Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-02-2012, n. 2030

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La Corte di appello di Potenza, con decisione n. 56 del 1997, accogliendo l’appello proposto dall’imprenditore B.A. nei confronti del Comune di Bella avverso la sentenza del Tribunale di Potenza in data 5 febbraio 1992, condannava detta amministrazione, in relazione alla pretesa concernente il corrispettivo residuo per lavori eseguiti in appalto, a corrispondere al predetto la somma di L. 57.735.621, con gli interessi dalla data della domanda.

1.1 – Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il B., denunciando, per quanto qui maggiormente interessa, l’omesso esame delle richieste, validamente formulate, di individuare, anche mediante consulenza tecnica d’ufficio, le opere effettivamente realizzate, determinando i prezzi e le quantità dei materiali utilizzati in relazione a quelle i cui importi erano stati calcolati in via unilaterale dalla direzione dei lavori.

1.2 – Questa Corte, con sentenza n. 8377 del 2000, rigettando nel resto il ricorso del B., accoglieva detto motivo, e, quindi, entro detti limiti cassava con rinvio la decisione impugnata.

1.3 – La Corte di appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, determinava il credito residuo dell’appaltatore in Euro 30.373,86, disattendendo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che aveva indicato un maggiore importo. In particolare, la somma dovuta era stata calcolata in sede peritale sulla base alla qualificazione dei lavori come edili: la corte territoriale li considerava stradali, adottando i relativi parametri ai fini della quantificazione del credito.

Venivano altresì attribuiti gli interessi in misura legale, o, se superiori, quelli corrispondenti al tasso di svalutazione monetaria, con decorrenza dalla data del deposito della sentenza cassata, rigettandosi la richiesta del maggior danno, avanzata ai sensi dell’art. 394 c.p.c., in relazione al periodo successivo al deposito della sentenza cassata, ritenendosi a tal fine inadeguata la dimostrazione, da parte del B., del ricorso al credito, attribuibile anche a una mera scelta imprenditoriale.

Per la cassazione di tale decisione il B. propone ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso, parimenti illustrato da memoria, il Comune di Bella.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo viene denunciata omessa, ovvero – in via alternativa – insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con specifico riferimento alla natura "stradale" dei lavori eseguiti dal ricorrente in esecuzione de contratto di appalto.

2.1 – La censura è fondata.

Questa Corte, con la decisione n. 8377 del 2000, con la quale veniva disposto il giudizio di rinvio ora oggetto di esame, aveva affermato che, in violazione del principio contenuto nell’art. 112 c.p.c., la Corte di appello di Potenza aveva omesso di prendere in esame la richiesta inerente alla necessità di accertare i lavori effettivamente eseguiti, determinando la loro remunerazione sulla base delle tariffe del prezziario del provveditorato alle oo.pp. delle Campania vigente all’epoca dell’esecuzione dei lavori, e, pertanto, accogliendo il motivo di ricorso al riguardo proposto dal B., aveva demandato al giudice di rinvio il compito di provvedere in merito.

La corte d’appello di Salerno, in relazione alla natura dei lavori, in sede di rinvio ha affermato: "Il CTU ha accertato, rispetto al quesito postogli in aderenza al dettato della Suprema Corte, l’importo residuo di L. 164.331.799 … La somma è stata però determinata in base alla natura edile dei lavori (L. 4025 mc) mentre andava considerata come stradale stradale".

Tale affermazione è assolutamente apodittica, poichè la corte territoriale aveva il dovere di specificare, anche perchè si discostava dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, le ragioni del proprio difforme parere, tanto più che, a prescindere dalla rilevanza, sul piano delle conseguenze, della propria immotivata opzione, la questione circa la natura dei lavori – ai fini della loro remunerazione – costituiva uno dei punti maggiormente controversi, come la stessa sentenza che aveva disposto il rinvio non aveva omesso di sottolineare ("Il B. censura la sentenza impugnata per non aver dato risposta alcuna alla propria richiesta di estendere la consulenza tecnica all’accertamento delle opere effettivamente realizzate e di determinare i (nuovi) prezzi .. e ciò perchè lo stesso consulente aveva avvertito che il calcolo per alcune voci erta stato effettuato sulla base del prezziario determinato dalla D.L., come era avvenuto per i lavori di scavo e di sbancamento, arbitrariamente remunerati con la voce relativa agli scavi stradali").

Il ricorrente, per altro, nel rispetto del principio di autosufficienza, ha riportato il tenore della consulenza tecnica d’ufficio, relativamente alla natura dei lavori eseguiti ("E’ fuori discussione che i lavori eseguiti dal Sig. B. per la Urbanizzazione Primaria del Comune di Bella sono essenzialmente di natura edile, dovendo essere utilizzati per la costruzione di insediamenti, sia pur provvisori, da servire per gli sfollati del terremoto del novembre 1980"), ragion per cui la Corte di appello di Salerno avrebbe dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali riteneva di dover ricondurre tali attività nei lavori stradali.

