Cass. pen., sez. I 20-07-2006 (11-07-2006), n. 25113 ESECUZIONE – PENE DETENTIVE – Sospensione dell’esecuzione della pena – Immediata applicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Considerato in fatto e in diritto

Con ordinanza 14.02.2006 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava la nulità dell’ordine di esecuzione n?. emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale in sede nei confronti di D.R.R., ordinando l’immediata liberazione dello stesso se non detenuto per altra causa.

In particolare il Tribunale osservava che nel caso di specie, trattandosi di sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge n.251/2005, non era applicabile l’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p., introdotto dalla legge suddetta, in quanto la disciplina della recidiva, da considerarsi istituto di diritto sostanziale, era stata profondamente modificata dalle nuove disposizioni introdotte con la legge citata.

Pertanto, secondo il Tribunale, in applicazione dei principi dettati dagli artt. 25 della Costituzione e 2 c.p. in materia di successione di leggi penali, l’ordine di esecuzione della pena doveva essere dichiarato nullo, in quanto privo del decreto di sospensione previsto dall’art. 656 comma 5 c.p.p.

Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge sul rilievo che l’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p. introdotto dalla legge n.251/2005 è di immediata applicazione, trattandosi di norma processuale per la quale non opera il principio della irretroattività della legge più sfavorevole.

Successivamente è pervenuta una memoria difensiva sottoscritta dal difensore di fiducia dell’interessato, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, deducendo da un lato che l’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p. non è applicabile al caso di specie, trattandosi di sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge n. 251/2005, la quale ha modificato sostanzialmente la recidiva, che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p., e rilevando dall’altro che comunque nel caso di specie la recidiva reiterata non può ritenersi "applicata", in quanto, essendo state concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata recidiva, non è stato operato alcun aumento di pena per effetto della recidiva.

Il ricorso è fondato.

Invero, – alla luce di un consolidato indirizzo giurisprudenziale che si condivide (Cass. I Sez. n.20035 del 13.06.2006; Cass. I Sez. n.433 del 19.04.1997, Rv. 207344; Cass. I Sez. n.4013 del 19.01.1994, Rv. 196208) – le norme che disciplinano l’esecuzione della pena e le condizioni di applicazione delle misure alternative alla detenzione non possono essere ritenute di natura penale sostanziale, sia perchè non prevedono una nuova ipotesi di reato, sia perchè non modificano ipotesi di reato già previste da altre disposizioni di legge penale.

Ne consegue che le norme che disciplinano l’esecuzione della pena e le condizioni di applicazione di misure alternative alla detenzione, non essendo leggi penali sostanziali, non sono soggette al principio della irretroattività previsto dagli artt. 2 c.p. e 25 della Costituzione, atteso che tale principio si riferisce unicamente alle norme penali sostanziali e non anche a quelle inerenti alla esecuzione della pena e alla applicazione di misure alternative alla detenzione per le quali opera il principio "tempus regit actum".

Pertanto, alla luce di tale principio, l’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p. – nella nuova formulazione introdotta dall’art. 9 della legge n.251/2005, che ha stabilito che la sospensione della esecuzione della pena non può essere disposta nei confronti del condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99 comma 4 c.p. – trattandosi di norma processuale ed in mancanza di disposizioni transitorie in materia di esecuzione della pena, deve ritenersi di immediata applicazione, a nulla rilevando che la nuova disposizione faccia riferimento alla recidiva di cui all’art. 99 comma 4 c.p., come modificata dalla legge n.251/2005, tanto più che l’inasprimento del trattamento sanzionatorio previsto dalla nuova disposizione, indubbiamente di natura sostanziale, non ha alcun riflesso nel procedimento concernente l’esecuzione della pena inflitta con sentenza divenuta irrevocabile prima della entrata in vigore della legge n.251/2005.

Infatti la nuova disciplina – pur prevedendo sostanziali modifiche rispetto alla precedente, sia perchè è stata prevista in alcuni casi specificatamente indicati l’obbligatorietà dell’aumento di pena nei confronti del recidivo che commetta un altro delitto non colposo, sia perchè è stata esclusa, nel caso di eventuale giudizio di comparazione, la possibilità di ritenere la prevalenza di qualsiasi attenuante sulla recidiva prevista dall’art. 99 comma 4 c.p. – nulla ha innovato in tema di definizione della recidiva reiterata nel senso che tale istituto era previsto con gli identici presupposti (ad eccezione della commissione di delitti colposi o di contravvenzioni) dal previgente art. 99 comma 4 c.p., anche se l’aumento di pena era facoltativo.

Ne consegue che alcuna violazione del principio della irretroattività della legge penale è ravvisabile nel caso di applicazione della nuova norma prevista dall’art. 656 comma 9 lett. c) c.p.p. alle pene inflitte con le sentenze divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore della legge n.251/2005, atteso che il condannato è stato ritenuto recidivo reiterato secondo la normativa vigente al momento della condanna sulla base di presupposti che sono comuni alla nuova norma prevista dall’art. 99 comma 4 c.p..

Orbene nel caso di specie la pena in esecuzione si riferisce ad una sentenza con la quale il D.R.R., previa concessione delle attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla recidiva reiterata infraquinquennale, è stato condannato per il delitto di evasione alla pena di mesi sei di reclusione.

Pertanto – poichè nel caso di specie il giudice della cognizione ha ritenuto sussistente la recidiva reiterata, la quale, quanto ai presupposti applicativi nei confronti del condannato per un delitto doloso, è rimasta identica a quella prevista dal nuovo art. 99 comma 4 c.p. – correttamente il Pubblico Ministero nell’ordine di esecuzione per la carcerazione non ha inserito il decreto di sospensione della esecuzione previsto dall’art. 656 comma 5 c.p.p., ostando alla sospensione della esecuzione il comma 9 lett. c) della norma citata.

Nè può essere condivisa la tesi difensiva dedotta con la memoria secondo cui nel caso di specie la recidiva non sarebbe stata "applicata", in quanto, con le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla recidiva, non vi sarebbe stato alcun aumento di pena.

Invero nel caso di specie deve ritenersi che la recidiva sia stata "applicata", in quanto ha inciso sulla entità della pena inflitta.

Infatti con il giudizio di equivalenza non sono state eliminate completamente le conseguenze della recidiva, tenuto conto che la stessa ha avuto un effetto parzialmente paralizzante sulle attenuanti generiche, impedendo a dette attenuanti di svolgere appieno la funzione di alleviamento della pena (Cass. Sez. Un. n.17 del 24.07.1991, Rv. 187856).

Indubbiamente diverso sarebbe stato il discorso se le attenuanti fossero state concesse con giudizio di prevalenza, atteso che in tal caso la recidiva non potrebbe ritenersi "applicata", non avendo la stessa inciso sulla entità della pena inflitta.

Per le suesposte considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con conseguente immediata comunicazione della decisione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per i provvedimenti di sua competenza.

P.T.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Dispone darsi avviso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per quanto di competenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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