennità), i giudici di merito hanno erroneamente considerato esclusivamente gli indici di edificabilità provenienti dal PIP, ossia le sole previsioni urbanistiche "interne" finalizzate alla realizzazione degli opifici, che il parametro della superficie lorda edificabile (mq 28.368) in rapporto alla superfìcie fondiaria (mq 47.280), non rappresentava che una delle "norme interne" del programma di edificazione, con la conseguenza che al solo indice di fabbricabilità interno del piano non poteva essere attribuito valore tecnicamente "conformativo" del regime di edificabilità dei suoli senza tener conto anche dell’incidenza percentuale delle opere di urbanizzazione e conclusivamente che ai fini della determinazione dell’indennità per l’espropriazione di un fondo incluso in un comparto facente parte di un piano per insediamenti produttivi, la valutazione del suo potenziale sfruttamento economico., non può tener conto della sola utilizzabilità edificatoria che detto fondo venga a godere per effetto delle disposizioni del piano così approvato.

Il motivo è inammissibile sia perchè il rubricato art. 32 del TU non è applicabile al caso controverso, non soggetto, per quanto già detto, alle nuove disposizione contenute in tale testo normativo, e sia perchè si sollevano censure in parte nuove in ordine ai criteri di valutazione dei terreni ablati ed in parte non decisive per non aderenza al tenore della pronuncia, da cui emerge che per la determinazione del prezzo di mercato dei beni in questione non si è utilizzato il solo metodo analitico ricostruttivo, con assunzione degli indici indicati nel PIP, essendo stato il risultato di tale metodologia confrontato e verificato con altri, evidenziati attendibili valori, desunti con diversi criteri.

Con il ricorso incidentale il M., i G. e la E. denunziano:

1. "Ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, per violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c. (così come modificato dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 80 del 2005) e per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.".

Si dolgono che sia stata omessa la pronuncia sulla loro eccezione di inammissibilità per tardività dell’eccezione del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 16, sollevata dal comune nella sua comparsa di costituzione depositata il 9.02.2007, dopo la scadenza del prescritto termine.

Per la ragione già evidenziata nell’esame del secondo motivo del ricorso principale, il motivo è inammissibile per sopravvenuto difetto d’interesse.

2. "Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, e art. 2967 c.c. e ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla domanda con la quale è stata chiesta la condanna al pagamento della rivalutazione monetaria della somma dovuta a titolo di indennità di espropriazione".

Il motivo è infondato L’obbligazione di pagare l’indennità di espropriazione costituisce debito non di valore ma di valuta (cfr. da ultimo, Cass. n. 13456 del 2011), soggetto al principio nominalistico, con la conseguenza che il ritardo nell’adempimento non ne consente l’automatico adeguamento al mutato potere di acquisto della moneta, nè giustifica il riconoscimento del danno da lucro cessante, in assenza della allegazione e della prova del pregiudizio da parte del creditore.

Conclusivamente i ricorsi principale ed incidentale devono essere respinti.

La reciproca soccombenza, giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.

Compensa per intero le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *