Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 28-09-2011, n. 35185

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza emessa dal tribunale del riesame di Napoli, su appello del procuratore generale presso la corte di appello della stessa sede, avverso l’ordinanza della corte territoriale 15.7.2010, è stato revocato quest’ultimo provvedimento ed è stata disposta la misura della custodia in carcere di E.A. e L. G. in ordine al reato di estorsione, aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7. Il tribunale ha ritenuto errata l’ordinanza 15.7.2010, con la quale era stata rigettata la richiesta della procura generale di applicazione della misura cautelare nei confronti dei predetti E. e L., in quanto la corte aveva fondato l’ordinanza in base all’ipotesi ex art. 275 c.p.p., comma 2 ter (che prevede la contestualità dell’applicazione della misura con la sentenza di condanna in appello). La richiesta della procura generale era invece effettuata a norma dell’art. 291 c.p.p., avendo fatto riferimento alla sentenza del Gup di condanna dei predetti per il delitto di estorsione solo ai fini della sussistenza della gravità indiziaria, che, per principio consolidato, restava assorbito dall’intervenuta sentenza di condanna. Il riferimento all’ambito applicativo dell’art. 275 c.p.p., comma 2 ter, ha rivelato l’erroneità della motivazione dell’ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare, la cui motivazione è del tutto carente circa la richiesta di applicazione formulata ex art. 291 c.p.p.. Alla luce di questa premessa, il tribunale ha disposto l’applicazione della misura carceraria, in base al meccanismo di automaticità di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, in virtù del quale la presenza di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati ivi indicati comporta l’applicazione della misura custodiale in carcere, ritenuta dal legislatore l’unica idonea a salvaguardare le esigenze cautelari presunte.

Il difensore del L. ha presentato ricorso per violazione delle norme processuali in materia di libertà personale, in quanto correttamente la corte aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura, facendo riferimento al disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 2 ter.

Viceversa nella motivazione dell’ordinanza impugnata erroneamente si sostiene che ,in ipotesi simili a quella che ci occupa, debba trovare applicazione il disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 3, in ragione della sussistenza di un profilo di pericolosità presunta e della non necessità della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, risultando tale questione superata dalla intervenuta sentenza di condanna emessa a carico del L.G., in relazione all’ipotesi di reato contestato al capo AA).

In tal modo la sentenza si pone in contrasto ingiustificato con l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in caso di ripristino della custodia cautelare in carcere per sopravvenuta condanna, la presunzione ex art. 275 c.p.p., comma 3, non opera automaticamente , poichè il pericolo di fuga non può desumersi solo dalla entità della pena. Il principio opera anche nel caso di misura instaurata dopo la condanna, per la prima volta (S.U. n. 34357 del 2001; sez. 5^,n. 12869 del 14.2.05).

Il difensore dell’ E. ha presentato ricorso per violazione di legge , in quanto l’ordinanza impugnata ha ritenuto applicabile la misura cautelare, in base al disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 3, a titolo di ripristino, essendo legata ad una condanna intervenuta in primo grado per un reato avvinto dal vincolo della continuazione, con altri, per i quali il ricorrente era già stato sottoposto alla misura carceraria. Inoltre, pur a voler scindere il reato di estorsione aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7, dagli altri, va rilevato che si verte nel caso di applicazione della misura cautelare per la prima volta dopo la condanna, sicchè non opera la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3. Pertanto, il procuratore generale avrebbe dovuto indicare le specifiche esigenze sottese alla richiesta di applicazione della misura.

I ricorsi non meritano accoglimento.

La richiesta di applicazione della misura cautelare avanzata, ex art. 291 c.p.p., dalla procura generale per il delitto di estorsione aggravata è stata effettivamente fondata sulla sentenza di primo grado di condanna per il reato associazione camorristica e per il reato – di estorsione aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7 (capo AA della rubrica); per quest’ultimo reato non era stata applicata misura cautelare . Da tale sentenza, acquisita agli atti, è risultato che i due ricorrenti sono stati condannati alla pena di dieci anni di reclusione e a Euro 2.600 di multa, ritenuto più grave il reato di cui al capo AA, con un aumento di pena per la continuazione interamente espiato.

Pienamente corretta è la motivazione dell’ordinanza, che ha fondato l’accoglimento dell’appello e l’applicazione della custodia in carcere per entrambi, in base al disposto ex art. 275 c.p.p., comma 3, che prevede un meccanismo di automaticità, in virtù del quale – in presenza di gravi indizi di colpevolezza, derivanti dalla sentenza di condanna, per uno dei reati indicati nella stessa disposizione – deve essere applicata la misura della custodia in carcere, ritenuta dal legislatore l’unica idonea a salvaguardare le esigenze cautelari presunte.

D’altro canto, la difesa ha omesso di provare il superamento di tale presunzione, in virtù della dimostrazione dell’interruzione dei rapporti con il sodalizio camorristico nel quale risulta che L. e E. sono pienamente inseriti e hanno operato in posizioni rilevanti. In assenza di adempimento di tale onere probatorio, deve ritenersi tuttora operante la presunzione normativa della sola adeguatezza della misura intramuraria per entrambi i ricorrenti, in ordine al reato di estorsione aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7.

I ricorsi vanno quindi rigettati con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria provvederà alle comunicazioni di cui all’art. 28 reg. esec.. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali – Comunicazioni ai sensi dell’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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