Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-02-2012, n. 1996

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 10 febbraio 2009 la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha, fra l’altro e per quanto rileva in questa sede, dichiarato inammissibile l’appello proposto da G.R. A., B.F., L.R., Bo.

C. e M.F. avverso la sentenza del Tribunale di Palmi del 9 dicembre 2002 con la quale L’I.N.P.S. era stato condannato al pagamento in loro favore dell’adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola percepita nella misura di L. 800 giornaliere negli anni distintamente indicati nel ricorso introduttivo, ed al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi Euro 393,00 di cui Euro 234,00 per diritti, oltre IVA e CPA. Con la medesima sentenza la stessa Corte d’Appello ha rigettato anche l’appello proposto dall’I.N.P.S. avverso la stessa sentenza compensando fra le parti le spese del secondo grado di giudizio. La Corte territoriale ha motivato tale decisione considerando l’inidoneità del rinvio per relationem ad atti inseriti nel fascicolo processuale ai fini della specificità dei motivi di appello riguardanti la liquidazione delle spese di giudizio; inoltre gli appellanti non hanno specificato l’ammontare esatto della disoccupazione agricola per cui è causa, in modo tale da consentire la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione delle spese, mentre non ha ritenuto necessario il parere del Consiglio dell’Ordine sull’ammontare delle stesse spese, essendo questo previsto per i rapporti con i clienti e non anche per la liquidazione giudiziale delle spese di lite.

B.F., L.R., Bo.Ca. e M.F. propongono ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su sei motivi.

L’I.N.P.S. resta intimato.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 75 disp. att. cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.; vizio di motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio con riferimento alla violazione dei minimi tariffari non giustificata ed alla mancata considerazione delle note spese in atti.

Con secondo motivo si deduce omessa decisione in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. e difetto assoluto di motivazione con riferimento alla mancata distinzione, in sede di liquidazione delle spese, fra esborsi, diritti ed onorari.

Con terzo motivo si lamenta vizio assoluto di motivazione, e motivazione illogica, contraddittoria ed errata con riferimento alla giustificazione della violazione dei minimi tariffari costituita dall’asserita semplicità delle questioni di diritto trattate, senza alcuna specificazione in merito.

Con quarto motivo si deduce omessa decisione in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ.; motivazione illogica e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia con riferimento alla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione pur in presenza della specificazione delle singole voci in apposito prospetto riepilogativo, e pur in presenza della dichiarazione di rilevabilità ictu oculi di tali violazioni.

Con quinto motivo si lamenta violazione della L. n. 794 del 1942, art. 24; carenza assoluta di motivazione , e contraddittorietà ed erroneità manifeste con riferimento alla facile determinabilità del valore della controversia deducibile dall’estratto conto assicurativo rilasciato dall’I.N.P.S.A ed allegato al ricorso in appello.

Con sesto motivo si lamenta carenza assoluta di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio con riferimento all’immotivata compensazione delle spese del giudizio di appello pur in presenza della soccombenza dell’I.N.P.S. il cui ricorso è stato rigettato.

Il terzo motivo è fondato. E’ stato ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione (per tutte 21 novembre 2008 n. 27804) che il giudice, allorquando intenda scendere sotto i limiti minimi fissati dalle tariffe professionali casi in cui la causa risulti di facile trattazione, ha l’obbligo di motivare espressamente la sua decisione, con riferimento alle circostanze di fatto del processo, e non può, per converso, limitarsi ad una pedissequa enunciazione del criterio legale (v. Cass. 9 giugno 2006, n. 13478, Cass. 4 agosto 2009 n. 17920, Cass. 20 gennaio 2010 n. 949), ovvero alla mera aggiunta di un elemento estrinseco, meramente indicativo, quale la identità o la generica semplicità delle questioni (v., in particolare, Cass. n. 14311 del 2007, cit.). Nè potrebbe sostenersi che il menzionato obbligo di motivazione sia venuto meno per effetto della disposizione di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 4, che, nel prevedere la riduzione dei minimi tariffari per le controversie di particolare semplicità, dispone che la riduzione degli onorari non possa superare il limite della metà; tale disposizione, invero, integra la previsione contenuta del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60, comma 5, indicando il limite massimo della riduzione degli onorari, e dunque presuppone che questa sia stata motivata (cfr., con riguardo al collegamento fra le due disposizioni, Cass. 21 novembre 2008 n. 2780, Cass. 18 dicembre 2003 n. 19412).

In relazione al profilo sopra evidenziato, dunque, la sentenza impugnata merita di essere cassata, con il conseguente accoglimento del terzo motivo di ricorso e l’assorbimento degli altri motivi. Nè può procedersi, in questa sede, alla correzione della motivazione mediante applicazione ex officio dell’art. 151 disp. att. c.p.c.;

tale disposizione, invero, si riferisce alla diversa ipotesi della riduzione delle competenze e degli onorari in considerazione dell’unitaria trattazione delle controversie riunite, mentre la fattispecie in esame – come puntualmente rilevato dal difensore dei ricorrenti nelle sue osservazioni scritte presentate ai sensi dell’art. 379 c.p.c., u.c., – riguarda la riduzione al di sotto dei minimi operata ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60, avente diversi presupposti ed effetti rispetto alla disposizione richiamata dal P.G..

In conclusione, ritenuto fondato il terzo motivo di ricorso in relazione ai profili sopra indicati, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, che procederà, alla stregua dei principi sopra indicati, a rideterminare le spese del giudizio di primo grado, nonchè a statuire su quelle del secondo grado di giudizio.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il terzo motivo di ricorso; assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Messina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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