Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-07-2011) 28-09-2011, n. 35234

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Sull’appello del p.m. contro il provvedimento 23 dicembre 2010 del GIP del Tribunale di Cassino, il Tribunale di Roma riqualificando i fatti ascritti a M.M., G.E.M. e G.E. quali episodi di concussione per induzione come originariamente contestati, disponeva a carico dei predetti l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari.

In particolare ai tre indagati era stato contestato l’abuso della qualità di medico in servizio presso l’unità di otorinolaringoiatria dell’ospedale pubblico di (OMISSIS), per aver indotto, valendosi anche del clima di concussione ambientale sussistente nel presidio sanitario, alcuni pazienti a consegnare loro somme di denaro quale condizione per poter essere ammessi all’intervento operatorio.

Il GIP aveva ritenuto di ravvisare in tale condotta l’ipotesi di truffa aggravata. Il Tribunale aveva invece adottato l’originaria qualificazione.

2. Ricorre M.M., il quale, premesso che il suo operato si sarebbe limitato a soli quattro episodi di visite private dal valore economico di 80 Euro per visita, deduce violazione di legge non potendo sussistere alcuna concussione in quanto la condotta si sarebbe realizzata dopo il momento in cui il paziente poteva essere coartato dato che l’intervento operatorio era già avvenuto.

Si trattava del resto di prestazioni extramoenia debitamente autorizzate per controlli post operatori.

In ogni modo difetterebbe ogni indizio di colpevolezza e sull’abuso e sul carattere indebito del compenso e sull’induzione. Difetterebbero altresì le esigenze cautelari.

3. Ricorre G.E.M. il quale lamenta che il Tribunale abbia ritenuto già acquisito il fumus delicti senza procedere a un autonomo accertamento e ciò perchè l’indagato non aveva proposto impugnazione, senza però considerare che l’indagato non avrebbe potuta promuoverla per mancanza di interesse.

In ogni modo mal sarebbero state interpretate alcune conversazioni ritenute compromettenti, mentre non vi potrebbe essere concussione per visite post operatorie come già detto dal M.. Mal interpretato sarebbe ancora l’episodio C..

Infine deduce che sul punto dell’insussistenza di esigenze cautelari, tali da imporre una misura coercitiva, si sarebbe formato un giudicato, stante che il p.m. non aveva impugnato l’ordinanza 21 ottobre 2010. Per cui anche ad ammettere la concussione si sarebbero potute applicare soltanto misure interdittive.

4. Ricorre G.E. che con un primo atto contesta la sussistenza di gravi indizi e di esigenze cautelari. Con un secondo atto afferma che è erronea la qualificazione giuridica di concussione data a tre episodi e tratta in maniera impropria da due telefonate con persone diverse dai pazienti. Passa poi ad esaminare le dichiarazioni delle presunte vittime e rileva come da esse non possa ricavarsi alcuna induzione o altra forma di pressione. Con un secondo motivo lamenta che il Tribunale non abbia accertato i gravi indizi ritenendo la cosa estranea alla devoluzione. Con un terzo motivo deduce che illogicamente sono state ritenute sussistere esigenze cautelari.

Motivi della decisione

1. Deve in primo luogo respingersi il motivo sul giudicato in ordine all’insussistenza di esigenze cautelari avanzato dalla difesa di G.E.. Il giudicato cautelare infatti può formarsi solo in relazione a provvedimenti di secondo grado, riesame o appello, e non su quelli adottati dal GIP in sede di richiesta della misura o di revoca della stessa.

2. Tanto detto fondato e assorbente è il motivo di ricorso, comune a tutti i ricorrenti, concernente la mancata considerazione della gravita indiziaria rispetto agli episodi di cui il p.m. richiedeva la riqualificazione ai sensi dell’art. 317 c.p..

Si vuole con ciò significare che una richiesta di riqualificazione avanzata nell’appello del p.m., anche ad attenersi strettamente al principio della devoluzione, non poteva essere disgiunta da una ricostruzione dei fatti, sia pure nei limiti della cognizione propria della fase cautelare. E ciò soprattutto nella specie dove non si trattava di valutare la rilevanza giuridica di una sola condotta posta in essere da un singolo soggetto in base a indizi univoci nel loro significato, ma si trattava di ricostruire una pluralità di episodi ciascuno dei quali richiedente una specifica interpretazione in base a indizi di non pacifica rilevanza. Andava infatti considerato, caso per caso, se le prestazioni extramoenia richieste ai professionisti fossero state sollecitate dai pazienti per la rinomanza professionale di cui godevano. Se le medesime prestazione a seguito di inganno fossero state fatte credere al paziente come dovute. E infine se la necessità di tali prestazione fosse stata imposta con abuso attraverso la prospettazione di pericoli o altri danni per la vittima.

3. D’altra parte l’impossibilità di proporre appello sul punto della qualificazione più favorevole da parte degli indagati, doveva indurre il Tribunale a dare largo spazio alle contestazioni già formulate in ordine alla ricostruzione storica degli avvenimenti, valendo anche in sede cautelare il principio già affermato da questa Corte della necessità per il giudice dell’impugnazione di rivisitare tutti i presupposti assunti dal giudice del grado precedente, ove intenda trarre da essi conseguenze sfavorevoli per l’appellato, conseguenze che in primo grado non erano state tratte.

L’ordinanza va quindi annullata per un nuovo esame.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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