Soccorre, in proposito, il principio secondo cui le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare, in particolare, gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico – giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del consulente tecnico d’ufficio (Cass., 26 febbraio 1998, n. 2145; Cass., 14 gennaio 1999, n, 333; Cass., 15 marzo 2001, n. 3748; Cass., 17 dicembre 2010, n. 25569; Cass., 3 marzo 2011, n. 5148).

2.2 – Con il secondo motivo viene censurato il rigetto della domanda del ristoro del maggior danno derivante dall’inadempimento, relativamente al periodo successivo al deposito della sentenza cassata, deducendosi la violazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5. In particolare, la corte salernitana avrebbe disatteso la documentazione inerente a decreto ingiuntivo, emesso nei confronti del B., concernete il pagamento di una somma pretesa da un istituto bancario, per il mancato ripianamento dello scoperto di un conto corrente, con interessi, nel periodo indicato, pari al 17,250 per cento; oneri che – si sostiene – il ricorrente avrebbe potuto evitare se avesse avuto la disponibilità della somma dovutagli.

Tale motivo è infondato.

Nella sentenza impugnata, pur dandosi atto dell’ammissibilità della domanda ai sensi dell’art. 394 c.p.c., si perviene al suo rigetto in base alle seguenti considerazioni: l’importo che il B. si è visto riconoscere sarebbe "ben contenuto" e, in ogni caso, la contrazione del mutuo potrebbe essere stato originato da "una mera scelta imprenditoriale".

Deve preliminarmente richiamarsi il seguente principio di diritto affermato dalle Sezioni unite di questa Corte con la decisione del 16 luglio 2008, n. 19499: "il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subito, quand’anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell’interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l’utilità marginale netta dei propri investimenti; – in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l’imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell’impresa ed all’entità del credito, sia presumibile, nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell’inadempimento, ovvero che l’adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche; e, nel secondo, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell’impresa".

Il Collegio condivide tale principio, poi consolidatosi (Cass., 6 febbraio 2009, n. 3042; Cass., 3 giugno 2009, n. 12828), e osserva che, indipendentemente dal riferimento, nella sentenza impugnata, o non meglio precisate "scelte imprenditoriali", a fronte della dimostrazione del pagamento di interessi passivi derivanti da un’ingiunzione di pagamento, l’indicazione dell’entità "contenuta" del credito, e, in definitiva, l’esclusione di un maggior danno come conseguenza dell’inadempimento della parte debitrice, costituisce il nucleo essenziale di una motivazione, di per sè esente da censure, in ordine a una valutazione di merito non altrimenti sindacabile in questa sede, tanto più che il ricorrente non ha dedotto (ovvero non ha dimostrato, nel rispetto del principio di autosufficienza), di aver offerto quegli elementi di valutazione (come le condizioni economiche e finanziarie dell’impresa anche in rapporto al credito azionato in via monitoria) tali da far ritenere, sia pure in base a presunzioni, la sussistenza di un nesso causale fra i maggiori oneri dedotti e l’inadempimento della controparte.

2.3 – Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 1219, 1224 e 1284 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, rilevandosi che la ricorrenza degli interessi e della svalutazione in relazione alla maggiore somma attribuita all’impresa, come disposta nell’impugnata decisione, a far tempo dal deposito della sentenza cassata, è del tutto ingiustificata, alla luce della costituzione in mora avvenuta con la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, e della valida proposizione, poi sempre reiterata, della richiesta inerente, per l’appunto, a tale condanna accessoria.

Il motivo è fondato. Trovano, in proposito, applicazione, da un lato, il principio secondo cui, nei crediti di valuta, il riconoscimento degli interessi e del maggior danno da svalutazione monetaria deve essere oggetto di specifica domanda (nella specie proposta sin nella citazione, intesa anche come atto di costituzione in mora), e dall’altro, la regola secondo cui in tema di appalto di opera . pubblica, la costituzione in mora del committente, con riguardo a debiti per maggiori compensi, indennizzi o interessi, postula una intimazione di pagamento e, pertanto, non può discendere dalla mera iscrizione di una riserva nel registro di contabilità o dalla semplice emissione e presentazione di fattura; pertanto, gli interessi sulle somme dovute da parte dell’Amministrazione vanno liquidati dalla data dell’intimazione di pagamento o della domanda introduttiva del giudizio (Cass., 30 marzo 2011, n. 7204).

Pertanto, a fronte di una domanda regolarmente proposta con la notifica dell’atto introduttivo, e poi validamente reiterata nelle varie fasi del giudizio, la decorrenza degli interessi dalla data del deposito della sentenza cassata in relazione alla maggior somma, riconosciuta come dovuta in sede di rinvio, appare del tutto ingiustificata e stabilita in violazione dei principi testè richiamati.

2.4 – Il quarto motivo, attinente al regolamento delle spese processuali, rimane assorbito dalla cassazione della decisione impugnata, che comporterà una nuova valutazione, in base all’esito finale della lite.

2.5 – In conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo, va rigettato il secondo, constatandosi l’assorbimento del quarto; la decisione impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Salerno, che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra evidenziati, provvedendo, altresì, in merito alle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo, rigetta il secondo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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