T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 20-10-2011, n. 8084

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, tutti Appuntati e Appuntati scelti dei Carabinieri, hanno chiesto l’accertamento del proprio diritto a conseguire il migliore trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore, con la condanna dell’Amministrazione della Difesa al pagamento di tutte le somme arretrate relative alla differenza retributiva dal V al VI livello economico dalla data del 1 gennaio 1993, oltre al pagamento dell’indennità "una tantum" di lire 500.000 estesa a tutte le forze di polizia. Subordinatamente essi chiedono dichiararsi non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, n. 4 ed art. 4 delD.L. 7 gennaio 1992 n. 5 (convertito con modificazioni nella legge n. 216/92) con riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
Nel corso del giudizio si sono costituite la Sig.ra L. M. e la Sig.ra D’A. J., nella qualità di eredi di D’Antoni G., la Sig.ra D. M. Pia e la Sig.ra La Sola R., nella qualità di eredi di La Sola F., tutte rappresentate e difese dall’Avv. N. B. ed ell.te dom.te presso la Segreteria di questo Tribunale.
Si è costituita in giudizio, per conto del Ministero della Difesa, l’Avvocatura Generale dello Stato con formula di stile.
Alla pubblica udienza del 15 giugno 2011 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.
I ricorrenti si sono visti attribuire l’attuale inquadramento, ed il relativo trattamento economico corrispondente al V livello, ai sensi dell’art. 3, punto 4, del D.L. 7/1/1992, n. 5 convertito in legge 6/3/1992, n. 216.
Con il presente ricorso, proposto nel 1993, essi postulano l’inquadramento nel VI livello superiore nonché di poter beneficiare dello stesso trattamento economico e delle indennità assegnate ai sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri (appuntati scelti U.P.G.).
Preliminarmente, deve scrutinarsi, ex ufficio, l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui i ricorrenti chiedono l’accertamento del proprio diritto al superiore inquadramento.
Il Collegio osserva che la posizione giuridica del pubblico dipendente il quale aspiri ad ottenere un migliore inquadramento (e quindi la modifica dello status giuridico come definito da provvedimenti ormai inoppugnabili) ha consistenza di interesse legittimo e non può essere quindi fatta valere mediante azione di accertamento.
Come da tempo acquisito in giurisprudenza, infatti, è inammissibile l’azione volta all’accertamento del diritto all’inquadramento del pubblico dipendente in una qualifica superiore, essendo tale azione proponibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando viene fatta valere una posizione di diritto soggettivo, mentre la materia dell’inquadramento nel pubblico impiego si connota per la presenza di atti autoritativi, con la conseguenza che ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su posizioni di interesse legittimo, può essere azionata solo mediante la tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumano illegittimamente incidenti su tali posizioni (ex multis IV Sez. 4.2.2004 n. 387 e VI Sez. 11.9.2001 n. 4716).
In particolare, gli atti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno carattere autoritativo sia quando implicano un apprezzamento delle mansioni svolte dall’interessato sia quando si risolvono nel semplice confronto formale fra la precedente posizione e quella di nuova attribuzione.
Pertanto, occorrendo in ogni caso l’eliminazione del provvedimento di inquadramento che si assume illegittimo, è inammissibile il ricorso proposto per l’accertamento del diritto ad una qualifica diversa da quella che sia stata attribuita con deliberazione divenuta nel frattempo inoppugnabile.
Tanto chiarito, occorre però rilevare che nel caso in esame i ricorrenti hanno domandato (oltre all’inquadramento nel ruolo degli Appuntati scelti U.P.G.) in subordine il riconoscimento del loro diritto a percepire il migliore trattamento economico spettante per effetto dell’esercizio delle mansioni superiori di ufficiale di P.G., azionando quindi contestualmente una pretesa di carattere patrimoniale o paritetico, quindi suscettibile di una pronuncia di accertamento.
La suddetta pretesa patrimoniale è infondata.
I ricorrenti – nella loro qualità di Appuntati e Appuntati scelti dell’Arma dei Carabinieri – chiedono l’equiparazione economica corrispondente al grado dei Vice Brigadieri dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, muovendo dal presupposto della identità dei compiti, funzioni e mansioni tra il proprio grado di Appuntati e quello del livello superiore.
