Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-02-2012, n. 2002

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Chieti, in accoglimento della domanda proposta da D. P.M. nei confronti di S.R., dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di S.R., come farmacista nella farmacia gestita da quest’ultimo (essendo il contratto di formazione lavoro stato stipulato dopo l’inizio dell’attività), ed il diritto della D. P. all’inquadramento come farmacista collaboratore di primo livello. Condannava parte convenuta a corrispondere alla ricorrente le relative differenze retributive e dichiarava illegittimo il licenziamento intimato, disponendo la riassunzione della lavoratrice o in difetto il pagamento di 4 mensilità di retribuzione.

Sull’appello del S.R. con sentenza del 29.9.2009 la Corte territoriale confermava la statuizione concernente il recesso, ma rigettava la domanda relativa alle differenze retributive in quanto, per il Giudice di appello, il primo livello rivendicato era riconosciuto al farmacista collaboratore dopo 24 mesi di servizio e non era emerso che la D.P. sostituisse il titolare, svolgendo funzioni vicarie.

Ricorre la D.P. con due motivi; resiste il S. con controricorso. Le parti hanno depositato memorie difensive.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 CCNL. Il direttore di farmacia alla stregua del CCNL ed il farmacista collaboratore di primo livello dopo 24 mesi erano inquadrati nell’area quadri, quindi il primo livello spettava al farmacista collaboratore anche prima dei 24 mesi. Poichè era prevista una indennità, nel caso di concreta sostituzione del titolare, l’elemento della sostituzione non era necessario ai fini del mero inquadramento; tale interpretazione era stata data in sede ispettiva. I successivi inquadramenti non prevedevano la laurea e quindi non potevano applicarsi al caso in esame.

Il motivo appare infondato.

Posto che il ricorrente, come emerge dallo stesso svolgimento del processo, ha chiesto l’inquadramento come farmacista collaboratore di primo livello, la Corte di appello ha osservato che tale figura spetta a chi sostituisce il titolare con le modalità previste dalle norme di legge e di regolamento vigenti ed ha accertato che in effetti il ricorrente non svolgeva attività vicaria e sostitutiva dell’intimato che, quando assente, chiamava altro farmacista. Inoltre non erano decorsi i 24 mesi richiesti dalla norma contrattuale. La Corte territoriale ha richiamato sul punto la prova espletata dalla quale emerge anche che il ricorrente era alla prima esperienza lavorativa. Pertanto, indipendentemente dal necessario o meno decorso di un periodo di 24 mesi , è carente in radice il presupposto per il riconoscimento della qualifica superiore come farmacista "collaboratore", posto che è emerso il ricorrente non svolgeva tali funzioni. Sul punto pertanto la motivazione appare congrua e logicamente coerente e aderente alla fonte contrattuale invocata che parlando di "collaborazione" ha evidentemente fatto riferimento ad una connotazione specifica dell’attività di farmacista, esclusa in punto di fatto dalla sentenza impugnata.

Con il secondo motivo si deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Vi era stato un travisamento dei fatti: lo stesso S. aveva confessato la circostanza per cui veniva spesso sostituito all’apertura della farmacia. Il rapporto comunque non era durato meno di 24 mesi, ma ben 28 mesi.

Il motivo è analogamente infondato. Si tratta di censure di merito che tendono ad una riqualificazione del fatto, inammissibili in questa sede. La Corte di appello ha rinviato alle deposizioni di alcuni testi, le cui deposizioni non sono nemmeno prese in esame nel motivo; dalle stesse, parziali, trascrizioni delle dichiarazioni ritenute "confessorie" dell’intimato, emerge al più una sostituzione saltuaria e sporadica da parte della ricorrente del titolare della farmacia, inidonea a far ritenere che la ricorrente possa essere ritenuta un "farmacista collaboratore", in via ordinaria e costante del titolare. La motivazione appare persuasiva e logicamente coerente e certamente le dichiarazioni riportate al motivo non sono idonee ad incrinare la ricostruzione operata dai Giudici di appello.

Si deve quindi rigettare il ricorso. Le spese di lite, in favore della parte intimata, seguono la soccombenza e vanno liquidate come al dispositivo della sentenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 40,00 per esborsi; nonchè in Euro 2.500,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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