Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-02-2012, n. 2015 Apprendistato Assunzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso al Tribunale di Nocera Inferiore, giudice del lavoro, R.G., premesso di avere lavorato alle dipendenze della società Ceramiche Il Pavone s.r.l., esercente attività di produzione di manufatti, dal 1 giugno 1997 al 18 novembre 2002, con mansioni di decoratrice, esponeva che, pur essendo addetta a compiti elementari e ripetitivi, era stata inquadrata, a far data dal 19 novembre 1999, con contratto di apprendista, ed era stata licenziata il 31 ottobre 2002 per termine del contratto; in tal modo, la società aveva dissimulato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sì che anche il recesso era da considerare nullo;

chiedeva, perciò, la reintegra nel posto di lavoro, previo accertamento della natura del rapporto nei termini da lei dedotti, nonchè il pagamento di una indennità risarcitoria e di differenze retributive a vario titolo. Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale respingeva la domanda, accertando – in base alle risultanze istruttorie – che il rapporto intercorso fra le parti era di apprendistato e che non era residuata alcuna obbligazione retributiva a carico dell’azienda, tale da giustificare la pretesa azionata.

2. La decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Salerno, che, con sentenza del 5 dicembre 2007, respingeva il gravame proposto dalla lavoratrice. Osservava, in particolare, la Corte di merito che la sussistenza del rapporto di apprendistato era stata effettivamente confermata dalla prova per testi espletata in primo grado, da cui erano emersi univoci elementi di fatto che avevano configurato tutte le caratteristiche di tale rapporto, mentre la dedotta persistenza di obblighi retributivi in capo all’azienda datrice di lavoro era stata esclusa in base alle risultanze istruttorie, e comunque era rimasta non provata.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la lavoratrice deducendo tre motivi di impugnazione. La società resiste con controricorso.

4. Nell’imminenza dell’udienza di discussione la ricorrente ha depositato dichiarazione di persistenza dell’interesse alla trattazione della controversia, ai sensi della L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 26, comma 1, come modificato dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, art. 14, comma 1, lett. a).

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione. Si deduce che in relazione alla data di inizio del rapporto, e alla retrodatazione della medesima come sostenuta dalla ricorrente, i giudici di merito abbiano immotivatamente valorizzato la prova documentale, se pure contrastante con le dichiarazioni testimoniali acquisite in giudizio.

2. Con il secondo motivo si denuncia, parimenti, vizio della motivazione, lamentandosi che la Corte d’appello abbia omesso di valutare che il lavoro svolto dalla ricorrente era consistito nella decorazione di mattonelle in ceramica e si era concretizzato in un’attività ripetitiva ed elementare, incompatibile con un rapporto di apprendistato.

3. Con il terzo motivo di ricorso, denunciandosi violazione o falsa applicazione della L. n. 196 del 1997, si sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia escluso che la mancata sottoposizione a prove di idoneità e il mancato rilascio di un attestato finale rendano inefficace il contratto di apprendistato.

4. I motivi, da esaminare congiuntamente perchè intimamente connessi, non sono fondati.

4.1. L’apprendistato, secondo la definizione data dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25, art. 2 è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perchè questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.

Affinchè tale obiettivo possa essere raggiunto è necessario lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 6134 del 2000, che, su questa premessa, ritiene che dal computo del periodo di apprendistato vanno esclusi tutti i periodi di interruzione del rapporto sia che siano imputabili al lavoratore sia che dipendano da comprovate esigenze produttive dell’impresa).

La legge non fissa al datore l’obbligo di impartire l’insegnamento pratico secondo particolari modalità, ma gli consente di modularlo secondo le esigenze aziendali, sulla base di valutazioni organizzative proprie del datore stesso, nell’unico rispetto dei limiti posti dalla L. n. 25 del 1955, art. 11 (cfr. Cass. n. 11482 del 2002).

4.2. Il criterio della effettività si trova ribadito nella previsione della L. 24 giugno 1997, n. 196 (recante norme in materia di promozione dell’occupazione), donde risulta confermato che il rapporto di tirocinio debba avere un effettivo contenuto formativo professionale (la cui valutazione deve essere operata in concreto in relazione ad ogni singolo rapporto di lavoro: cfr. Cass. n. 19834 del 2010). Ed infatti l’art. 16 dispone che:

a) possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato, i giovani di età compresa fra sedici e ventiquattro anni nelle aree di cui agli obiettivi n. 1 e 2 del regolamento CEE n. 2081/93, fatti salvi i divieti e le limitazioni delle leggi sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti; l’apprendistato non può avere durata superiore a quella prevista per le singole categorie professionali dai contratti collettivi e comunque non inferiore a diciotto mesi e superiore a quattro anni (comma 1); b) ai nuovi contratti di apprendistato trovano applicazione le agevolazioni contributive previste dalla legge a condizione che gli apprendisti partecipino alle iniziative di formazione esterna all’azienda previste dai contratti, i cui contenuti formativi sono stabiliti con apposito decreto ministeriale che definisce altresì termini e modalità per la certificazione dell’attività formativa ivi svolta (comma 2).

Nello stesso articolo è prevista l’emanazione di norme regolamentari per la definizione di una nuova disciplina organica della materia nel senso della semplificazione legislativa e della verifica dell’effettività dell’addestramento (comma 5).

