Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 28-09-2011, n. 35191

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 18 giugno 2010 il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Termini Imerese applicava a G. F. la misura cautelare della custodia in carcere ravvisando a suo carico gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di omicidio premeditato in danno di D.P.. L’ordinanza cautelare veniva confermata dal tribunale del riesame di Palermo; la corte di cassazione annullava quest’ultima ordinanza ritenendola inficiata dalla mancanza di approfondimento critico e di rigore argomentativo, rinviando al tribunale del riesame per una nuova valutazione.

Secondo la corte di cassazione erano rimaste senza adeguata risposta le obiezioni sollevate dalla difesa su tre punti decisivi:

– attribuzione al G. del medesimo ruolo di conducente dell’auto su cui furono trasportati i killer, mentre nella sentenza di condanna di C.L. tale compito era stato già a lui attribuito;

– ricostruzione del percorso seguito dagli esecutori materiali dell’omicidio sulla base dei risultati della consulenza G. relativa alle celle attivate dei telefonini;

– motivazione della ritenuta configurabilità dell’aggravante della premeditazione.

Con nuova ordinanza datata 17 febbraio 2011, il tribunale del riesame di Palermo rispondeva alle richieste di approfondimento di questa corte e rigettava nuovamente la richiesta di revoca della misura proposta nell’interesse di G.F..

Contro quest’ultima decisione propone oggi ricorso il G. per violazione dell’art. 627 c.p.p. e manifesta illogicità in relazione all’art. 173 c.p.p.. Sostiene il ricorrente che il tribunale del riesame di Palermo non abbia adeguatamente risposto alle censure mosse dalla corte di cassazione e quindi abbia omesso quegli approfondimenti richiesti sui tre punti sopra riportati, riproducendo il medesimo apparato argomentativo della precedente ordinanza del riesame.

Sostiene poi il ricorrente l’erroneità dell’affermazione contenuta alla pagina 14 dell’ordinanza, ove si dice che la sentenza di condanna del C. prevale in termini di gravi indizi rispetto alla prima ordinanza cautelare, non essendo ancora la predetta sentenza di condanna passata in giudicato.

Lamenta poi il ricorrente che il tribunale del riesame rinunzia ad individuare l’effettiva modalità di svolgimento del ruolo del C., con ciò eludendo la richiesta di approfondimento della suprema corte.

Con riferimento alle utenze telefoniche la difesa ribadisce l’incompatibilità della rilevazione della utenza telefonica in uso a L.F.G. con il fatto che dalla ambientale in atti risultava che dopo l’omicidio i L.F. si erano disfatti dei telefonini.

Anche in ordine alla premeditazione, la difesa del ricorrente ribadisce che i killer non potevano essere in grado di prevedere con anticipo gli spostamenti della vittima e quindi deduce la illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

Sostiene il ricorrente che il tribunale del riesame di Palermo non abbia adeguatamente risposto alle censure mosse dalla corte di cassazione e quindi abbia omesso quegli approfondimenti richiesti sui tre punti riportati in premessa, riproducendo il medesimo apparato argomentativo della precedente ordinanza del riesame.

L’analisi del ricorso, pertanto, non può che prendere le mosse dalla sentenza di annullamento della 1^ sezione di questa Corte, che ha individuato i motivi di carenza motivazionale dell’ordinanza del riesame.

Secondo la corte di legittimità erano rimaste senza adeguata risposta le obiezioni sollevate dalla difesa su tre punti decisivi:

– attribuzione al G. del medesimo ruolo di conducente dell’auto su cui furono trasportati i killer, mentre nella sentenza di condanna di C.L. tale compito era stato già a lui attribuito;

– ricostruzione del percorso seguito dagli esecutori materiali dell’omicidio sulla base dei risultati della consulenza G. relativa alle celle attivate dei telefonini;

– motivazione della ritenuta configurabilità dell’aggravante della premeditazione. Poichè la difesa, nel corso della discussione odierna, ha sollevato il problema della legittimità – da parte del tribunale del riesame – dell’ascolto della bobina delle intercettazioni ambientali, si deve premettere che tale censura è del tutto infondata.

Va, innanzitutto, rilevato che l’individuazione del contenuto dell’intercettazione non costituisce una novità emersa nella camera di consiglio del tribunale del riesame, essendo nota alla difesa fin dall’originaria ordinanza cautelare ed oggetto altresì di specifica consulenza fonica (di cui da atto anche la prima ordinanza del riesame a pagina 5 e la stessa difesa nell’istanza di riesame nelle pagg. 5 e seguenti).

Sul punto, dunque, vi è stato ampio contraddittorio e possibilità di difesa; ma a prescindere da tale circostanza, si deve affermare che legittimamente il tribunale ha proceduto, in camera di consiglio, all’audizione delle bobine, giacchè tale attività non si sostanzia nell’assunzione della prova, che deve avvenire in contraddittorio, bensì nella valutazione di una prova già acquisita, che può e deve essere effettuata dal giudice al momento della decisione (non diversamente, ad esempio, dall’esame di un documento versato in atti).

Ciò premesso, si deve rilevare, con riferimento alle carenze probatorie riscontrate da questa Corte con la sentenza di rinvio, che il tribunale del riesame di Palermo ha dato adeguata risposta ai dubbi sollevati dalla difesa, prima, e dalla corte di legittimità, poi.

In merito al ruolo del G. , non solo vi è una ricostruzione dettagliata delle fonti indiziarie, con spiegazione puntuale del loro significato, ma viene anche specificata la piena compatibilità del ruolo addebitato al G. e quello già attribuito al C., con la sentenza di condanna in primo grado di quest’ultimo.

Non è qui rilevante stabilire quale delle due ricostruzioni sia prevalente (se quella della sentenza di condanna del C. o quella dell’ordinanza cautelare che ha attinto il G.), giacchè non si tratta di risolvere un conflitto tra pronunce giudiziali difformi, bensì di prendere atto che gli elementi istruttori dei due procedimenti hanno portato a soluzioni pienamente compatibili, così rispondendo alle perplessità della 1^ sezione di questa Corte.

E sul punto è sufficiente il raffronto tra la prima e la seconda ordinanza del riesame per rendersi conto che l’approfondimento richiesto vi è stato, anche in termini di maggior chiarezza espositiva e di contestualizzazione e coordinamento di tutto il materiale istruttorio.

Quanto al secondo profilo, relativo alle utenze cellulari, il tribunale del riesame di Palermo motiva non solo in modo specifico (alle pagine 17 e 18), ma anche con considerazioni assolutamente logiche e condivisibili; basti considerare che solo una delle varie utenze utilizzate quella mattina è rimasta attiva e comunque che un conto è l’ordine di disfarsi dei telefonini, altro è la possibile mancata esecuzione, senza che ciò possa comportare un contrasto insanabile tra gli indizi di colpevolezza. Il raffronto, infatti, non è tra due verità fattuali, inconciliabili, ma tra un proposito ed un fatto; ed è evidente che il secondo può prevalere sul primo, senza che ciò indebolisca la trama del fatto (il quale si basa anche su altri elementi, ben più significativi).

Anche in ordine alla premeditazione – per la quale la difesa del ricorrente ribadisce che i killer non potevano essere in grado di prevedere con anticipo gli spostamenti della vittima e quindi ne deduce illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata – (il tribunale del riesame motiva in modo specifico alla pagina 18 dell’ordinanza, ritenendo del tutto plausibile che i correi abbiano seguito i movimenti e gli spostamenti della vittima, così ponendo in essere un surplus organizzativo del tutto incompatibile con il dolo d’impeto e certamente imposto da una preordinazione del delitto).

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. artt. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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