Gli interessati deducono, a sostegno della loro pretesa:
1) violazione e falsa applicazione delle norme che regolano l’istituzione dei ruoli del personale della Polizia di Stato e dell’arma dei Carabinieri nonché dello stato giuridico che regola le norme sulle promozioni e sulle funzioni dell’Arma dei Carabinieri in ordine alla attribuzione degli Appuntati U.P.G. ed il servizio d’istituto: per analogica applicazione delle funzioni svolte dagli appuntati Capo della Polizia di Stato U.P.G. in relazione a quanto ordinato dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 333D/9801.A.3.40 del 14/11/1988 che assegna a detti Assistenti Capo U.P.G. i medesimi compiti nonché le medesime mansioni e funzioni dei Sovraintendenti;
2) eccesso di potere in relazione alla omessa valutazione per la disparità di trattamento dei due ruoli (Carabiniere ed Agente) e (App.ti e App.ti scelti CC e Ass.ti e Ass.ti Capo Pol. Stato) che, derivante da illogiche e contraddittorie norme legislative.
Essi eccepiscono, altresì, l’incostituzionalità della normativa primaria richiamata nella premessa in fatto, avuto riguardo ai parametri sanciti dagli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
Queste le norme sospettate di incostituzionalità: art. 3, n. 4 ed art. 4 del D.L. 7/1/1992, n. 5 convertito inlegge 6/3/1992, n. 216.
A rigetto delle pretese azionate in giudizio, ed anche per quanto attiene specificamente alle dedotte questioni di costituzionalità, valgono le argomentazioni generali ripetutamente sviluppate dalla Corte Costituzionale, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti con specifico riferimento alla legittimità costituzionale del differente trattamento giuridico ed economico del personale delle Forze di Polizia, anche ad ordinamento militare, e fra queste ultime ed il personale delle Forze Armate (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6674; Corte Cost. (ord.) 17 luglio 2000, n. 296; 9 luglio 1996, n. 241; Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 973; sez. III, 30 giugno 1999, n. 329/99; sez. IV, 24 febbraio 1997, n. 137; Corte dei Conti, sez. contr. Stato, 24 aprile 1998, n. 35).
Le modifiche all’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione, ivi comprese quelle dettate in via transitoria, rientrano nella sfera di discrezionalità riservata al legislatore, specie se afferenti all’organizzazione ed all’inquadramento del personale delle Forze Armate e di Polizia.
La discrezionalità legislativa incontra soltanto i limiti dell’arbitrarietà o della manifesta irragionevolezza, che non sono stati superati nel caso di specie.
Nessuna norma dell’ordinamento ha inteso perseguire un’assoluta identità di posizioni e trattamenti all’interno della medesima Forza armata nonché tra questa e le Forze di Polizia, ad ordinamento civile o militare.
Le diversità interne in ciascun Corpo di Polizia o di Forza Armata, ed all’interno della medesima Forza, rendono le posizioni dei loro componenti non comparabili, si che la scelta compiuta dal legislatore con le norme censurate non può dirsi palesemente arbitraria.
Non sussiste neppure la violazione dell’art. 36 della Costituzione, giacchè il legislatore gode di ampia discrezionalità, nel differenziare il trattamento economico di categorie e, in ogni caso, lo scorrimento verso l’alto di una categoria retributiva non comporta la necessità di innalzare i livelli superiori o inferiori.
Facendo applicazione di tali coordinate ermeneutiche, il Consiglio di Stato ha, tra l’altro, dichiarato manifestamente infondate similari questioni di costituzionalità (cfr. sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 885, relativa alla presunta illegittimità dell’art. 15, comma 3, d.lgs. n. 197 del 1995, nella parte in cui dispone l’inquadramento dei sovraintendenti capo della Polizia di Stato, in servizio all’entrata in vigore del decreto, nella qualifica di ispettore capo del ruolo ad esaurimento, sotto il profilo della violazione del principio di equiparazione tra la qualifica di sovrintendente della P.S. e quella di maresciallo dell’Arma dei C.C.; sez. IV, 2 marzo 2001, n. 1154, che ha escluso che sia configurabile, sulla scorta degli artt. 3 e 4, d.l. n. 5 del 1992, convertito in legge n. 216 del 1992, il diritto dei vicebrigadieri della Guardia di Finanza dal 1 gennaio 1987 al 1 settembre 1995 al trattamento economico spettante ai sovraintendenti della P.S.).