4.3. Questi ultimi intenti hanno trovato definitiva realizzazione, dapprima, nella L. 24 dicembre 2007, n. 167 (in materia di previdenza, lavoro e competitività), e, infine, nel D.Lgs. n. 167 del 14 settembre 2011, che, attuando la delega conferita al Governo dalla predetta legge, ha dettato una disciplina organica dell’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato all’occupazione e alla formazione dei giovani. In particolare, risulta ribadita la finalità di rilanciare l’apprendistato quale canale privilegiato per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, mettendo a disposizione di imprese e lavoratori un quadro giuridico certo cui fare riferimento, attraverso la semplificazione della normativa, con l’accorpamento di tutta la disciplina legislativa in materia di apprendistato nonchè l’abrogazione delle precedenti norme, e la devoluzione alla contrattazione collettiva nazionale o ad accordi interconfederali del compito di disciplinare l’apprendistato in tutti suoi momenti, compresi gli aspetti formativi del c.d. apprendistato professionalizzante.

4.4. La ricognizione normativa consente di configurare come elemento essenziale, e indefettibile, del contratto di apprendistato la sussistenza di un addestramento effettivo del lavoratore, finalizzato all’inserimento definitivo nel lavoro dell’impresa mediante l’acquisizione di una professionalità qualificata.

La effettività del momento formativo, che è richiesta sin dall’originaria previsione legislativa e dalle norme qui applicabili ratione ternportis (ed è comunque ribadita nella più recente definizione normativa del rapporto di apprendistato), comporta – ai fini dell’accertamento riservato al giudice di merito – una verifica delle concrete modalità di svolgimento del rapporto, mentre restano prive di rilievo le connotazioni solo formali, come la qualificazione nominale del contratto o la attestazione dell’avvenuto superamento della prova, che possono acquistare importanza solo nei casi in cui la legge preveda una specifica documentazione, di tipo certificativo, a determinati fini.

4.5. Consegue, da queste premesse, che nel contratto di apprendistato, come in quello di formazione e lavoro, l’attività formativa, che è compresa nella causa negoziale, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggioro o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa. E’ necessario, peraltro, in ogni caso, e cioè comunque la formazione venga modulata, che lo svolgimento dell’attività formativa sia adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo del contratto, che è quello di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro; e la valutazione di tale adeguatezza e idoneità è rimessa al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata.

4.6. Nella specie, i giudici di merito, nel considerare, in base a tali principi, che la formazione possa avvenire durante lo svolgimento delle mansioni, essendo difficilmente operabile una netta ed inequivoca distinzione tra l’attività esclusivamente destinata all’acquisto della professionalità e l’attività di lavoro in senso stretto, hanno anche accertato che la datrice di lavoro aveva posto in essere una effettiva formazione, senza alcuna simulazione tendente ad occultare lo svolgimento di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La motivazione che sorregge tale giudizio di fatto, fondata sull’approfondito accertamento delle concrete modalità di svolgimento del rapporto, appare puntuale e del tutto coerente, sì da sottrarsi alle censure della ricorrente. In particolare, è stato constatato, in punto di fatto, che la allegazione di una diversa durata del rapporto, rispetto a quella risultante dalla dichiarazione di assunzione sottoscritta dalla lavoratrice, è rimasta priva di una adeguata dimostrazione e che, inoltre, l’attività lavorativa della R. è stata contraddistinta da un graduale e progressivo inserimento in mansioni qualificate, che ella, nella esplicazione del lavoro "non certamente di mera manovalanza nè semplice", aveva "acquisito, nel tempo, una sempre maggiore conoscenza tecnica delle operazioni da svolgere, con gli insegnamenti tecnici e pratici di altri dipendenti e sotto la loro supervisione, partendo da una assoluta mancanza di cognizione tecnico-pratica del particolare lavoro (decorazione di mattonelle in ceramica) che andava a svolgere".

Riguardo a tale motivazione, d’altra parte, la ricorrente si limita a contrapporre una propria valutazione delle risultanze probatorie acquisite nel corso del giudizio rispetto a quella operata dai giudici di merito, in relazione alla durata del contratto e alle modalità di espletamento del lavoro, finendo così per censurare inammissibilmente il convincimento in fatto espresso dal giudice a quo.

4.7. Nè pare contraddittoria, in relazione alla configurazione della esistenza di una preparazione teorica, la constatazione che la formazione teorico-pratica si identificasse con lo svolgimento delle mansioni, essendosi evidentemente inteso sottolineare, da parte dei giudici di appello, la sufficienza di una siffatta formazione, alla stregua delle accertate modalità, a configurare un’attività formativa "effettiva", che valesse, cioè, a conseguire lo scopo del contratto, unitamente allo svolgimento di corsi per apprendisti di cui, pure, la sentenza impugnata ha dato conto mediante specifico accertamento.

4.8. Non appare di qualche rilievo, infine, la deduzione di cui al terzo motivo, relativa all’asserita inefficacia del contratto di apprendistato in mancanza di prove di idoneità e di relativi attestati. Ed invero si tratta di un’allegazione del tutta generica, di cui neanche è dato cogliere il contenuto in mancanza di specifici riferimenti normativi cui collegare l’asserita violazione o falsa applicazione di legge, ed anche infondata rispetto al criterio di effettività sopra delineato, che prescinde – come s’è visto e come la sentenza impugnata ha correttamente precisato – dalla esistenza di formali attestazioni circa lo svolgimento dell’addestramento queste ultime sono prescritte dalla legge, ai fini della fruizione da parte dell’impresa delle agevolazioni contributive, solo in caso di partecipazione a corsi esterni all’azienda, che siano previsti dai contratti collettivi e, conseguentemente, regolamentati da apposito decreto ministeriale (L. n. 196 del 1997, art. 16, comma 2, cit.), mentre, nella specie, non vi è alcun riferimento alla partecipazione della ricorrente a tali corsi, nè alla prescrizione di obbligatoria predisposizione dei medesimi a pena di inefficacia del contratto di apprendistato.

5. Ne deriva, conclusivamente, che il ricorso va rigettato.

6. La ricorrente deve essere condannata al rimborso delle spese di giudizio, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi e in Euro duemila/00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2012

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