Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-02-2012, n. 2008

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.T. deduceva avanti al Giudice del Lavoro di Chieti: – di aver svolto attività lavorativa quale operaia avventizia a favore del Consorzio di Bonifica nel periodo 1991-1995;

– di essere stata licenziata il 10.02.1995 e di essere stata nuovamente assunta il 16.03.1995; di aver, dunque, espletato complessivamente il seguente numero di giorni lavorativi: anno 1991, 217 giorni; anno 1992, 250 giorni; anno 1993, 210 giorni; anno 1994, 202 giorni; anno 1995, 170 giorni; di aver conseguentemente diritto all’assunzione a tempo indeterminato sulla base dell’art. 139 del c.c.n.l. di settore (per i dipendenti dai consorzi di bonifica) che espressamente prevede l’assunzione, con rapporto a tempo indeterminato, degli operai avventizi che, per tre anni consecutivi, abbiano effettuato un numero minimo di giornate lavorative pari a 200 giorni all’anno alle dipendenze del medesimo consorzio.

Il Consorzio di Bonifica, costituitosi in giudizio, eccepiva l’insussistenza di alcun rapporto di lavoro con la Sig.ra P., per gli anni 1991 e 1992, avendo la stessa prestato la propria attività nel precitato periodo a favore della Cooperativa Gea. Deduceva, conseguentemente, l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 139 del c.c.n.l. di settore non avendo maturato negli anni 1993-1995 il numero di giornate lavorative previste e, dunque, i 600 giorni di lavoro in tre anni (200 per ciascun anno consecutivo).

Per gli effetti richiedeva il rigetto del ricorso. Alla prima udienza, la difesa della ricorrente chiedeva di poter integrare le proprie richieste istruttorie sulla circostanza che la ricorrente "avesse continuato di fatto a prestare la sua opera alle dipendenze e nei locali del consorzio convenuto anche nel periodo di formale interruzione del rapporto (10.02.1995-16.03.1995)". Il Giudice di primo grado, ammesse le prove come richieste ed articolate in udienza, istruita la causa, con sentenza depositata il 4 giugno 2007, accoglieva il ricorso dichiarando costituito tra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 1 gennaio 1996. Ed, invero, pur riconoscendo l’insussistenza di un rapporto di lavoro tra le parti negli anni 1991 e 1992, per l’anno 1995 accertava che la ricorrente aveva prestato attività lavorativa, non già per 170 giorni complessivamente, ma per ulteriori 30 giorni nel citato periodo dal 10 febbraio 1995 al 16 marzo 1995.

Avverso la detta sentenza interponeva appello il Consorzio di Bonifica deducendo un "error in procedendo" del Giudice di prime cure, laddove, invece di rigettare nel merito il ricorso, aveva provveduto ad ampliare e modificare il thema decidendum e ad integrare le richieste istruttorie della ricorrente di primo grado (ammettendo una prova giammai allegata) sebbene la stessa fosse oramai decaduta. Contestava altresì il raggiungimento di prova sull’espletamento da parte della sig.ra P. per l’anno 1995 del numero di giornate pari a 200 e sulla non interruzione del rapporto per il periodo 10.02.1995/16.03.1995. Si costituiva la sig.ra P. chiedendo il rigetto del gravame e proponendo appello incidentale con cui rivendicava l’accoglimento della domanda di assunzione a far data dal 1 gennaio 1994.

La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza depositata il 27 gennaio 2009, rigettava gli appelli principale ed incidentale. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Consorzio, affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Resiste la P. con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il Consorzio denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., n. 3), e segnatamente dell’art. 414 c.p.c., nn. 4 e 5, art. 420 c.p.c., comma 5, artt. 421 e 112 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., per avere la corte territoriale giudicato legittima l’ammissione di prove allegate per la prima volta dalla P. all’udienza fissata ex art. 415 c.p.c., ed ammessa dal Tribunale facendo ricorso ai poteri ufficiosi di cui all’art. 421 c.p.c..

Lamentava il Consorzio che la mancata tempestiva allegazione e richiesta della prova sin dal ricorso introduttivo, doveva comportare il rigetto della domanda e non consentiva l’esercizio dei poteri ufficiosi. Il motivo è infondato.

Giova infatti considerare che l’esercizio del potere ufficioso ex art. 421 c.p.c. presuppone l’opportunità di integrare un quadro probatorio tempestivamente delineato dalle parti (da ultimo: Cass. 11 marzo 2011 n. 5878), risultando comunque legittima la richiesta probatoria giustificata dall’evolversi della vicenda processuale, conseguente alle esigenze difensive scaturite dalla memoria di costituzione del convenuto, effettuata alla prima udienza utile (per tutte Cass. S.U. n. 8202/05).

Nella specie la P., che aveva sin dal ricorso introduttivo dedotto e chiesto di provare di aver lavorato per oltre 600 giorni di lavoro in tre anni (dal 1991 al 1995), e dunque il fatto costitutivo del diritto, a seguito dell’eccepita incomputabilità delle giornate lavorative rese negli anni 1991-1992, nel primo atto difensivo utile, e dunque all’udienza fissata ex art. 415 c.p.c., ha chiesto di essere ammessa a provare di aver lavorato per il Consorzio, nell’anno 1995, per ulteriori 34 giorni. A ciò deve aggiungersi che secondo il consolidato orientamento di questa Corte (pur non ignorandosi il difforme e risalente orientamento espresso da Cass. 27 novembre 1997 n. 11999) anche l’eventuale nullità relativa alla deduzione, tempestività, ammissione e assunzione (anche attraverso l’esercizio dei poteri ufficiosi) della prova testimoniale debbono essere tempestivamente eccepite, rimanendo sanate ove l’atto istruttorio sia stato compiuto senza opposizione della parte che vi ha assistito (Cass. 12 agosto 2011 n. 17272; Cass. 29 luglio 2011 n. 16781; e già in passato Cass. 3 luglio 1998 n. 6535). Tale il caso verificatosi nella specie (pag. 2 sentenza impugnata).

2. Con il secondo motivo il Consorzio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la corte territoriale erroneamente valutato le prove acquisite circa la sussistenza dell’attività lavorativa subordinata della ricorrente dal 10 febbraio 1995 al 16 marzo 1995, ed averla comunque erroneamente calcolata come utile a raggiungere la soglia delle duecento giornate lavorative annue.

Il motivo è in parte infondato e per il resto inammissibile. Quanto all’ultima censura il ricorrente non spiega affatto perchè le giornate lavorative dal 10 febbraio al 16 marzo 1995, sommate alle 170 indicate e non in contestazione, non raggiungerebbero la soglia delle duecento giornate lavorative richieste dalla disciplina contrattuale collettiva, non essendo inoltre chiaro perchè dovrebbe escludersi la giornata del 16, oggetto di specifica prova a seguito delle contestazioni del Consorzio. La prima censura risulta invece inammissibile, sottoponendo alla Corte un riesame delle prove testimoniali, da cui ad avviso del Consorzio non emergerebbe con certezza l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo in questione, chiedendo una inammissibile valutazione diretta delle stesse, e dunque un accertamento di fatto (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274;

Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500).

3. Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 50,00, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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