Il dato di fondo, come ricordato dalla Corte Costituzionale (cfr. 28 dicembre 2001, 439/ord), è che il menzionato D.L. n. 5 del 1992, convertito in legge n. 216 del 1992, recante (all’art. 3) la delega per la perequazione del trattamento dei sottufficiali dei C.C. e delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia, avendo la natura propria di una misura di perequazione economica ed ordina mentale, sia andato legittimamente oltre il semplice adeguamento alla statuizione di incostituzionalità contenuta nella storica sentenza della Corte 12 giugno 1991, n. 277, procedendo, sia al completamento del vuoto di comparazione fra categorie, sia ad autonome previsioni nell’ambito delle ragionevoli prerogative del legislatore, con la revisione di ruoli, gradi, e qualifiche e l’unificazione dei trattamenti di tutti i sottufficiali e qualifiche corrispondenti di polizia, incluse le figure rimaste estranee alle decisioni dei giudici amministrativi e di quello delle leggi.
Con specifico riferimento alla propria sentenza n. 277 del 1991 cit., la Consulta non ha mancato di rilevare di avere sanzionato unicamente la contraddizione, irragionevolezza ed omissione di scelta legislativa in materia di criteri di corrispondenza fra ispettori di P.S. e sottufficiali dell’Arma dei C.C., escludendo che da tale sentenza sia disceso qualsivoglia intervento additivo o che vi sia stata alcuna statuizione su una data corrispondenza o una qualche determinazione sulla retribuzione spettante a particolari categorie di sottufficiali dell’Arma dei C.C. (cfr. ord. n. 439 del 2001 cit.).
Per quanto concerne, inoltre, l’invocato parametro costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione enucleabile dall’art. 97 Cost., la giurisprudenza amministrativa (cfr. in fattispecie simile Consiglio di Stato, sez. IV, 8 luglio 2003, n. 4059), in uno con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ritiene che questo non possa essere richiamato allo scopo di conseguire benefici economici di categoria (cfr. ex plurimis Corte Cost., 26 novembre 2002, n. 480 ord., 10 aprile 2002, n. 94, ord.).
Deve escludersi, pertanto, alla stregua di quanto sopra argomentato, che sussista, nella fattispecie in esame, il presupposto della omogeneità di situazioni e di sistemi nei termini invocati dai ricorrenti.
Raffrontando, altresì, lo status di Appuntato con quello di Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, le differenze di compiti, funzioni e mansioni tra i due gradi si evincono ancor più in luce delle considerazioni che seguono.
I ricorrenti fondano le loro rivendicazioni sul presupposto di essere preposti al comando di una stazione e svolgono funzioni proprie del Vice Brigadiere, a cui spetta per regolamento il comando.
Sennonchè, dalla comparazione dei compiti istituzionali attribuiti ex lege ai ricorrenti, emerge, come anche chiarito dall’intimata amministrazione, che:
– l’appuntato dei carabinieri non in possesso della qualifica di U.P.G. conserva sempre un rapporto di subordinazione gerarchica con il personale in possesso del grado di vice brigadiere;
– egli continua regolarmente ad espletare i doveri e le mansioni proprie del grado rivestito, senza poter interferire, qualora le due figure lavorassero insieme o intervenissero congiuntamente in operazioni di polizia giudiziaria, con le scelte e le determinazioni decisionali assunte sul luogo dal vice brigadiere.
Ne consegue, che i compiti istituzionali del personale appartenente alla categoria dei sottufficiali sono senz’altro superiori a quelli espletati dagli appuntati.
Per quanto sopra esposto, il ricorso in esame deve ritenersi in parte inammissibile e per il resto infondato.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste in favore del Ministero della Difesa.
Nulla si dispone, invece, nei confronti del Ministero dell’Interno siccome non costituitosi in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e in parte infondato nei sensi in motivazione.
Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore del Ministero della Difesa, in Euro 10.,000,00.
Nulla spese nei confronti del Ministero dell’Interno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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